- Nostalghìa (1983). Regia di Andrej Tarkovskij; soggetto e sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Tonino Guerra; fotografia: Giuseppe Lanci; musica: Giuseppe Verdi (messa di Requiem) , Ludwig van Beethoven (finale nona sinfonia), musica tradizionale russa, musica antica cinese. Scenografia: Andrea Crisanti; costumi: Lina Nerli Taviani. Interpreti: Oleg Jankovskij (Andrej Gorchakov), Erland Josephson [voce di Sergio Fiorentini] (Domenico), Domiziana Giordano [voce di Lia Tanzi] (Eugenia), Patrizia Terreno (moglie di Gorchakov), Milena Vukotic (donna nella piscina di Bagno Vignoni), Laura De Marchi, Delia Boccardo (moglie di Domenico), Raffaele Di Mario, Rate Furlan, Livio Galassi, Elena Magoia, Piero Vida. durata: 130'.
- Une journée d’Arsène Arsenevitch (serie tv « Cinéma de notre temps », 1988, rielaborato nel 2000) Documentario su Andrej Tarkovskij. Scritto e diretto da Chris Marker. Con Andrej e Larissa Tarkovskij, Andrej Andrejevich Tarkovskij, Sven Nykvist. Durata 55 minuti
Non avrei mai creduto di scrivere così tanto, su “Nostalghia”. Prima di rivederlo, pensavo di cavarmela con una o due puntate, e invece ho quasi perso il conto. Gran parte della colpa va data alla bellezza e alla particolarità dei luoghi scelti da Tarkovskij per girare il film, un’Italia in gran parte inedita e inusuale, soprattutto per il cinema. Quasi impossibile non dedicare spazio a Monterchi, a Bagno Vignoni, all’abbazia di San Galgano: io per primo ne sapevo poco o niente, le informazioni le ho cercate per me e già che c’ero le ho messe un po’ in ordine e le ho riportate qui. Oggi, con internet, è facile trovare informazioni: ma quando uscì il film, nel 1982, non era così. Anche i giornali, la critica specializzata, su queste cose annaspavano. Anche nei libri su Tarkovskij tante informazioni non sono state riportate, ed è un peccato.
Sono rimaste fuori molte cose, da questo discorso. Per esempio, il discorso sui quattro elementi, sempre presente in Tarkovskij: qui c’è molta terra, terra e acqua sono le protagoniste di Nostalghia. Il fuoco, tragico, lo porterà Domenico nel finale; ma prima c’è il libro di poesie ridotto in cenere, e il fuoco della candela accesa che deve attraversare la piscina. E l’aria, i grandi spazi, i panorami, i luoghi, il paesaggio, lo spazio tra i personaggi: “l’aura” verrebbe da dire.
Al minuto 52 Domenico offre pane e vino ad Andrej; poi si guarda nello specchio (uno specchio macchiato, come quello in cui si guardava Margarita Terechova in “Lo Specchio”). Nella casa di Domenico piove, ci sono teli di plastica che raccolgono l’acqua; e piove sulle bottiglie (dettaglio che si direbbe ispirato alle nature morte di Morandi). Al minuto 53, anticipo di “Sacrificio” con il discorso sulla candela (“a me non lo lasciano fare”, dice Domenico porgendo la candela a Gorchakov).
Ho sorvolato anche sulle molte sequenze che si svolgono tra Gorchakov ed Eugenia. C’è il discorso allo specchio di Eugenia: “Se vi danno la libertà non sapete cosa farne, tu hai paura della libertà”. Lei è attratta da lui, all’albergo le hanno detto che lui è innamorato, “ma lui è una specie di santo, che si interessa solo di Madonne”. Lui pensa all’arte, alla sua malattia recente, a Domenico; e a sua moglie e ai suoi figli, lontani. A 1.10 c’è un momento quasi umoristico, la discussione tra Eugenia e Andrej è decisamente fuori schema, quasi da commedia. (lei è più che disponibile, lui non ci pensa – ma se l’era sognata quasi a confondersi sua moglie...)
