sabato 23 ottobre 2010

Solaris ( II )

Soljaris (Solaris,1972) Regia: Andrej Tarkovskij; soggetto: dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem; sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Fridrich Gorenstejn; fotografia: Vadim Jusov; scenografia: Michail Romadin. Musica: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639. Musiche originali di Eduard Artemev. Interpreti: Donatas Banjonis (Kris Kelvin), Natalja Bondarchuk (Hari), Jurij Jarvet (Snaut), Anatolij Solonicyn (Sartorius), Vladislav Dvorzeckij (Berton), Nikolaj Grin'ko (il padre), Olga Barnet (la madre), Sos Sarkisjan (Gibarian). Durata: 165'
A Tarkovskij la fantascienza e le astronavi (intesi come genere) proprio non interessavano, e l’inizio del film (molto più che l’inizio, nella versione integrale...) è di una goffaggine imbarazzante, quasi che nei lunghi anni di forzata inattività il grande regista abbia perso tutto il suo talento: in questo senso il paragone con l’Andrej Rubliov è davvero impressionante. Ma poi, quando si entra nel cuore vero e si va a toccare ciò che veramente interessava a Tarkovskij, il film prende quota. E’ il momento dell’apparizione di Hari, una sequenza che lascia ancora oggi incantati; ed è un incanto che si ripeterà molte altre volte da qui alla fine del film.
L’apparizione di Hari è una citazione leonardesca. Non si può descrivere, e le immagini che metto qui servono per provare a renderne l’idea. Forse Tarkovskij è stato l’ultimo dei leonardeschi nell’arte: in ogni suo film, anche tra le paludi sul fronte russo-tedesco di “L’infanzia di Ivan”, Leonardo non manca mai; così come non manca mai Johann Sebastian Bach, l’altro nume tutelare del grande regista russo. Un’altra costante dei film di Tarkovskij è Bruegel: dentro Solaris i paesaggi di Bruegel sono ovunque, appesi alle pareti, e dentro di noi, nella memoria.
Un momento di mancanza di gravità, dovuta alla manovra della stazione orbitante, è il pretesto per una serie di magie, una delle scene più belle del film. Hari e Kris, e tutti gli oggetti della sala, levitano in assenza di peso per un tempo indefinibile, in compagnia di Bach e di Bruegel.
La magia di questa sequenza sta tutta nella sensibilità personale e nella grande capacità tecnica e professionale: per progettare e realizzare scene come questa bisogna avere in mente i grandi pittori del passato, e avere un bagaglio tecnico superiore alla media. Ma Tarkovskij non è Kubrick e non è Spielberg: l’unico effetto speciale di cui ha bisogno in queste sequenze è l’organo che suona Bach, il magico Preludio corale in fa minore BWV 639, “Ich ruf’ zu dir Herr Jesu Christ”. Quando l’immagine si apre, oltre al volto enigmatico e leonardesco di Natalia Bondarchuk vediamo che Hari è a piedi nudi, come nei sogni, come gli angeli nei dipinti del Rinascimento, le creature soprannaturali, i morti. “Che cosa mi succede, Kris? ... Che sia epilessia?”
Pian piano, il “fantasma”, “l’ospite”, prende coscienza di sè. Capisce che non è Hari, anche se condivide con lei i ricordi; Kris le dice di amarla lo stesso, che vuole fermarsi su Solaris per sempre perché solo lì lei può esistere, ma lei capisce che non è del tutto sincero. (E’ Sartorius - fuori scena - che le spiega chi era la vera Hari, come è morta: iniettandosi il veleno con una siringa.). Più avanti, Hari prenderà le difese degli “ospiti”, che non sono semplici copie, sono proprio parte di noi, complete di ricordi e di affetti.
La prima Hari lascia sulla sedia lo scialle; la seconda se lo toglie e lo appoggia proprio vicino all’altro. Il tempo che si sovrappone a se stesso, un effetto che dà le vertigini.
