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Herman Melville, Moby Dick capitolo XXXVI – IL CASSERO
(entra Achab, poi tutti)
(...) La giornata stava per finire. All'improvviso s'inchiodò vicino alla murata, cacciò la gamba d'osso nel buco di trivello, con una mano s'appigliò a una sartia e ordinò a Stubb di mandargli tutti a poppa.
«Capitano?» fece il secondo, strabiliato da quell'ordine che a bordo non si dà quasi mai, tranne che in casi d'emergenza.
« Manda tutti a poppa,» ripetè Achab. « Vedette oh! A basso!» (...)
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A ogni urlo, il viso del vecchio assumeva sempre più un aspetto strano e selvaggio di approvazione e di gioia. E intanto i marinai cominciavano a guardai incuriositi, come sorpresi da quel loro stesso esaltarsi per delle domande che apparivano così oziose. Ma appena Achab ricominciò a parlare tornarono a fissarlo tutti avidi. Si era voltato a metà sul suo perno, e con una mano alzata stringeva stretta, quasi convulsamente, una sartia: « Tutti voi di vedetta mi avete già sentito dare ordini riguardo a una balena bianca. Guardate qua! Vedete quest'oncia d'oro spagnola?» e alzò al sole una grossa moneta luccicante: «Vale sedici dollari, ragazzi. La vedete? Signor Starbuck, datemi quella mazza.»
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« Urrà! Urrà! » gridarono i marinai, e agitando i cappelli d’incerata festeggiavano i colpi che inchiodavano l'oro sull'albero.
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Intanto Tashtego, Daggoo e Queequeg avevano assistito alla scena ancora più sorpresi e interessati degli altri, e a sentire parlare d'una fronte rugosa e d'una mandibola storta avevano trasalito, come se ciascuno per suo conto avesse ricordato qualche fatto particolare. (...)
« Capitano Achab, » disse Starbuck, che finora aveva guardato il suo superiore sempre più sbalordito, come Stubb e Flask, ma adesso pareva colpito da un'idea che in qualche modo spiegava tutto: « Capitano Achab, ho sentito parlare di Moby, Dick. Ma non è stato Moby Dick a mozzarti la gamba? »
« Chi te l'ha detto? » gridò Achab. Parve esitare: « Ma sì, Starbuck. Ma sì, amici miei, tutti quanti. È stato lui a disalberarmi, lui a regalarmi questo tronco morto su cui ora mi reggo. Ma sì, ma sì! » gridò con un singhiozzo terribile, forte, animalesco come quello di un alce colpito al cuore: « Ma sì, ma sì, è stata quella maledetta balena bianca che mi ha smantellato e mi ha ridotto per sempre un povero buono a niente! »
Cominciò a sbattere le braccia e a imprecare paurosamente:; « Ma sì, ma sì!» gridava. « E io l'andrò a scovare dietro al Capo di Buona Speranza e al Capo Horn e al Maelstrom e alle, fiamme della perdizione prima di perdonargliela. Ed è per questo che vi siete imbarcati, marinai! Per cacciare quella balena bianca su tutti e due i lati del continente e in ogni parte del mondo, per fargli sfiatare sangue nero, per buttarla a pinne in aria. Che ne dite, ragazzi, ci facciamo subito una stretta di mano? Mi sembrate gente di fegato. »
« Sì, sì! » gridarono i ramponieri e i marinai affollandosi attorno al vecchio invasato. « Occhio acuto alla balena bianca, lancia acuta per Moby Dick! »
« Dio vi benedica» e non si capiva se piangeva o urlava, « Dio vi benedica, ragazzi. Dispensiere! Va' a prendere la misura grande del grog. Ma perchè quella faccia lunga, signor Starbuck: non vuoi dargli la caccia, tu, alla balena bianca? Non te la senti di affrontare Moby Dick? »
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« Si picchia il petto,» bisbigliò Stubb. « Che significa? Mi pare che suona profondo ma vuoto.»
