sabato 23 ottobre 2010

Solaris ( III )

Soljaris (Solaris,1972) Regia: Andrej Tarkovskij; soggetto: dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem; sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Fridrich Gorenstejn; fotografia: Vadim Jusov; scenografia: Michail Romadin. Musica: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639. Musiche originali di Eduard Artemev. Interpreti: Donatas Banjonis (Kris Kelvin), Natalja Bondarchuk (Hari), Jurij Jarvet (Snaut), Anatolij Solonicyn (Sartorius), Vladislav Dvorzeckij (Berton), Nikolaj Grin'ko (il padre), Olga Barnet (la madre), Sos Sarkisjan (Gibarian). Durata: 165'
Il mio primo incontro con Tarkovskij fu per un ciclo di film di fantascienza della televisione svizzera, alla fine degli anni 70: era presentato da Fruttero e Lucentini (allora sulla cresta dell'onda, scrittori in proprio e direttori di Urania), e comprendeva tutti i vecchi e cari classici americani: Ultimatum alla terra, La cosa da un altro mondo, eccetera. L'ultimo della serie era Solaris, che era uscito da poco e del quale i due si fecero beffe: « Lo abbiamo visto alla moviola a velocità doppia, - dissero - ed era ancora troppo lento!!!» ; e da allora penso ai due scrittori torinesi come a due bravi signori, con molti meriti ma anche un bel po' superficiali. In effetti, va però detto che il film ha davvero un inizio molto lento e molto parlato, che mette a dura prova lo spettatore; e bisogna aggiungere che quella era una versione abbreviata, molto più corta di quella oggi disponibile su dvd.
La maggior parte delle sequenze tagliate riguarda l’inizio del film, e della storia: la nascita della “solaristica”e la scoperta delle proprietà dell’Oceano, raccontate dall’astronauta Berton tra lo scetticismo generale – e “scetticismo” è da intendersi come un gentile eufemismo. Nella versione che uscì nei cinema la parte di Berton fu completamente tagliata: prima della partenza di Kris Kelvin per Solaris, Berton si reca a casa sua, ma nemmeno Kris crede al suo racconto. Sono sequenze girate mal volentieri da Tarkovskij, e il taglio non è da considerarsi del tutto sbagliato perché la storia si capisce lo stesso dai dialoghi successivi. C’è invece, verso la fine, una scena reintegrata che mi ha fatto molto piacere vedere e che mi sembra essenziale perché spiega molto del film e della poetica di Tarkovskij; ma ne parlerò più avanti.
E’ un film che vive sulle immagini e non sulle parole, come quasi sempre succede in Tarkovskij; un film non raccontabile se non in alcuni suoi momenti. Tarkovskij depista lo spettatore, i suoi personaggi imbastiscono lunghi discorsi filosofici o scientifici che sono subito cancellati da apparizioni misteriose, i fenomeni atmosferici sono più importanti dei discorsi, e l’immaginario di Tarkovskij è dominato dalla grande pittura, Leonardo soprattutto. Ed è curioso notare quanti oggetti appaiano in questo film che non hanno nulla a che vedere né con la fantascienza né con il romanzo di Lem, ma che sono puro Tarkovskij. Oggetti soprattutto scientifici, ma anche cose del tutto inaspettate: in questo senso, vedere i film di Tarkovskij con il fermo immagine che consente il dvd è una fonte di continue sorprese. Tra i tanti oggetti improbabili a bordo dell’astronave, al minuto 99 ne appare però uno che non è certo lì per caso: una riproduzione dell’icona della Trinità di Andrej Rubliov .
Bisognerebbe vederli, i film di Tarkovskij: ma lui non faceva molto per farsi piacere. Ha girato film di fantascienza, come questo e Stalker, ma si capisce da subito che della fantascienza non gli importava nulla; è spesso di una sciatteria irritante, eppure è un maestro del cinema fin dai suoi esordi (Andrej Rubliov, del 1966) e ne conosce ogni magia. Quindi è una sciatteria voluta, cercata o magari ostentata: dopo il grande successo internazionale con i primi due film, a Tarkovskij fu infatti vietato di lavorare per molti anni. Quando poté tornare dietro la cinepresa, il pericolo della censura (o peggio) era molto forte, e questo spiega molte cose. Devo ammettere che anch’io mi sono trovato molto spesso in difficoltà, e che soprattutto “Lo specchio”, il film successivo a Solaris, è così personale da richiedere uno studio particolare per la spiegazione di molte sue scene, ma la profondità e il fascino dei film di Tarkovskij non lasciano scampo. Con i russi capita spesso così, come ben sanno i lettori di libri e gli ascoltatori di musica. (Butto lì due nomi: Dostoevskij e Mussorgskij – solo due per non riempire di un’infinità di nomi questo spazio...) E’ interessante leggere il libro di Stanislaw Lem, dal quale fu tratto il film. Come capita spesso, lo scrittore non si riconobbe nel film e ne parlò malissimo. Pur raccontando la stessa storia, è difficile trovare due esiti più diversi: il libro è di Lem e il film è quasi interamente di Tarkovskij, ma la differenza sta soprattutto nel fatto che Tarkovskij racconta per immagini, per sequenze, più che con i dialoghi; e per di più quando è il momento dei dialoghi Tarkovskij si prende molte libertà.
