domenica 29 gennaio 2012

L'armata Brancaleone

L’armata Brancaleone (1966) Regia di Mario Monicelli Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli. Fotografia di Carlo Di Palma Musica: Carlo Rustichelli Con Vittorio Gassman, Gian Maria Volontè, Catherine Spaak, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, Ugo Fangareggi, Gianluigi Crescenzi , Fulvia Franco Durata: 120 minuti
Brancaleone alle crociate (1970) Regia di Mario Monicelli Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli. Fotografia di Aldo Tonti. Musica: Carlo Rustichelli. Con Vittorio Gassman, Adolfo Celi, Stefania Sandrelli, Beba Loncar, Gigi Proietti, Lino Toffolo, Paolo Villaggio, Gianrico Tedeschi, Pietro De Vico, Shel Shapiro Durata: 116 minuti

«Aspettate, gente codarda; aspettate, gente miserabile; che non ci ho colpa io se son steso qui a terra, ma il mio cavallo!»
No, non è un dialogo tratto da “L’armata Brancaleone”: è il Don Chisciotte, parte I, capitolo secondo. Se non ci credete e volete verificare, padroni: ma Cervantes è pieno di dialoghi che sembrano tratti dal film di Monicelli, non c’è nemmeno bisogno di cercarli tanto. La cosa buffa è che di solito sono i dialoghi di Sancio quelli che meglio si adattano al valoroso cavaliere interpretato da Gassmann – ma non è poi così strano, a pensarci bene.
Certamente le fonti di ispirazione per Brancaleone sono state tante, ma il Don Chisciotte lo metterei in prima fila. Poi c’è il Kikuchiyo di Kurosawa (da “I sette samurai”: i costumi di Gassmann sono spesso orientaleggianti), e il divino Ariosto con l’ippogrifo della sua fantasia, e sicuramente Bergman (Il settimo sigillo, La fontana della vergine) per il dialogo con la Morte e per l’accurata ricostruzione del mondo medievale, e tante altre cose belle; ma soprattutto direi che “Brancaleone alla crociate” è una bella mano di tarocchi, ben giocata. Ci sono quasi tutte le figure: l’appeso (Brancaleone a testa in giù), il re di Adolfo Celi, la strega e il bagatto, la Morte, basta cercarli e si trovano tutti, gli arcani dei tarocchi, magari un po’ nascosti ma ci sono.
“L’armata Brancaleone” uscì nei cinema quando io ero molto piccolo, penso che mi sia arrivata prima la colonna sonora (impossibile non ricordarsela), e solo in seguito il film, che ho guardato in tv, penso nei primissimi anni 70, divertendomi ma senza capirci molto: molto scene sono per adulti, non tanto per il contenuto quanto perché richiedono molte letture, necessarie per capire pienamente i rimandi culturali (molto alti, e anche rari: Monicelli in alcune sue interviste ne ha fatto un elenco, che va da Dante ai grandi classici cinquecenteschi, passando per le vite dei Santi e per Jacopo da Varagine ).
I film di Brancaleone sono due, “L’armata Brancaleone” del 1966 e “Brancaleone alle crociate” del 1970: io me li confondo allegramente, ogni volta mi aspetto di trovare qualcosa che è invece nel film precedente o successivo, e solo fermandomi a ragionare sugli attori (amatissimi) riesco a sistemare bene tutti gli episodi. Per esempio, Carlo Pisacane è sicuramente nel primo film, e Paolo Villaggio è sicuramente nel secondo: l’anagrafe parla chiaro, e l’esordio in tv di Paolo Villaggio, nel 1968, me lo ricordo anch’io. Così come è sicuramente nel primo film il principe bizantino di Gianmaria Volonté, perché poi questi personaggi Volonté non li ha più fatti (ed è un peccato, il principe bizantino di Volonté mi fa morir dal ridere ogni volta che ci penso: soprattutto quando arrivano davanti a suo padre per il riscatto...). Impossibile da dimenticare anche la scena fra l’eremita Gianrico Tedeschi e il penitente Gigi Proietti; o l’interprete veneziano di Lino Toffolo; la faccia da lanzichenecco di Ugo Fangareggi; e le donne, brave e bellissime; i due predicatori (presi di peso da Bergman, Il settimo sigillo) Enrico Maria Salerno nel primo film e Shel Shapiro nel secondo.
E su tutti, ovviamente, l’enorme prova di bravura di Vittorio Gassman, sulla quale mi permetto di fare un’unica osservazione, che è questa: Gassman aveva alle spalle decenni di grande teatro, con Luchino Visconti. E non teatro per modo di dire, ma le grandi tragedie classiche, Vittorio Alfieri, cose difficili. Con Gassman, e con Visconti, recitavano in teatro attori come Marcello Mastroianni, come Paolo Stoppa, Romolo Valli. Era questo il background dei nostri attori, la grande cultura, la curiosità intellettuale, la voglia di fare cose difficili e impegnative. Oggi tutto questo si è perso, non esiste nemmeno più la possibilità che ebbero Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, il teatro di varietà: si canta col microfono, spesso in playback, davanti a un pubblico abituato alla tv. Negli ultimi anni, invece di Gassman abbiamo avuto Abatantuono, invece di Manfredi abbiamo avuto Massimo Boldi, invece di Vittorio De Sica, suo figlio Christian: siamo passati dalla preparazione professionale del grande teatro a quella del varietà televisivo. La differenza c’è, e solo un pubblico di bocca buona può non accorgersene.
