Giulietta degli spiriti Regia: Federico Fellini - Soggetto: Federico Fellini, Tullio Pinelli, da un'idea di Federico Fellini - Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano - Collaborazione alla sceneggiatura: Brunello Rondi - Fotografia (Technicolor). Gianni Di Venanzo - Operatore: Pasquale De Santis - Musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina - Scenografia e costumi: Piero Gherardi - Aiuto scenografo: Luciano Ricceri, E. Benazzi Taglietti, Giantito Burchiellaro - Aiuto costumi: Bruna Parmesan, Alda Marussig - Montaggio: Ruggero Mastroianni - Arredamento: Vito Anzalone - Aiuto arredamento: Franco Cuppini - Aiuto regia: Francesco Aluigi, Liliana Betti, Rosalba Zavoli - Suono: Mario Faraoni, Mario Morici - Segretario di edizione: Eschilo Tarquini - Trucco: Otello Fava, Eligio Trani - Acconciature: Renata Magnanti, Marisa Fraticelli - Assistente montaggio: Adriana Olasio - Produttore: Angelo Rizzoli - Direzione di produzione: Mario Basili, Alessandro Von Normann - Organizzazione generale: Clemente Fracassi - Ispettore di produzione: Walter Benelli - Segretari di produzione: Renato Fiè, Ennio Onorati - Produzione: Federiz (Roma), Francoriz (Paris) - Prima distribuzione italiana: Cineriz - Origine: Italia-Francia - Data visto censura: 23 settembre 1965 - Durata: 129'.
INTERPRETI E PERSONAGGI: Giulietta Masina (Giulietta Boldrini), Mario Pisu (Giorgio, suo marito), Sandra Milo (Susy, Iris, Fanny), Milena Vukotic (domestica di Giulietta e la Santa), Elisabetta Gray (altra domestica di Giulietta), Valentina Cortese (Valentina), Caterina Boratto (madre di Giulietta), Lou Gilbert (nonno di Giulietta), Alba Cancellieri (Giulietta bambina), Fredrich Lebedur (il preside e il santone), Sylva Koscina (Sylva, sorella minore di Giulietta), Luisa della Noce (Adele, sorella maggiore di Giulietta), Mario Conocchia (l'avvocato di famiglia), Cesarino Miceli Picardi (amico di Giorgio), Felice Fulchignoni (Dr. Raffaele), Lia Pistis (amica della spiaggia), José de Villalonga (José, lo spagnolo romantico), Valeska Gert (Bhishma, la veggente), Walter Harrison, Asoka e Sujata Rubener (assistenti di Bhishma), Bill Edwards (visitatore di Bhishma), Elena Cumani (visitatrice di Bhishma), Silvana Jachino (Dolores, la scultrice), Anne Francine (la psicanalista), Elena Fondra (Elena), Genius (Genius, il medium effeminato), Alberto Plebani (“Occhio di lince", e il detective del sogno), Federico Valli, Grillo Rufino e Remo Risaliti (investigatori dell'agenzia "Occhio di lince"), Dany Paris (ragazza nella stanza, da Susy), Yvonne Casadei, Dina De Santis e Hildegard Golez (cameriere della corte di Susy), Jacqueline Gerard (ancella di Susy), Fred Williams (principe arabo), Gianni Bertoncin (il barbuto), Giorgio Ardisson, Nadir Moretti, Alba Rosa e Bob Edwards (modelli della scultrice Dolores), Alberto Cevenini (inserviente sacerdotessa), Seyna Seyn (massaggiatrice), Anita Sanders, la mulatta Wanani e Jacques Herlin (ospiti alla grande festa di Susy), Robert Walders (il finto cadavere barbuto), Guido Alberti e Mino Doro (giocatori in casa di Susy), Raffaele Guida (amante orientale di Susy), Alicia Brandet (ballerina in TV), Mary Arden (attrice in TV), Sabrina Gigli e Rossella Di Sepio (le nipotine di Giulietta), Irina Alexeieva (la nonna di Susy), Alessandra Mannoukine (la madre di Susy), Gilberto Galvan (autista di Susy), Edoardo Torricella (insegnante di russo), Maria Tedeschi (in visita dalla psicanalista), Massimo Sarchielli (amante di Valentina).
