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venerdì 13 settembre 2019

Invincibile (Werner Herzog)


 
Invincibile (Invincible, 2001) Scritto e diretto Werner Herzog. Fotografia di Peter Zeitlinger. Musiche di Klaus Badelt e Hans Zimmer. Interpreti: Jouko Ahola, Tim Roth, Anna Gourari, Max Raabe, Jacob Wein, Gustav Peter Wöhler, Udo Kier, Herbert Golder, Gary Bart, Renate Kroessner. Durata: 133 minuti
 
"Invincibile" di Werner Herzog è del 2001 e racconta la storia del mago Hanussen (1889-1933) intrecciandola con quella di Siegmund "Zishe" Breitbart, un giovane ebreo polacco che si esibì con grande successo come "uomo forzuto" nei circhi e nei teatri di inizio Novecento. Breitbart però morì otto anni prima di Hanussen, essendo vissuto fra il 1883 e il 1925 (notizie da wikipedia), quindi ci sono alcune libertà nella narrazione; nella didascalia finale però Herzog dice che Zishe morì nel 1933.
La storia di Hanussen è famosa: ebbe molta influenza su Hitler e sui capi nazisti, si fingeva "nobile danese" ma si chiamava in realtà Herschel Steinschneider, ebreo cecoslovacco. Quando la verità si venne a sapere, fu rapito e ucciso e il suo corpo fu ritrovato sfigurato, come si vede nel film (wikipedia dice che la sua vicenda è narrata fedelmente). Sulla figura del mago e veggente sono stati girati diversi film come "Hanussen" del 1955, regia di Georg Marischka, e il più famoso "Hanussen" (stesso titolo) del 1988, regia di Istvan Szabò con Klaus Maria Brandauer ed Erland Josephson. Alla figura di Hanussen deve sicuramente molto anche "Il dottor Mabuse" di Fritz Lang, il cui primo episodio fu girato quando il mago era ancora in vita e molto influente.

 
Zishe Breitbart è un invece un giovane uomo molto forte fisicamente, figlio di un fabbro polacco, che divenne famoso come "il nuovo Sansone". Herzog lo affida a un culturista finlandese, Jouko Ahola, che pur non essendo un attore di professione è molto bravo nel renderlo giovane e sincero. (Herzog, come si sa, non è nuovo nell'affidare parti da protagonista a non professionisti).

 
"Invincibile" si guarda con piacere, ed è il primo film recitato dopo una decina d'anni di documentari da parte di Herzog. La storia comincia in Polonia, quando Zische grande e grosso viene scoperto da un impresario e parte dalla Polonia col fratellino Benjamin (Jacob Wein) per esibirsi nelle fiere e poi, con crescente successo, anche nei teatri. Ribattezzato "il nuovo Sansone", Zishe raggiungerà Vienna e i grandi teatri dove incontrerà anche il mago Hanussen. Hanussen è Tim Roth, come sempre molto bravo. Bella la ricostruzione storica, il tavolo di Hanussen è identico a quello del Mabuse di Lang, le canzoni anni '20 sono cantate da Max Raabe, che è anche fra gli interpreti del film. Anna Gourari, pianista, suona veramente Beethoven (Concerto n.3 secondo movimento, orchestra Beethoven Halle di Bonn direttore Anthony Bramall). Rudolph Herzog è il prestidigitatore che si vede all'arrivo di Zishe nel teatro di Hanussen. Udo Kier è un nobile tedesco.

 
Il film è recitato in inglese, girato in Lituania e Lettonia; le meduse sono dell'acquario di Monterey Bay, i granchi rossi del sogno di Zishe erano già nel film su Bokassa e vengono dall'Isola di Natale. Tra questi granchi Herzog ambienta anche il finale, col volo finale del fratellino Benjamin, in stile Chagall: una visione di Zishe morente per l'infezione conseguente alla ferita di un chiodo, che si direbbe ispirata al Gargantua di Rabelais e invece è verità.
Max Raabe canta con la sua Palast Orchestra; i tre brani di Haendel nelle incisioni del 1927 di Emmi Leisner sono due arie dal Giulio Cesare e dal Serse; "Dank sei dir Herr" viene da una della Cantate (non è indicato il numero d'opera, la definizione è "Cantata con stromenti").
 


"Invincibile" si apre con questa storia raccontata da dal piccolo Benjamin al fratello Zische, al minuto 3, nello shtetl polacco dove vivono:
- In un paese lontano, non so bene quale, comunque una terra lontana, un principe impazzì e si convinse di essere un gallo. Si nascondeva sotto il tavolo, stava nudo e mangiava solo grano. Il Re suo padre chiamò per guarirlo dottori e stregoni, ma invano. Un giorno arrivò a corte un saggio che nessuno conosceva; si spogliò e andò sotto il tavolo con il principe, dicendo che era anche lui un gallo; e alla fine lo convinse a vestirsi e a sedersi a tavola con gli altri. «Ma non crediate - disse il saggio - che solo perché mangia seduto a tavola con gli altri un gallo smetta di essere tale. » Qualunque cosa tu faccia con gli uomini, o per gli uomini, rimani sempre il gallo che eri prima.
Questa storia verrà ripresa nel finale, quando Zishe nel delirio dell'infezione dice al fratellino di vedere un gallo nella stanza.
 
