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INTERPRETI: Famiglia Dalcò: Sterling Hayden (Leo Dalcò), Roberto Maccanti (Olmo da bambino), Gérard Depardieu (Olmo Dalcò), Maria Monti (Rosina Dalcò, madre di Olmo), Giacomo Rizzo (Rigoletto), Antonio Piovanelli (Turo), Paulo Branco (Orso), Liù Bosisio (Nella), Odoardo Dall’Aglio (Oreste), Patrizia De Clara (Stella), Anna Henkel (Anita, figlia di Olmo). ? (Montanaro) ? (Irma) ? (Leonida) Catherine Kosac (Rondine) Famiglia Berlinghieri: Burt Lancaster (Alfredo Berlinghieri il vecchio), Romolo Valli (Giovanni Berlinghieri), Paolo Pavesi (Alfredo da bambino) Robert De Niro (Alfredo Berlinghieri), Werner Bruhns (Ottavio Berlinghieri, zio di Alfredo jr), Francesca Bertini (la zia suora), Laura Betti (Regina), Tiziana Senatore (Regina da bambina), Anna Maria Gherardi (Eleonora, moglie di Giovanni), Ellen Schwiers (Amelia, sorella di Eleonora) E con: Stefania Sandrelli (Anita Foschi), Dominique Sanda (Ada Fiastri Paulhan), Donald Sutherland (Attila), Alida Valli (Signora Pioppi), Pietro Longari Ponzoni (signor Pioppi), Josè Quaglio (Aranzini), Stefania Casini (Neve, la ragazza epilettica), Pippo Campanini (don Tarcisio), Allen Midgette (il vagabondo), Salvatore Mureddu (capo delle guardie a cavallo) Doppiatori: Giuseppe Rinaldi (Lancaster), Renato Mori (Hayden), Claudio Volonté (Depardieu), Ferruccio Amendola (De Niro), Rita Savagnone (Dominique Sanda), Antonio Guidi (Sutherland) Durata totale (atto I e II): 315 minuti
Per gli italiani, e per tutto il XX secolo, il comunismo era quasi soltanto la voglia di vivere una vita normale, senza troppe preoccupazioni economiche, senza doversi preoccupare del “San Martino”: insomma, la vita che hanno condotto operai e impiegati (e un po’ anche i contadini) dal 1945 fino alle soglie del 2000. Cosa vi pensavate che fosse, il Comunismo? Comunismo è “otto ore di lavoro, otto ore di sonno, otto ore per se stessi e per la propria famiglia”: cioè l’attuazione del programma dei movimenti socialisti e comunisti nati a metà Ottocento. Chi identifica il comunismo con Stalin e il socialismo con l’URSS sbaglia di grosso e lo fa di solito per due motivi: o per ignoranza o per malafede. Nel primo caso, volendo, si può rimediare; nel secondo caso – è un’amarissima constatazione - non si potrà nemmeno iniziare a discorrere. Una casa editrice di sinistra, la Laterza degli anni ’70, pubblicò i volumi sul fascismo di Renzo De Felice: una storia ben raccontata e documentata che fece polemica perché del fascismo si parlava anche bene (in vent’anni di governo incontrastato, qualcosa di buono c’è pur stato); e questo dibattito a sinistra si fece.
Ripeto per i distratti: Renzo De Felice, storico di destra, nei rossissimi anni ’70 pubblicò una storia del fascismo presso una casa editrice orientata a sinistra. Perché mai a destra ci si ostina a insultare la storia chiamando i comunisti italiani con i nomi peggiori? Ricordo ancora soltanto una cosa: le Regioni e le Città governate dal PCI furono per decenni le meglio amministrate d’Italia, scuole e asili pubblici dell’Emilia Romagna furono prese ad esempio da tutto il mondo, e queste statistiche le faceva il quotidiano della Confindustria – ma penso che chi non vuol intendere non intenderà mai. Sto dunque perdendo tempo, e torno a parlare del film.
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C’è molta musica popolare, e molte canzoni d’epoca, compresa una parodia di “Giovinezza” cantata dai contadini e dal norcino Olmo, nel secondo atto. L’Internazionale, inno socialista, risuona spesso, per fisarmonica (alla partenza del treno di Soccorso Rosso) o intonata in coro (ai funerali dei vecchietti della Casa del Popolo). Il canto “Sebben che siamo donne” è alla scena del “San Martino”, quando le donne guidate da Stefania Sandrelli fermano una carica della cavalleria, e non manca il grande classico contadino “La terra l’è düra, voltes indré...”, cantato dagli aratori nel secondo atto. L’inno sacro “Adeste fideles”, sempre nel secondo atto, è cantato dal prete (Pippo Campanini) durante la confessione con Alida Valli.
Musiche e canzoni degli anni ’30 le troviamo dall’inizio del secondo atto, compresa una canzone napoletana con orchestra per Ottavio e il nipote a Ischia. “Chi è più felice di me”, che tornerà nel “Conformista”, è accennata alla radio a 1h11, per la scena di Ada ubriaca all’osteria.
E “Il cacciator nel bosco”, altra canzone antica, per il finale con i due – ormai vecchiotti - che si picchiano come quand’erano bambini.
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Nel dvd Bertolucci fa anche una citazione Sant’Agostino riguardo al Tempo, e al passato viene dal futuro: si tratta delle “Confessioni” dove un capitolo intero (bellissimo) è dedicato a questo tema.
Ma non può mancare il discorso sulla tradizione e sul “genocidio culturale” perpetrato ai danni della civiltà contadina: e il discorso va inevitabilmente su Pierpaolo Pasolini. A questo proposito, può essere interessante fare un paragone con “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, che tratta lo stesso tema di “Novecento”.
A proposito di tradizione, Bertolucci mette due sequenze con le marionette e i burattini: il teatrino con Fasolein e Sandron, nella scena dei bambini che partono in treno per la Liguria, e l’uomo che balla con un pupazzo, durante la festa nel fienile che precede l’incendio della Casa del Popolo. La seconda scena, alla fine dell’atto primo, al di là della bravura del ballerino, più che divertente è davvero disturbante: quasi un segnale di ciò che di diabolico sta avvenendo, un mutamento di tonalità verso tonalità più cupe, da brividi per la schiena. Dominique Sanda, cioè la futura moglie di Alfredo Berlinghieri, è l’unica a trovare disturbante questo balletto di per sè innocuo: dietro l’apparente leggerezza del suo personaggio, Ada dei quattro protagonisti è l’unica ad avere capito fino in fondo l’orrore che sta per arrivare.
Come conclusione della prima parte del film, torno sulla grande spettacolarità del film, che al cinema era un incanto per gli occhi. Ho visto pochi film belli come “Novecento”, al cinema: “Novecento” è già più avanti del 3D, ci sei immerso dentro, come nei film di Kubrick, come nei kolossal in cinemascope, ma ormai il cinema non esiste più ed è quasi impossibile dimostrarlo, sul televisore di casa quell’incanto non arriverà mai.
PS: Un avviso doveroso: proprio alla fine della prima parte del film c’è una delle scene più violente. Ha una precisa giustificazione narrativa e Bertolucci non ci mostra tutto fino in fondo, ma fa impressione lo stesso. Anche prima, nel funerale dei vecchi contadini, alcuni dettagli possono dar fastidio: ma ciò che ci sta dicendo Bertolucci è che fatti come questi, e peggiori di questi, sono veramente successi. Il nostro impegno (come italiani, come patrioti, come cattolici, come comuni cittadini, come madri e come padri di famiglia ) dovrebbe essere quello di evitare che succedano ancora.
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