Nostalghìa (1983). Regia di Andrej Tarkovskij; soggetto e sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Tonino Guerra; fotografia: Giuseppe Lanci; musica: Giuseppe Verdi (messa di Requiem) , Ludwig van Beethoven (finale nona sinfonia), musica tradizionale russa, musica antica cinese. Scenografia: Andrea Crisanti; costumi: Lina Nerli Taviani. Interpreti: Oleg Jankovskij (Andrej Gorchakov), Erland Josephson [voce di Sergio Fiorentini] (Domenico), Domiziana Giordano [voce di Lia Tanzi] (Eugenia), Patrizia Terreno (moglie di Gorchakov), Milena Vukotic (donna nella piscina di Bagno Vignoni), Laura De Marchi, Delia Boccardo (moglie di Domenico), Raffaele Di Mario, Rate Furlan, Livio Galassi, Elena Magoia, Piero Vida. durata: 130'.
In “Nostalghia” sono molto importanti i luoghi, che sono veri protagonisti nella narrazione. I luoghi dell’Italia, visitati da un ipotetico poeta russo, e i luoghi della Russia, alternati nei sogni e ricordi, fino a mescolarsi insieme.
Il poeta russo, accompagnato da una giovane donna che gli fa da guida e da interprete, è interpretato da Oleg Jankovskij: inutile dire che è una proiezione appena mascherata del regista del film. Jankovskij si muove proprio come abbiamo visto fare a Tarkovskij in “Tempo di viaggio”: distante, un po’ perso, come se questo mondo – la Toscana, ma non solo – non gli appartenesse, come se fosse qui solo di passaggio. Per giustificare il suo viaggio in Italia, ci si inventa che sia sulle tracce di un musicista russo del Settecento, che soggiornò a lungo in questi luoghi: una giustificazione risibile, della quale ci si dimentica subito. La sua guida è interpretata da Domiziana Giordano, doppiata da Lia Tanzi: è da notare che invece Jankovskij parla con la sua vera voce, in italiano, ovviamente con un forte accento russo, più che giustificato.
Insieme, i due arrivano a Monterchi, per vedere un affresco di Piero della Francesca: la Madonna del Parto. Non è un passaggio casuale. Si tratta di una vera protagonista del film e quindi bisognerebbe parlarne a dovere, il che richiederebbe molto spazio. Mi affido quindi alle immagini del film, e riporto un estratto di quello che ne scrive Wikipedia: soprattutto perché io non sono un esperto di Storia dell’Arte e conosco Monterchi solo per averla vista in “Nostalghia”.
Monterchi è in provincia di Arezzo, 356 metri sul livello del mare, 1900 abitanti.
La “Madonna del parto” è un affresco (260x203 cm) realizzato forse intorno al 1455 da Piero della Francesca, conservato nella cappella di Santa Maria di Momentana a Monterchi. Piero della Francesca realizzò l'opera in sette giornate di lavoro, usando dei colori di prima scelta, fra i quali una notevole quantità di prezioso blu oltremare ottenuto dal lapislazzulo, che veniva importato dalle lontane grotte in Afghanistan attraverso le rotte della Repubblica di Venezia. L'affresco era destinato alla parete di fondo dell'altare maggiore dell'antica chiesa di Santa Maria di Momentana già di Santa Maria in Silvis, località di campagna alle pendici della collina di Monterchi. La chiesa subì una completa distruzione nel 1785 a seguito di un terremoto.
L'opera fu successivamente staccata dal muro ed inserita in una nicchia presso l'altare maggiore della nuova chiesa. La cappella fu realizzata a servizio del cimitero. Nel 1889, l'affresco fu "riscoperto" come di Piero della Francesca. Nel 1910 l'opera fu per ragioni conservative staccata dal muro per mano del restauratore Domenico Fiscali, tale intervento la preservò anche dal terremoto del 1917 che danneggiò gravemente la settecentesca cappella cimiteriale. Dal 1956 fino al suo restauro (1992-1993) è stata conservata all'interno di nuova cappella realizzata ristrutturando la fabbrica precedente. La datazione pone dei problemi: si va dall'ipotesi del 1450-1455 di Pietro Longhi, al 1460 proposta da Clark e De Vecchi, alla ipotesi tarda (dopo il 1475) del Battisti. Per Antonio Paolucci potrebbe essere in contemporanea con “L'incontro fra Salomone e la Regina di Saba”, quindi intorno al 1455. La tradizione vasariana vuole che il dipinto sia stato eseguito da Piero nel 1459, anno nel quale il pittore si trovava a Sansepolcro per la morte della madre.
In Toscana già dalla prima metà del Trecento circolava la raffigurazione realistica della Vergine incinta. Questo soggetto iconografico venne chiamato "Madonna del parto" e rappresenta la Madonna da sola, in piedi, in posizione frontale e visibilmente incinta. Uno tra gli elementi che la distingue da una normale donna incinta è il libro chiuso appoggiato sul ventre, allusione al Verbo Incarnato; il libro infatti rappresenta il Vecchio Testamento e dunque la parola di Dio che, attraverso la Vergine, si incarna e discende tra gli uomini. Artisti che si sono cimentati su questo tema sono Bernardo Daddi, il Maestro di S. Martino alla Palma, Taddeo Gaddi, Nardo di Cione, Bartolo di Fredi, Rossello di Jacopo Franchi, ecc...