Al minuto 95 un anticipo dello Specchio, e ancora Leonardo. Il bambino, il fuoco sulla neve, la madre da giovane, il padre da giovane, un mondo che sembrava immutabile.
Questi sono anche i momenti nei quali si comincia ad apprezzare la presenza di Donatas Banionis, il protagonista maschile. L’attore lituano è il più improbabile degli eroi della fantascienza: somiglia a Renzo Palmer, ottimo attore e storico doppiatore di cartoni animati, ed è pacioso come lui; somiglia un po’ anche a Paolo Villaggio da giovane, a dirla tutta. Ma sa quel che deve fare, non è stato scelto per caso, e lo si vede soprattutto nelle scene con Hari.
Come negli altri film, anche in “Solaris” Tarkovskij è molto attento al simbolismo dei quattro elementi fondamentali, aria acqua fuoco e terra: non è un concetto scientifico, ma è stato insegnato come tale per millenni. Ne parla infatti Aristotele, così come ne parlavano gli alchimisti e gli sciamani delle religioni primitive; un concetto superato definitivamente alla metà dell’Ottocento, quando è stato scoperto (da un altro russo, Mendeleev) il vero alfabeto della Creazione, la Tavola Periodica degli Elementi. Tarkovskij lo sa, come testimoniano le mille tavole scientifiche appese alle pareti della casa di Kelvin; sa anche che sono concetti ben radicati dentro il nostro inconscio, e ne parla – quasi senza darlo a vedere – in tutti i suoi film. L’acqua è quasi sempre un confine da attraversare, e all’acqua era dedicato il primo film, L’infanzia di Ivan, e sarà dedicato Stalker, il successivo. L’acqua su Solaris non c’è, siamo piuttosto sospesi nell’aria; ma appare quando Hari dice che fa fatica a ricordare, cerca di ricostruire il passato, se chiude gli occhi non ricorda il suo volto, evoca la separazione e il suicidio, i litigi con la madre di Kris. Kris nega, vuole rimuovere, ma i ricordi di lei sono quelli giusti (Hari è morta da più di dieci anni). Altra acqua avevamo visto all’inizio del film: la pioggia, bambini, l’acqua nella tazza del the, Kelvin che si lascia bagnare, la casa circondata dall’acqua, tra molto verde, vicino a un fiume lento o forse a uno piccolo lago.
Con il fuoco, Kelvin brucia le vecchie carte, i suoi ricordi; ma è la ripetizione di un falò fatto da bambino (una scena simile c’è anche in “Lo specchio”, il fuoco nella neve, visto dai bambini).
Nel finale, Kelvin dice di voler tornare sulla Terra. Ed è lì che lo vediamo, come all’inizio, davanti alla casa del padre. Ma qualcosa non torna: le acque intorno sono immobili, come la superficie di uno specchio; dentro la casa piove mentre suo padre è intento alle sue faccende e non sembra accorgersene...Sembra una copia con qualche difetto, un fermo immagine sovrapposto, un difetto della memoria o di chi la sta duplicando.
PS: Leonardo ma anche i suoi collaboratori e tutti i pittori (moltissimi,fino ai nostri giorni) che a lui si sono ispirati. Si potrebbe prendere anche un Luini, un Boltraffio, un Gaudenzio Ferrari, uno dei tanti leonardeschi lombardi. La somiglianza di Natalia Bondarciuk con questa Dama (il dipinto è al Louvre) e con la più celebre Dama con l’ermellino non è certo casuale, così come non è casuale il paesaggio che appare dietro a Olga Barnet, che interpreta la madre del protagonista nei flashback (nella memoria). E il celebre dipinto di Brueghel è parte integrante del film, ripreso come se fosse un paesaggio vero e sovrapposto al paesaggio vero in una sequenza di livello tecnico e poetico assolutamente fuori dalla norma.