 
A 1h15 dall'inizio, seduto al tavolo "di Mabuse" Hanussen (Tim Roth) spiega a Himmler cos'è la "clairvoyance":
- Come può la chiaroveggenza conciliarsi con il principio di causa ed effetto, e con le leggi di natura?
- La natura non si cura di come noi la interpretiamo, né delle leggi che le attribuiamo. In realtà, la chiaroveggenza non esiste, perché a mio avviso il futuro non esiste.
- Cosa significa?
- Il futuro non esiste, esistono solo gli eventi. Non si può pensare che l'universo sia stato oggetto di trasformazione, né che continuerà ad esserlo. Gli eventi sono immobili, solo l'uomo va avanti. Immagini che il tempo sia un dado, e che i vari momenti (time sections) siano le facce del dado. Un uomo normale vede solo una faccia, quella che ha davanti a sè: quello è il presente. Il chiaroveggente, invece, quando è in stato di trance cammina intorno al dado e lo vede anche da dietro (back): quella è la faccia del futuro, che poi diventerà presente.

 
Un terzo estratto lo prendo a 1h38 quando Zishe va a parlare con il rabbino in sinagoga: siamo verso la fine del film, Zishe si sente "clairvoyant" come Hanussen (che ormai è stato ucciso) ma la sua visione riguarda il popolo ebraico, "a horrible danger", "un pericolo che non capisco". Zishe è ormai molto popolare tra gli Ebrei, è "il nuovo Sansone" e non solo per la sua forza.
Rabbino: Sai una cosa, Zische? Da come parli, sembri uno dei Giusti.
Zishe: Cosa significa? Chi sono i Giusti?
Rabbino: Vedi, Zishe, per ogni generazione il popolo ebraico dà i natali a trentasei uomini prescelti da Dio per sopportare il peso della sofferenza umana, e per godere il privilegio del martirio. Il mondo poggia su questi trentasei Giusti (Just Men) che sono indistinguibili dai comuni mortali. Spesso, nemmeno loro sanno di esserlo. I più commoventi sono i Giusti che non scoprono la loro vera identità; quando sale in cielo un Giusto che non sa di esserlo, è così freddo (frozen) che Dio deve scaldarlo fra le sue dita per mille anni prima che la sua anima si apra al Paradiso. Succede anche che alcuni di loro rimangano talmente legati al dolore umano che neanche Dio riesce a scaldarli; così, di tanto in tanto, il Creatore (sia lodato il Suo nome) sposta la lancetta del Giudizio Universale un minuto più avanti.
Zishe cercherà di mettere gli Ebrei a conoscenza del pericolo, ma non verrà creduto: gli rispondono che i nazisti sono in Germania, ma qui siamo in Polonia e il pericolo vero sono i russi (i pogrom), la Polonia ha confini solidi... Zishe morirà come Gargantua, per la piccola ferita non di un granchio ma di un chiodo arrugginito (nel film, i granchi sulla spiaggia si spostano al suo passaggio)

 
Il film di Herzog lascia a tratti un po' perplessi, soprattutto per le molte libertà rispetto alla storia vera di Zishe, però l'ho visto con piacere e con molto interesse, dura due ore abbondanti ma quasi non me ne sono accorto. Non assomiglia ai film precedenti di Herzog, e lo si direbbe girato da un altro regista. Lo stile è molto diverso da "Kaspar Hauser" o da "Nosferatu", ai quali si apparenta per i costumi e per l'aspetto favolistico, e rispecchia già l'Herzog che verrà anche nel sonoro. Ho trovato qualcosa di Straub e Huillet in alcune sequenze. Gli interni rimandano un po' a "L'invenzione di Morel" di Emidio Greco, forse per la vicinanza temporale (gli anni '20). E' comunque un ottimo film, ben fatto e ben recitato, e su temi e storie importanti che è bello conoscere.

 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com)

lunedì 26 dicembre 2011

Werner Herzog ( I )

