Soljaris (Solaris,1972) Regia: Andrej Tarkovskij; soggetto: dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem; sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Fridrich Gorenstejn; fotografia: Vadim Jusov; scenografia: Michail Romadin. Musica: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639. Musiche originali di Eduard Artemev. Interpreti: Donatas Banjonis (Kris Kelvin), Natalja Bondarchuk (Hari), Jurij Jarvet (Snaut), Anatolij Solonicyn (Sartorius), Vladislav Dvorzeckij (Berton), Nikolaj Grin'ko (il padre), Olga Barnet (la madre), Sos Sarkisjan (Gibarian). Durata: 165'
I Brueghel sono una famiglia di pittori fiamminghi, vissuti fra il ‘500 e il ‘600; i loro dipinti, spesso visionari e fantastici, sono ancora oggi famosissimi e molto attuali. Il cognome lo si trova scritto con diverse grafie, come capitava spesso in quei secoli dove l’anagrafe era ancora incerta: Bruegel o Brueghel, alla tedesca, o magari Breugel, alla fiamminga.
Di Brueghel ce ne sono tanti, è facile fare confusione e distinguere uno dall’altro è un argomento da esperti; ed è anche facile, per uno che non è esperto, fare confusione con un altro grande maestro fiammingo, Hyeronimus Bosch. Io non sono un esperto e provo ad appoggiarmi a Wikipedia.
Il capostipite è Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569), che ebbe due figli: Pieter Brueghel il Giovane (1566-1637) e Jan Brueghel il Vecchio (1568-1625). Come si può vedere dalle date di nascita, ebbero appena il tempo di conoscere il padre. Pieter il giovane è il padre di Ambrosius Brueghel; Jan Brueghel ebbe due figli pittori, Abraham Brueghel e Jan Brueghel il Giovane.
Inoltre, David Teniers il Giovane sposò Anna Brueghel, ma a questo punto mi sono perso e non so più di chi era figlia Anna – chiedo scusa e ricomincio da capo, cioè da Pieter Bruegel il Vecchio:
« Pieter Bruegel (Breda, ca. 1525-1530 - Bruxelles, 5 settembre 1569) è stato un pittore fiammingo della prima metà del Cinquecento. È generalmente indicato col nome di Pieter Bruegel il Vecchio per distinguerlo da suo figlio primogenito, Pieter Bruegel il Giovane. Il suo secondo figlio fu Jan Bruegel il Vecchio, anch'egli pittore e un suo nipote fu Jan Brueghel il Giovane.»
Il pittore che mi interessa oggi è Pieter Bruegel, due suoi dipinti in particolare: I cacciatori nella neve e I mietitori.
«La data e il luogo di nascita precisi di Pieter Bruegel sono ignoti. A quei tempi non esistevano registri anagrafici delle nascite, e solo nel 1551 Peter Brueghel venne citato per iscritto per la prima volta, quando entrava a far parte della gilda di San Luca di Anversa qualificandosi come maestro. Bruegel poteva essere nato nel 1525 o nel 1530, si ipotizza a Breda o in un paese vicino il cui nome è simile a quello del pittore. In base a quanto riferito da Van Mander, si formò a Bruxelles alla scuola di Pieter Coecke, pittore di corte di Carlo V, architetto, disegnatore di arazzi, persona colta (autore di traduzioni del Vitruvio e di Sebastiano Serlio), che aveva viaggiato in Italia ed in Turchia. Fu fondamentale, per la sua carriera, il contatto con l'incisore ed editore di stampe Hieronymus Cock, che ebbe il merito di avvicinarlo alle opere di Hieronymus Bosch. Difatti, la prima fase artistica di Bruegel si fonda sull'esecuzione di opere stilisticamente vicine a quelle del pittore fiammingo Hieronymus Bosch, di una generazione precedente a quella di Bruegel per la quale il pittore provava una grande ammirazione. I paesaggi fantastici del primo periodo mutarono dopo il viaggio effettuato da Bruegel in Italia, probabilmente nel 1551, che gli consentì di affinare il tratto e l'impronta paesaggistica, da indirizzare su temi di caratterizzazione popolare, descriventi una umanità allettata da istinti primitivi.