15 commenti:

Marisa ha detto...

Prima di partire per Solaris Kris Kelvin incontra Berton e veniamo a sapere della "brutta figura" che questi ha fatto davanti a tutta la comunità scientifica nel tentativo di documentare fotograficamente ciò che ha visto nell'oceano.
Siamo di fronte all'antico dilemma tra scienza e realtà dell'anima, sperimentazione ed esperienza vissuta.
Non sono stati presi per ciarlatani Freud e i suoi seguaci quando hanno cominciato a prendere sul serio le immagini dell'incoscio? Il pregiudizio della "scienza" di fronte alle dinamiche dell'inconscio è tuttaltro che superato. La maggior parte dei medici e persino degli psichiatri continua ad ignorare la realtà dell'inconscio. Forse perchè non si può fotografare?
Che problema ha Kris Kelvin? Evidentemente quello che l'oceano di Solaris gli evidenzia presentandoglielo più volte:l'elaborazione della morte violenta della moglie e i suoi sensi di colpa. Tenta di disfarsi della prima apparizione rispedendola nello spazio, ma è impressionante come questa ritorna nella bellissima scena che tu hai notato dei due scialli identici che si sovrappongono, autentica prova (se ce ne fosse bisogno) che siamo proprio nel mondo dell'inconscio, dove qualsiasi rimosso lascia le sue tracce.
Cosa può essere intollerabile per Kris da giustificare la rimozione? Secondo me la spiegazione arriva con l'immagine della madre e il ricordo della "inimicizia" tra le due donne: la moglie si è suicidata a causa del suo complesso materno, del rapporto evidentemente ancora troppo stretto con la madre (non a caso vista ancora giovane e bella); rapporto così stretto che probabilmente non lasciava un vero spazio ad un'alta donna. E questo è uno dei problemi fondamentali all'origine di sensi di colpa e rimozioni.

Giuliano ha detto...

Però, attenzione: oggi la scienza sta davvero "fotografando" l'inconscio, ci stanno provando e hanno già ottenuto i primi risultati, sono le tecniche simili alla risonanza magnetica, alle tac.
Il limite, e la grandezza, degli scienziati dell'800 è proprio questo: l'aver ottenuto grandi risultati prima della rivoluzione scientifica e tecnologica dell'800.
Vale per Freud (nato nel 1856), per Darwin, per tutti i grandi che non hanno fatto a tempo a conoscere il Sistema Periodico, la struttura dell'atomo, i raggi x, eccetera eccetera.

Detto questo, mi rimetto in ascolto e prendo nota (come ben sai!)

Marisa ha detto...

Non fraintendiamoci. Sono molto contenta dei progressi della scienza. Quando ho letto della scoperta dei "neuroni specchio", per esempio, ho fatto i salti di gioia. Così la smettiamo con tutte quelle fesserie sulla "chiaroveggenza", "influssi astrali",e simili. Sapere che l'empatia e la possibilità di capirsi "a volo", anche senza parole, hanno una loro base anatomo-fisiologica con tanto di trasmettitori chimici mi rassicura perchè ho sempre pensato che tutto debba avere una base fisica su cui appoggiarsi, anche se atomica o sub-atomica.
Diverso è il discorso sul "senso". Sapere di che materiale è fatta una cattedrale non mi dice niente sul significato e valore della Cattedrale. Rimarrebbe solo un manuale di mineralogia. E così è per lo studio sacrosanto dei substrati organici della mente rispetto al fenomeno straordinario della psiche e dello spirito umano. Per accostarci ad essi ci vuole ancora una capacità di stupirsi e l'umiltà di lasciarsi affascinare e condurre dalle "immagini", che sono i veri mattoni su cui si edifica la Cattedrale dell'Anima.

Giuliano ha detto...

L'anno scorso ho fatto una chiacchierata con una persona che sembrava esperta di queste cose, poi ho scoperto che ignorava del tutto queste cose: mi è capitato spesso, eppure basterebbe aver fatto una tac per capire (per tacere dell'encefalogramma, che esiste da cent'anni!).
Ero sicuro che Marisa sapesse e fosse informata, però è sempre meglio dire bene queste cose quando si parla in pubblico!
Grazie, la tua presenza è importante.

jeff ha detto...