Molte le apparizioni, che provo a mettere in fila insieme ad altri pensieri che mi sono venuti in mente, con accostamenti a volte molto strani: 1) Si vede un angelo a Monterchi, all’inizio del film, dopo che Andrej ha raccolto la piuma. 2) Nella stanza d’albergo a Bagno Vignoni, appare il cane di Domenico, che va a sedersi accanto ad Andrej, vicino al letto. Il cane è di Domenico, non è normale che sia lì, e che appaia in questo modo; questo è un rimando diretto a Stalker. 3) Eugenia è traduttrice, come il maestro di Milarepa. Però è anche una scettica, è spesso superficiale, attenta alle cose terrene; ha molti tratti sia dello Scrittore che del Professore in Stalker. 4) Monterchi è la Stanza di Stalker, nella quale siamo finalmente entrati. Andrej ne sta fuori, però vede l’angelo nel casolare. 5) Eugenia davanti alla Madonna del Parto non vuole inginocchiarsi. Ci prova ma proprio non le riesce: dice che è lì solo per guardare. Il suo discorso col sagrestano è molto simile alle domande e risposte di Tarkovskij nell’intervista con Irena Brezhnà, e concerne il ruolo della donna. Per Tarkovskij, come nelle civiltà contadine, la donna è fondamentale. Quando dice “la donna deve occuparsi della casa e dei figli” non è riduttivo: nella civiltà contadina la cura della casa e dei figli è fondamentale. Nella società odierna, il discorso di Tarkovskij (e del sagrestano) rischia di essere frainteso e di diventare offensivo: ma se si conoscono i film di Tarkovskij è difficile equivocare, vista la bellezza e la forza delle sue donne, mai banali, sempre centrali e quasi magnetiche, luminose. All’uomo è permesso essere stupido o poco intelligente: deve stare fuori, nei campi. Essere intelligenti non è fondamentale. Per una donna, che deve curare la casa, essere stupida è vietato. 6) La mano sporca di terra, come in Solaris: l’aldilà, l’oltretomba, l’Ade; ma anche la Terra come Erda, come Gea. Onnisciente, feconda, inamovibile, potente.
Altre note: 1) La guida vera di Tarkovskij in Italia fu Tonino Guerra, e non una bella traduttrice. 2) Domenico ha lo stesso ruolo della maga in “Sacrificio”: condurre il protagonista in un mondo che non è quello in cui viviamo, con altre regole e altre condizioni fisiche (Einstein, relatività). Nostalghia è forse un taccuino di lavoro per Sacrificio? 3) All’ingresso di Andrej nella casa di Domenico, acqua e fango sul pavimento diventano il paesaggio; ma è difficile dire se sia la casa di Andrej in Russia, o la Toscana. 4) Due uomini: uno di loro è pazzo, o ritenuto tale. Pensa di avere una missione: salvare il mondo intero, e non solo se stesso e i suoi cari come aveva fatto prima. Sa che a lui non è più concesso, e affida la sua missione al Poeta. (il Pazzo, il Poeta, la Traduttrice d’Anime...) 5) L’acqua limpida e ferma, come in Stalker (ma siamo nell’alto Lazio e in Toscana)
6) Salvare il mondo sacrificando se stessi: è possibile? Domenico dà il pane ed il vino ad Andrej, che accetta sorridendo ma senza dar gran peso alla cosa. Salvare il mondo sacrificando se stessi è il tema dei due ultimi film di Tarkovskij, un tema che risente molto della malattia del regista (prima l’infarto a Mosca, poi la diagnosi in Svezia, che però arriverà molto tempo dopo). 7) Visione dell’Apocalisse nel sogno in cui Andrej vede Domenico riflesso nello specchio in cui sta guardando, come se fossero la stessa persona, e ne capta i pensieri. 