Un’ultima osservazione: i direttori della fotografia nei due film, Carlo Di Palma e Aldo Tonti, grandissimi tecnici delle luci, lunghi anni con Fellini e con Antonioni, un futuro a Hollywood per Di Palma, un’altra grande scuola di alto artigianato che è andata in gran parte perduta.
Su Brancaleone non c’è mai stato molto da prendere appunti, o da spiegare; se ci ritorno sopra è solo per il piacere di ritrovarmelo davanti, e di fare ancora un po’ di strada in sua compagnia. Ma c’è una cosa che mi è sempre piaciuta molto e che avevo trascritto da tempo; è il dialogo di Brancaleone con la Morte, che si trova all’inizio del secondo film, subito dopo il massacro della spedizione che aveva seguito il predicatore in partenza per le crociate, e alla quale pochi sono sopravvissuti, ma solo perché erano finiti sotto la barca capovolta.
Brancaleone: E voaltri, voaltri, rognosi! Come osaste voi restar vivi fra cotanti morti? Chi vi dette tanto infame coraggio?
Uno dei sopravvissuti: E a te, chi te lo dette? Te, campi come nui altri.
Brancaleone: No, eh! stupido cieco! Non come voaltri... (pausa) Onta, onta su di me! Che l’onta mi sommerga e mi soffochi! Che mi sia tolta la colpa d’essere vivo fra cotanti morti!
(si allontana, verso il deserto)
Brancaleone (solo, nel deserto): Vieni, Morte, bella Morte: piglia anco me! Orsù, che indugi? Io ti invoco, tu non mi spaventi! Che è mai la vita? Un breve romore, seguito da un fiato ammorbante... E però vienimi, vieni Morte! Strappami ad essa, ti affretta! Che fai, Morte? Tentenni? Presto, accorrimi, più non reggo! Io te l’impongo!
La Morte: Son qua.
(la morte parla con accento toscano)
- Chi è ? Chi tu sie ?
- Son la tua morte. Non mi chiamasti?
- Io?
- Sì. Fosti tu ad invo’armi.
- Ah... sì... son parole che sfuggono nell’empito dei sentimenti... Che si sape, mai furon prese a serietà.
- D’ora innante lo saranno. Preparati a morire.
- Lo come? In su l’istante?
- (ride) O che s’aspetta? Io ci sono, tu ci sei... Ti fo scegliere: un coccolone? Peste improvvisa? Vermiculite? Ovvero un fulminante disciogliersi del corpo?
- (ride, rinfrancato) Le misere proposte... Brancaleone deve avere una morte gloriosa, con l’arme in pugno et per causa iusta. Questo mi spetta: son cavaliere.
- Come tu vuoi. Hai tempo le sette lune, trascorse le quali io verrò a ti pigliare, dove unque et come unque.
- Sette lune! Mi basta l’arco di un sol jorno per trovare la mia degna morte.
- Quand’è così voglio aiutarti. Le cinque miglia da qui, il loco detto Ponterragno, stassi per compiere un delitto contra uno innocente. Tu tenta salvarlo, et havrai così gloriosa morte. Io là sarò tra minuti dieci. Procedi!
- Dieci minuti, col caval mio Aquilante? Facimo in fra un’oretta, et ivi sarai mia. Birba chi manca!
- Birba!
(Al loco detto Ponterragno troveremo Paolo Villaggio, l’alemanno a guardia del ponte.)
Ed è quasi filosofica la gaffe clamorosa che aveva portato i crociati a quel punto:
“Grande la fede, stretto lo mare!” dice il predicatore (Shel Shapiro) all’inizio del film: ma non era il mare, era un lago. E’ per questo che l’altra sponda del mare è arrivata così presto...
PS: però c’è un’altra cosa che va ricordata: i titoli di testa, ad opera del grandissimo, e amatissimo, Emanuele Luzzati.

venerdì 27 gennaio 2012

A walk through Prospero's library ( I )

A walk through Prospero's library (1991) Scritto e diretto da Peter Greenaway. Liberamente ispirato da “La tempesta” di William Shakespeare. Fotografia: Sacha Vierny, Chris Renson, Reiner van Brummelen. Musica di Philip Glass. Art direction: Ben van Os, Jan Roelfs. Costumi: Dien van Straalen, Emi Wada, Ellen Lewis. Sound editor: Chris Wyatt. Calligrafia: Brody Neuenschwander. Interpreti: John Gielgud e molti figuranti, ballerine, mimi. Durata: 23 minuti

Nel 1991 Peter Greenaway gira un film di due ore ispirato all’ultimo dramma di Shakespeare, “The Tempest”, che esce regolarmente nelle sale cinematografiche. Una cosa a parte, ma girato contemporaneamente, è invece questo breve film di poco più di venti minuti, “A walk through Prospero’s library”: che è quasi introvabile, si è visto pochissimo, e non so nemmeno se sia reperibile. La copia che ho io è infatti molto imperfetta, e proviene da una videocassetta che ho registrato quasi vent’anni fa, per una trasmissione televisiva di Telepiù, un’emittente che non esiste più da molti anni. La qualità delle immagini che porto qui è quindi molto scarsa, me ne scuso ma per il momento non posso fare di meglio, e di questo film volevo parlare da molto tempo.
Come si sa, nella “Tempesta” di Shakespeare il protagonista si chiama Prospero, ed è il Duca di Milano (una Milano immaginaria), spodestato e abbandonato a se stesso su una barca alla deriva. Con Prospero c’è la figlia Miranda, una bambina molto piccola: la loro salvezza è possibile grazie all’intervento dell’amico Gonzalo, che riesce a far portare sulla barca non solo cibo e acqua, ma anche molti dei libri di Prospero. Infatti, Prospero è un mago e un sapiente: la sua magia deriva dai suoi libri, nei suoi libri è racchiusa la sua sapienza. In questo modo, con le provviste di cibo e con la sua magia, Prospero riesce ad arrivare ad un’isola misteriosa e incantata.