Ho sentito parlare di Werner Herzog per la prima volta, come tutti quelli della mia età, con “Aguirre”: un film del 1972, dove però la vera star era un attore, Klaus Kinski. Un film favoloso e anche un bel po’ strano, con protagonista assoluto quell’attore biondo che faceva il cattivo (cattivissimo) nei film western all’italiana: non a tutti quel film piaceva, ma che colpo. Un film così non lo aveva ancora fatto nessuno, e non poteva lasciare indifferenti. Però io lo avrei visto solo molti anni dopo, e non al cinema ma in tv; e mi ci è voluto ancora molto tempo per memorizzare bene il nome di Werner Herzog. Già il fatto che un tedesco facesse dei film così belli e spettacolari, nei primi anni ’70, suonava ben strano; i film così li facevano gli americani, magari i russi, cosa c’entrava un tedesco? Poi sarebbe arrivato anche Wim Wenders, con “Nel corso del tempo”, e tanti altri film memorabili: ma si parla già degli anni ’80, quando cominciò una distribuzione più regolare del grande cinema tedesco.
Come ricordano spesso sia Wenders che Herzog, il cinema tedesco era davvero rimasto fermo agli anni ’20, ai tempi di Lang e di Murnau: l’eredità di Hitler era ancora pesantissima, ci volle un notevole sforzo produttivo per tornare a grandi livelli. Non che mancassero bravi registi e attori tedeschi, ma fino a tutti gli anni ’70 il cinema italiano era un’altra cosa, così come quello francese, o russo, o americano. Herzog, Wenders e altri registi tedeschi della loro generazione capirono che il primo passo era l’indipendenza finanziaria: fondarono una loro casa di produzione, rischiando in proprio, ma sapevano di poterlo fare. Nacquero così molti film che oggi fanno parte della storia del cinema, la lista sarebbe molto lunga e comprende anche grandi successi al botteghino, come “Paris Texas” e “Il cielo sopra Berlino” di Wenders, “Aguirre” e “Fitzcarraldo” di Herzog, e tanti altri. Forse il film che mi ha fatto davvero capire chi era Herzog è stato “Cuore di vetro”, uno dei suoi più belli e più difficili; ma poi anche “Fitzcarraldo”, “Nosferatu”, e tanti altri che ho avuto la fortuna di vedere al cinema man mano che uscivano.
Vedere i film di Herzog non è però mai stato facile: spesso uscivano senza troppo clamore, restavano in programmazione pochi giorni, e anche con la tv non è che fosse facile vederli come si deve. Una visione completa dell’opera di Herzog è stata possibile soltanto con l’avvento del dvd, dove sono reperibili (magari negli “extra”) anche film mai usciti in Italia, e mai visti nemmeno in tv. Si tratta, oltretutto, di dvd realizzati con grande cura: non solo i film sono stati restaurati dallo stesso Herzog, ma per ogni film c’è anche un commento ricchissimo, minuto per minuto, dello stesso autore. Insomma, negli anni ’70 e ‘80 la situazione era diversa anche soltanto rispetto a Wenders; vedere i film di Herzog dava la sensazione di inseguire qualcosa di riservato a pochi, qualcosa di bello e strano, ai limiti della follia: quella follia che, per l’appunto, era ben incarnata da Klaus Kinski e dal suo volto, e dal suo modo di recitare. Un grande attore, ma anche una personalità inquietante, tutt’altro che amichevole: con Herzog, Klaus Kinski ha girato cinque film, tutti notevolissimi.
A questo punto, però, devo putroppo ripetere il discorso già fatto con Wim Wenders (autore da lui molto diverso): già da molti anni non riesco più a seguire il percorso di Werner Herzog, l’ho lasciato andare per la sua strada e ho ormai abbandonato l’idea di poterlo ritrovare. Sarò sempre lieto di essere smentito, penso che Herzog sia oggi una persona più serena di quello che era da giovane, penso che gran parte della sua “follia” sia ormai placata, ma ho il timore che fosse proprio quella follia ad averlo portato ai suoi capolavori. La stessa cosa, più o meno, accadde a Ingmar Bergman: che trovò nel cinema lo sfogo e la sublimazione di sue nevrosi personali, così come accadde a molti altri grandi e grandissimi artisti.
Oggi Herzog fa un cinema molto più normale: i suoi documentari sono sempre belli, ma le sue immagini sono da documentarista normale, da film maker normale. Per chi era abituato ad Aguirre, a Cuore di vetro, o anche soltanto al campanaro di “Rintocchi dal profondo”, è diventato difficile riconoscere la mano di Werner Herzog nei suoi film dal Duemila in qua. O, quantomeno, questa è la mia impressione personale: che non ha nessuna pretesa di essere un parere condiviso anche da altri.
I film di Herzog che ho visto:
- I medici volanti dell'Africa orientale (Die Fliegenden Ärzte von Ostafrika) (1969)
- Fata Morgana (1970)
- Anche i nani hanno cominciato da piccoli (Auch Zwerge haben klein angefangen) (1970)
- Paese del silenzio e dell'oscurità (Land des Schweigens und der Dunkelheit) (1971) documentario
- Aguirre, furore di Dio (Aguirre, der Zorn Gottes) (1972)
- L'enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle) (1974)
- La grande estasi dell'intagliatore Steiner (Die Große Ekstase des Bildschnitzers Steiner) (1974)
- Cuore di vetro (Herz aus Glas) (1976)
- How Much Wood Would a Woodchuck Chuck (1976) documentario
- La ballata di Stroszek (Stroszek) (1977)
- La Soufrière (1977) documentario
- Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht) (1978)
- Woyzeck (1979)
- La predica di Huie (Huies Predigt) (1980)
- Fede e denaro (Glaube und Währung/God's Angry Man) (1980)
- Fitzcarraldo (1982)
- La ballata del piccolo soldato (Ballade vom kleinen Soldaten) (1984)
- Dove sognano le formiche verdi (Wo die grünen Ameisen träumen) (1984)
- Cobra Verde (1987)
- Wodaabe - I pastori del sole (Wodaabe - Die Hirten der Sonne) (1989)
- Echi da un regno oscuro (Echos aus einem düstern Reich) (1990) documentario
- Grido di pietra (Cerro Torre: Schrei aus Stein) (1991) solo regista
- Apocalisse nel deserto (Lektionen in Finsternis) (1992)
- Rintocchi dal profondo (Glocken aus der Tiefe) (1993) documentario
- Tod für fünf Stimmen (Gesualdo da Venosa, Morte a cinque voci, 1995)
- Kinski, il mio nemico più caro (Mein liebster Feind - Klaus Kinski) (1999) documentario
- Demoni e cristiani nel nuovo mondo (Christ and Demons in New Spain) (2000) episodio della serie 2000 Jahre Christentum
- Kalachakra, la ruota del tempo (Wheel of Time) (2003) documentario
- Il diamante bianco (The White Diamond) (2004) documentario
- L'ignoto spazio profondo (The Wild Blue Yonder) (2005)
- My Son, My Son, What Have Ye Done (2009)
La lista è ovviamente molto più lunga; la mancanza di molti dei titoli più recenti non è ovviamente casuale.
(continua)