8) Se la Stanza è a Monterchi, cosa c’è a Bagno Vignoni? (l’Oceano di Solaris?) 9) La sequenza finale, da brividi, con Andrej e il cane di Domenico, inquadratura fissa. Alle loro spalle, la casa russa di Andrej; ma poi l’inquadratura si allarga, la piccola casa russa è dentro San Galgano, nella pozza d’acqua due strisce di luce: è il sole che arriva dall’alto, passando attraverso le colonne dell’abbazia. Poi nevica, e il finale è una scritta: “Dedicato alla memoria di mia madre”. Nel finale di Solaris, molto simile, Kelvin abbracciava il padre. 10) Il finale è come Solaris, le isole della memoria. Ma qui non c’è l’incontro con il padre – il passato – Andrej guarda forte e chiaro verso di noi, in macchina. Al suo fianco, il cane: altrettanto sereno e deciso. Tutto è chiaro, ora: una chiarezza e una serenità che vengono dall’aldilà, dall’altrove. 11) Il cane – lo stesso cane, quello di Domenico – è già nella sequenza del sogno, in Russia, con la bambina che corre fuori dalla casa e gli lancia un bastone attraverso l’acqua.
Tarkovskij filma le visioni interiori: sono proprio così, nei nostri sogni, con quei colori (e quel bianco e nero), e quei movimenti rallentati o irreali: questo film ne è pieno, ma rivedendo Andrej Rubliov (il cavallo che si rialza, alla fine del film) mi rendo conto che tutto Tarkovskij è così. Anche qui lunghe sequenze virate, non in bianco e nero ma come “verdastre”, con il cane e l’uomo sotto la pioggia (come in Stalker). Il cane è l’alter ego (profondo) dello Stalker e del Poeta. Viene da pensare che Tarkovskij volesse accostare e fondere insieme le religioni primordiali (la Russia, e la Siberia, ne sono ricchissime) con il cristianesimo: un tema che diventerà esplicito in “Sacrificio”.
In quest’ambito, l’abbondanza di pioggia e l’insistenza sulla Natura, e la visione dell’Apocalisse, (nonché l’unione fra due religioni e due culture, una “primitiva” e l’altra “evoluta”)apparentano questo film a “L’ultima onda” di Peter Weir. Nel suo discorso a Roma, Domenico dice anche queste parole: «...Basterebbe osservare la natura per capire che la vita è semplice, e che bisogna tornare al punto di prima, in quel punto dove voi avete imboccato la strada sbagliata. Bisogna tornare alle basi principali della vita, senza sporcare l’acqua!»
Per la musica, questa volta Tarkovskij non ha a disposizione né Edison Denisov né Eduard Artemiev, suoi collaboratori abituali. Ma sa benissimo quel che deve fare, e usa Verdi (Messa di requiem) e Beethoven (finale della Nona Sinfonia) in modo inusuale e molto suggestivo, spesso spiazzando anche chi conosce bene (o credeva di conoscerli) i due capolavori. Ascoltiamo Verdi due volte, sui titoli di testa e quando Gorchakov completa il suo percorso nella grande vasca di Bagno Vignoni. E’ il “dies irae”, ma in smorzando, quasi un soffio, al quale segue “et lux perpetua luceat eis”, che va a fondersi con un canto russo, una voce di donna, sommesso, forse sciamanico.
Ascoltiamo Beethoven e la sua nona sinfonia quando Gorchakov entra nel casale dove abita Domenico, con Gorchakov allo specchio e poi il piano sequenza sullo scaffale. Siamo nel finale, a cui Beethoven dà l’indicazione di tempo “Adagio ma non troppo, ma divoto”. Il testo di Schiller, in questo punto, recita:
Ihr stürzt nieder, Millionen?
Ahnest du den Schöpfer, Welt?
Such ihn überm Sternenzelt!
Über Sternen muss er wohnen.
