Soljaris (Solaris,1972) Regia: Andrej Tarkovskij; soggetto: dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem; sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Fridrich Gorenstejn; fotografia: Vadim Jusov; scenografia: Michail Romadin. Musica: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639. Musiche originali di Eduard Artemev. Interpreti: Donatas Banjonis (Kris Kelvin), Natalja Bondarchuk (Hari), Jurij Jarvet (Snaut), Anatolij Solonicyn (Sartorius), Vladislav Dvorzeckij (Berton), Nikolaj Grin'ko (il padre), Olga Barnet (la madre), Sos Sarkisjan (Gibarian). Durata: 165'
Sul pianeta Solaris, da tempo colonizzato dall’uomo, un organismo misterioso, simile nell’aspetto ad uno dei nostri oceani, legge nella nostra memoria e ci porta davanti, materializzandoli, i nostri ricordi e le nostre fantasie. Non sembra avere cattive intenzioni, forse lo fa per comunicare con noi, prende quello che trova e ce lo porta davanti, forse senza nemmeno sapere di che cosa si tratta. Ma l’effetto può essere devastante, ed è per questo che dalla Terra viene inviato sulla stazione orbitante intorno a Solaris un medico, uno psichiatra che dovrà indagare su questi strani fenomeni. Il problema è che l’Oceano non ci invia i nostri ricordi e le nostre fantasie tramite un mezzo normale come sogni, o immagini, o sensazioni: li trova, li copia, e ce li presenta davanti in carne e ossa più veri del vero. Niente va perduto e non sempre i nostri ricordi sono belli, spesso sono dolorosi; e non sempre le nostre fantasie sono presentabili, come ben sanno Sartorius e Snaut, i due scienziati che – in teoria – abitano da soli sulla stazione orbitante. C’era anche un terzo scienziato (sono tutti fisici o biologi), Ghibaryan: ma si è ucciso. Ghibaryan ha lasciato un messaggio video per Kelvin, lo psichiatra, che era suo amico: nel filmato, dietro a Ghibaryan, apparirà una ragazza molto giovane, quasi una bambina. Altre presenze sono state intraviste da Kelvin al suo arrivo: un’altra fanciulla, un nano, qualcosa che giace in un’amaca nello studio di Snaut... Ma è difficile credere a queste apparizioni, la nostra mente razionale si rifiuta di farlo.
“In fondo sei fortunato, è qualcosa che ti appartiene – dice Snaut a Kelvin, dopo aver visto Hari – non è una tua fantasia che magari non sapevi nemmeno di avere”. Hari è la moglie di Kelvin, morta suicida più di dieci anni prima. Hari è giovane e bellissima, Kelvin è un uomo di quarant’anni, grassoccio e dai capelli quasi grigi. L’Oceano ha letto nella memoria di Kelvin, appena arrivato, e gli ha restituito questo suo ricordo: ma non è un’immagine, è Hari in carne e ossa, completa dei ricordi della loro vita in comune. L’apparizione è straziante e commovente, Kelvin non sa come comportarsi, cede all’affetto, poi cerca di liberarsi di quella presenza così vera e familiare eppure artificiale, falsa. “Sei riuscito a stabilire un rapporto emotivo con i fantasmi, me ne compiaccio, si vede che sei fortunato” dirà più tardi anche Sartorius osservando Hari, che Kelvin ormai presenta ai due colleghi come sua moglie.
Il soggetto viene da un racconto di fantascienza dell’ottimo scrittore polacco Stanislaw Lem, ma va detto subito che finché si continuerà a vendere Solaris (o magari Stalker) come un film di fantascienza, Tarkovskij sarà sempre una delusione per chi gli si accosta. “Un fantastico viaggio negli spazi siderali, dove si ritrova la felicità”, dice lo strillo sulla copertina del dvd, che presenta un’immagine in copertina degna del “Pianeta Proibito”: un astronauta in scafandro e casco che porta in braccio una ragazza svenuta. Quest’immagine nel film non c’è, è un disegno di fantasia, ma così va il mondo. E’ un errore di marketing, forse una truffa; così come è una truffa tirare in ballo la religione: Tarkovskij va piuttosto messo sugli scaffali tra i filosofi, tra i poeti, tra i grandi pittori e i grandi visionari e sognatori...