Ma tutto questo è successo molto tempo prima dell’inizio del dramma, che inizia con la spaventosa tempesta che dà origine al titolo, e noi lo verremo a sapere solo più avanti, nel racconto che lo stesso Prospero fa alla figlia Miranda, ormai adolescente.
MIR.Alack, what trouble was I then to you!
PROS. O, a cherubin thou wast that did preserve me. Thou didst smile, infused with a fortitude from heaven, when I have deck'd the sea with drops full salt, under my burthen groan'd; which rais'd in me an undergoing stomach, to bear up against what should ensue.
MIR. How came we ashore?
PROS. By Providence divine. Some food we had, and some fresh water, that a noble Neapolitan, Gonzalo, out of his charity, who being then appointed master of this design, did give us, with rich garments, linens, stuffs and necessaries, which since have steaded much; so, of his gentleness, knowing I lov'd my books, he furnish'd me from mine own library with volumes that I prize above my dukedom.
MIR. Would I might but ever see that man!
PROS. Now I arise: sit still, and bear the fast of our sea-sorrow. Here in this island we arrived; and here have I, thy schoolmaster, made thee more profit than other princess' can, that have more time for vainer hours, and tutors not so careful.
MIR. Heavens thank you for 't! And now, I pray you, sir, for still 'tis beating in my mind, your reason for raising this sea-storm?
PROS. Know thus far forth. By accident most strange, bountiful Fortune, (now my dear lady) hath mine enemies brought to this shore (...)
(William Shakespeare, atto primo, scena seconda)
MIRANDA Ahimè, qual sventura non si fu abbattuta allora su voi !
PROSPERO Oh, un cherubino tu fosti, che mi traesti in salvo. Tu sorridevi, allora, come pervasa da una forza d'animo che ti proveniva dal cielo, mentr'io spargevo sull'onde la mia più salsa rugiada di lagrime, gemendo sotto il mio grave fardello di sventure. Così che il tuo sorriso alimentò in me l'animo della resistenza, e decisi di armarmi e sopportare tutto quel che sarebbe seguìto.
MIRANDA E come approdammo alla riva?
PROSPERO Per opera della divina provvidenza. Avevamo seco noi un po' di cibo e dell'acqua potabile che, per suo buon cuore, ci diede un nobile napoletano, un certo Gonzalo, cui era stato soprattutto affidato di portare a compimento la trama del nostro annientamento. Ed egli, inoltre, ci fornì anche di ricche vesti, di biancheria, di stoffe e d'ogni altro genere di necessità, che fin da allora ci sono state di grande aiuto. E così, sempre per suo buon cuore, sapendo ch'io amavo i miei libri, egli fece in modo che m'accompagnasse la mia biblioteca con tutti quei volumi il cui valore io calcolo al di sopra del mio ducato.
MIRANDA Voglia il cielo ch'io possa un giorno incontrare quest'uomo !
PROSPERO Ecco, io ora mi levo nuovamente. [Indossa il mantello.] Ma tu rimani seduta, e ascolta il racconto dell'ultima parte delle nostre traversie per mare. Qui, in quest'isola, ponemmo alfine il piede. E qui, tuo maestro e istitutore, ti ho fatto profittare negli studii più di qualsiasi altra principessa che avesse più tempo da spendere in vani negozii, e insegnanti men scrupolosi.
MIRANDA I cieli vi rimeritino per tutto questo. Ed ora ve ne prego, signor padre, poiché quel pensiero mi perseguita tuttavia: perché, ditemi, avete sollevato la tempesta?
PROSPERO È bene che tu sappia anche questo. Per un molto strano accidente, la Fortuna generosa, che ora mi protegge, ha condotto i miei nemici a questo lido (...)
(William Shakespeare, atto primo, scena seconda – traduzione di Gabriele Baldini, ed. BUR Rizzoli)
In “Prospero’s books”, alla lettera “I libri di Prospero” (titolo che il distributore italiano ha cambiato in “L’ultima tempesta”), Peter Greenaway prova a immaginare quali fossero i libri che Prospero aveva con sè nell’isola; in questo film più breve fa una cosa molto diversa: prende John Gielgud, lo veste come se fosse un doge veneziano, e lo fa camminare attraverso un’immensa biblioteca. Nella biblioteca, come in un tableau vivant, ci sono cento personaggi mitici o realmente esistiti che hanno avuto a che fare con l’acqua; grande importanza hanno le musiche scritte da Philip Glass per l’occasione.
Elaborato a partire dal materiale filmato per Prospero's books, “A walk through Prospero’s library”. è un capolavoro assoluto. Le musiche sono di Philip Glass. Prospero vuole conoscere l'esperienza dei personaggi che "hanno avuto a che fare con l'acqua", per imparare a controllare il mare, gli oceani, le tempeste e per poter così trascinare i suoi avversari sulla spiaggia dell'isola. Ne esce una lista di 100 personaggi, che Greenaway (appassionato di elenchi) ci mostra come contorno alla passeggiata di John Gielgud. Si tratta di una sequenza piuttosto breve, piena all'inverosimile di personaggi e di dettagli, come è nello stile di Greeenaway, che viene ripetuta più volte, da angolazioni diverse; e ogni volta si spiega un dettaglio, un personaggio, un significato. Nella filmografia di Greenaway ci sono altri film simili a questo, come per esempio "A walk through H" : cioè immagini di luoghi, cose, persone che iniziano con la lettera H, come Heaven e come Hell, Inferno e Paradiso, due parole che in inglese iniziano con la stessa lettera.