Freude, schöner Götterfünken... (interruzione brusca a questo punto)
(Non vi prostrate, moltitudini? Mondo, non aneli alla presenza del Creatore? Cercalo al di sopra della volta stellata, un padre amorevole vi abita di certo. O Gioia, bella scintilla divina...)I due inizi di questi frammenti, quello di Verdi e quello di Beethoven, sono stranamente molto simili, in tutti e due il coro canta quasi con un soffio di voce, ed accostarli è davvero qualcosa che colpisce. Io ci casco sempre, e dico che è ancora Verdi: solo dopo un po’ me ne accorgo.
Ma in Tarkovskij, come sempre, sono musica anche i rumori d’ambiente: l’acqua che scorre e che sgocciola, voci d’animali (i cani), ali d’uccelli, campane, campane tubolari, campanelli, vetri, bicchieri, bottiglie smosse, e un posto particolare va addirittura ad una sega circolare (per metallo) che si ascolta in lontananza, con un effetto sorprendente di straniamento, mentre si rivede in flashback la casa di Domenico (con i carabinieri) e nella visione dell’Apocalisse.
Al minuto 15’ Gorchakov accenna a una canzone russa, subito dopo aver detto “butta via subito” per la traduzione di poesie che sta leggendo Eugenia. E poi c’è ancora “il generale con la sua musica cinese” all’albergo di Bagno Vignoni (per il litigio con Eugenia e il sangue dal naso): un altro particolare che verrà sviluppato in “Sacrificio”.
Nell’intervista sul dvd, Tonino Guerra fa un leggero accenno a Dante, ricordando le critiche negative all’uscita del film. Dice, più o meno, che anche Dante non è sempre piacevole, ci sono dei passi che sono veramenti oscuri, ma poi basta avere un po’ di pazienza e si trovano cose meravigliose. Direi che Guerra ha ragione, Nostalghia (Tarkovskij) è complesso come Dante, alle volte si fa fatica e si arranca ma poi si è ripagati. In un’altra intervista, l’amico Franco Terilli (che lavorò al film in fase di preparazione) racconta della loro visita a Loreto, e dell’icona russa che Tarkovskij trovò in una chiesina di Portonovo di Loreto, rimanendone molto colpito.
Nel film ci sono anche due volti noti e molto amati del cinema italiano, ma hanno poco spazio: Delia Boccardo (la moglie di Domenico, le si vede appena il volto – peccato!) e Milena Vukotic (nella scena finale di Bagno Vignoni, raccoglie alcune cose durante la pulizia della grande vasca).
Il regista francese Chris Marker girò per la rete tv ARTE un documentario su Tarkovskij, che è notevole perché riporta molti filmati inediti. Per esempio, frammenti della regia in teatro del Boris Godunov di Mussorgskij con Abbado (grave torto di Marker nel non fare mai il nome di Claudio Abbado!), che non sono quelli originali di Londra, dove non fu filmato niente, ma quelli del Kirov di Leningrado dove si tentò di rimontare l’allestimento dopo la morte del regista. Sono frammenti ben scelti, perché si vede anche una parte della scena dello jurodivij, il “pazzo” al quale è sicuramente ispirata la figura di Domenico.
Vediamo anche l’incontro del figlio di Tarkovskij con la madre Larissa dopo 5 anni da “ostaggio” a Mosca, lasciato partire solo perché era ormai certo che il padre fosse in fin di vita. Tarkovskij è già ricoverato in ospedale, e la telecamera lo filma mentre abbraccia il figlio. Sono molto belli i filmati sul set di Sacrificio, dove si parla in sei lingue diverse, e dove Tarkovskij parla in italiano con Sven Nykvyst, che lavorò a Cinecittà. E’ nella stanza d’ospedale anche la prima proiezione di “Sacrificio” , fatta apposta per far vedere il film al suo autore, un’altra sequenza toccante. Con alcune foto, è ricostruito anche il suo funerale, in Svizzera, con Rostropovich che suona le suites di Bach.