Quando prende in mano “Solaris”, Tarkovskij non gira un film da otto anni. Non certo per sua volontà: è la terribile burocrazia sovietica che lo ha fermato, dopo il clamoroso successo e interesse internazionale suscitati dal suo precedente film, “Andrej Rubliov”. Così andavano le cose in URSS, e vivere nell’epoca di Kruscev e di Brezhnev rappresentava già un vantaggio rispetto all’epoca precedente: avere successo, e fare dei capolavori, era considerato pericoloso. Per Tarkovskij tutto questo è devastante. Quando finalmente nelle alte sfere decidono che può tornare a lavorare, e gli affidano questo progetto molto ambizioso, qualcosa gli si è rotto dentro. Il grande perfezionista di “Andrej Rubliov” sembra affrontare “Solaris” quasi di controvoglia, non è questo il film che vorrebbe fare, ma bisogna pur ricominciare da qualche parte. Il soggetto è comunque interessante, e dentro a “Solaris” si vede già il nucleo di quello che sarà il film successivo, “Lo specchio”, molto più intimo e personale.
Di questo film, Tarkovskij ha girato “veramente” solo le parti che voleva girare, quelle che gli interessavano. Il resto del film (quasi tutta la prima ora) si direbbe girato “pro forma”, per contratto. Il film che Tarkovskij avrebbe voluto fare si sovrappone con quello che gli hanno dato da fare. Snobba anche le scenografie, quei bei modellini costruiti per lui, e preferisce girare dentro una stanza, o mettere cose molto personali ma senza senso in un film ambientato in una stazione spaziale: come gli elementi da studio di naturalista ottocentesco, la collezione di farfalle, gli arredi liberty, le poltrone in pelle. Kris Kelvin arriva sulla stazione orbitante con una grossa sporta bianca, forse uno zaino; ha gli anfibi slacciati, una magliettina gialla traforata, il giubbino di pelle, la barba lunga da operaio del turno di notte in fabbrica. Una maschera di luce sul volto buio serve a simulare il casco durante il viaggio (ma non c’è casco, e non c’è astronave) Anche Snaut e Sartorius sembrano due capiturno, tutta la sala della base spaziale, i quadri degli strumenti, rimandano alla fabbrica (forse lo sono davvero). Gli interni “normali” rimandano alle astronavi da film anni 50, si usano accendini a gas, tra gli arredi manca solo un mangiadischi o una fonovaligia. Nella stazione orbitante, camici e magliette sono sporchi e stazzonati, i materassi sono avvolti nella plastica trasparente come nelle camere ammobiliate di una casa d’affitto. Più vero del vero, è così che appaiono luoghi e persone in fabbrica, e lo posso garantire in prima persona. Quanto però tutto questo sia gradevole da vedere in un film, è un altro discorso. E, quando il film dopo un’ora prende finalmente quota, è l’elegante pigiamino del protagonista, con le iniziali ricamate KK, a fare l’ennesimo sberleffo al mondo della science fiction.
“Solaris” è comunque un capolavoro, un punto fermo nella storia del cinema, nonostante questi suoi difetti. Tarkovskij è davvero unico, e nessun altro come lui (forse solo Dreyer, e a tratti Bergman) è riuscito a filmare l’aldilà, il lato nascosto della nostra esistenza, quello che non ci è dato di conoscere. Per mostrarci tutto questo, Tarkovskij non ha bisogno di un’astronave o del pianeta Solaris, gli basta una stanza da letto, e il volto di una donna che vi si affaccia.
(continua)
10 commenti:
Esiste una versione tradotta del film? No, perché qualche tempo fa ho affrontato Solaris, ma era sottotitolato e volevo solo un film di fantascienza.
E tranquillo, del remake preferisco solo la donna di Clooney, tale Natascha McElhone.
Sì, il film ha circolato nei cinema regolarmente doppiato. Manca del doppiaggio solo la parte che fu a suo tempo tagliata: forse hai visto quella parte (che è molto lunga, soprattutto all'inizio).
Attento che è un film difficile!
PS: Natalia Bondarchuk è una delle donne più belle che io abbia mai visto al cinema.
Ho affrontato la versione originale, e mi ha sconfortato, anche perché era registrata da Fuori orario. Fa cose sublimi a volte, ma insopportabili altre...
