giovedì 14 ottobre 2010

Il cielo sopra Berlino ( IV )

Il cielo sopra Berlino (Wings of desire, Der Himmel über Berlin, 1987) Regia di Wim Wenders. Scritto da Wim Wenders e Peter Handke. Sceneggiatura di Richard Reitinger. Fotografia di Henri Alekan. Assistente di Henri Alekan: Louis Cochet. Camera: Agnes Godard. Montaggio: Peter Przygodda. Musiche originali di Jürgen Knieper. Altre musiche: Laurie Anderson, Laurent Petitgand, Nick Cave, Crime & The City, Tuxedomoon, Sprung aus den Wolken, Minimal Compact. Interpreti: Solveig Dommartin, Bruno Ganz, Otto Sander, Peter Falk, Curt Bois, Lajos Kovacs (allenatore al trapezio), Laurent Petitgand, Chico Ortega, Peter Werner (direttore circo), Teresa Harder, Daniela Nasincova, Jürgen Heinrich, Nick Cave, Simon Bonney, Hans Martin Stier (il morente), Sigurd Rachmann (il suicida sul tetto) e molti altri. Durata: 128’

L’angelo nella Bibbia è un semplice modo di descrivere la presenza di Dio in mezzo agli uomini.
(Raymond E. Brown, esegeta biblico)
Un bel libro di Bruno Munari, forse il più bel libro per bambini che mi sia mai capitato per le mani, comincia con delle pagine trasparenti opache, del tipo della carta per lucidi che si usava (forse si usa ancora) per i disegni nell’industria tessile e negli studi per gli architetti. Sovrapposte, le pagine iniziali realizzate con questo materiale danno l’impressione della nebbia: e il libro di Munari si intitola, per l’appunto, “Nella nebbia di Milano”. Sfogliando il libro, pian piano, si vedono apparire delle pagine molto colorate: è il circo, pieno di luci; e per chi sfoglia le pagine del libro è proprio come arrivare al circo attraverso la nebbia, dapprima una luce fioca da lontano, poi un’immagine sempre più vivida e piena di dettagli.


La stessa cosa succede nel film di Wenders: dopo venti minuti dall’inizio del film, infatti, arriva il Circo, proprio come per Munari; e a questo punto mi piace evocare un verso di quel libro, che fa così: “il treno per Berlino / spaventa un uccellino”. Chissà se Wenders e Peter Handke conoscevano Bruno Munari... (il libro di Munari è stato ristampato più volte da diversi editori, molto spesso è andato fuori catalogo, probabilmente sarà difficile trovarlo: ma se avete in casa dei bambini piccoli che non hanno ancora imparato a leggere, “Nelle nebbia di Milano” è il libro giusto da mettergli in mano).
Dal bianco e nero iniziale, dalla nebbia e dalle nuvole, si passa al colore del Circo: è l’apparizione di Solveig Dommartin, nel ruolo della trapezista Marion. Un’apparizione angelica, così bella e così credibile che molto spesso, nei libri e nei giornali, la Dommartin viene indicata come l’angelo del film: non è così, l’angelo è Bruno Ganz – ma Solveig era molto più bella di Bruno Ganz, molto più vicina all’immagine degli angeli che abbiamo noi tutti. Wenders si preoccupa subito di smontare quest’immagine, e di riportarci con i piedi per terra: “Come si fa a volare con queste piume da pollo...” si lamenta la trapezista; e in effetti le ali “da angelo” sono un bell’impiccio, per una trapezista che deve fare i volteggi.