Nel film di Marker vediamo anche Tarkovskij filmare personalmente i dipinti, con estrema attenzione, “senza delegare le riprese ad altri, come fanno altri registi”. L’obiettivo scorre vicinissimo alla tela, punto per punto: la magia di queste riprese è ben nota a chi ha visto i film di Tarkovskij, i dipinti (Rubliov, Brueghel, Leonardo...) diventano veri personaggi. Marker parla anche del modo di inquadrare scene ed attori tipico di Tarkovskij, uno sguardo dall’alto, come il Cristo Pantocratore delle chiese ortodosse, che viene spesso dipinto sul soffitto. Inquadrature dall’alto anche per i singoli personaggi, e non dal basso come capita quasi sempre per dare più risalto allo sfondo.
Portare il cinema all’altezza delle altri arti era lo scopo di Tarkovskij, il suo sogno. Un sogno frantumato e calpestato dall’involuzione commerciale e dalla produzione sempre più per il piccolo schermo (tv, personal computer, e ora telefonini). Paradossalmente, l’arte di Tarkovskij era possibile in URSS e oggi non lo è più, Tarkovskij dovrebbe fare un altro mestiere. Oggi Tarkovskij è deriso, disprezzato, ignorato, irriso, cancellato, raschiato via, negato. E’ scomodo perché fa pensare, scomodo anche i cristiani, per i cattolici, per tutti. Pensare è un grave torto, è del tutto fuori moda.
Nell’intervista sul dvd, parlando dei posti dove fu girato il film, il direttore della fotografia Giuseppe Lanci, parlando d’altro, nomina: 1) “il casale vicino ad Anagni” dove abita Domenico 2) il Campidoglio (in origine era previsto di girare nella piazza in un paesino del Lazio, che poi non fu disponibile; ma inaspettatamente si trovò disponibile il Campidoglio) 3) “la chiesa di Rieti sommersa dall’acqua” 4) qualcosa di simile a “Montelupo” (Montelupo Fiorentino?) 5) la scena in interni di Eugenia a Roma, girata forse negli studi di Cristaldi o forse in Campidoglio 6) A San Galgano, fu realizzata una “costruzione in prospettiva” per mettere la casa russa dentro l’abbazia, nella scena finale.
Per chiudere, una delle immagini più belle del film: che prima avevo individuato come Civita di Bagnoregio, ma che più probabilmente (ringrazio Alberto per la segnalazione) è Calcata, sempre in provincia di Viterbo. I titoli di coda non ne parlano, e io non avrei saputo riconoscerla. Non è un luogo centrale in “Nostalghia”, e penso che la presenza di questa veduta nel film sia dovuta solo alla grande bellezza e magia del posto.
10 commenti:
L'ho finalmente rivisto!
Sì, bisognerebbe proprio meditarlo scena per scena e tu hai fatto un grande lavoro d'amore.
Mi sembra evidente la struggente premonizione della morte che fa di questo film una elaborazione del distacco già in vita. Perciò Gorchakov è così staccato, come già rassegnato e non può accogliere un nuovo amore, per lo meno in senso fisico. Può trasfigurarlo e sublimarlo(...i sentimenti non vissuti sono più puri e non si dimenticano...)
Ci sono tante suggestioni, ma non voglio approfittare troppo del tuo spazio.
Segnalo solo un importante sogno di Jung, dove lui si vede camminare di notte con una candela in mano, contro vento e "tutto dipendeva dal riuscire a tener viva questa piccola luce"...
Questa citazione di Jung è bellissima. Mi dici dove si trova per esteso?
Non ho ancora finito con Nostalghia, c'è la scena di Roma che merita un post a parte; ma adesso stacco per un po' con Tarkovskij.
