.jpg)
“Roma” è anche uno dei film più difficili di Fellini, nonostante l’apparente semplicità: un film su Roma, il ricordo di Fellini ventenne che arriva a Roma, che cosa c’è da dire di più?
Ma “Roma” diventa difficile perchè, a guardarlo con attenzione, scompagina tutti i luoghi comuni in cui la nostra pigrizia mentale ha confinato Fellini, e ci costringe a ripensarli. Da questo punto di vista è ancora oggi il più ostico dei film di Fellini, anche se con il tempo molte delle sue oscurità si sono decantate ed è molto più facile da capire oggi che non quando uscì.
E’ un film sul quale, se ci fate caso, anche i critici più attenti spesso sorvolano, si soffermano sulle sequenze più facilmente comprensibili, usano parole generiche, a volte sembrano perfino che non l’abbiano visto. Esemplare, da questo punto di vista, che “Roma” venga spesso presentato come un film “di Anna Magnani”: ma Anna Magnani vi compare per meno di un minuto, il tempo di un sorriso, alla fine del film (detto per inciso: mai vista la Magnani così bella come in queste riprese). E anche gli altri nomi famosi presenti in locandina rimangono per me un mistero: quasi ovunque è riportato che vengono intervistati Marcello Mastroianni e Alberto Sordi, io ho guardato in ogni angolo del film ma non li ho trovati, eppure sono volti ben noti e molto riconoscibili. Il mistero si risolve così: Sordi e Mastroianni erano in effetti presenti nella prima proiezione ufficiale della pellicola, ma poi furono "tagliati" da Fellini nell'edizione definitiva. Il motivo, pare che sia il fatto che nessuno dei due riusciva particolarmente simpatico: prima o poi i frammenti salteranno fuori e potremo giudicare anche noi.
Si vede invece benissimo lo scrittore americano Gore Vidal: nel finale, alla “Festa de Noantri”. Anche se non ne ricordo i lineamenti, è facile individuarlo.
.jpg)
A Fellini questi luoghi comuni piacevano un sacco ed era lui stesso a costruirci intorno castelli, fossati, draghi alati... Una volta disse, a proposito di “felliniano”, che diventare un aggettivo era sempre stato il sogno della sua vita, e per una volta (forse) c’è da credergli. In “Roma” i luoghi comuni su Fellini ci sono tutti: le donne grasse, il bordello, la volgarità, la pajata, le pernacchie, er gatto morto, la coda alla vaccinara, l’abbacchio e gli spaghetti all’amatriciana, il varietà, i rutti, il fascismo ridicolo, la volgarità, gli scherzi idioti, i “vedi un po’ d’annà...”. Tutto di tutto, compresa la parata dei cardinali.
.jpg)
Siamo nei primi anni dopo il Concilio Vaticano, quando ancora era forte la polemica sull’abbandono delle antiche liturgie. Sono polemiche che io ricordo poco, pur avendo ormai una certa età ho fatto tutto il catechismo in italiano, la Messa in latino l’avrei conosciuta soltanto molti anni più tardi tramite la grande musica, grazie a Giuseppe Verdi, a Mozart, a Monteverdi e a Palestrina. Non conosco posizioni precise di Fellini su questo cambiamento, che invece lo coinvolgeva in prima persona dato che era nato e cresciuto in epoca preconciliare; ma qui (e non solo qui) appare molto forte, corrosivo, sulla vecchia Chiesa. Nel 1971 queste cose si potevano fare, oggi susciterebbero polemiche e reazioni feroci; ma allora era forte la sensazione che Paolo VI non fosse riuscito a portare avanti il Concilio aperto da un Papa amatissimo, Giovanni XXIII. Paolo VI era visto, in quegli anni, come un Papa molto lontano, chiuso, anche antipatico: forse non era vero, ma l’impressione comune era quella.
Grottesca (ma tutt’altro che inventata) la parata dei nobili “neri” e del Cardinale: un mondo diviso in caste rigide e cerimoniali vuoti e utili soltanto alla celebrazione di se stessi (non certamente al Vangelo) che si pensava concluso, e invece alcuni che si dicono cristiani oggi vorrebbero veder tornare. Vediamo molto antico Egitto, stole con disegni che ricordano scarabei sacri o cetonie, fasti da faraoni, misteri iniziatici, i pochi eletti presenti, la semioscurità, l’immenso Ftah che incombe, fino all’apparizione finale del finto Paolo VI, in trionfo di luce e d'oro.
E’ una Roma pagana: anche nelle sequenze del Cardinale; come si dirà nel “Casanova”, qualche anno dopo, è sempre la Roma di Trimalcione, inalterata nei secoli. In questo senso, rivedere il “Satyricon” (di pochi anni prima) sarebbe senz’altro molto utile per capire il pensiero di Fellini.
Mi permetto di sottolineare che, dopo la parata dei nobilastri e del cardinale, e dopo l’apparizione alla sfilata di un simil-Paolo VI, nella sequenza successiva si riprende con un festoso “ma che ce frega ma che ce importa”: la romanissima Festa de Noantri.
.jpg)
.jpg)
.jpg)
Il bordello non è affatto visto con rimpianto, come si dice spesso con un luogo comune felliniano tra i più diffusi. Sembra un inferno, è un luogo squallido – squallido anche il bordello di lusso. Fellini prende i luoghi comuni sui bordelli e ce li mette davanti, assieme alla realtà: è un ricordo – spesso divertito – ma non certo un rimpianto. E’ che da giovani ti mettono davanti certe cose come se quella fosse la normalità, e così doveva apparire il sesso a un giovane degli anni ’40 o ’50. Un immaginario che dura tuttora: le calze a rete, per esempio. Una sequenza che andrebbe proiettata a ciclo continuo, senza interruzioni, a chi rimpiange le case chiuse; dicendo loro: ecco, mandateci vostra sorella o vostra figlia a fare queste smorfie.
.jpg)
.jpg)
L’ultima sequenza è quella famosissima con la sfilata delle moto per tutta la città; ma io non amo le moto e preferisco chiudere con un pensiero per la musica evocativa, calma, di Nino Rota. Il bergamasco Rota, per chi non lo sapesse, è stato uno dei grandi del Novecento; fu direttore di Conservatorio, e a Bari ebbe per allievo Riccardo Muti che ne parla ancora oggi con grande affetto. La musica che ha scritto per “Roma” è tra le sue meno appariscenti, ma è bellissima, molto piacevole, quasi un cullare dolcemente, semplice ma originale e personale: cose che solo i grandi musicisti riescono a fare.
.jpg)
.jpg)
2 commenti:
Eppure, più che le immagini, la prima cosa che mi ha colpito di "Roma" è il rumore: in questo film c'è rumore dappertutto, rispecchiando quindi una città veramente 'caciarona'. Anche il finale, con quelle motociclette rombanti, è tutta una sinfonia di rumore.
Sì, ovviamente hai ragione: ho preferito sottolineare altri aspetti di "Roma", ma questo del rumore e della confusione è un aspetto fondamentale.
Ritornerà anche nel "Casanova", come ben sai - da una parte il desiderio di starne fuori, dall'altra il desiderio di farne parte.
Come capita a noi tutti, anche in questo Fellini ha qualcosa da insegnarci.
Posta un commento