Mi sa che noi due abbiamo un pianeta personale per quel che riguarda le donne...
Peccato che tu non voglia votare...
Con Solaris ho anche incontrato Bach, per me era la prima volta. (su Solaris ho 4 puntate in tutto)
Sugli Oscar ho molte riserve, voterei volentieri ma sono molto impreparato...
PS: A me le donne piacciono tutte! (beh, quasi)
Ho tentato di fare una citazione dal film, ma si vede che il remake è più brutto del previsto, e non me lo ricordo tanto bene. Io ricorderò per sempre gli occhi di Natasha in The Truman show, bruttina ma con fascino.
Ciao Gegio! Se hai fatto una citazione, mi è sfuggita e me ne dispiace molto... Ho molta simpatia per Clooney, ma il remake non l'ho proprio voluto vedere: sai come capita quando si ama molto qualcosa, i remakes si rifiutano a priori (la stessa cosa capita con i libri che ci sono piaciuti, e che in film deludono sempre).
The Truman Show invece l'ho visto, e il suo autore, Peter Weir, è uno dei grandissimi. Se non l'hai ancora visto qui, è solo perché anch'io ho dei limiti!
Il parere di Tarkovskij sulla fantascienza però è negativo, esiste anche un'intervista filmata dove dice chiaramente che reputa Solaris poco riuscito proprio perché è rimasto troppo, della fantascienza. Qualcosa ho riportato anche negli altri post su Solaris, che sono già qui on line: non mi sono inventato niente, è proprio il suo parere come è stato espresso più volte. (a me piace la fantascienza, ma Tarkovskij la pensava così).
Hai fatto solo una serie di post su Solaris??? Praticamente un culto!!!!
Qualcuno dice che Hollywood è a corto di idee, e se prima usava i libri, con risultati buoni o meno, adesso è al reboot, al remake.
Ho aperto questo sito quasi soltanto per parlare di Tarkovskij... Vado in ordine temporale, il prossimo è "Lo specchio", poi "Stalker".
PS: Mi dispiace molto di non poter partecipare al tuo blog, ma troppi di quei film non li ho visti o me li ricordo male - io non sono un critico, sono sempre stato solo un semplice spettatore.
Accidenti Giuliano!,la bellezza dei tuoi post mi sta costringendo a rivedere tutto Tarkovskij. Ovviamente te ne ringrazio perchè è da tanto che lo volevo fare, ma non trovavo mai il momento giusto. Per la legge del contrappasso però sarai costretto a sorbirti le mie considerazioni perchè da qualche parte bisogna pur mettere le emozioni suscitate da Tarkovskij ed elaborarle.
Sono assolutamente d'accordo che sia Solaris, sia Stalker, non siano nemmeno lontanamente film di fastascienza.
Lo spunto del romanzo è appunto solo uno spunto, come nei sogni gli accadimenti esterni sono spunti che l'inconscio utilizza per ripresentarci i nostri conflitti o le nostre possibilità mai esplorate e quindi confinate ancora nel magma-oceano del profondo.
Si tratta quindi di accettare che Tarkovskij sta parlando della esplorazione interiore e ci porta direttamente nelle nostre zone più profonde, ma anche più lontane(quasi aliene, un altro mondo), zone dolorose, segrete, a volte vergognose e indicibili a cui ci avviciniamo solo se siamo costretti.
E' il caso di Solaris.
Hai giustamente notato la strana ambientazione, troppo sciatta e "casalinga" per essere una vera stazione spaziale all'altezza delle ambizioni di qualsiasi potenza spaziale, ma adattissima a parlarci della nostra parte esiliata, in cui il magma caotico dell'inconscio comincia ad attivarsi e a mandarci dei segnali. A suo modo, naturalmente, cioè con immagini-fantasma che esigono finalmente di essre presi sul serio.
Il parere di Tarkovskij sulla fantascienza lo si può ascoltare dalla sua stessa voce in "Tempo di viaggio", ma è chiaro fin dalle prime sequenze di Solaris che della fantascienza "classica" non gli importa molto.
Ho aperto questo blog quasi solo per Tarkovskij, tutti gli interventi sono benvenuti - soprattutto quelli come i tuoi.
Posta un commento