Per esempio, questa è la scena tagliata nella prima versione del 1972 di cui parlavo prima: uno dei due scienziati della base orbitante, Snaut, toglie di mano a Kelvin il libro che sta leggendo e gliene mette davanti un altro; ma, prima, rende omaggio a Hari (creazione dell’Oceano, o persona reale?), baciandole la mano. Snaut è uno dei due scienziati superstiti a bordo della stazione orbitante; è piccolo e gentile, un po’ trasandato, bruttino. L’altro scienziato (un fisico e un biologo, se non ricordo male) è Sartorius, interpretato da Anatolij Solonitsin (il protagonista di Andrej Rubliov), più ruvido e decisamente positivista, che tenta di mantenere il distacco anche davanti ai fatti (le apparizioni, “gli ospiti”) vissute in prima persona.
Snaut: Le apparizioni vengono di notte... ma bisogna pur dormire, qualche volta. Ecco il problema, l’uomo ha perduto il sonno.
(dà il libro da leggere a Kelvin; Kelvin legge)
Kelvin: « Io, signore, so solo una cosa: quando io dormo non conosco né paura né speranza, né fatica né piacere. Ringrazio colui che ha inventato il sonno, questa bilancia che rende uguali il pastore e il re, lo sciocco e il saggio! Solo in una cosa il sonno profondo è cattivo: somiglia troppo alla morte. »
Snaut: « Sancho, non avevi mai fatto un discorso così aggraziato...» (...) Noi non vogliamo affatto conquistare il cosmo, noi vogliamo allargare la Terra alle sue dimensioni. Non abbiamo bisogno di altri mondi, ma di uno specchio. Ci affanniamo per ottenere un contatto, e non lo troveremo mai. Ci troviamo nella sciocca posizione di chi anela a una meta di cui ha paura e di cui non ha bisogno. L’uomo ha bisogno solo dell’uomo.
(Solaris, minuto 130)
E dunque, nelle parti tagliate di Solaris c’era una citazione dal Don Chisciotte (parte seconda, capitolo LXVIII). Cervantes è un altro dei punti fermi di Tarkovskij, con Bach e Leonardo. La vita è strana e buffa, i nostri ideali sono troppo alti e irraggiungibili, e i personaggi di fantasia sono spesso più veri di quelli reali...
Questo è un altro dialogo tra Kelvin e Snaut, alla fine del film.
Kelvin: Quanti anni hai?
Snaut: Quarantacinque, perchè?
Kelvin:E’ da molto che sei quassù ? (...)
Snaut: Finirai per chiedermi che cosa ne penso della vita, immagino. (...) L’Oceano ha dato prova d’intelligenza. Ha dimostrato di essere capace di una sintesi organica che noi non sapremmo fare. Conosce la struttura intima dei nostri corpi. (...)
Kelvin: Non sappiamo quando arriverà questa fine, perciò abbiamo fretta.
Snaut: Le persone più felici sono quelle che non si sono mai interessate a questo maledetto problema.
Kelvin: Una domanda vuol sempre dire desiderio di conoscere, e per conservare le semplici verità umane ci vogliono i misteri. Il mistero della felicità, della morte, dell’amore...
Snaut: Forse hai ragione, ma cerca di non pensarci.
Kelvin: Pensare a questo è come conoscere il giorno della propria morte. L’impossibilità di sapere questa data ci rende praticamente immortali. (stacco sulle nubi) In ogni caso, la mia missione è compiuta. Che devo fare? Se vado via cancello ogni possibilità, anche la più piccola immaginabile, di rivederla. Devo passare degli anni tra questi mobili e questi oggetti che abbiamo toccato insieme... Che appagamenti, che beffe, che torture possono ancora aspettarmi? Non lo so, ma aspetto. (...) anche soltanto un’immaginaria possibilità di contatto con l’Oceano verso il quale la mia razza cerca di tendere un filo di comprensione? O devo restare qui, tra le cose che entrambi abbiamo toccato e che ancora portano il ricordo del nostro respiro? In nome di cosa? Della speranza che lei ritorni? Ma io non ho più questa speranza. Tutto quello che mi resta è attendere. Attendere, cosa? Non so... nuovi miracoli...
(fine dello stacco sulle nuvole, si torna ai due attori)
Snaut: Non sei stanco?
Kelvin: No, mi sento benissimo.
Snaut: Secondo me, è ora che tu faccia ritorno sulla Terra.
Kelvin: Credi?
Sartorius vorrebbe distruggere l’Oceano, in accordo con molti degli studiosi che ne temono l’attività. Snaut è una persona mite e più dotata di fantasia, media tra i due opposti; insieme decidono di inviare l’encefalogramma di uno di loro, il pensiero cosciente e non più quello inconscio. Un tentativo di comunicare con l’entità che si nasconde dentro all’Oceano: è Kelvin che viene prescelto. Dopo l’invio dell’encefalogramma (oggi sarebbe una TAC o l’attività magnetica, o qualcosa di ancora più sofisticato), l’attività dell’Oceano cessa; scompaiono gli “ospiti” e si formano le isole. Le isole della memoria.
(continua)