Tra le opere che possono certamente essere ricondotte alla sua mano, classificabili nella pittura di paesaggio, si ricorda “Paesaggio fluviale con la parabola del seminatore” (prima tavola firmata e risalente al 1557). Sempre nel 1557 realizzò la serie calcografica dei “Sette peccati capitali”. Il passaggio dalle Alpi svizzere lo proiettò verso orizzonti che modificarono la sua produzione artistica, come accadde anche ad altri pittori che passarono le alpi come Albrecht Dürer e Albrecht Altdorfer. Nel 1562 probabilmente Bruegel compì un viaggio ad Amsterdam ed a Besançon. Nell'estate dell'anno seguente si sposò con Mayeken Coecke (figlia di Pieter Coecke, il suo maestro), ad Anversa e si trasferì quindi a Bruxelles, ove riprese a dipingere. Ed è proprio nel 1563 che vide la luce una delle sue opere più celebri: la “Torre di Babele”. Il 1564 fu l'anno di nascita di Pieter, il suo primogenito, anche lui destinato a diventare pittore. Il periodo compreso tra il 1565 ed il 1568 fu abbastanza prolifico per la produzione pittorica dell'artista, con la realizzazione di pregevoli opere quali: la serie dedicata ai Mesi, “Il paese della cuccagna” ed il “Banchetto nuziale”. Nel 1568 nacque il secondogenito Jan, noto come "dei Velluti". Il maestro morì nel 1569; la salma fu inumata nella chiesa di Notre-Dame de la Chapelle, a Bruxelles, città dove visse per quasi tutta la sua vita. La sua arte si legò a quella di Bosch per l'impeto fantastico e la capacità di penetrazione all'interno del magma delle passioni umane, ma se ne distaccò per il lato realistico e l'aderenza "corporale" ai fatti concreti. Nella “Parabola dei ciechi” del 1568, inscenò un tema già affrontato da Bosch e Metsys, trasmettendo un senso di crudezza frammisto a una colorazione grottesca e soprattutto drammatica. Ma, invece, il paesaggio fa da controaltare con la sua calma e tranquillità alla processione umana che si avvia ad una miserabile fine. Bruegel ci ha lasciato circa una settantina di opere pittoriche, malgrado la sua attività si sia svolta nel corso di una vita relativamente breve.»
(da http://www.wikipedia.it/ )Andrej Tarkovskij in “Solaris” dedica una lunga sequenza ad uno dei dipinti più famosi di Pieter Bruegel, “I cacciatori nella neve”, che rappresenta gennaio nella serie dedicata ai Mesi. Bruegel verrà apertamente citato anche nel film successivo, “Lo specchio”.
Il dipinto appare due volte, in “Solaris”, in due scene distinte: una evocata nel ricordo, in bianco e nero virato, accanto alla madre del protagonista; l’altra nella magica sequenza della levitazione in assenza di gravità, a bordo della stazione orbitante. Ci sono altri quadri, sulle pareti di quella sala: ben visibile è un altro Pieter Bruegel, “La parabola dei mietitori”, che è il mese di agosto; meno decifrabili sono gli altri dipinti, che rimangono sullo sfondo.
Tarkovskij metteva una cura particolare in queste riprese, ed effettuava di persona, con grande cura, le riprese dei dipinti. In tutti i suoi film, a partire da “Andrej Rubliov” del 1966, si trovano sequenze come questa di Solaris, e sono sequenze che non si possono raccontare, vanno proprio viste. Con Tarkovskij, non si tratta soltanto di “usare” un dipinto più o meno famoso, per prenderne ispirazione o per via del suo soggetto, come fanno molti registi: il dipinto entra invece a far parte della narrazione, diventa un personaggio, un paesaggio dell’anima. Nei film di Tarkovskij, musica e arti visive hanno la stessa importanza dei personaggi; ed è difficile da spiegare, così difficile che smetto subito e non ci provo neanche. Queste cose le sapeva fare soltanto lui, e quando penso a queste sequenze, che sfiorano il soprannaturale e il contatto con l’aldilà, mi vengono ancora i brividi, anche dopo averle viste e riviste infinite volte. Rimane solo un rimpianto: nella loro forma originale, al cinema, è ormai quasi impossibile rivederle. Bisogna accontentarsi dei dvd, ed è pur sempre meglio che niente.
(nelle immagini, i due dipinti di Pieter Bruegel citati e molti fotogrammi da “Solaris” di Andrej Tarkovskij. )
12 commenti:
Di recente mi è capitato di visitare Berlino, e la Gemaldegalerie, in particolare. Ho visto alcune opere (Vermeer, soprattutto) che mi hanno fatto immediatamente pensare a queste pagine.