Quando, a un’ora esatta dall’inizio, Giulietta entra nella casa della vicina, è come se facesse un salto all’indietro nel tempo: la musica è il Charleston, gli arredi sono liberty, un salto indietro agli anni ‘20 o forse ancora prima. Viene in mente il Giardino incantato, il Giardino di mezzanotte, Alice nel paese delle meraviglie (citata direttamente nel finale, con la porticina da cui deve passare Giulietta). Viene in mente, ancora, Stanley Kubrick: il finale di “Shining” con il dettaglio sull’antica fotografia.
Questo del Tempo e del suo passare (o del suo apparente restare fermo) è un altro dei temi importanti, anche se non evidentissimo, nel cinema di Fellini; e introduce un altro parallelo possibile, quello con Lewis Carroll e con “Alice”. E’ del resto una citazione diretta dell’Alice di Carroll a permettere e a incoraggiare questo parallelo: la porticina da cui Giulietta, nel finale, raggiunge se stessa bambina, sfuggendo a una temibile Regina di Cuori (sua madre). Se cercate le immagini originali del libro di Carroll, la porticina è identica.
Lewis Carroll ha dedicato un altro libro al Tempo, ed è “Sylvie and Bruno”: dove un giardiniere apre un cancello fatato che dà accesso a un altro mondo, e dove si discute dell’esistenza delle Fate. Per restare ad Alice, è il Cappellaio Matto che litiga con il Tempo; e il Tempo si vendica obbligandolo a rimanere fermo sull’ora del tè, le cinque del pomeriggio.
Ma è meglio procedere con ordine: prima di entrare nella casa della misteriosa e inquietante vicina, oltrepassando il giardino, c’è ancora molto tempo. A questo punto bisogna dunque parlare del primo sogno (o visione) di Giulietta, quello sulla spiaggia. E’ una spiaggia davvero irreale, pulita, deserta come in un dipinto di De Chirico, dichiaratamente falsa.
Con la Masina sotto l’ombrellone (anzi, una tenda!) ci sono altri personaggi, tutti secondari ma non trascurabili. Mi soffermo sul dottore napoletano, vestito di scuro e con gli occhiali neri, che per me risulta piuttosto disturbante: anche se fa discorsi rassicuranti e accattivanti e ha un tono familiare e cordiale lo definirei un ipnotizzatore, forse un mago vero ben cammuffato in mezzo a tanti sedicenti veggenti e profeti. Ma questa è solo una mia suggestione, niente autorizza a pensarlo tranne quegli occhiali neri, del resto ben giustificati in riva al mare.
Sta di fatto che questi discorsi provocano sonno a Giulietta, che si addormenta e ha una visione: un uomo corpulento in accappatoio rosso, con il cappello in testa, che tira una fune proveniente dal mare. Ma la fune è per lei, per Giulietta: è lei che deve tirare fuori quel che c’è nel profondo. E Giulietta esegue, e dal suo profondo emerge una nave inquietante, da sbarco in Normandia; dal portellone aperto intravediamo una scena bizzarra, uomini e donne seminudi o in uniforme, creature vagamente mostruose ma tutto sommato normali, che danno un leggero senso d’inquietudine.
E poi armi, scimitarre, cavalli morti alla deriva. Giulietta chiede aiuto sottovoce ma non può muoversi; e infine si sveglia dal sogno.
Nella sequenza con l’uomo in accappatoio rosso, Giulietta vista di spalle sembra Pinocchio; e avanza barcollando proprio come una marionetta senza fili: così ci capita a volte di camminare nei nostri sogni. E’ da notare anche la forma dello strano cappellino “cinese” della Masina (cinese o da mondina?): nei sogni raramente vediamo il nostro volto, c’è sempre qualcosa che ce lo nasconde, un velo o un’ombra. O, appunto, un cappello dal bordo largo. L’uomo che esce dall’acqua tirando una fune sembra una figura dei tarocchi, dei vecchi calendari, o magari un’allegoria alchemica, un rebus. I cavalli, molto simili, li troviamo anche in Tarkovskij (ma “Andrej Rubliov” nel 1965 non era ancora visibile fuori dall’URSS); la differenza è che per il regista russo l’apparizione di un cavallo è quasi sempre qualcosa di positivo, sia pure inquietante, una forza naturale che si manifesta. Invece qui tutto dà un senso di leggero malessere, di inquietudine per qualcosa di male che può succederci; e l’immagine di un cavallo (ma bardato per il circo) tornerà nelle visioni con la veggente indiana. L’uomo che esce dal mare con la sola testa, sempre nella sequenza del sogno sulla spiaggia, lo ritroveremo molto simile in Terry Gilliam, “I banditi del tempo”, anno 1982: e l’ex Monthy Python ha sempre dichiarato il suo enorme debito verso Federico Fellini.
