domenica 24 ottobre 2010
L'infanzia di Ivan
Ivanovo detstvo (L'infanzia di Ivàn, 1962) Regia: Andrej Tarkovskij. Soggetto: dal racconto Ivan di Vladimir Bogomolov; sceneggiatura: Michail Papava, Vladimir Bogomolov. Fotografia di Vadim Jusov. Musica di Vjaceslav Ovcínnikov; e una canzone russa cantata in disco dalla voce di Fiodor Scialiapin. Scenografia: Evgenij Cernjaev; interpreti: Nikolaj Burljaev (Ivàn), Valentin Zhubkov (Cholin), Evgenij Zharikov (Galcev), Stepan Krylov (Katasonov), Nikolaj Grin'ko (Grjaznov), Dmitrij Miljutenko (il vecchio), Valentina Maljavina (Masha), Irma Tarkovskaja (madre di Ivàn), Andrej Konchalovskij (soldato con gli occhiali). Durata: 95'L’ufficiale: Resterai qui finché non ti decidi a dirmi chi sei e da dove vieni. Chiaro? Vuoi rispondermi, adesso? Su, deciditi a rispondere se vuoi che riferisca che tu sei qui.
Il bambino: Vengo da un’altra riva.
L’ufficiale: Che cosa? E come hai fatto a venire fin qui? Puoi provarmi che vieni dall’altra riva? (...)C’è sempre un’altra riva, nei film di Tarkovskij: un fiume da attraversare, un confine da oltrepassare. Spesso è un confine vero, fisico: la Zona di “Stalker”, il fiume che separa i soldati nazisti da quelli russi in “L’infanzia di Ivan”. Ma, in fin dei conti, di che confine si tratta?
Tarkovskij inizia qui il suo viaggio nel soprannaturale, nell’altro da noi, nei sogni e nelle visioni. Con questo dialogo, apparentemente semplice e innocuo, comincia il suo primo film, quello che gli diede improvvisa fama in tutto il mondo e che gli permise di realizzare il suo capolavoro assoluto, “Andrej Rubliov”.
Il dialogo si svolge tra un giovane ufficiale e un ragazzo, poco più che un bambino, che svolge in segreto la mansione di spia e portaordini. Il ragazzo, magro e sporco, proviene dalle fila tedesche: inosservato, ha preso nota del loro numero e dei loro armamenti, e adesso vuole riferire al comando. Ha davvero attraversato il fiume, a nuoto e nel freddo: è un piccolo eroe di guerra, protagonista di un fatto vero successo nella Seconda Guerra Mondiale, ed è per questo che fu girato il film.
Il film è per metà il solito film di guerra che si girava in Urss in quegli anni, e per metà un’invenzione poetica di Tarkovskij. Tarkovskij sta molto attento, è il suo primo film e non può sbagliarlo: gli va bene e vince il Leone d’Oro a Venezia. Ma poi, con il suo secondo successo a livello mondiale, saranno guai grossi: dopo aver visto “Andrej Rubliov”, ormai finito e in giro per il mondo a prendere premi importanti, i burocrati sovietici non gli lasceranno più fare film per otto lunghissimi anni.
Tarkovskij stupisce subito, e stupisce ancora oggi – fatta la tara necessaria sul tempo che è passato, e che ha colpito soprattutto le scene più convenzionali – per la visionarietà delle scene più famose. Il giovane regista si attiene al compito che gli viene richiesto, ma tante cose - anche di quelle sequenze convenzionali – suonano in maniera diversa da quello che ci si potrebbe attendere. Gli atteggiamenti troppo paterni per dei soldati, per esempio: non è di militari che si parla, questa è una storia di famiglia.
E’ la storia di un bambino orfano, che sogna la madre morta nei bombardamenti; e che sogna un’infanzia senza guerra, dove poter giocare da bambino con gli altri bambini. Il bambino dorme, e sogna sempre la madre: ma la madre non c’è più, e il sogno felice si trasforma sempre in un incubo.
Non c’è retorica in Tarkovskij, e non c’è retorica nemmeno in quello che sto scrivendo io adesso: i bambini orfani di guerra sono così tanti che non si contano, anche in un momento storico come il nostro (solo che noi facciamo finta di niente, fingiamo che non esistano e ci va bene così).
Molte sequenze di questo film sono da antologia. Ne riassumo qualcuna, facendo ben presente che in Tarkovskij è sempre l’immagine a dare emozione, e che un riassunto può servire solo come punto di partenza o di riflessione.