Quello che segue è il testo che viene recitato uno speaker e – quando si tratta di Shakespeare - da John Gielgud (voci fuori campo), che io ho preso in parte dalle didascalie e in parte dai sottotitoli.
Sull’isola di Utopica, Prospero costruì una biblioteca di qualcosa come dieci milioni di libri. Prospero popolò la sua libreria con le creature storiche, mitologiche e letterarie conosciute durante i suoi studi; e ogni giorno tornava a visitare i suoi soggetti.
On the island of Utopica, Prospero constructed a library of some ten million books. Prospero peopled his library with the historical, mythological and fictional creatures of his scholarship, and each day he reviewed his subjects.
Ofelia è la prima danzatrice, Europa è la seconda, Andromeda è la terza, Anfitrite la quarta. Esse sono le guardiane del manto di Prospero. Quando si avvicinò il momento in cui i preparativi per la distruzione dei suoi nemici erano quasi completati, Prospero concentrò il suo interesse su questi personaggi mitologici e letterari la cui storia, in alcuni momenti e in qualche modo, erano associati all’acqua e al vento. Noè, con la testa avvolta in una fascia, è il primo.
Ophelia is the first dancer, Europa the second, Andromeda the third, Amphitrite the fourth. They are the guardians of Prospero's cloak. When the preparation for the destruction of his enemies grew near, Prospero concentrated his interest on those mythological and fictional characters whose history, at some time and in some way, were associated with wind and water. Noah, with his head wrapped in a scarf, is the first.
Con l’aiuto di queste creature, Prospero evocò una terribile tempesta i cui venti avrebbero portato la nave dei suoi nemici vicino alle spiagge dell’isola, così da poter compiere su di loro la sua vendetta.
With the help of these creatures, Prospero devised a most tempestuous storm to blow the ships of his enemies to the shores of the island, so that he might wreck his revenge upon them.
(le quattro danzatrici che avanzano davanti a Prospero-Gielgud sono affascinanti, molto giovani e molto belle: fanno stranissimi passi di danza, e hanno movenze quasi autistiche).
Comincia l’elenco dei cento personaggi: il primo è Noè, il secondo è il centauro Chirone.
Chirone e la sua famiglia, accomunati dalle stesse macchie. Pan, il giovane uomo appoggiato alla colonna. Mosè da vecchio, l'uomo con la barba e il bastone. Didone, la donna con i gioielli. Le tre Parche. Semiramide (appesa a testa all'ingiù). Leda (con un cigno impagliato). Nettuno con la famiglia. Eritripe (la saltatrice con le piume nei capelli). Archimede e Pitagora (due vecchi che spostano libri). Antinoo. Caronte.
Notte, (un uomo muscoloso mascherato) che porta in braccio Giorno (una giovane donna). Il duca di Clarence (un giovane). Icaro. Hestus, navigatore, e Origene, meteorologo. Vulcano. Bacco. Malinconia (l’uomo con il teschio). Fortuna (con le luci nei capelli). Tifone (l’uomo che raccoglie i bambini che scivolano tra le pagine del libro). Venere (appoggiata all'altra pagina del libro di mitologia). Il boia. Il giovane Mosè. La figlia del Faraone. La Zattera della Medusa, con dieci naufraghi. Giasone, l'uomo di vedetta sulla zattera. Doletio (l'uomo che tiene la corda alla quale è appesa Semiramide) ed Eufrate (il suo compagno). Tevere (l'uomo con l'erba fra i capelli). Phaon (uomo appoggiato alla colonna). Tigri ( a destra di Nettuno). Giona (alla sinistra). Gange (ai suoi piedi). La moglie di Noè. Enea. Susanna, in piedi nel bagno con Drake, Andrea Doria e Vasco de Gama. Neogabalo (uomo col turbante rosso). Scilla (vicina al libro di mitologia). Cloe (la bimba che scivola sul libro). Sileno (che gira le pagine). Achille (che parla con Venere). Magellano (che parla con Nettuno). Ila (seduto ai suoi piedi). Melion (che salta con la corda, dietro ad Eritripe). Davide e Betsabea. Marsia (il fauno con le corna). L'uomo sui trampoli. Mila (cioè Milon, di spalle). Colombo (nell'ombra). Giuseppe. Enrico il Navigatore. Pasifae. Hawkins. Orfeo (dalla rossa chioma). Faro (la donna metà rossa e metà bianca). Astarte (la giovane bionda con un libro). Narciso. Hepetus (che porta le candele). Giovanni Battista. Kulizman (col turbante grigio). Penelope. Poliator (una donna). Pathos (con una gamba sola). La bionda Dafne. Damiano accanto all'Uomo Unicorno. Mida (col turbante rosso). Fidia. Eliogabalo, con un nastro tra i capelli. Gli indigeni di Kìos, attorno al fuoco. Bolo, il re nano. Pocahontes, vicino al fuoco con gli indigeni di Ester. Crono (l’uomo giallo con una borsa sul capo). L'Uomo Lucertola, seduto sul piedistallo. Cariddi (la donna esile). Pornocrate (la donna col cappello). Callisto (la donna incinta appoggiata alla colonna). Il Mar Nero, ed Ero, nella nebbia. Il Mar Rosso, nella nebbia, con Leandro. Ippolito. Le Pleiadi (sei uomini che segnano il passo). Il Nilo, accanto ai nuotatori. Atlante (l'uomo alto e annerito).
