Boudu savé des eaux, di Jean Renoir (1932) (t.l.: Boudu salvato dalle acque). Regia: Jean Renoir; Soggetto: dall'omonima commedia di René Fauchois; Sceneggiatura: Jean Renoir; Fotografia: Marcel Lucien; Scenografia: Jean Castanier, Laurent; Musica: Raphael e Johann Strauss, Jean Boulze, Édouard Dumoulin, Léo Daniderff; Interpreti: Michel Simon (Boudu), Charles Granvel (Lestingois), Marcelle Hainia (signora Lestingois), Séverine Lerczinska (Anne-Marie), Jean Dasté (lo studente), Max Dalban (Godin), Jean Gehret, Jacques Becker, Jane Pierson, Georges Darnoux. Durata : 81 minuti.
Questa non è una recensione, né da critico né da spettatore: è una dichiarazione d’amore. Per un uomo, una volta tanto, e spero che le signore che leggono non se ne abbiano a male, perché l’oggetto della mia ammirazione è Michel Simon. Non quindi un amore fisico, ma un’enorme ammirazione e tanto affetto per un attore meraviglioso, uno di quei miracoli rari dove la naturalezza e la tecnica recitativa si fondono in maniera perfetta.
“Boudu” è del 1932; due anni dopo Michel Simon sarà il leggendario deus ex machina nell’Atalante di Jean Vigo, l’anziano marinaio brontolone che riporta al suo datore di lavoro la sposa fuggita; e poi interpreterà moltissimi film più o meno famosi e più o meno riusciti, tra i quali bisogna senz’altro ricordare “La bellezza del diavolo” di René Clair, del 1950, in cui si scambia i ruoli di Mefistofele e Faust con Gérard Philipe (un altro attore meraviglioso ma – mi si perdoni – un po’ troppo limitato dal fisico...).
La storia è semplice, e ricalca un po’ il “Tartufo” di Molière: siamo a Parigi, e un signore borghese salva un uomo che stava annegando nella Senna. Gli piace sentirsi ammirato, la sua vanità è compiaciuta nel vedersi citato sui giornali, e per questo decide di ospitare in casa sua l’uomo che ha salvato. L’uomo si chiama Boudu, ed è un senza tetto, un barbone, un clochard grande e grosso e ingombrante che decide subito di approfittare dell’occasione.
“Boudu si installa in casa come un gatto”, dice GF Venegoni nel suo libro su Renoir: non un gatto castrato come siamo abituati a vedere oggi, ma un vero e proprio felino da strada, nel pieno possesso di tutte le sue facoltà, senza inibizioni e senza remore morali. Si accomoda come meglio crede, e dove meglio crede; si lava o non si lava, seduce prima la cameriera e poi la padrona di casa (l’amante e la moglie del suo salvatore). Invano il suo salvatore cercherà di sloggiarlo, Boudu ricorrerà a tutti i suoi mezzi per non perdere il comfort miracolosamente guadagnato.
Come dice sempre Venegoni, “Boudu personifica la porzione anarchica di Renoir, che in questo film raggiunge appunto la sua punta estrema”. L’interpretazione di Michel Simon è epica, di quelle da incorniciare, che vista una volta non si dimentica più.
Di questo film esiste un remake italiano del 1955, “Il coraggio”, regia di Domenico Paolella, con Totò e Gino Cervi: è divertente ma forse era meglio scambiare i ruoli, Totò sarebbe stato un perfetto padrone di casa, altezzoso e vanitoso, e Cervi un barbone meraviglioso, anche per via della stazza ormai ragguardevole. Ma chissà se Gino Cervi avrebbe accettato di tenersi una barbaccia incolta e di recitare la parte del barbone...
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