- All’inizio, straordinario è il sogno del bambino, che guarda in un pozzo e vede la madre; sequenza che si ripeterà altre volte nel corso del film, e che è il preludio a “Lo specchio”, uno dei film più emozionanti di tutta la storia del cinema, dedicato alla madre del regista; e va ricordato che il mondo visto dall’ottica di un bambino, e nel ricordo di quei momenti, è uno dei temi dominanti nell’opera di Tarkovskij.
- Ivan trova un libro d’arte, ricco di immagini leonardesche e di altri pittori nel Rinascimento, in una cassa che gli porge il tenente. Il libro è in mezzo a molte riviste (“Il Pioniere” e simili); ed è una sequenza che vedremo anche in altri film di Tarkovskij, una sua costante. Ed è davvero straordinaria la capacità di Tarkovskij di inserire sequenze con icone e immagini d’Arte anche nei contesti più impensabili...
Qui c’è un dialogo curioso, che vale la pena riportare. Nel libro c’è l’incisione di Dürer sui Cavalieri dell’Apocalisse; e il bambino commenta “Sono tedeschi, si vede subito”. Il tenente, lì vicino, sorride dell’ingenuità di questa battuta. Poi c’è un’altra incisione, un medico o forse uno scrittore, come suggerisce il tenente; e il bambino ribatte che “i tedeschi non hanno scrittori, li ho visti io che bruciavano i libri e ci buttavano sopra la benzina.” “Ma questo è uno scrittore di 400 anni fa” “Allora può darsi” conclude il bambino, serissimo. Penso che qui si voglia sottolineare il danno gravissimo all’immagine tedesca fatto dai nazisti, non diversamente da come aveva fatto lo scrittore francese Vercors nel romanzo “Il silenzio del mare”.
Prima di questa sequenza, ascoltiamo la voce di Fjodor Scialiapin dal grammofono: una canzone russa.
- La scena d’amore nel bosco di betulle tra il soldato e la giovane dottoressa. La sequenza è molto realistica e molto attenta ai diversi caratteri, e con una forte attenzione al punto di vista della donna, anche questa una caratteristica costante di Tarkovskij, che amava molto le donne e ha dedicato alle sue attrici ampio spazio. L’opera di Tarkovskij è anche una profonda riflessione, in senso pittorico e psicologico, sul volto e sulla psicologia femminile. Qui è il bel volto di Valentina Maljavina a rubare la scena e l’attenzione, in un personaggio che in mano ad altri registi sarebbe stato molto convenzionale.
- Nella casa bombardata c’è un’icona sul muro, e un crocifisso di ferro, una croce in bilico sulle macerie. Il vecchio che la abita non vuole lasciarla, anche se è ridotta a una rovina; Ivan gli lascia la sua razione ma il vecchio è ormai solo, sua moglie è morta nel bombardamento. C’è una sequenza molto lunga e molto lenta, al limite del fermo immagine (a sottolinearne l’importanza, anche questo tipico di Tarkovskij che lascia segnali ben precisi nei punti in cui vuole la nostra attenzione), la sequenza in cui il capitano si aggira tra le macerie, e si accende una sigaretta sul fuoco di una trave, ancora acceso dopo il bombardamento recente.
- Nel film sono inserite sequenze vere del tempo di guerra, su filmati d’epoca: forche naziste per uccidere i partigiani e strumenti di tortura, i cadaveri di Goebbels e delle figlie, intatte, con i segni delle pallottole usate dal padre per ucciderle prima di suicidarsi. Si ricordano così anche i milioni di morti russi e sovietici nella strenua resistenza al nazismo, resistenza che porterà alla vittoria alleati con americani e inglesi. Nella sequenza successiva, il capitano cammina per l’archivio-biblioteca, mentre i soldati riordinano carte e libri; qui viene ad apprendere la notizia che sperava di non trovare.
- «E se non è riuscito a passare, se è costretto ad attendere?» si chiede il capitano, mentre passa accanto ad un piccolo aereo caduto. E riporta il pensiero al passare la riva, all’andare dall’altra parte, a Caronte, a Virgilio.
«Possibile che questa non sia l’ultima guerra?» si chiede il tenente, alla fine del film. Ma così non è, così non sarà..
- I sogni di Ivan: il pozzo, la campana, la madre. E il sogno delle mele, sviluppo di una breve sequenza già abbozzata nel primo film di Tarkovskij, “Il rullo compressore e il violino”, di due anni prima. L’immagine è quella del cavallo che mangia le mele sulla spiaggia, che – come spiega Tarkovskij in un’intervista – è un sogno fatto dal regista stesso da bambino. Ivan è su un camion, con una bambina; e c’è una gran pioggia che però non disturba. Il camion è carico di mele; il bambino ne offre una, ma la bambina sorride e fa cenno di no con la testa. Il carico di mele si rovescia, e i cavalli mangiano le mele cadute.