Werner Herzog ( II )

Pietà, rispetto e amore: con queste tre parole troviamo Macbeth, in un’aria famosa dall’opera di Verdi (fedelissima a Shakespeare) a riassumere ciò che ha perso con il suo comportamento, e che non potrà mai più ritrovare. Giunto al culmine della sua parabola, ormai in vista del finale della tragedia, il re di Scozia usurpatore si accorge di aver seminato intorno a sè soltanto odio e terrore; in più, Macbeth non ha avuto figli: tutto il suo darsi da fare è stato inutile, non solo ha perso il rispetto e l’amore del prossimo ma tutto quello che ha costruito passerà inevitabilmente in altre mani.
Pietà, rispetto e amore sono le parole con cui si possono riassumere le caratteristiche distintive del cinema di Werner Herzog: che ha lavorato spesso con attori problematici, con handicappati, in condizioni estreme, e sono sempre ben visibili la pietà, il rispetto, e l’amore per queste persone, e per tutte le persone con cui ha lavorato. Ed è ben strano, a prima vista, associare Herzog a queste parole: perché Herzog ha fama di persona difficile, e perché siamo abituati ad associare il suo cinema al ghigno terrificante di Klaus Kinski, l’attore con il quale ha girato cinque film, vale a dire i suoi maggiori successi. Ma così è, e per queste tre parole, pietà rispetto e amore, che guardo sempre a Werner Herzog con infinito rispetto, pensando a quello che si può fare anche rimanendo in mezzo a un ambiente puramente commerciale, conservando sempre dignità personale e autonomia. Nei decenni passati avevamo molte persone così, sia in ambito artistico che nell’industria che in politica (penso a Claudio Abbado, ad Adriano Olivetti, a Willy Brandt, per fare solo tre nomi); non mi rimane che sperare che tornino quei tempi, dopo il vuoto quasi totale degli ultimi vent’anni.
Di quasi tutti i principali film di Herzog ho già parlato per esteso fin dalla nascita di questo blog; aggiungo qui qualche appunto veloce che mi è rimasto in sospeso, contando di tornare prima o poi ad occuparmene.
Apocalisse nel deserto (Lektionen in Finsternis, 1992)
- Ho cominciato le riprese nei campi di battaglia della guerra del Golfo, quando sono arrivato bruciavano ancora i pozzi di petrolio. Sarà un percorso lungo un tappeto di mine, che sono circa diecimila. Voglio realizzare un film su questo nuovo scenario ambientale, un viaggio nel “parco nazionale di satana”. (...) Sì, è vero, amo il rischio portato all’eccesso ma non voglio mai mettere a repentaglio la vita degli altri. Anche in Kuwait, sono io a perlustrare i campi pieni di bombe: l’operatore mi segue a trenta metri di distanza.
- Ma chi è Herzog, un inguaribile romantico?
- No, forse sono come Fitzcarraldo, un conquistatore dell’inutile.
(intervista di Werner Herzog al corriere della sera 25.11.1991)
(questo film già da tempo nel blog, per esteso)