2 commenti:

Marisa ha detto...

Cerchiamo di capire i diversi atteggiamenti dei personaggi presenti a Solaris di fronte all'attività dell'oceano e alle sue manifestazioni.
Tutti hanno degli "ospiti", che nascondono accuratamente e di cui non parlano. Nella stanza del mite Snaut si intravede un'amaca che dondola sotto il peso ingombrante di qualcuno e, dall'orecchio enorme e peloso che fa capolino si può intuire che è una specie di mostro, inocuo fin che si vuole, ma certamente non presentabile. Strano per un mite, piccolo uomo come Snaut.
E che dire del bisbetico e dispettoso "nanetto", che tenta di scappare dalla stanza del controllatissimo e razionalissimo Sartorius? Non sembra la sua controfigura caricaturale? Il grande scienziato non è che un petulante nanetto, visto dalla prospettiva "altra" dell'inconscio, che ribalta i valori dell'io, così come il Cristo ribalta i valori della socieà mondana e benpensante.
" Beati i poveri di spirito..."
Di fronte all'imbarazzo di simili presenze non c'è da stupirsi se la maggior parte delle persone orientate secondo i valori dell'io ("utilità, successo e profitto), visto che non possono utilizzarlo come credevano, optino per la distruzione del magma-oceano, seguendo il consiglio di Sartorius.
Snaut, credo dopo l'incontro con Hari,cui rende omaggio,appoggia l'alernativa di inviare un messaggio all'oceano attraverso l'elettroencefalogramma di Kelvin.
E' una scelta importante e determinante perchè solo se accettiamo volontariamente il confronto con l'inconscio, esso smette di esserci ostile e possiamo integrarne qualcosa, magari qualche isola appunto.

Giuliano ha detto...

E' lo stesso tema di Stalker: quale è il nostro desiderio più vero e più profondo? Saperlo può provocare spavento, malessere. In questo caso, hanno ragione i compagni d'avventura di Kelvin: almeno a lui è comparsa un'immagine che conosce...