- La sequenza finale, con i bambini felici che giocano sulla spiaggia. Ivan di corsa raggiunge la bambina, la supera, va oltre...
Qui è l’acqua la protagonista: degli elementi primari, sempre in primissimo piano nei film di Tarkovskij, è l’elemento prescelto (c’è anche un po’ di fuoco, ma serve per illuminare l’icona della Madonna: prologo al film successivo).
- Il bambino, nei suoi sogni con la mamma, per due volte guarda l’acqua nel secchio, immergendoci dentro la testa: si direbbe una citazione diretta da “L’Atalante” di Jean Vigo.
L’acqua è una dei grandi archetipi della vita, e come tale è sempre presente nei nostri sogni. Per traversarla, per navigare, per nuotare, per sprofondarvi o per respirarvi con naturalezza, come se fossimo pesci. Più tardi, già in “Andrej Rubliov” ma soprattutto in “Sacrificio” e in “Nostalghia”, sarà il fuoco l’elemento centrale dei film di Tarkovskij.
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8 commenti:
Un film che mi ha sempre emozionato tutte le volte che l'ho visto, e mi emoziona ora ricordandolo, nel leggere questo tuo post.
Non so come un regista del genere, che ha creato capolavori assoluti della storia del cinema, sia oggi quasi dimenticato.
Sto rimettendo tutti i film di Tarkovskij in ordine cronologico. Ci vorrà un po', ma da qui alla fine dell'anno penso di poterlo fare.
Non solo Tarkovskij è stato cacciato in soffitta, anche Chaplin, anche Fellini... Oggi governano i pubblicitari, le scelte le fanno loro.
ciao Ermione!
L'amore e la delicatezza con cui viene visto Ivan dal regista va di pari passo con la delicatezza della scena d'amore nel bosco di betulle e ,tutte e due i temi: il bambino cresciuto precocemente in seguito ai traumi della guerra e l'amore in tempo di guerra rendono il film così intimo e non retorico da imporsi alla memoria già come film dell'anima. Come ben hai sottolineato ci sono già i temi che verranno sviluppati nei capolavori successivi. L'attenzione ai sogni è poi l'elemento dominante ed in questo caso affidare sia l'inizio, sia la fine ad essi è, pensando all'epoca e alle condizioni in cui è stato girato il film, assolutamente straordinario.
Pur cercando di non calcare la mano, cosa Tarkovskij pensasse della direzione che stava prendendo il mondo è ben charo dalle incisioni di Durer sull'Apocalisse che compaiono. il tema dell'Apocalisse dominerà poi "Nostalghia"
A me dispiace molto quando Tarkovskij viene inserito nel giro del cinema "sovietico": anche se non era un dissidente, è difficile trovare un artista meno "di regime".
E si vede bene sia da questo film, che da quello precedente: da temi di propaganda si passa subito a temi intimi, addirittura al trascendente (ho voluto sottolineare questo aspetto con l'immagine che ho messo all'inizio: un fuoco ardente e un'icona sacra).
Lo stesso discorso lo potrei fare per Dimitri Shostakovic: ogni volta che c'è qualcosa di suo alla radio (Radiotre) saltano fuori tanti di quei luoghi comuni che vien da chiedersi: ma questi qua hanno mai ascoltato Shostakovic?
Personalmente, conduco una mia piccola battaglia contro i luoghi comuni...battaglia persa, naturalmente.
Come hai detto giustamente, nei film di Tarkovskij sono eloquenti le immagini. C'è però una battuta di Ivan che vorrei richiamare. In una stanza con una volta ed una ringhiera ( una sorta di balaustra ) che richiamano elementi architettonici di un ambiente religioso, ad un certo punto Ivan dice che non ha paura ( di rischiare la vita ). La frase risalta per il modo in cui viene pronunciata e rivela tutta la sofferenza di un bimbo che di fatto è già morto.
sì, ci sono molti dialoghi che colpiscono; la mia osservazione si riferiva al fatto che questo è il film di un esordiente, direi che non tutto è di mano di Tarkovskij, che non ha ancora il controllo totale sul film. Difficile dire cosa è suo e cosa è di altri: sicuramente sue sono le sequenze del sogno, nessun altro avrebbe potuto fare qualcosa di simile.
Tarkovskij dimenticato? Ma da chi? Impossibile dimenticarlo: è il futuro.
vorrei poter condividere il suo ottimismo
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