A proposito, in questo blog mi capita spesso di parlare molto di film che non mi piacciono molto, ma mi sembra giusto così, è una cosa voluta: parlerei per ore di Bud Spencer, per esempio, o di Stan Laurel, o dei Marx, ma cosa dire se non che sono film bellissimi?
(potrei aprire un fan club, questo sì; oppure unirmi a qualcuno già esistente...)
(La parte che amo veramente e incondizionatamente di "Nostalghia" è quella della chiesa allagata, con Jankovskij e la bambina.)
Il sogno di Jung è nella sua autobiografia "Ricordi, sogni, riflessioni"(ed. Il saggiatore, pag. 111) e Jung interpreta la piccola luce della candela come quella della coscienza rispetto allo strapotere dell'inconscio. "La mia coscienza-dice-è l'unico tesoro che posseggo, e il più grande. Per quanto piccolo e fragile di fronte al potere delle tenebre, è tuttavia una luce, la mia sola luce."
Io penso che si possa anche parlare di speranza, di fede...
Sono d'accordo su Bud Spencer e compagnia .Non li ho mai snobbati e capisco anche perchè un grande artsta come Tarkovskij sia rimosso.
La gente non ama fare i conti con i propri demoni e tanto meno con la morte.
Grazie! Mi era sfuggito, ne prendo nota per un prossimo post. (Questi libri di memorie e di interviste con Jung sono gli unici che posso permettermi di leggere...) (a dire il vero, con difficoltà anche questi)
Siamo ormai alla resa dei conti.
Domenico a Roma mette in atto il suo progetto di denuncia e, cercando di risvegliare una coscienza collettiva completamente sorda ai valori etici,si sacrifica come un Bonzo. Sarebbe troppo lungo ed inappropiato in questa sede approfondire il tema della follia e i sui rapporti con la coscienza "normale". Bastano i riferimenti che hai fatto tu al modo particolare in cui la tradizione russa considera gli "idioti", i semplici, i visionari,i folli...
Sottolineo solo Roma come centro di potere in ogni senso,politico e religioso.
Contemporaneamente si compie anche il destino del poeta, che stava partendo, ma che il richiamo di Domenico attraverso la mediazione di Eugenia riporta a Bagno Vignoni.
Capisco perfettamente la sua resistenza, ma ora è pronto.
Per ben tre volte accende la candela e, senza barare,riparte dal bordo della vasca. Assistiamo alla sua agonia, allo sforzo supremo per arrivare fino in fondo e, mentre appoggia la candela sul bordo opposto, dal correre precipitoso dell'autista capiamo che è crollato. "Consumatum est"
Rimane la candela accesa, la fiammella così tenacemente e disperatamente difesa. Che sia la nostra scintilla divina che nemmeno la morte può spegnere?
Tornerò presto su Nostalghia, almeno per la scena di Roma; e soprattutto sul documentario di Chris Marker.
Che blog meraviglioso! Stupendo questo "spazio" dedicato a "Nostalghia"! Mi sono emozionato come se avessi rivisto il film (cosa che in fondo è avvenuta!)
Quante interessantissime interpretazioni! Ho bisogno di più letture e di più tempo per esprimere commenti ma mi propongo di scriverne uno al più presto.
Sono particolarmente felice (e riconoscente) di aver scoperto la "località misteriosa" della chiesa inondata dall'acqua! (Cittàducale) Quante volte mi ero prodigato per scoprire la sua ubicazione! Grazie infinite! Dato che siamo in argomento vorrei segnalare che lo stupendo borgo medievale non è Civita di Bagnoregio ma Calcata! (Si trova comunque anch'esso in provincia di Viterbo, anche se proprio al confine con quella di Roma). Un paese magico, una perla poco conosciuta persino da molti abitanti del Lazio.
Grazie infinite Alberto! Prendo nota delle tue correzioni, e correggerò quanto prima.
Scrivi quando vuoi, ho aperto questo posto quasi soltanto per poter parlare di Tarkovskij.