(continua)

A walk through Prospero's library ( II )

A walk through Prospero's library (1991) Scritto e diretto da Peter Greenaway. Liberamente ispirato da “La tempesta” di William Shakespeare. Fotografia: Sacha Vierny, Chris Renson, Reiner van Brummelen. Musica di Philip Glass. Art direction: Ben van Os, Jan Roelfs. Costumi: Dien van Straalen, Emi Wada, Ellen Lewis. Sound editor: Chris Wyatt. Calligrafia: Brody Neuenschwander. Interpreti: John Gielgud e molti figuranti, ballerine, mimi. Durata: 23 minuti

A questo punto, John Gielgud (voce magnifica, splendidamente modulata) si sovrappone allo speaker, e recita, dalla Tempesta di Shakespeare:
Gonzalo: Nella comunità stabilirei che ogni cosa si dovesse regolare di quel che si fa per solito. E difatti non ammetterei alcuna sorta di traffico. Né i magistrati avrebbero autorità alcuna. La cultura dovrebbe essere affatto sconosciuta. Le ricchezze, le povertà, gli impieghi servili non dovrebbero esistere. (...) (atto II, scena prima)
E’ un brano famoso, dove l’amico di Prospero, quello che lo ha aiutato a salvarsi e gli ha permesso di continuare ad avere i suoi libri, si immagina un mondo nuovo, un’utopia meravigliosa. E’ una scena di gruppo, tutti i naufraghi della nave – i “nemici” di Prospero secondo il testo di Greenaway - si sono salvati. Prospero ha da tempo rinunciato alla vendetta, “La Tempesta” non è una tragedia e tutto andrà a fin di bene: ma che andrà tutto bene lo sappiamo fin dal principio.
GONZALO: E s'io ne fossi il re (di quest’isola), sapete che farei?
SEBASTIANO: Eviteresti di prendere una ubriacatura per mancanza di vino.
GONZALO Nella comunità stabilirei che ogni cosa si dovesse regolare all'opposto di quel che si fa per solito. E difatti non ammetterei alcuna sorta di traffico. Né i magistrati avrebbero autorità alcuna. La cultura dovrebb'essere affatto sconosciuta. Le ricchezze, la povertà, gli impieghi servili non dovrebbero esistere. Né contratti, né diritti di successione, né confini, né divisioni di terre, né coltivazioni, né vigne: nulla di tutto questo. Non si dovrebbe conoscere alcun uso del metallo, né del grano, né del vino, né dell'olio. E nessuna sorta di occupazione. Tutti in ozio. Tutti, nessuno escluso. Ed anche le donne, ma innocenti e pure. Nessuna sovranità...
SEBASTIANO: Eppure egli vorrebbe esserne il re!
ANTONIO L'ultimo fine di questa comunità par che si scordi del suo principio.
GONZALO: La natura dovrebbe produrre ogni cosa per tutti, senza sudore e senza sforzo. Il tradimento, la fellonia, la spada, la picca, il coltello, il fucile non servirebbero a nulla, e nemmeno servirebbe qualsiasi altra macchina da guerra. Soltanto la natura dovrebbe produrre da sé ogni sorta di abbondanza e di prosperità al fine di nutrire il mio popolo innocente.
SEBASTIAN E non avrebbero da esserci matrimonii, tra i tuoi sudditi?
ANTONIO Nessuno di sorta, il mio uomo! tutti in ozio. Meretrici e furfanti.
GONZALO Ed io vorrei governare con una tal perfezione, signore, da superare persino l'Età dell'Oro.
SEBASTIANO: Iddio salvi sua maestà!
ANTONIO Lunga vita a Gonzalo !
GONZALO E inoltre... ma mi state a sentire?
ALONSO Di grazia, taglia corto. Non sai dirmi nulla che lui interessi.
GONZALO Credo alla parola di vostra altezza. Io ho parlato soltanto per offrire occasione a questi gentiluomini di far quattro risate, e di fatto i loro polmoni sono sensibili e rispondenti al segno che soglion sempre ridere d'un nulla.
ANTONIO Ma eri tu quello di cui ridevamo.
GONZALO: Ed io, in questa sorta di scherzi, son proprio nulla a paragone di voi: e quindi potete anche continuare a rider d'un nulla, se ridete di me.
ANTONIO Ha tirato una bella stoccata!
SEBASTIANO: Non fosse che l'ha calata di piatto!
GONZALO Siete dei gentiluomini d'indole coraggiosa. Sollevereste la luna al di sopra della sua orbita, se essa continuasse a girarvi per cinque settimane senza mutamenti.
Entra ARIEL, invisibile, suonando una musica grave. (...)
(William Shakespeare, atto secondo, scena prima – traduzione di Gabriele Baldini, ed. BUR Rizzoli)
Un’altra citazione dalla Tempesta è questa: «...when I waked I cried to dream again...». Questa volta è il selvaggio Calibano a parlare: descrive l’isola ai due clowns, i cantinieri Stephano e Trinculo. Siamo nel terzo atto.
CALIBAN, in Act 3, Scene 2:
Be not afeard; the isle is full of noises,
Sounds, and sweet airs, that give delight and hurt not.
Sometimes a thousand twangling instruments
Will hum about mine ears; and sometime voices
That, if I then had waked after long sleep,
Will make me sleep again; and then in dreaming,
The clouds methought would open, and show riches
Ready to drop upon me, that when I waked
I cried to dream again.