La grande estasi dell'intagliatore Steiner (1974)
Herzog ci parla sempre di cose differenti dalle immagini che ci mostra. Questo, apparentemente, è un documentario su un campione di salto con gli sci, lo svizzero Walter Steiner, girato nel 1973. In realtà: Steiner vola più degli altri, il trampolino è troppo lungo per lui, prende troppa rincorsa e rischia di finire fuori pista e farsi male. Ma, se la giuria mettesse il cancelletto di partenza più in basso, accorciando il trampolino, tutti gli altri saltatori otterrebbero misure mediocri. Steiner scende due posizioni più in basso degli altri e stravince la gara, anche se al primo salto si era fatto male, anche se in altre gare era stato squalificato per “salti troppo lunghi”. Un documentario esemplare, anche a non volerci cercare la luna. (marzo 1993) (una metafora dell’artista, delle difficoltà del bambino più dotato?)
Steiner è un amico personale di Werner Herzog, e appare anche come attore (una piccolissima parte) nel “Kaspar Hauser”: è uno dei tre giovani che prendono in giro Kaspar, nella prigione, mettendogli davanti una gallina. Werner Herzog racconta in una delle sue interviste di aver praticato il salto con gli sci, da ragazzo, con la speranza di poter diventare un campione; il titolo del film fa riferimento all’attività che dava da vivere a Steiner, la lavorazione del legno. A quel tempo, tutti i grandi atleti delle Olimpiadi erano non professionisti, studiavano o avevano un mestiere: qualcuno per finta, la maggior parte (specialmente in queste discipline) andava per davvero a lavorare, tra un allenamento e l’altro.
(è sul dvd di Cuore di vetro)
Anche i nani hanno cominciato da piccoli (1970)
Un film tutto interpretato da nani, ma come veri attori, e non come accade, per esempio, nel troppo famoso “Freaks” di Tod Browning, degli anni 30, da handicappati presentati ancora come mostri o fenomeni da baraccone. Superato quello che può essere lo sconcerto iniziale, diventa un film normale, da vedere, dove l’unico problema può essere una rappresentazione molto cruda della realtà: non certo per via dei nani, ma perché nel film sono presenti anche animali da cortile, galline, maiali, e chi ci ha vissuto insieme sa che questi animali hanno spesso comportamenti violenti nei confronti dei loro simili, soprattutto se tenuti in cattività o costretti in poco spazio. Non è bello, per esempio, vedere una gallina che mangia una sua simile: ma succede, e Werner Herzog la filma e tiene anche questa sequenza nel film.  Il soggetto è la ribellione di questo gruppo di persone, non mi sembra affatto una riduzione del Macbeth come è scritto da troppe parti ma è sicuramente una lotta per il potere, dopo la rivolta: siamo più dalle parti di Orwell, direi, o di qualche altra tragedia di Shakespeare.
Nel 1990 ne scrivevo così: E’ un film sconcertante: non per i nani, ma per la violenza (pensa ai polli!) e per la cattiveria così crudamente raccontate. Tolto questo, rimane un film con molte cose notevoli. La stanza con Pepe legato alla sedia, ghignante, per tutto il film, e il suo “custode” in stato d’assedio, è da antologia del cinema. Quasi tenero il “matrimonio” fra i due più piccoli. Alcune scene anticipano Greenaway (i due ciechi, la scrofa morta, la gallina cannibale...). Non so bene cosa pensare – Bosch? (maggio 1990)
Herzog racconta di aver fatto amicizia con molti degli attori di questo film, e di aver mantenuto a lungo contatti con alcuni di loro. Uno di questi attori, il più piccolo di statura, tornerà in una sequenza di “Kaspar Hauser”.
Paese del silenzio e dell'oscurità (Land des Schweigens und der Dunkelheit) (1971)
E’ un documentario sui sordi-ciechi, che comunicano solo con il tatto: se la diagnosi viene fatta per tempo, è possibile condurre una vita di relazione quasi normale. Uno dei film più importanti, tra quelli di Herzog, per comprenderne fino in fondo la personalità.
(in Italia è stato pubblicato da solo, su un dvd con questo titolo)
Futuro impedito (Behinderte Zukunft) (1970)
Documentario sui bambini handicappati in RFT, la Germania Ovest del 1970. Molto bello anche questo, soprattutto se si tiene conto della data: fine anni ’60, quando ancora parlare di handicap gravi non era così comune.
(è sul dvd di “Anche i nani hanno cominciato da piccoli)
La ballata del piccolo soldato (Ballade vom kleinen Soldaten) (1984)
Girato in Nicaragua nel 1984, racconta di un bambino soldato: qualcosa che purtroppo succede ancora, e che continua a succedere, in molte parti del mondo. Molte guerre sono state combattute da bambini e anche bambine, in Africa, in Asia; bambini di sette o dieci anni hanno ucciso, sono stati arruolati a forza e costretti a farlo. Qui siamo in un villaggio dell’entroterra del Nicaragua, tra i Miskito, e fin dall’inizio si rimane colpiti perché la prima sequenza è proprio sul bambino: seduto tranquillamente, e armato, fa partire un’audiocassetta dalla radio portatile che ha al suo fianco, e si mette a cantare insieme alla cassetta. La canzone, molto leggera e piacevole, parla d’amore: «Que te passa, niño?», “cosa ti succede, bambino?
(è sul dvd di “Aguirre”)
(continua)

Werner Herzog ( III )

