Novecento, di Bernardo Bertolucci (1976) Sceneggiatura di Franco Arcalli, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Bertolucci. Fotografia: Vittorio Storaro. Scenografie di Ezio Frigerio e Gianni Quaranta. Costumi: Gitt Magrini. Musiche originali: Ennio Morricone. Musiche citate nel film: estratti da opere di Giuseppe Verdi, inni e canzoni del movimento socialista e comunista, canzoni popolari contadine, canzoni di musica leggera anni ’30. Girato in studio a Roma Cinecittà, e in esterni a Busseto, Cremona, Mantova città, Rivarolo del Re, Guastalla, Suzzara, San Giovanni in Croce (Reggio), Reggio Emilia, Parma, al cimitero vecchio di Poggio Rusco (Mantova), e a Capri (inizio secondo atto). La scena del giuramento degli agrari si svolge nel Santuario delle Grazie a Curtatone (Mantova). La Corte delle Piacentine, a Roncole di Busseto, un complesso del 1820, è l’azienda agricola che si finge proprietà dei Berlinghieri. INTERPRETI: Famiglia Dalcò: Sterling Hayden (Leo Dalcò), Roberto Maccanti (Olmo da bambino), Gérard Depardieu (Olmo Dalcò), Maria Monti (Rosina Dalcò, madre di Olmo), Giacomo Rizzo (Rigoletto), Antonio Piovanelli (Turo), Paulo Branco (Orso), Liù Bosisio (Nella), Odoardo Dall’Aglio (Oreste), Patrizia De Clara (Stella), Anna Henkel (Anita, figlia di Olmo). ? (Montanaro) ? (Irma) ? (Leonida) Catherine Kosac (Rondine) Famiglia Berlinghieri: Burt Lancaster (Alfredo Berlinghieri il vecchio), Romolo Valli (Giovanni Berlinghieri), Paolo Pavesi (Alfredo da bambino) Robert De Niro (Alfredo Berlinghieri), Werner Bruhns (Ottavio Berlinghieri, zio di Alfredo jr), Francesca Bertini (la zia suora), Laura Betti (Regina), Tiziana Senatore (Regina da bambina), Anna Maria Gherardi (Eleonora, moglie di Giovanni), Ellen Schwiers (Amelia, sorella di Eleonora) E con: Stefania Sandrelli (Anita Foschi), Dominique Sanda (Ada Fiastri Paulhan), Donald Sutherland (Attila), Alida Valli (Signora Pioppi), Pietro Longari Ponzoni (signor Pioppi), Josè Quaglio (Aranzini), Stefania Casini (Neve, la ragazza epilettica), Pippo Campanini (don Tarcisio), Allen Midgette (il vagabondo), Salvatore Mureddu (capo delle guardie a cavallo) Doppiatori: Giuseppe Rinaldi (Lancaster), Renato Mori (Hayden), Claudio Volonté (Depardieu), Ferruccio Amendola (De Niro), Rita Savagnone (Dominique Sanda), Antonio Guidi (Sutherland) Durata totale (atto I e II): 315 minuti
Alle due scene molto drammatiche (e storicamente esatte) dello sfratto di San Martino con la mancata strage della Cavalleria, e del giuramento degli agrari che segna la nascita del fascismo, segue una scena apparentemente più leggera, certo divertita.
Qui vediamo Olmo e Alfredo, uomini adulti che vogliono divertirsi, mentre “vanno a donne” in città, secondo l’uso dei maschi di quei tempi (e anche di questi tempi, ma guai a dirlo in giro perché c’è chi si offende: con l’aggravante che oggi dietro alla prostituzione c’è un giro pericoloso di delinquenti spietati). E’ una scena che suscitò molte proteste e censure: a ben ragione, volendo essere onesti, perché contiene la scena più spinta mai vista nel cinema normale (includendo i trent’anni successivi, intendo). Non ha bisogno di molti commenti, ma va ricordato che il personaggio della ragazza epilettica, interpretato da Stefania Casini, tornerà nella seconda parte di “Novecento”, in una delle scene più toccanti del film. In quel punto, sembrerà che l’apparizione di Neve (così si chiama la ragazza) sia il preludio ad un’epoca felice, ma la realtà esterna si mostrerà proprio in quel momento in tutta la sua violenza.
Ma questo succederà più avanti: a questo punto le strade di Olmo e di Alfredo si separano. Olmo tornerà a casa a piedi, anche se la strada è lunga, e troverà ad attenderlo la sua compagna (Stefania Sandrelli) molto arrabbiata con lui perché ha capito cosa è andato a fare. Invece Alfredo, che è stato il più veloce a scappare via, si rifugia da suo zio Ottavio: e qui conoscerà Ada (Dominique Sanda).
Olmo e Alfredo si ritroveranno subito, alla festa di paese nel grande fienile: queste sequenze sono fra le più belle e le più riuscite di tutto il cinema di Bertolucci. Tutto il finale della prima parte è la dimostrazione di quanto il cinema sapesse pensare in grande, e di come questa bellezza si sia persa nel passaggio dal grande schermo alla tv. Spesso non ce ne accorgiamo, ma basterà guardare queste sequenze, e magari la scena simile nel “Conformista” (un’altra scena di ballo) per capire cos’è stato il cinema. Il cinema del ‘900: in questo secolo il cinema non esiste più, anche se molti sbuffano o fanno finta di non accorgersene quando lo si dice.
Il cinema era un rito collettivo, si entrava in una sala per un’ora e mezza, due ore; lo schermo era enorme e lontano. Oggi lo schermo è piccolo, dentro casa nostra, si sta da soli o in piccola e scelta compagnia: si può dare il giudizio che si vuole, dire che è meglio o che è peggio, ma questo non è più cinema. Per rendere più chiara l’idea posso fare un parallelo con quello che successe nell’Ottocento: nell’Ottocento c’erano il teatro e l’Opera Lirica, il cinema non esisteva ancora. L’ultima grande opera lirica veramente popolare è la Turandot di Giacomo Puccini: siamo ben dentro al nuovo secolo, la prima della Turandot è nel 1926. Se qualcuno in quel 1926 avesse detto che l’opera lirica era finita lo avrebbero preso per matto: Puccini era già morto, da poco, ma erano vivi e attivissimi Mascagni, Respighi, Stravinskij, Richard Strauss, e ci sarebbero stati ancora Prokofiev e Sciostakovic, e Benjamin Britten...
Oggi il cinema continua, ci sono ancora i multisala, ma il futuro non è qui. Si racconteranno ancora storie, l’umanità non può farne a meno: ma, se ci fate caso, “film” significa pellicola. E la pellicola oggi non c’è più, non ci sono più le moviole, il montaggio si fa al computer, “si gira” era riferito alla pellicola e alla manovella che ne azionava il meccanismo. In digitale non c’è niente da dover “girare” con la mano, non ci sono quasi più nemmeno tasti e pulsanti: è proprio tutto un altro mondo. Non resta che prenderne atto.
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