Fata Morgana(1971) Regia, soggetto e sceneggiatura di Werner Herzog. Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein. Narratore: Lotte H. Eisner. Riprese: novembre 1968 in Kenya e Tanzania; maggio-settembre 1969 nel Sahara algerino, Nigeria, Alto Volta, Mali e Costa d'Avorio; dicembre 1969 a Lanzarote (Isole Canarie). Musica: Antonio Vivaldi (da "L'estro armonico), Leonard Cohen (Suzanne; So long Marianne; Hey, that's no way to say goodbye) Composizione di un anonimo del 16°secolo; Musica per organo; François Couperin (Leçons des Ténèbres n.12) Third Ear Band (Senza titolo) Mozart (Krönungsmesse-Kyrie). Durata originale: 79'
Questo autobus non esiste.
Werner Herzog lo ha filmato nel 1971, nel Sahara, ma si tratta di un miraggio: l’autobus non c’è, non ci sono quelle persone. In quel punto c’è solo il deserto, del tutto identico a ciò che si vede nella parte bassa dell’immagine.
“Fata Morgana” è il miraggio. Il termine si usa anche da noi, ma è raro; il titolo originale tedesco è proprio questo, ed è il film che fece conoscere Werner Herzog al grande pubblico, nell’ormai lontano 1971. Sono immagini riprese durante un viaggio in Africa, nel Sahara e nei paesi limitrofi, fino a trovare il verde e l’acqua nel paese dei Dogon, nel Mali; e terminando infine nelle Canarie, a Lanzarote. Nel suo commento, Herzog aggiunge che alcune riprese sono state effettuate anche in Kenya e Tanzania.
Non è un documentario, e nemmeno un diario di viaggio; è qualcosa d’altro, e le immagini sono montate secondo un ritmo molto particolare, che sta fra l’onirico e l’ipnotico – non senza una buona dose di ironia e di distacco più che razionale.
Protagonista è il miraggio. Herzog ne riprende alcuni sensazionali, come l’immagine dell’autobus che riporto qui sopra: l’autobus non c’è, è a parecchi chilometri di distanza e l’immagine arriva fino a questo punto per effetto delle variazioni di densità dell’aria calda, che agisce un po’ come un sistema di specchi. E infatti fotografare un miraggio è come riprendere un’immagine dentro uno specchio: nello specchio non c’è niente, ma l’immagine è molto realistica.
Sembra incredibile, ma Herzog stesso racconta di aver camminato fin là con la sua troupe perché avevano finito il ghiaccio e speravano che sull’autobus ne avessero un po’ da vendergli; ma là in fondo c’era solo il deserto. Il fenomeno più comune, tra i miraggi, lo conosciamo tutti: d’estate in strada, sull’asfalto, sembra spesso che ci siano delle pozze d’acqua. Avvicinandosi, si scopre che l’acqua non esiste.
Anche le altre immagini, sotto, riportano qualcosa che sembra essere acqua, come dei grandi laghi: ma è sempre e soltanto il deserto.
E’ un film pieno di musica, come capita sempre con Herzog; ed è con la musica che racconto il film, non potendo fare diversamente. Va anche detto che “Fata Morgana” è opera di ragazzi molto giovani, tutti ben sotto i 30 anni; e che molto spesso ci sono delle piccole gag e dei tormentoni, come quello degli occhialoni da sole in stile Barone Rosso che passano da un personaggio all’altro durante il film. Nel film si vedono anche le persone incontrate durante il viaggio: turisti burloni che giocano con Herzog, un esperto in rettili, un ex soldato tedesco che non può rientrare in patria perché rimasto senza soldi, la tenutaria di un bordello che suona il piano con un suo aiutante alla batteria, un anziano cieco con le medaglie sul petto che racconta la sua storia in una lingua sconosciuta...
Ma l’impianto del film è molto serio, e il punto di partenza (non dichiarato), oltre ai miraggi, è l’ipnosi. Più avanti, Herzog dedicherà un intero film al tema, “Cuore di vetro”, dove tutti gli attori recitano in stato di ipnosi. Qui il tema è solo accennato, subliminale: ma se non state attenti rischiate davvero qualcosa.
Il film inizia con un aereo che atterra: dieci volte di seguito. Col passare del tempo, andando avanti nella giornata, l’aria diventa sempre più calda e l’aereo sembra deformarsi: anche questo fa parte della “Fata Morgana” dei miraggi.
All’ultimo atterraggio parte, con un effetto che a me piace moltissimo, una musica che nei titoli non viene indicata ma che io ho trovato in Vivaldi: il Concerto in la minore op.3 n.8 RV 522 (dalla raccolta “L’estro armonico”; il Concerto fu trascritto anche da Bach, per organo ). La differenza è che qui viene suonata con la glassharmonika, cioè l’armonica a bicchieri, uno strumento già in uso nel ‘700 e che dà un effetto strano, quasi soprannaturale. Anche la musica di per sè, nell’originale vivaldiano, è strana e inquietante, perfetta per questo momento.
La voce dello speaker (nella versione originale, Lotte Eisner) legge brani dal Libro della Creazione dei Maya, il “Popol Vuh”: uno dei pochissimi testi precolombiani che sono arrivati fino a noi.
Il film è diviso in tre parti, e la prima parte è appunto dedicata alla Creazione del Mondo.