How Much Wood Would a Woodchuck Chuck (1976)
Un documentario sui banditori d’asta negli Usa. Si tratta di uno scioglilingua in inglese, del tipo dei nostri “trentatré trentini entrarono trotterellando in Trento”; tradotto alla lettera (ma è una frase sul tipo dei “nonsense”) significa più o meno “quanto legno riesce a masticare una marmotta”. Marmotta è “woodchuck”: l’ho appena trovato sul vocabolario; “to chuck” è invece un verbo difficilmente traducibile, ci ho provato ma temo di non esserci riuscito. Come viene spiegato nel film, questo scioglilingua è il punto di partenza per arrivare a parlare veloci come fanno i banditori d’asta in America: è una scena che si vede in un altro film di Herzog, uno dei più belli, “La ballata di Stroszek”. Quando Stroszek viene abbandonato dalla ragazza, non ha più i soldi per pagare la sua casa e viene sfrattato; la casa viene messa all’asta e venduta al miglior offerente. Il banditore che si vede (e si ascolta) in “Stroszek” è lo stesso che vediamo in questo documentario. Il film è curioso, interessante e anche un po’ inquietante: queste cose un tempo avvenivano solo in America, ma ormai gli sfratti di questo tipo cominciano a vedersi anche da noi, e la cosa mi fa molta paura (chi ha visto “Stroszek” sa di cosa parlo). Mi rimane una domanda di fondo, irrisolta, non da rivolgersi a Herzog: ma perché mai questi banditori d’asta parlano così veloci? Davvero c’è qualcuno che li capisce? Quale è l’utilità di questa cosa?
(è sul dvd di “Stroszek”)
I medici volanti dell'Africa orientale (Die Fliegenden Ärzte von Ostafrika) (1969)
Breve documentario su commissione, parla dei medici che in Africa sono costretti a usare piccoli aerei per raggiungere villaggi altrimenti inaccessibili. Lo si può considerare come un anticipo della scena del dottore dei bambini, in “Stroszek”. Un film molto bello anche se ormai ha valore quasi soltanto storico; tra le sequenze curiose o memorabili, quella degli atletici guerrieri africani in seria difficoltà nel salire la scaletta del camper, una cosa mai vista prima e della quale non si fidano.
(è sul dvd di “Fata morgana”)
Fede e denaro (Glaube und Währung/God's Angry Man) (1980)
La predica di Huie (Huies Predigt) (1980)
“Fede e denaro” è un documentario su alcuni predicatori televisivi americani, tutti bianchi; “Il sermone di Huie” è un documentario su un solo predicatore, un nero americano, ma nella sua chiesa, tra i suoi fedeli, tra canti gospel e danze. Sono due documentari ben fatti e ancora oggi molto interessanti, Herzog non dà giudizi ma si limita a mostrare quello che succede, ed è un’ottima cosa; ma ormai sono passati trent’anni, bisognerebbe girarne un terzo per mostrare cosa è successo nel frattempo. (Nel frattempo, qui da noi, sono arrivate anche le imitazioni di questi predicatori, ad opera di Corrado Guzzanti...)
(sono entrambi sul dvd di “Stroszek”)
Demoni e cristiani nel nuovo mondo (Christ and Demons in New Spain) (2000)
Un altro documentario sul culto religioso, molto bello, ricco di stampe antiche e di disegni difficili da trovare. Si ascolta ancora il “Sanctus” di Gounod, come nel finale di Nosferatu, mentre si assiste cerimonie religiose cristiane (il bacio del Crocifisso, come da noi) ma anche azteche, precolombiane. Merita una visione attenta ed è anche decisamente spettacolare in alcune sue parti, dove ricorda alcune sequenze di “Cobra Verde”. Dovrò ritornarci sopra con più attenzione.
(è sul dvd di “Dove sognano le formiche verdi”)
La Soufrière (1977) documentario
Werner Herzog scala un vulcano durante un’eruzione: è sul dvd di “Apocalisse nel deserto”. Anche questo da rivedere con calma.
Wodaabe - I pastori del sole (Wodaabe - Die Hirten der Sonne) (1989)
Molto bello, è un altro documentario africano: i riti di passaggio dell’etnia Fulani, dove i giovani si truccano e si travestono per sembrare più belli alle ragazze che sposeranno. All'inizio si ascolta la voce del sopranista Moreschi, una incisione di grande interesse storico: l'ultimo "castrato" della Cappella Sistina, ormai anziano e fuori forma. E' l'unica documentazione storica di questa barbarie, praticata dunque fino a metà Ottocento, a causa del divieto alle donne di cantare in chiesa, e abolita definitivamente solo con l'unità d'Italia.
(è sul dvd di “Fata morgana”)
(continua)

Werner Herzog ( IV )