CALIBANO: Non dovete aver paura. L’isola è piena di rumori, di suoni, e di dolci musiche che procurano diletto e che non fanno alcun male. A volte un vibrare di migliaia di strumenti mi sussurra nelle orecchie, e a volte sono voci che, anche se io fossi svegliato in quel momento da un lungo sonno, m’indurrebbero nuovamente al sonno; e nel sogno io voglio ancora vedere aprirsi le nubi, a mostrare ogni sorta di ricchezze che piovono su di me; ed è così che quando mi sveglio io piango e grido per sognare ancora. (William Shakespeare, La Tempesta, atto terzo, scena seconda – traduzione di Gabriele Baldini, ed. BUR Rizzoli)
L’elenco continua, con maggiori dettagli. La camminata di Prospero-Gielgud riparte dal principio, da Noè.
Noè sopravvisse egoisticamente mentre l'Europa e il Medio Oriente venivano sommersi. Notte nasconde la metà dei mari, e Giorno si corica nei mari orientali. Icaro cadde dal cielo e annegò nell'Egeo. Chirone bevve l'acqua della Tessaglia per diventare un centauro. Vulcano si rese schiavo del fuoco per non annegare. Fortuna osservava i naufraghi con disinteresse. Cloe abbracciò Dafne nella pioggia. Venere emerse dai mari del Sud su una conchiglia. Il vecchio Mosè divise il Mar Rosso. Il giovane Mosè discese il Nilo in una culla di giunco. Didone s'innamorava sempre dei naufraghi. Le tre Parche girano eternamente intorno alla scogliera di Creta. Semiramide provò che è possibile fare l'amore a testa in giù nell'acqua. Dall'amore di Leda per il cigno nacque Elena: per lei si misero in mare mille navi. Nettuno, re dei mari, con i figli stupidi e con le figlie amorose. Eritrìpe causa, saltando, il flusso e il riflusso degli oceani. Archimede scoprì i suoi princìpi facendo il bagno. Pitagora scoprì che la terra è rotonda osservando le navi scomparire all'orizzonte. Marsia sfidò Apollo e fu scorticato vivo e lasciato seccare al sole. Milo si innamorò di un delfino. Enrico il Navigatore tracciò la mappa dell'Atlantico. Hawkins il pirata passò 40 dei suoi 50 anni in mare. Astarte pianse per riempire i bacini della Calabria. Narciso annegò in uno stagno, ipnotizzato dalla propria immagine riflessa. Arianna sbiancò il cielo piangendo per la morte di Bacco. Kulizman vendette i suoi figli per un bicchier d'acqua. L'uomo unicorno nacque nell'arcobaleno. Fidia ungeva le sue statue con acqua per dare loro la vita. Gli indigeni di Kìos bevevano la pioggia. Bolo, lo sciamano, fece piovere per Pizarro pisciando nel suo copricapo (helmet). Pocahontas annegò nel fiume per raggiungere il suo amato. Gli indigeni di Ester bevevano solo latte umano perché credevano che l'acqua fosse velenosa. I testicoli di Crono furono gettati in mare per generare la risacca. Pornocrate nutre il mondo con i suoi succhi carnali. Cariddi, compagna di Scilla, voleva sentire le urla dei naufraghi. Callisto fu trasformata nella Stella Polare per guidare i naviganti. Il rosso del Mar Rosso non si diluisce con la pioggia. Ero inventò il modo migliore per far l'amore nell'Oceano. Leandro morì esausto tra le braccia della nuotatrice Ero. Ippolito, che fu trascinato dai cavallucci marini. Le Pleiadi, stelle che promettono pioggia. Atlante sosteneva il mondo, che altrimenti sarebbe naufragato. Antinoo, l'amante di Adriano, annegò nel Nilo. La moglie di Noè escluse i pesci dal programma di salvataggio del marito. Enea vagò 7 anni per il Mediterraneo (Greenaway si è dimenticato di Ulisse?). Susanna fu violentata dai vecchioni mentre faceva il bagno. Andrea Doria sconfisse i turchi a Lepanto. Vasco de Gama tracciò per primo una mappa delle coste africane. Le lacrime ghiacciate di Malinconia cadevano sotto forma di neve. Tifone controllava la pioggia. Sileno voleva trasformare il vino in urina. Pan visse nei piccoli stagni dell'Arcadia. La figlia del Faraone salvò Mosè dalle acque del Nilo. Il boia di Sardegna, in mancanza di corda, annega le sue vittime. Giasone trasse dalle acque del Mar Caspio i suoi figli morti. Doletio prese il posto del suo toro per non annegare nell'Ellesponto. Saffo si gettò nell'Egeo per l'infedeltà di Phaon. Il Tigri divide il mondo in due parti. Giona visse 4 giorni nel ventre di una balena. Davide e Betsabea si diedero alla lussuria nel tiepido bagno. Melion naviga per formare le onde sulla Luna. Ofelia si annegò per un amore non corrisposto. Europa fu rapita da Giove, in veste di toro, sulla costa africana. Andromeda fu incatenata ad uno scoglio nell'Oceano Indiano. L'uomo sui trampoli fondò Venezia camminando sulle acque del mare. Pasifae negò l'acqua al Minotauro per rendere più denso il suo sangue. Faro salvava gli uomini dalla morte per annegamento. Hepetus aveva i piedi palmati. Giovanni Battista battezzò Cristo con l'acqua del Giordano. Poliator pescava le anguille. Pathos impersonificava le lacrime amare. Damiano osservava il Pacifico con occhi stralunati. Mida morì quando i liquidi del suo corpo divennero oro. L'uomo lucertola viveva in mare, sotto la Rocca di Gibilterra.
Alla fine del percorso, in un crescendo di musica e di effetti di luce e di vento simulanti la tempesta, John Gielgud nelle vesti di Prospero appare in primo piano, con un veliero fra le mani. Appoggia il veliero con delicatezza, si allontana, e d’improvviso spunta un bambino dietro il veliero (Ariel?).