« Vendetta su un bruto senz'anima! » esclamò Starbuck. « Su un bruto che ti colpì solo per il più cieco istinto! Ma è una pazzia! Capitano Achab, suona blasfemo odiare una creatura incosciente. »
« Stammi a sentire di nuovo. Andiamo ancora un po' più a fondo. Tutti gli oggetti visibili, amico, sono solo maschere di cartone. Ma in ogni cosa che succede, nell'azione viva, nel fitto preciso, lì, c'è qualche cosa di sconosciuto ma sempre ragionevole che sporge il profilo della faccia da sotto la maschera cieca. Se l'uomo vuole colpire, deve colpire la maschera! Come può evadere il carcerato se non forza il muro? Per me la balena bianca è quel muro. Me l'hanno spinto accanto. Qualche volta penso che lì dietro non c'è niente. Ma è sempre abbastanza. Mi chiama alla prova. Mi opprime. In essa vedo una forza che è un oltraggio, con una malizia inscrutabile che l'innerva. Quella cosa incomprensibile è soprattutto ciò che odio. Forse la balena bianca è il mandatario, e forse è il mandante, ma io gli rovescerò addosso questo mio odio. Non mi parlare di blasfemia, amico; colpirei il sole se mi offendesse. Perchè se il sole potesse offendermi, io potrei colpirlo: perchè c'è sempre una specie di lealtà nel gioco, e la rivalità presiede su tutta la creazione. Ma io non mi sento soggetto neanche a questa lealtà. Chi è sopra di me? La verità non ha limiti. Non mi guardare così! Uno sguardo stupido è più insopportabile dell'occhiata di un demonio! Ecco, adesso arrossisci e diventi pallido: il mio calore ti ha fuso, ora bruci di rabbia. Via, Starbuck, ciò che è detto con rabbia si disdice da sè. Le parole arrabbiate di certi uomini sono poca offesa. Non volevo provocarti. Scordiamole. Guarda lì, vedi quelle facce turche tutte chiazzate dal sole, quadri dipinti dalla luce, che vivono e respirano? I leopardi pagani, cose senza pensiero e senza culto, che esistono, e cercano, e non danno ragioni per la torrida vita che sentono. La ciurma, amico mio, la ciurma! Non sono tutti dal primo all'ultimo con Achab, in questa faccenda della balena? Guarda Stubb. Ride! Guarda laggiù quel cileno! A pensarci respira come un animale. Resistere dritta in mezzo all'uragano, la tua pianticella sola e sbattuta non lo può, Starbuck. E cos'è in fondo? Pensaci. Si tratta solo di dare una mano a colpire una pinna. Per Starbuck è cosa da niente. Che altro c'è? In questa impresuccia, dunque, la lancia migliore di Nantucket non si tirerà certo indietro, quando ogni mano di castello ha afferrato una cote. Ah, cominci a sentirti eccitato, lo vedo! L'ondata ti porta. Parla, dì qualcosa. Capisco, capisco. Allora il tuo silenzio è quello che vuoi dire. (A parte): Qualcosa è pure partito dalle mie narici gonfie, e l'ha aspirato nei polmoni. Ora Starbuck è mio. E non può più resistermi senza slealtà. »
« Dio mi protegga! Ci protegga tutti! » mormorò Starbuck a bassa voce.
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« Bevi e passa!» gridò porgendo al più vicino il vaso pesante. « Fate girare! Sorsi brevi, e inghiottite adagio, ragazzi: è più caldo del piede di Satana. Così, così: benissimo. Va dentro a spirali e si biforca negli occhi che azzannano come serpi. Ben fatto! È quasi secco. Di lì è andato e di qua torna. Dammi qua: un bel vuoto! Ragazzi, siete come gli anni. La vita piena s'inghiotte e se ne va in questo modo. Riempi, dispensiere!
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« Fatevi avanti, ufficiali! Incrociate bene le lance qui davanti. Splendidamente! Fatemi toccare l'asse. » Dicendo così stese il braccio e afferrò nel punto d'incrocio le tre lance orizzontali e disposte a raggiera, e nel farlo, all'improvviso, dette loro uno strattone nervoso, guardando fisso da Starbuck a Stubb, da Stubb a Flask. (...) (Herman Melville, Moby Dick, versione di Nemi D’Agostino, ed.Garzanti)
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Lo scrittore Ray Bradbury, coautore della sceneggiatura, ha raccontato la sua esperienza in questo film in un libro, pubblicato subito dopo l’uscita del film e ripubblicato negli anni ’90: RAY BRADBURY:Verdi ombre, balena bianca. ed. Fazi, pagine 310, lire 29.000. Non l’ho mai letto per intero, e ne conosco solo degli estratti. Bradbury vi racconta che l’intuizione di partenza fu questa, quella che vediamo in questa scena: mettere il doblone spagnolo al centro della narrazione.
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