Il mondo contemplativo di Werner Herzog (Bis ans Ende... und dann noch weiter. Die ekstatische Welt des Filmemachers Werner Herzog) (1989), regia di Peter Buchka
Film biografico, molto bello e pieno di notizie interessanti su Herzog e sui suoi collaboratori.
(è sul dvd di “Kaspar Hauser”)
Werner Herzog cineasta (Werner Herzog Filmemacher) (1986)
Si parte dalla Baviera, Oktoberfest, dove anche Herzog partecipa. Interviste con Lotte Eisner, madrina e ispiratrice del nuovo cinema tedesco, e con Reinhold Messner in preparazione di “Grido di pietra”. Herzog racconta che quando Lotte Eisner si ammalò e sembrava non potesse più riprendersi, iniziò un viaggio a piedi da Monaco fino a Parigi; al suo arrivo, la Eisner era guarita. Herzog racconta anche la sua infanzia felice in montagna, al riparo dalla guerra (mostra le macerie delle città bombardate) e la sua passione da adolescente per il salto con gli sci; racconta i suoi film, e mostra moltissime foto di famiglia.
(è sul dvd di “Woyzeck”)
Io sono i miei film (Was ich bin, sind meine Filme) (1979)
regia di Christian Weisenborn e Erwin Keusch
Si vede Herzog sul set di “Stroszek”, con Bruno S. e la sua fisarmonica; poi un’intervista sempre di quel periodo. Tutto molto bello, da non perdere.
(è sul dvd di “Dove sognano le formiche verdi”)

Kalachakra, la ruota del tempo (Wheel of Time) (2003)
Documentario sui monaci buddisti tibetani; visto e cercato con molto interesse, mi ha però deluso: al di là della bellezza delle immagini e del loro significato, rimane un normale documentario del tipo di quelli del “National Geographic”. Sarebbe un ottimo risultato per chiunque, ma da Herzog mi aspettavo molto di più, considerato anche il soggetto.
(in Italia è stato pubblicato da solo, su un dvd con questo titolo)
Werner Herzog Eats His Shoe (1980)
 regia di Les Blank, sceneggiatura di Werner Herzog
Una scommessa, che porta Herzog a imitare Charlie Chaplin in “La febbre dell’oro”, mangiando una delle sue scarpe (ovviamente, finta e realizzata in materiale commestibile). Ero curioso dopo aver letto il titolo, ma alla visione risulta soltanto accettabile, mi aspettavo qualcosa di meglio
(è sul dvd di “Kinski – Mein liebster Feind”)
Grido di pietra (Cerro Torre, Schrei aus Stein, 1991)
«Cultura non è parlare di una cosa, ma farla»
(Herzog sul set di Grido di pietra)
«Una volta durante le riprese su un precipizio gli ho chiesto: “Cosa succede se cado?” e lui: “Perché guardi giù? ammira il panorama.”
(Donald Sutherland, come sopra)
E’ un film dal quale ci si aspettava molto: Werner Herzog, le grandi montagne, i grandi alpinisti...Alla visione, la delusione però è grande: siamo nel 1991, Herzog era ancora un grande maestro visionario, da lui non ci aspettava un film “normale”. Mi aveva già in parte deluso “Cobra Verde”, il film precedente (“Echi da un paese oscuro”, che sta fra i due, è un documentario che nei cinema non mi pare sia mai uscito, e che ho visto solo molto anni dopo), ma per “Cobra Verde” si potevano ben trovare delle attenuanti. L’impressione, purtroppo confermata, è che Herzog si stesse “normalizzando”: buon per lui se ha trovato maggiore serenità nella sua vita, ma noi che vedevamo i suoi film qualcosa abbiamo perso.
"Grido di pietra" è un film a soggetto, con attori come Vittorio Mezzogiorno, Mathilda May, Donald Sutherland; non va confuso con "Gasherbrum, la montagna lucente", girato nel 1984, un documentario con Reinhold Messner


(continua)

Werner Herzog ( V )