domenica 22 gennaio 2012

La città dei pirati ( I )

La Ville des pirates (La città dei pirati, 1983). Scritto e diretto da Raul Ruiz. Fotografia: Acàcio de Almeida. Montaggio: Valeria Sarmiento. Musica: Jorge Arriagada. Esterni girati in Portogallo (Baleal, Peniche). Interpreti: Hugues Quester, Anna Alvaro, Melvil Poupaud, André Angel, Duarte de Almeida, Clarisse Dole, André Gomes. Durata: 111 minuti

«Le nostre vite sono come dei fiumi che vanno verso il mare, che è la morte”
(da “La città dei pirati” di Raul Ruiz)
A tutti noi è capitato di fare sogni lunghissimi, che durano magari una notte intera, pieni di cose, di persone, di luoghi trasfigurati, di avvenimenti che magari si capiscono scena per scena ma che sono oscuri nel loro complesso, di volti che si confondono tra loro, dove ogni persona è in realtà molte persone diverse. La logica dei film di Ruiz è la stessa dei sogni: non una narrazione lineare, ma un procedere per immagini, per salti narrativi, limpidi e confusi, rivelatori e contradditori.
E’ il metodo usato dai surrealisti, ma definendo “surrealisti” i film di Ruiz si rischia di non capire: sono film per il cinema a tutti gli effetti, e in questo modo vanno valutati. C’è molto più del surrealismo, c’è di sicuro l’Ubu Roi di Jarry (con citazione diretta: “merdre”), ma anche Buñuel, Jodorowski (la differenza è che Jodorowski si prende sempre molto sul serio, mentre Ruiz gioca e si diverte), o magari Magritte per certe inquadrature di finestre, e sempre per la voglia di giocare pur rimanendo serissimi. Insomma, Raul Ruiz è uno dei più affascinanti autori del cinema, ma non è mica facile parlare di lui e dei suoi film: che non sono tutti belli o ben riusciti, che spesso sono documentari, alle volte somigliano a telenovelas, altre volte a labirinti inestricabili, alle volte sono giochi o pretesto per giocare, altre volte sono serissimi o drammatici e dalla narrazione lineare, ma che lasciano sempre una grande meraviglia allo spettatore attento.
Per “La città dei pirati” (che ha anche un titolo in latino: “Rusticatio civitatis piratarum”) il punto di partenza è probabilmente Peter Pan, e volendo lo si può anche guardare come se fosse un thriller, con un colpevole da trovare, dopo dieci anni; ne è protagonista l’attrice Anna Alvaro, magra e androgina, come l’Olivia di Popeye o come Shelley Duvall nei film di Altman: i calzettoni a righe orizzontali, i gonnelloni...somiglia anche a Cher, e talvolta perfino ad Ambra Angiolini. C’è anche un thriller da seguire, volendo: a tratti discutibile, ma con soluzione finale migliore di quella di Psycho.
La prima volta che l’ho visto ne scrivevo così: Ipnotico, onirico, febbrile. Si oscilla tra l’ammirazione per la tecnica (narrativa e fotografica) e la bellezza immagine per immagine, fotogramma per fotogramma, compresi i virati, usatissimi, e l’irritazione per l’inconsistenza del tutto (e il finale, con le maschere e i cadaveri, è rivelatore). Terrò d’occhio, nei limiti del possibile, Raul Ruiz: del quale fin qui conoscevo solo “Le tre corone del marinaio”, altro film fuori dal comune. Musiche favolose e ipnotiche, con ampie citazioni wagneriane (L’Olandese Volante) di Jorge Arriagada. (gennaio 1991)
 Rivedendolo dieci anni dopo, un altro appunto sulla musica: La musica del film di Raul Ruiz “La città dei pirati” mi ricordava qualcosa; riascoltandola oggi ho capito di cosa si tratta, “L’Olandese Volante” di Wagner: non la melodia che sta in primo piano, quella che sta sotto le voci nel duetto fra Daland e l’Olandese (ecco perché mi piaceva). Un ottimo lavoro da parte di Arriagada. (ottobre 2001)
Il film è stato riassunto così dal suo autore:
«”La città dei pirati” è costruito su quest'idea: è come se si stesse vedendo un film che si svolge su un'isola, poi ci sono altri personaggi e poi improvvisamente ritornano i personaggi del primo film, mettiamo un po' come quando da ragazzino andavo al cinema e vedevo tre o quattro film in un giorno. È stato girato in cinque settimane con una libertà totale e senza il partito preso di un film di commissione. Vi ho praticato dei procedimenti che non erano più applicati dai tempi del Surrealismo: per esempio fare la siesta durante le riprese, dormire assieme al soggetto del film e vedere che cosa ne viene fuori» (...) Isidore si addormenta nella sua stanza: qui comincia il paradosso di un Peter Pan mefistofelico... (Raoul Ruiz, dal volume “Ruiz faber”, ed. Minimum Fax).  Nel tracciare un profilo di Ruiz, dunque, è come se si dovesse tenere sempre presente l'ipotesi d'un film (o d'una sequenza) mancante. Qualcosa manca al suo posto, e introduce nel discorso l'eccitante pigmento dell'azzardo. (sempre dal volume “Ruiz faber”, ed. Minimum Fax).