Mi piace questa osservazione alla fine del post "Ma qualcosa non torna: le acque intorno sono immobili, come la superficie di uno specchio; dentro la casa piove mentre suo padre è intento alle sue faccende e non sembra accorgersene...Sembra una copia con qualche difetto, un fermo immagine sovrapposto, un difetto della memoria o di chi la sta duplicando."

"Un difetto della memoria o di chi la sta duplicando".

Io sto finalmente riprendendo mano a tutti i suoi film e sto tirando giù delle mie impressioni prima ancora di leggere in modo approfondito tutto quello che ne è stato scritto.

L'ultima scena del film è molto concentrata di significati e anche molto dibattuta come elemento di maggior differenza con il romanzo, se non sbaglio.

Quello che ho capito è che in tutto il film ci sono ricostruzioni della memoria dell'ambiente, della casa, in cui vivono Kris e il padre, non c'è nulla di vero, di concretamente autentico. Il primo indizio è suggerito dal padre che afferma che la dacia è stata costruita a somiglianza della casa di suo nonno. Il secondo è la prensenza di oggetti di ogni tipo che simboleggiano la conoscenza umana: ve ne sono sia nella dacia e sia nella libreria sulla stazione orbitante. Se nel secondo ambiente il motivo della loro presenza è quello di far sentire gli scienziati in un ambiente familiare, nella dacia non fanno che sottolineare che anche quello è un luogo della memoria, individuale e dell'essere umano. A parte ci può essere una considerazione sulle nature morte, come le tazzine e la mela con formica sotto la pioggia.

Come interpretare la pioggia che cade bollente sulla schiena del padre? In sostanza non c'è da spiegare. L'acqua è il fuoco e viceversa; tutto diventa ambiguo, indefinibile, gli opposti conflagrano come la riconciliazione che non può che avvenire che come desiderio, catarsi nell'illusione, e tante altre cose...

Nel dialogo finale con Snaut dice di voler ritornare ma non sarà più lo stesso, dunque vorrebbe anche restare sulla stazione per attendere qualcosa che non sa.... insomma un finale apertissimo che però slitta successivamente nell'illusorio ritorno sulla Terra e ancora di più nello slittare sulla visione misteriosa che si sia trattato della creazione del pianeta. Dunque tutta la vicenda interiore di Kris, prima ancora che egli parta è già proiezione dell'inconscio.
Secondo me dovremmo avere il punto di vista di Berton per avere un confronto più definito tra ciò che è reale e ciò che non lo è, perchè alla fine Berton è l'unico personaggio esterno alla memoria di Kris. Anche se pure Berton, poichè ha avuto contatto con Solaris, possiederebbe una sua dimensione alterata della memoria... cioè Tarkovskij avrebbe potuto realizzare un film dal suo punto di vista molto simile a quello di Kris.

In sostanza, in tutto il film, non c'è un solo punto di vista davvero esterno.

Grazie per l'attenzione, anche se non quando leggerai questo commento.

Giuliano ha detto...

quest'inverno finalmente sono riuscito a leggere il libro di Lem, prima ero costretto a fermarmi per via dell'inevitabile confronto con il film, ma gli anni passati mi hanno aiutato e finalmente ce l'ho fatta. Ho letto che Lem si era molto arrabbiato per il film di Tarkovskij, ma devo dire - anche se ho apprezzato il libro di Lem - che Tarkovskij ha qualcosa di superiore, e la scena che citi ne è un esempio. Stavo per scrivere "ha una marcia in più", ma qui siamo davvero a un livello superiore, un'intuizione così grande come questa delle isole della memoria poteva averla solo Tarkovskij. Col tempo, mi sono anche accorto di una cosa: anche la mia memoria funziona così, isole che affiorano da sole, anche senza che vengano richiamati da dettagli o da parole.
Ma devo dire ancora che, per me, questo film significa anche l'incontro con Johann Sebastian Bach. Ogni volta che ascolto questo preludio non posso far altro che ringraziare Tarkovskij per avermi fatto conoscere tutte queste meraviglie, non so, mi metterei in ginocchio se servisse a qualcosa...