C'è anche una bella tavola di Pieter Bruegel, mi pare sia ispirata ai proverbi olandesi. E` un dipinto molto ricco, pieno, sovraffollato e buffo, con quel gusto macabro e fantasioso che apparteneva a Bosch. I quadri di cui parli qui sono molto diversi e li scopro volentieri.
Questo era il campo di Solimano...E' un peccato non averlo più, sulla pittura ha scritto post magnifici.
In particolare, la serie dei proverbi olandesi dovrebbe essere ancora su Stanze all'aria.
(io ho fatto una gran fatica non ne sapevo niente di niente!)
Sì, il rapporto di Tarkovskij con l'arte figurativa, come del resto con la poesia, è del tutto naturale ed integrato con tutta l'opera. Penso sia dovuto in gran parte al fatto che fin da piccolo sia stato familiarizzato dal padre poeta al mondo rappresentato attraverso il linguaggio artistico.
Una delle magie di Tarkovskij consiste proprio nella resa impalpabile delle atmosfere sia oniriche che pittoriche.
Hai notato come nell'immagine dei due che si abbracciano con dietro il quadro di Bruegel "I mietitori" i colori del vestito della moglie siano gli stessi del quadro?
Altri registi hanno dato molta importanza ai grandi pittori, penso a Greenaway, ma nessuno è riuscito a fare quello che faceva Tarkovskij.
I post di questo tipo saranno moltissimi, e ho già visto che dovrò spesso chiedere aiuto a chi passa di qui e mi legge...
Non avevo fatto caso al colore del vestito, ma con Tarkovskij non si riesce mai a cogliere il passaggio dal film al dipinto, e viceversa. capita così anche con Lo specchio, e nel finale del Rubliov è come se si accendesse una luce in una stanza, il passaggio dal bianconero al colore è una meraviglia.
Spero perdonerai il mio commentare spesso e volentieri fuori tema, ma volevo segnalare come i dipinti di Bruegel siano stati usati anche come copertine di dischi (eh, si, sempre l?i vado a parare...). Mi vengono in mente ad esempio i Pearls before Swine, autori verso la fine degli anni 60 di un folk molto particolare, il cui secondo disco Balaklava reca in copertina un particolare de "il trionfo della morte" (per il disco d'esordio avevavo scelto Bosch...), oppure i Fleet Foxes, band contemporanea, che hanno optato proprio per i proverbi olandesi. In entrambi i casi la musica ben si adatta alle immagini (malinconia e tematiche un tantino apocalittiche per i primi, giocosità scanzonata a metà tra la west coast e i Fairport Convention per i secondi).
Anche i Pentangle, ora che mi ci fai pensare, avevano messo un'incisione di Dürer in copertina, per "Cruel Sister". Per me è stata la prima volta in assoluto, credo, in cui ho fatto caso a un Dürer: ero sui 17 anni.
Sono cose importanti, così come fu importante Kubrick per la diffusione della musica classica, con Odissea nello spazio e con Arancia Meccanica, ma anche con il valzer di Sciostakovic per Eyes wide shut.
Ne abbiamo parlato insieme tante volte, sai bene che sono commenti che mi fanno piacere.
Ha ragione il monello Lars Von Trier quando dice che Tarkovskij è in un certo senso il Dio del cinema. Lui come nessun altro è riuscito a contemplare l'universo intimo degli esseri. Il suo sguardo metafisico poteva accogliere e inglobare tutto.
Una bella definizione, però non è certo il Dio muscoloso di Michelangelo. Direi piuttosto che siamo dalle parti di William Blake - ho fatto un paragone un po' azzardato, a pensarci bene...
si forse perchè lui è impersonale, antimateriale, antiestetizzante. E' la grazia senza onnipotenza. Per questo insieme a Bresson credo che sia assolutamente fondamentale per chi ha voglia di vedere e fare cinema.
Vedo che hai aggiunto il mio blog, grazie, non era necessario ricambiare. Ti faccio i complimenti per le scelte e le disamine dettagliate, si vede che ami quello che fai.
ogni tanto aggiungo qualche link, lo faccio quasi sempre quando si tratta qualche argomento che non conosco. Purtroppo con questo sistema non riesco a mettere i link ad altri siti che mi piacciono... dovrò aggiungere un altro gadget.
è molto semplice, basta andare sulla propria Bacheca in Design > Aggiungi un gadget > Elenco di Link. E qui basta compilare i campi e salvare, ogni volta che lo farai si aggiungerà un link.
eh...appunto: compilare i campi è una delle cose più noiose che esistono al mondo!!
:-)
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