Al minuto 7 (le dune del deserto) ascoltiamo un brano di Mozart: il Kyrie dalla Messa per l’incoronazione, numero di catalogo K 317.
Al minuto 10 (pozzi petroliferi) la musica per oboe e ghironda della “Third Ear Band”, un gruppo folk-rock di musica acustica che andava a pescare in un repertorio antico. Molti pensano al ’68 musicale quasi solo avendo in mente Jimi Hendrix, e invece c’erano anche molti di questi gruppi, soprattutto in Inghilterra, che riscoprivano le radici folk e antiche; è musica molto piacevole da ascoltare, ancora oggi.
Al minuto 19 (deserto, basi militari) un brano molto lungo dalle “Leçons des Ténèbres” del grande François Couperin (1668-1733) con la voce del tenore Hugues Cuenod.
Al minuto 26-29, un fennec e un bambino, con musica per organo (organo meccanico?). Il fennec è una piccola volpe del deserto; sembra un cucciolo ma è un esemplare adulto.
Al minuto 29 sembra di vedere un film di Paradzhanov, il paesaggio fermo con un uomo a cavallo che percorre lo sfondo.
Al minuto 30 la musica è dei Blind Faith: una strada, un carro, e poi la cascata. Qui c’è acqua, e verde: siamo usciti dal deserto e siamo arrivati nel paese dei Dogon, tra Mali e Alto Volta.
Al minuto 33 (una “Ground Zero” nel deserto: vicinissimi ad un sito dove i francesi fecero test per la bomba atomica, con bidoni vuoti a centinaia) ascoltiamo un suono che sembra un nastro magnetico, ed è invece prodotto da insetti.
Al minuto 34 (deserto) ancora Vivaldi come all’inizio
Al minuto 35 ancora Couperin.
Qui inizia la seconda parte del film, “Il Paradiso”. Nella seconda e terza parte del film i testi che vengono letti non sono più dei Maya, ma scritti appositamente da Werner Herzog in collaborazione con lo scrittore Manfred Eigendorf, che è anche la voce nel sonoro originale.
Al minuto 36, un anziano cieco ex militare mostra le sue decorazioni; gli fa da guida un ragazzo con una radio appesa al collo.
Al minuto 37 un altro fennec, e un altro bambino che lo trascina al guinzaglio. La musica che segue è dei Blind Faith, e accompagna immagini di siccità nel Niger, vacche morte e carcasse vicino al pozzo seccato.
Al minuto 41 (una cava di calce con operai che lavorano in condizioni drammatiche) c’è una canzone di Leonard Cohen, “Hey that’s no way to say goodbye”. Segue una sequenza con un signore tedesco che studia i rettili del deserto: ha catturato un varano e non si fa pregare per mostrarlo.
Al minuto 44 ancora i Blind Faith (chitarra acustica) per l’immagine di baracche; poi un ex soldato tedesco della Legione Straniera che legge una lettera da casa, ormai consunta, e un bambino che sta zitto tutto il tempo e poi chiede un dinhar.
Al minuto 48 un organetto meccanico e una tartaruga in piscina, a Lanzarote. Sembra una marcia militare, ricorda vagamente il "ça ira" della Rivoluzione Francese. Di seguito vediamo una maestra tedesca (in Costa d’Avorio: il film ha spesso di questi salti) che insegna ai bambini del posto il tedesco, facendo loro ripetere la frase “La guerra lampo è fallita”. Tre bimbi neri mimano il karate e le pose dei culturisti.
Al minuto 51 (base militare e villaggio) ancora Leonard Cohen: “...to touch your perfect body with my mind”, “and Jesus was a sailor, he walked on through the water...”
Al minuto 55 lo speaker recita “in paradiso gli uomini vengono al mondo già morti” e ancora Cohen: “the angel forgot to pray for us” . Le immagini mostrano i laghi di Natron, dove già al tempo degli egizi si prelevava il carbonato di sodio (la soda solvay, che si usa ancora oggi come detersivo). Le immagini anticipano “Koyaanisqatsi” di Godfrey Reggio, un film che uscirà di lì a qualche anno.
Al minuto 58 il miraggio dell’autobus di cui parlo all’inizio.
Qui inizia la terza e ultima parte, “L’età dell’oro”.
Al minuto 60-64, a Lanzarote nelle Canarie, una strana coppia (la tenutaria di un bordello e il suo aiutante) suona in duo piano batteria qualcosa che sta fra “Granada” e un tango argentino.
Al minuto 63, in un paesaggio che anticipa “Cobra Verde” (ma non è il Ghana, è la Costa d’Avorio) ascoltiamo i canti di un gruppo religioso cristiano, forse protestante. E’ musica molto bella, fuori dal comune. Vediamo i fedeli, neri, muoversi in processione davanti ad una grande cattedrale di legno.
Al minuto 64, Herzog approfitta del paesaggio di Lanzarote per divertirsi con i turisti presenti, e ne trae immagini curiose e decisamente fuori dal comune. Va detto che nel 1969-70 il turismo non era quello di oggi, il paesaggio era ancora quasi incontaminato e anche i turisti erano diversi.
Al minuto 70 ancora la Third Ear Band (violino) per il finale.
2 commenti:
Appena mi ritiro nella casa trentina mi godo tutti i film di Herzog. Ora c'è troppo frastuono: impossibile il silenzio, nella casa pugliese ;)
Ah, ecco, qualcosa non mi tornava in quei panorami del Tavoliere...
:-)
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