Giuliano ha detto...

giusto per "staccare" un po' (ma mica poi tanto):
Quand'ero giovane ricordavo ogni cosa, accaduta o no; ma ora le mie facoltà deperiscono e presto avverrà che ricorderò solo le cose che non sono mai accadute...
(Mark Twain, autobiografia, capitolo secondo) (lo dice partendo da un falso ricordo che si è portato dietro per trent'anni, ma che era evidentemente impossibile che fosse vero)

jeff ha detto...

Certo, Tarkovskij pone l'attenzione più sul fatto che la conoscenza debba essere sorretta dalla morale, che sui soli limiti della conoscenza umana che Lem ha inteso affrontare nel romanzo.
Sulle "isole di memoria": non so la scienza con quali termini le definisce, sta di fatto che sul lungo periodo emergono quasi solo i bei ricordi, i risentimenti e chissà cos'altro. Il modo in cui tutto ciò avviene è affascinante.
Bella la citazione da Mark Twain, "presto avverrà che ricorderò solo le cose che non sono mai accadute": la memoria funziona a modo proprio, per conservarsi, mi viene da pensare adesso..

Il romanzo lo lessi prima di vedere per la prima volta il film, in modo da elaborarlo per un pò di tempo. Vorrei rileggerlo, ma non ora, perchè più che il confronto adesso mi preme leggere quanto di più sul cinema di Tarkovskij... e ho appena iniziato.
Piuttosto, il romanzo da cui si è ispirato per Stalker non lo leggerò mai. A grandi linee so che si tratta di tutt'altra cosa, il che mi porterebbe a vedere il film (anche se non sempre) confrontandolo al racconto.

Ecco, riguardo Bach ti avrei chiesto qualcosa sul preludio anche perchè in giro non sono riuscito a trovare granchè. Prima di tutto, su youtube mi pare che non ci sia l'esecuzione con l'organo, a meno che non si considera quella ricavata dalla colonna sonora. E poi, per quale occasione è stato composto, fa parte di altre composizioni? È stato riutilizzato da Von Trier per il suo Nymphomaniac, per me quasi un sacrilegio... ma che meraviglia ascoltarlo a sorpresa all'interno di un cinema :)

Mi fa piacere aver ricevuto più presto di quanto credessi una tua risposta. A parte due-tre commenti ormai molto tempo fa, non è che sia esistito più di tanto. Però questo blog non l'ho dimenticato, è l'unico che io sappia che presenta molti contributi sui film del russo. A dare una veloce occhiata, noto che ci sono molte interpretazioni sulle citazioni pittoriche.. proprio ciò che non sono capace di vedere.
Purtroppo le discussioni risalgono a cinque anni fa, arrivo in ritardo :)
Vedrò di pubblicare qualcosa sul mio blog, dovrei solo mettere tutto in ordine.

Giuliano ha detto...

della memoria ho parlato di recente con Giacinta, che ha un suo blog (il link è qui da qualche parte, se non qui sull'altro mio blog)a proposito di Proust, che collega i ricordi a sensazioni fisiche, olfattive, tattili, ricordi che nascono da parole dette o lette. Ognuno di noi ha un suo modo di elaborare i ricordi, io sono evidentemente più vicino a Tarkovskij anche se, alle volte, una parola o un odore risvegliano davvero ricordi (spesso a catena...)
Bach ha un catalogo di opere imponente, si passa il migliaio; le composizioni per organo sono molte. Il numero d'opera indica una singola composizione conclusa. Per avere un cd con questo preludio sono andato in un magnifico negozio di Milano, La Bottega Discàntica (c'è anche il sito internet), in effetti non è facile trovare questo repertorio e i negozi di dischi sono sempre più rari; penso e spero che a Napoli ci sia ancora qualcuno a cui rivolgersi...(a Milano siamo ridotti male)
Il blog è fermo da parecchio tempo, io ci sono ancora ma non scrivo più niente. In parte perché ho terminato il lavoro che volevo fare, cioè mettere un po' di ordine nei miei appunti trentennali (che riguardano solo i film più difficili, per Totò non c'è quasi mai bisogno di spiegazioni, nemmeno per Tom e Jerry...) in parte per la delusione su come sta andando il mondo, la programmazione tv per esempio è imbarazzante per il livello infimo delle proposte, fatta salva qualche eccezione (durerà?). Credo che Tarkovskij oggi farebbe un altro mestiere, non è più tempo di cinema.

jeff ha detto...