L’arrivo sulla spiaggia del corteo di Sandra Milo evoca una simbologia egizia: direi proprio la barca dei morti. Ma l’immagine è positiva, felice. Due bambine (le nipotine di Giulietta) corrono subito dalla magnifica apparizione, ma una baby sitter col velo da suora corre a riportarle indietro.
Immagini egizie le ritroveremo anche più avanti, con le due sfingi a guardia della villa di Sandra Milo; e con l’inquietante statua della donna-rapace che accompagna l’uscita di Giulietta da quella stessa villa. E, se si va a vedere, i colori della regina Nefertiti e di altre pitture egizie sono molto simili a quelli che vediamo nelle decorazioni liberty della villa e nelle acconciature.
La scena successiva è quella della visita alla misteriosa veggente (uomo o donna?), dove Giulietta viene trascinata da Valentina. Una scena grottesca e divertita, a tratti molto imbarazzante (almeno dal mio punto di vista, ognuno la vede a modo suo). La sequenza comincia con uno sbaglio: Giulietta finisce per errore nella sala dove si sta festeggiando un matrimonio, ma non uno qualsiasi: gente ricchissima, e perfino un cardinale.
Nel 1965 la grande infatuazione per l’India (oggi passata e dimenticata: anche in India trionfano la cocacola, l’heavy metal, la playstation e gli hamburgers) non era ancora arrivata del tutto, stava appena iniziando e Fellini ne prende nota. Questi riti finto-indiani e simil-zen sono ridicoli ma anche serissimi; tendono però più allo spiritismo che all’induismo. E lo spiritismo evoca più che altro atmosfere ottocentesche, liberty e anni ’30.
Il nome Bhishma appartiene a un personaggio meraviglioso del “Mahabharata”, il grande poema epico indiano: perciò dispiace che Fellini l’abbia usato per questa caricatura di mago “à la Blavatsky”. Però è pur vero che maghi e santoni da quattro soldi usano fare queste cose spiacevoli, prendere nomi importanti (anche di Santi cattolici, Padre Pio e Sant’Antonio su tutti) e farne un uso che definire improprio è davvero troppo poco. Come tutti i maghi e i veggenti in contatto con l’aldilà, anche questo veggente dice poco o niente, lasciando tutto nel vago: però fa una certa impressione, non si capisce che cosa ha detto però chissà cosa ha detto. Su internet ci sono molte trscrizioni di questi messaggi dall’aldilà : il più famoso è quello di Nostradamus, e ci sono scrittori e trasmissioni tv che hanno avuto gran successo parlando di queste cose. Se volete leggerle e riuscite a ricavarci qualcosa, buona fortuna.
Nella sala d’attesa del santone (interpretato da Valeska Gert: l’indiana che lo assiste si direbbe un’indiana vera e non un’imitazione romanesca) vediamo molte damigiane, fiaschi, pompette di plastica (modernissime, le prime che si vedevano: moplen o polietilene che sia, siamo solo nel 1965). Forse si parla di travasi, di reincarnazione? Altrimenti non si capisce il senso della loro presenza, e si sa che Fellini lascia ben poco al caso nei suoi arredi.
Anche i rimandi nei costumi sembrano piuttosto vaghi: India, Thailandia, Tibet, Bali?
Molto suggestive le sequenze di Giulietta accanto al grande ventilatore, ma me ne sfugge il significato: sicuramente un riferimento all’aria (i quattro elementi?). Giulietta è seduta fra pizzi bianchi e colore rosso, qualcosa a metà fra un altare e la prima classe dei treni.
Al ritorno a casa, in macchina, Giulietta guida e racconta alle amiche la storia del nonno che fuggì con una ballerina: ma le amiche si addormentano, sembrano poco interessate. Si sa, capita: è questo l’effetto che facciamo anche noi quando ci mettiamo a raccontare i nostri sogni e le nostre memorie. Non si possono condividere sogni e memorie con gli altri...
2 commenti:
Dei post ricchi di citazioni colte (sempre molto gradite), questi che hai dedicato a "Giulietta degli spiriti". A quanto pare scriverai altre righe interessanti su questo film così suggestivo.
Mi ci sono divertito parecchio, non prendere proprio tutto sul serio! Ho messo qui tutti i pensieri e le assonanze che mi sono venute in mente, e ci sono ancora due puntate.
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