Purtroppo da quelle parti ci sono stato solo di passaggio, non riesco ad essere preciso e se qualcuno mi aiuta ne sono ben contento.
L'ho visto oggi pomeriggio. L'ho fatto dopo aver stampato e letto tutto ciò che hai scritto. E' molto bello avere una guida che ti accompagni nella visione di un film complesso come questo e nello stesso tempo "elementare", nel senso stretto della parola. Elementare perchè ci sono i 4 elementi, perchè c'è la vita e c'è la morte, perchè c'è la vita vissuta e quella "sospesa", immobilizzata dalla nostalghia del paradiso perduto, dell'UNO che partorisce le molteplici forme "a tempo", a "scadenza". Sono le forme ( gli esseri ) a compiere percorsi, a vivere. Eugenia, la traduttrice, si muove più di tutti, è quella che è più avida di presente. Ma il suo movimento non produce molto, forse perchè centrato esclusivamente sulla donna stessa. Il folle si muove ma a vuoto ( la bicicletta ferma ). Quando corre davvero, lo fa per proteggere il figlio dalla vita. Perchè la vita, in quanto tale, ha una fine, una morte ed il pazzo vuole scongiurarla rimanendo in una condizione prenatale ( la casa in cui si rinchiude con la famiglia è una specie di grembo ). Anche il poeta si muove poco, a fatica. Anche il poeta, proprio in quanto artista non ama definirsi, manifestarsi vivendo. Usa la parola poetica, quella destinata ad alludere, non a spiegare, quella che, mai chiarita nel suo significato, può essere "ricordata", mai archiviata. C'è una scena, verso la fine, in cui il poeta guarda in alto. Questo suo sguardo richiama un movimento inverso, quello della piuma che scende. In questo binomio io vedo la ragione del titolo del film e dell'atteggiamento del protagonista. Un'altra scena fondamentale mi sembra quella della stanza d'albergo. C'è una porta aperta sul bagno e una finestra che inquadra l'esterno. Sta piovendo fuori. Il poeta è sul letto che si trova tra le due aperture. A me sembra che il binomio si riproponga anche qui. Il cane sopraggiunge ( per me è un simbolo ctonio ). Il poeta si addormenta e sogna la propria morte. La telecamera inquadra ad un certo punto la testa del poeta. Sembra quella di un uomo senza vita. Il poeta non ha paura della morte, sembra quasi desiderarla. E' così che può ricongiungersi al tutto. E' il folle a scrollarlo, è il folle a fargli intendere che il poeta può fare un percorso, ovvero può vivere, senza rinunciare al suo sogno d'infinito . E' per questo che verso la fine il poeta "si muove", compie un tragitto ( la vita ). Quest'impressione è confermata dal fatto che il gesto che compie, prima di iniziare a camminare, richiama il battesimo (tocca il bordo della vasca). Alla fine del percorso , naturalmente c'è la morte, ma la fiammella non si è spenta. Poco dopo viene inquadrato un bimbo ( la continuità ). Continuerei per ore, ma rischio di annoiarti. Perdonami. E' la prima volta che sono così prolissa in un commemto.
E' un film molto complesso, che ho capito bene solo guardandolo in dvd, fermandomi su alcune sequenze, tornando indietro, insomma scrivendo questi post: è il motivo principale per cui mi sono a scrivere di cinema, per capire meglio cose che non avevo mai capito bene. Non è un caso, difatti, che Nostalghia e Sacrificio si siano presi così tanto spazio... Invece i film di Tarkovskij che amo di più, Solaris e Stalker, e anche Lo specchio, sono ugualmente complessi ma di comprensione più immediata.
Scrivere sul blog mi ha anche aiutato a risolvere alcuni interrogativi: dove sono state riprese queste immagini? Non ne sapevo niente, grazie ad amici e lettori sconosciuti sono riuscito a ricostruire quasi tutto.
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