Per Thomas Martone l'immagine fu ideata per mostrare che la natura umana del Cristo era veramente umana, e non creata prima in Paradiso, come sostenevano alcuni teologi eretici dei primi secoli e, successivamente, medievali. La Vergine non possiede attributi regali, non ha alcun libro in mano ed è colta nel gesto di puntare una mano sul fianco per sorreggere il peso del ventre: ai lati due angeli perfettamente simmetrici in quanto realizzati con lo stesso cartone scostano la tenda del padiglione ricamata con melograni (simbolo della passione di Cristo). Maurizio Calvesi propone di vedere nella tenda una precisa illustrazione del tabernacolo dell'Arca dell'Alleanza, così come è descritto nell' Esodo in questo modo Maria sarebbe la nuova Arca dell'Alleanza, il cui pegno è Gesù. Per altri il padiglione rappresenta la chiesa e la Madonna, nel suo particolare stato, simboleggia il tabernacolo eucaristico in quanto contiene il corpo di Cristo. Thomas Martone, tenendo conto del brano della Lettera agli Ebrei, e del fatto che la manna dell'Esodo è prefigurazione del corpo eucaristico del Cristo, scrive che Piero "collocando la Vergine all'interno di una tenda formata con i materiali di quella dell'Antico Testamento, alludeva chiaramente alla natura eucaristica del corpo di Cristo contenuto nella Madonna-Ecclesia, che, come la manna, può essere vista solo con gli occhi della fede". Pertanto Martone rigetta quelle ipotesi che collegano l'affresco di Monterchi ad antichi riti pagani di fertilità o lo associano a un certo tipo di devozione pietistica, riservata alle donne incinte. La Madonna di Monterchi, similmente alle numerose Madonne della Misericordia, era intesa quale personificazione della Chiesa contenente il Corpo di Cristo e, più in particolare, quale raffigurazione del tabernacolo contenente l'eucaristia.
Sulla Madonna col bambino che entra nel suo corpo come un raggio di luce (si confronti il The Annuciation Triptych [2], Alterpiece, 1425 di Robert Campin al Metropolitan Museum, The Cloisters, di New York) si vedano gli studi di Panofsky (1953), Frinta (1966), Pacht (1956), Van Gelder (1967), Meiss (1971), Campbell (1974), Shapiro (1979) Marrow (1986), Lane (1988): le Madonne del parto si oppongono teologicamente a questa concezione, che verrà definitivamente dichiarata eretica con il Concilio di Trento (Discorso intorno alle immagini di G. Paleotti, 1522-1597). È da osservare però che nello stesso Concilio (1545-1563) altre immagini religiose finirono nel mirino degli inquisitori e fra queste vi furono anche la Madonna del parto, la Madonna Platytera della Misericordia e la Donna dell'Apocalisse.
A questo punto possiamo cominciare la narrazione di quanto succede. E’ da notare che lo Scrittore non va a vedere l’affresco. Dice che è stanco, che ha visto troppe cose, che non ne può più di capolavori; a vedere la Madonna del Parto ci andrà dunque la ragazza, da sola.
E’ un momento importante del film, del quale converrà parlare con calma: l’atteggiamento dello Scrittore non è dettato da superficialità ma da motivi più profondi, e anche il fatto che sia solo la donna ad andare a vedere l’affresco è tutt’altro che un dettaglio. Infatti, la ragazza (che si chiama Eugenia) entrerà in chiesa, vedrà il rito popolare dedicato alla Madonna (tutto al femminile), ma non ne capirà niente – quasi come Parsifal. Lo Scrittore (che si chiama Gorchakov) invece, girando per i campi in attesa che Eugenia torni, vedrà sovrapporsi i paesaggi toscani con la sua casa russa, e avrà la sensazione di essere in un altro posto, e in un altro mondo che forse si sovrappone al nostro.
L’incontro con il soprannaturale, con l’aldilà, l’eterna domanda senza risposta; e un confine da varcare, il tema di tutti i film di Tarkovskij.
6 commenti:
Se permetti vorrei rivisitare con te questo film e aggiungere le mie suggestioni.
Come un coro a due voci.Ovviamente se si aggiungono altre voci sono contenta.
Sui luoghi hai detto molto e con competenza. aggiungerei solo che proprio perchcè sono fuori dal tempo, sono "luoghi dell'anima" il giusto sfondo per una vicenda coì intima etrascendente.
I nomi: Gorchakov è russo e quindi non posso dire niente perchè non so cosa vuol dire.
Ma gli altri: Domenico (che è il suo alter-ego)si riferisce al "giorno del SIgnore" giorno sacro, ma qui anche "dies illa", il giorno dell'Apocalisse e del giudizio, che ha tanta parte nel film.
-Eugenia=eu(bene)genia (il proprio genio,nume tutelare...)
-Angela- la bambina che incontra nella chiesa sommersa, dove c'è anche l'angelo.
L'affresco di Piero Della Francesca,
che lui non visita in quanto luogo di iniziazione al femminile,rimane simbolicamente il vero centro di tutto il film: la grande Madre dhe dà la vita e luogo di ritorno finale, oltre che eterna "nostagia" delle origini.
Marisa, ne sono ben contento! Metterò via le tue osservazioni in attesa di fare altri post. Materiale ne ho in giro anch'io, bisognerà mettere in ordine anche quello.
Come ti dicevo, questo blog l'ho aperto quasi solo per poter parlare di Tarkovskij.
Quindi, speriamo che diventi davvero una polifonia...
eravamo li davanti a lei la madonna e i suoi angeli geometricamente giustapposti. anche noi impressi come lei nel fieri che si è arrestato all'attimo. giugno 2009
una meraviglia. e molto impressionante, non ricordo un'altra sensazione così.
Cognome Gorchakov ha in se la radice “gorech” cioè amaro, amarezza.
grazie per la segnalazione
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