Bisogna però aggiungere che i nostri sogni annoiano sempre quando li raccontiamo ad altri, solo noi possiamo comprendere i nostri sogni; i nostri sogni non interessano a nessuno, quando li raccontiamo. A questo titolo, cioè a titolo personale, porto qui un dettaglio per me interessante: questo villaggio di pescatori appariva spesso nei miei sogni, in anni passati; e ogni tanto vi appare ancora. Fin qui lo avevo identificato con luoghi veri che ho frequentato nella mia vita, il laboratorio, un corridoio-vialetto e le case in fila, ma rivedendo il film ho trovato questo paesaggio sorprendentemente identico a tanti miei sogni. (giugno 2010)
Alcuni dettagli da ricordare: 1) “i pirati hanno vinto la battaglia nel giardino allegorico” 2) le navi di Filippo II di Spagna 3) i peli nell’uovo, finalmente resi visibili 4) Dioniso, che però uccide: il mito delle Baccanti 4) i viraggi come Antonioni nel Mistero di Oberwald, che è dello stesso anno e rappresenta i primi tentativi del cinema nell’elettronica e nel digitale, ma anche come Méliès, le origini del cinema 5) Quando si tirano in ballo Don Sebastiano re del Portogallo, o magari Peter Pan, ci si aspetta che venga fuori qualcosa di importante, invece “in Russia è Miguel Strogoff”. Ruiz sta ancora giocando. 6) le banconote che si infiammano sul sangue che le copre, che riprendono il tema di Kali presente sia in Renoir (Il fiume) che in Tarkovskij (Andrej Rubliov) 7) l’impressione, nettissima, che il cinema di Ruiz sia stato spesso copiato dai grandi successi commerciali come “The others” e molti altri film che vengono spesso citati come “cult”. 8) molto bella, indimenticabile, la prima metà, più arruffata la seconda
In definitiva, un film da vedere e da ascoltare, dove l’immagine e il sonoro sono la parte principale e dove la storia raccontata, pur interessante, finisce col diventare secondaria. Spero che le immagini che ho portato qui aiutino a renderne l’idea, almeno in parte: purtroppo è un film difficile da reperire, questi miei fermo immagine vengono da una vecchia vhs, registrata in una notte molto tempestosa e con ricezione tv non perfetta. Sempre meglio del “va e vieni” del digitale terrestre, mi viene però da aggiungere: quantomeno, il sonoro non è spezzettato e tagliato via.
Raul Ruiz: Quando lavoravo sul set di The Territory, c'eravamo noi, Jon Jost che girava un documentario su di noi, la tv portoghese che faceva un documentario sul documentario di Jon Jost e infine Wim Wenders, appena uscito dalla brutta esperienza di “Hammett, indagine a Chinatown” con Coppola, che osservava tutto questo. Wenders ha preso spunto dal nostro set perché noi facevamo esattamente quello che voleva fare lui e che con Coppola non gli era stato possibile fare. La nostra lavorazione era una sorta di pastorale, le riprese duravano ventiquattro ore, si girava, si festeggiava, si dormiva... Da qui è nato “Lo stato delle cose” (Der Stand Der Dinge), per il quale Wenders ha preso dal mio set gli attori e il direttore della fotografia Henri Alekan. Un'altra volta in Marocco, mentre giravo una fantasia con Valeria Sarmiento al suono e Acàcio de Almeida alla fotografia, è arrivata un'intera troupe della tv marocchina a filmarci. Noi eravamo cinque e loro venti... Ma la cosa dipendeva da un regista marocchino di cui non riesco a ricordare il nome, ma che ha girato dei film eccezionali.Vi racconto un suo film: c'è una piramide, dentro la piramide una mummia. La mummia ha mal di denti e così un giorno esce dalla piramide e va a Casablanca da un dentista. Il dentista si lamenta, perché con tutte quelle bende non può lavorare. A questo punto il film diventa il viaggio che la mummia fa attraverso tutta Casablanca mentre si toglie le bende. Un altro: due giovani hanno una violenta discussione a scuola. Uno dei due viene riportato a casa dal padre che gli fa vedere l'albero genealogico di famiglia dicendogli: «Devi rispettare i tuoi antenati!» Il ragazzo guarda l'albero genealogico e scopre che in testa a tutti, fra i suoi antenati, c'è Cassius Clay... E così via. I suoi film sono tutti muti, lunghissimi, in 16 o in 35 mm, poi è lui stesso che vi aggiunge le voci, fa il montaggio, li fotografa, e alla fine affitta una sala nel quartiere più popolare della città, è ancora lui che sta alla biglietteria, va a vendere i gelati in sala e poi fa il proiezionista dei suoi film. Mentre il film va, ci mette la musica sopra e fa le voci di tutti i personaggi.Tutto questo a proposito della terza e della quarta persona...
L.E.: Questa è anche la tua strategia teorica: in ogni tuo film ce ne sono molti altri, compresi quelli che hai già in mente di girare in seguito... Poi si creano dei casi come Point de fuite, che nasce praticamente durante le riprese de La città dei pirati (La Ville des pirates), o come Golden Boot, che ha in sé il carattere di un film strisciante e che diventa inaspettatamente un oggetto di culto nell'underground newyorkese...
B.R.: La cosa affascinante è che in ogni tuo film ce ne sono altri due, ma non in una relazione binaria, bensì come combustione che ne crea un terzo. Non c'è «binarietà», c'è «terzità»...
Raul Ruiz: Un mio caro amico matematico lavora attualmente su un'algebra non gulliana, dove il vero e il falso spariscono come criterio dialettico e ci si concentra su sistemi che sono veri e falsi allo stesso tempo. Questo serve per sviluppare dei paradossi relativi alla teoria quantica. Si chiama algebra degli avvenimenti. (...)
(intervista a Raoul Ruiz, dal volume “Ruiz faber”, pubblicato nel 2007 da ed. Minimum Fax, pag.29)
(continua)