Chi sarebbe oggi Tarkovskij... Facendo lavorare un pò l'immaginazione credo che sarebbe afflitto, ma se fosse diventato pessimista, se guardandosi attorno avesse rinunciato del tutto a raggiungere l'ideale, avrebbe rinnegato tutte le sue creazioni. Impossibile, escludo che si sarebbe lasciato vincere. Aveva un senso della vita forte quanto sofferente, ma la fede, quella l'avrebbe davvero persa del tutto? No.
Ad 83 anni sarebbe stato molto stanco ma anche molto amato da una quantità di persone superiore a quelle che lo conoscevano fino alla sua morte. Superiore anche perchè oggi ci sono più possibilità di conoscere le sue opere. Con la fine dell'Unione Sovietica avrebbe giovato di appoggi dall'Europa, sicuramente di più di quelli che ha ottenuto fino agli anni '80. Il mondo non è solo cambiato in peggio. Sarebbe stato decisamente più ammirato di Sokurov e avrebbe dato a Kubrick filo da torcere per quanto riguarda il senso del cinema.
A parte tutto questo, di sicuro avrebbe realizzato il suo Amleto e il suo L'Idiota. Come sarebbero stati? Chissà, forse ci ha risparmiato opere non riuscite come avremmo voluto.

Se in tv passano schifezze immani, a cinema talvolta possono uscire delle perle. L'ultimo film visto è stato Die Andere Heimat: 4 ore di vero cinema. È un caso unico e raro, ma tant'è... Edgar Reitz esiste, è in vita, e ha realizzato una grande opera.

In ogni caso, da pochi mesi, su youtube sono miracolosamente disponibili con sottotitoli in inglese molti documentari su Tarkovskij, li sta traducendo un appassionato francese con l'aiuto di altri volontari. Non li ho ancora visti ma per me sono già un'autentica miniera. Finora sapevo solo di Tempo di Viaggio, dell'omaggio di Sokurov, del film di Marker (mai visto proprio per assenza di sottotitoli) e l'intervista di Donatella Baglivo. Forse già sai degli altri video, come quello sulla produzione di Sacrificio, quello sui retroscena di Stalker...
Sapevi inoltre che entro l'estate uscirà finalmente una nuova edizione di Scolpire il tempo? E che è stato ripubblicato Martirologio? Sono perfino previste entro l'anno nuove edizioni in dvd (e in parte in bluray) di tutti i film: saranno inglesi ma con sottotitoli... meglio di niente.

Giuliano ha detto...

Citazione d'obbligo per Giuseppe Verdi: "Purtroppo per il teatro, è necessario qualche volta che poeti e compositori abbiano il talento di non fare né poesia né musica."
Questo non è un bel momento, conta solo vendere. In mano ai pubblicitari e agli addetti al marketing, uno come Tarkovskij si sarebbe ritirato in silenzio, soffrendo, come lo Stalker.
L'altro giorno ho guardato "L'arte della commedia" di Eduardo, il prologo e il primo atto sono tutti da conoscere. (circola su Rai5, forse riesci a trovare il testo stampato)

jeff ha detto...

Dunque tutto quello che ha fatto lo stalker ha portato al totale fallimento?
E la candela portata dal poeta russo in Nostalghia??
Non capisco bene il senso della frase di Verdi se non conosco il contesto e il motivo per cui si è espresso in quel modo.
Bela Tarr e Sokurov non sono affatto preda del marketing, peraltro il primo ha smesso di fare film perchè non ha altro da dire, non mi pare che abbia rinunciato perchè il mondo va a rotoli. O forse è anche questo il motivo, ma ognuno posrta avanti con coerenza il proprio discorso, dunque..
Il post in cui avete parlato di memoria non l'ho trovato.