Regie teatrali (Opera)
* Doktor Faustus di Ferruccio Busoni (1986) Teatro Comunale di Bologna
* Lohengrin di Richard Wagner (1987) Festival di Bayreuth, Germania
* Giovanna d'Arco di Giuseppe Verdi (1989) Teatro Comunale di Bologna; (2001) Teatro Carlo Felice, Genova
* Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart (1991, 1999) Teatro Massimo Bellini, Catania; (2001) Baltimore Opera Company, Baltimora, USA.
* La donna del lago di Gioachino Rossini (1992) Teatro alla Scala, Milano
* L'olandese volante di Richard Wagner (1993) Opéra Bastille, Parigi, Francia; (2002) Domstufen-Festspiele, Erfurt, Germania
* Il Guarany di Antonio Carlos Gomes (1994) Opera Bonn, Germania; (1996) The Washington Opera, Washington, USA
* Norma di Vincenzo Bellini (1994) Arena di Verona
* Chushingura di Shigeaki Saegusa (1997) Tokyo Opera, Tokyo, Giappone
* Tannhäuser di Richard Wagner (1997) Teatro de la Maestranza, Siviglia, Spagna; (1998) Teatro San Carlo, Napoli; (1998) Teatro Massimo, Palermo; (2000) Baltimore Opera Company, Baltimora, USA; (2001) Teatro Municipal, Rio de Janeiro, Brasile; (2001) Houston Grand Opera, Houston, USA
* Fidelio di Ludwig van Beethoven (1999) Teatro alla Scala, Milano
* Parsifal di Richard Wagner (2008) Palau de les Arts, Valencia, Spagna
(elenco da http://www.wikipedia.it/ )
Lohengrin di Wagner
Per Werner Herzog, Lohengrin è l’occasione mancata, l’utopia sfiorata e perduta, la felicità intravista e scomparsa. Il cavaliere del Graal scende tra gli uomini a portare l’amore, come il giovane straniero in Teorema di Pasolini, ma gli uomini non sono pronti, Elsa fallisce la prova, resta impigliata fra i tortuosi meandri della diffidenza e della paura, e resta sola. Sull’umanità affaticata da così grandi e così inutili passioni scende un lungo e interminabile inverno: il dominio dell’oro, del potere, il regno della politica, quello stesso potere che nel Ring, non a caso composto subito dopo il Lohengrin, conduce gli dei all’ultimo crepuscolo. Alla fine del terzo atto, partito ormai per sempre il cavaliere del Graal, Elsa tende la mano a Ortrud, la donna senza amore, anch’essa come lei sola e prigioniera del calcolo del calcolo, della paura, della diffidenza. Le due donne sono le due creature più disperate, ma anche le sole che hanno quasi toccato la Verità: una con l’amore e una con l’odio.
(recensione di Dino Villatico, Bayreuth 1991, ripresa dell’allestimento1987, Repubblica 27.07.1991)
(alcune sequenze in teatro si trovano anche sul dvd del Woyzeck, nell'intervista a Herzog).
Ho conservato due vhs con regie di Herzog: la Giovanna d’Arco di Verdi, e La donna del lago di Rossini. La regia della Giovanna d’Arco di Verdi, con scene di Henning von Gierke (scenografo per Nosferatu, Cuore di vetro, Woyzeck...), è molto bella e non prevarica sulla musica, non si sovrappone mai all’opera. E’ del 1989, Bologna, dir. Chailly, con Susan Dunn, Vincenzo La Scola e Renato Bruson nelle parti principali. Per “La donna del lago” di Rossini, alla Scala nel 1992, direttore Riccardo Muti, si può ripetere lo stesso discorso: che è un grande pregio, perché saper seguire l’opera, assecondare la musica e mai sovrapporsi ad essa, deve sempre essere la caratteristica fondamentale del regista d’opera. Purtroppo, da ormai troppo tempo prevale una corrente contraria: quasi sempre con enorme spreco di denaro, va detto. Di Herzog in teatro conosco solo questi due allestimenti, non mi è quindi possibile fare un discorso completo.

Herzog e Rossellini
Non so se qualcuno ci ha già pensato, ma se si va a prendere il Cartesio e il Pascal di Rossellini e li si va a confrontare con Kaspar, Nosferatu, Woyzeck, si trovano molte somiglianze che varrebbe la pena di approfondire. Non so se Herzog conosca questi film di Rossellini (che sono molti, con ricostruzioni accuratissime di ambienti, abiti, luce, oggetti d’uso quotidiano: si va da Sant’Agostino fino a Luigi XIV), ma è molto probabile che Herzog e i suoi collaboratori ne abbiano tenuto conto, magari anche in maniera marginale.
Il diamante bianco (2004)
Werner Herzog è diventato un regista come tanti. Bello “Il diamante bianco”, immagini mozzafiato, ma dove sono finiti il mistero e la magia? Anche le interviste sono un po’ piatte e risibili, al limite del chi se ne frega: il gallo di Marc Anthony, e il medico che si fa calare dietro la cascata per vedere cosa c’è dietro, ma poi le immagini che gira non vengono mostrate. Diamante bianco è è il dirigibile-mongolfiera (per la sua forma) di Graham Dorrington dell’università di Londra, che firma questo film con Herzog; e a tratti il film sembra la parodia di un film di Herzog, un’imitazione. Dorrington non ha moltissimo da dirci, a parte la sua personale passione per il volo; però Herzog lo lascia parlare e parlare, e appare ridicolo quando insiste per volare insieme a lui. (“lo devo fare per forza io, non posso chiederlo a un altro”). E poi il pallone ha dei problemi al motore, eccetera. Tutte queste cose, il vero Herzog le avrebbe tagliate.
Gran parte del film è dedicata alla memoria di Dieter Plage, documentarista che morì mentre girava con Dorrington; i filmati di Plage sono i momenti veramente emozionanti del film. Il film è girato in Guyana, a Menzie’s Landing, sulle enormi cascate di Kaieteur (magnifiche). La Guyana è uno dei pochi paesi del Sud America dove si parla inglese, i suoi abitanti discendono da neri africani e indiani dell’India, quasi tutti sono rastafariani. La musica è dei tenores di Bitti: un kyrie e un sanctus, messi un po’ a caso, che non collimano con le immagini del film (ed è ben strano, il primo Herzog ci sarebbe stato più attento). Più adatte le musiche del violoncellista Ernst Reijsiger. Molto belle le scene con i rondoni, che abitano nelle grotte dentro la cascata. Swift è il nome inglese del rondone. (febbraio 2009)
(continua)