Questo “smontare” ogni accenno alle immagini angeliche, questo riportarci subito con i piedi ben piantati per terra, è una delle caratteristiche più belle e più importanti di “Il cielo sopra Berlino”. Wenders, ben cosciente del pericolo di affrontare temi troppo complicati e di banalizzare, riduce i dialoghi al minimo indispensabile, mette i suoi personaggi dentro situazioni di vita quotidiana, affida il suo discorso più alle immagini che al racconto (come si faceva, con eccellenti risultati, ai tempi del cinema muto), e ha alcune bellissime, e spiazzanti, invenzioni riguardo ai suoi personaggi: non è un caso, difatti, la presenza nel cast, e in ruolo importante, di Peter Falk: il tenente Colombo dei telefilm, un attore buffo e bizzarro e il suo personaggio sempre un po’ stazzonato – quanto di meno “angelico” si potrebbe pensare. Peter Falk (nel film) è davvero un angelo disceso dal cielo: ma di questo, e degli altri attori del film, parleremo la prossima volta.
Rainer Maria Rilke,
Dalla “Vita di Maria”: L'annuciazione
Non già l'apparizione dell'Arcangelo
– sappilo, dunque! – sgomentò la Vergine:
poiché non ci si sbigottisce,
quando s'infiltra nella chiusa stanza,
raggio di sole o di notturna luna.
D'assuefarsi, procurò soltanto
a quella forma, in cui l'Annunciatore
muoveva incontro a Lei, pur sempre ignara
di quanta pena affligga
il soggiornare su questa terra, gli Angeli.
Non concepita mai da sensi umani,
purezza senza macchia di Maria!
Miracolosa purità, se ottenne
che, guardandola un giorno addormentata
in silvestre radura, una cerbiatta
s'ivaghisse di Lei perdutamente,
e generasse senza accoppiamento,
animale di luce, l'unicorno.
Non già l'apparizione dell'Arcangelo
impaurì la Vergine. Piuttosto,
quel suo farlesi accanto, reclinando
sul volto assorto un volto giovanile
insistente così. Che, nell'incontro,
lo sguardo sollevato della Vergine
e lo sguardo di Lui bruciaron fusi
in un unico fuoco. Onde, nell'atto,
sembrò svuotarsi per incanto il mondo:
e l'opere, gli sguardi, i patimenti
delle umane miriadi scomparvero
entro l'ardore degli sguardi fusi.
Solamente la Vergine e l'Arcangelo!
Lo sguardo intento, e la guardata forma:
gli occhi beati, e il letiziante aspetto.
Ed abolito, intorno, l'universo.
Soltanto adesso, entrambi, sbigottirono.
Poi, d'un tratto, l'Arcangelo cantò.
(trad. di V. Errante) (Bellissimo il rapporto tra Maria e l'Angelo, mi scrive Marisa Spinoglio: che per questi post ha scelto per me le poesie di Rilke – una scelta difficile, le pagine di Rilke sono ricchissime di apparizioni angeliche)



4 commenti:

Mauro ha detto...

Ma lo sai che Munari me lo facesti conoscere proprio tu, e proprio con quel libro? Da lì, piano piano, sto prendendo tutto quello che trovo di suo, dai saggi ai numerosissimi libri per bambini (che sono stati ristampati tutti di recente e, mannaggia, hanno prezzi sempre piuttosto alti...).

Giuliano ha detto...

Non me lo ricordavo più...mi ricordo anche del "libro bianco" di Munari, che è davvero simpatico - ma quello si può fare anche in casa, con un album da disegno ("siamo al Polo; un orso bianco avanza nella neve...")
:-)
Munari l'ho visto di recente su RaiStoria, per puro caso perché non era nemmeno segnalato, era dentro a un altro programma-raccoglitore: un filmato del 1956 dove insegna a costruire una specie di strumento a corda giapponese, usando due listelli di legno e una scatola di sigarette (e poi lo strumento suona per davvero!)
I libri come "Nella nebbia di Milano" costano parecchio, ma per una volta il prezzo è giustificato dall'uso di materiali diversi, le pagine fatte con carta da lucidi, quelle perforate...

Marisa ha detto...

Effettivamente è difficile associare Peter Falk ad un angelo. Ma se chiudiamo gli occhi (e per avvertire la presenza degli angeli bisogna chiudere gli occhi) non è poi tanto lontano l'angelo dal tenente Colombo (perchè Peter Falk è il tenente Colombo) che risolve i casi aiutando gli innocenti e permettendo con ironia e una carica di simpatia ai colpevoli di riconoscere i loro crimini.
Non ci auguriamo che ci sia sempre un angelo che veglia perchè il "male" venga riconosciuto ed allontanato?
E' che noi non li sappiamo riconoscere proprio perchè non chiudiamo mai gli occhi e non impariamo a vedere con il cuore. Siamo così confusi dall'apparenza che scambiamo per angeli persino i volti rifatti dal chirurgo estetico...
La grandezza di Munari era tutta nel cercare di mantenere aperta l'immaginazione, che è l'unica via per continuare a percepire la vera Bellezza a qualsiasi età.

Giuliano ha detto...

La presenza di Peter Falk in questo film è uno scherzo ben riuscito: ed è proprio quello che manca a tutte le imitazioni che sono uscite dopo. O si scherza troppo (magari con attori come Travolta) o si fa tutto tremendamente serio e severo, che è anche peggio.
Non direi che tutto sia venuto davvero bene, in "Il cielo sopra Berlino": la prima mezzora è un capolavoro, poi qualche scricchiolio c'è - ma alla fine tutto torna, ed è un po' come capita a noi, che non siamo mai del tutto perfetti, ma quando si vuol bene a una persona (o a un film) se ne accettano anche i difetti.