Francamente mi dispiace non aver creato qui una conversazione. Il link ai documentari è questo visionabili https://www.youtube.com/channel/UCnWhoZnGUmDsE6WHZJOJoCw/videos Spero potranno interessarti un giorno.

Buonaserata.

Giuliano ha detto...

parlo anche per me stesso, ho visto troppe cose andare nel senso sbagliato e comincio ad avere una certa età. Sono anche cristiano e so che il messaggio di Cristo dura da duemila anni, la fiamma è sempre accesa, nonostante tutto. (sono nato nel 1958)
L'ultima volta che sono stato al cinema sono stato sommerso dalla pubblicità, dieci minuti senza potermi difendere, a volume spaventoso. Non è affatto inevitabile, al cinema esisteva l'intervallo solo per dar tempo all'operatore di cambiare il rullo; e non ai tempi di Melies, era ieri. E, prima del film, nessuno mi veniva a disturbare: così ho visto tutto Wenders, tutto Kubrick... mah, che dire.
Verdi scrisse quella frase in un momento di amarezza (poi si riprese e scrisse capolavori fino a ottant'anni e oltre), anche Fellini ebbe a dire che se queste erano le condizioni in cui si doveva lavorare era meglio lasciar perdere (l'amarezza e penso anche il dolore vero nel vedere i suoi film fatti a pezzi su Canale 5).
Io ho finito il mio blog già da qualche anno, però parlo sempre volentieri. Posso dirti (ma qui stiamo cambiando discorso) che apprezzo molto Bela Tarr e gli avrei dedicato molto spazio, ma ho potuto vedere i suoi film solo da poco (prima conoscevo bene solo Armonie di Werckmeister)(a proposito, è Werckmeister è un musicista vero e fu uno dei punti di riferimento di Bach ai suoi inizi). Invece non mi piace Sokurov, questione di pelle, ci sono degli autori che evito e Sokurov è uno di questi.

jeff ha detto...

Anche a me non va giù come hanno ridotto la visione cinematografica. Posso fare l'esempio di una piccola multisala di napoli che è sempre il punto di riferimento per certe proiezioni. Solo che ultimamente il gestore ha reso l'intervallo, anche se solo di alcuni film, qualcosa di insopportabile, perchè ha deciso di proiettare un video musicale di un gruppo di ragazzi prodotto dalla sua società : canzone pessima, alto volume, e cosa ottiene? che spezza del tutto la concentrazione che di solito si cerca di mantenere tra primo e secondo tempo. Non accade sempre, e ci mancherebbe, e sembra che io sia l'unico a farlo notare. Gli altri: pecore che si adattano alle nuove condizioni.

Sokurov è densamente pesante, il suo Faust però è davvero meravoglioso secondo me. All'opposto il film su Lenin e su Hitler, ma sopratutto quello su Lenin, sono inguardabili.
Per quello che so di Bela Tarr, lui non ha fiducia negli uomini. Dispiace, perchè il cinema che fa è straordinario.

Alla prossima.

Giuliano ha detto...

avevo dubbi su Sokurov, poi ho visto un suo documentario su Shostakovich (che è uno dei miei punti di riferimento, ormai da quarant'anni) e mi è andato giù parecchio, perché Shostakovic è brillante e tragico, clownesco e cupo, disteso e di piacevole compagnia e nello stesso tempo pessimista e pensieroso, è qui la sua grandezza. Invece Sokurov rende tutto funereo, opprimente, insomma viene il dubbio che non abbia capito una mazza. Però in quel documentario ha inserito filmati d'archivio molto interessanti, quindi tutto sommato merita di essere visto.
Bela Tarr è grandissimo, ma vedo che già sai.
:-)
grazie per la chiacchierata, un saluto sul secondo concerto per pianoforte di Shostakovic