Siamo arrivati a 2h17’, ormai verso la conclusione del film: Marcello, riappacificatosi con Emma, viene svegliato da una telefonata. Si tratta di Steiner, ed è una notizia terribile; solo la moglie è salva, perché quella notte era lontana. I fotografi davanti alla moglie di Steiner sono l’anticipo di quello che sta succedendo, in peggio, da molti anni in qua. Quando si parla di rispetto della privacy, bisognerebbe partire da queste cose: il rispetto per chi sta vivendo una grave tragedia personale. Dovrebbe essere qualcosa di innato, invece in casi come questo (decuplicati negli ultimi anni, per chi non se ne fosse accorto) giornali e tv danno il peggio del peggio. Oltretutto, viene da pensare, nel 1959 c’erano solo i fotografi che scattavano una foto alla volta, cambiando le lampadine e ricaricando il flash: oggi si filma, in un attimo si manda in onda, ci si ritrova su youtube, ed ormai è fatta. Oggi c’è perfino chi teorizza, come l’inventore di facebook David Zuckerberg, che la privacy è un valore superato. Insomma, non c’è limite al peggio: anche perché quando in Parlamento si tira in ballo la privacy, come si è fatto in questi giorni ad opera del governo Berlusconi, è solo per far tacere le voci libere e per coprire le malefatte dei potenti.
Comunque sia, al di là di questi miei sfoghi angosciati sul presente che stiamo vivendo, e dopo aver preso atto ancora una volta della grande attualità di questo film (vestiti e pettinature a parte), si può far notare che i giornali citati sono autentici: in questa scena vediamo l’insegna di Paese Sera, mentre nella scena del miracolo era ben visibile il logo della Rai, che a quel tempo aveva un solo canale ed era nata da meno di dieci anni. Paese Sera (non so esce ancora) era un quotidiano romano molto vicino al PCI, un giornale serio e non scandalistico: ma questa pratica, di mandare in giro i reporter, era praticata da tutti i giornali, compresi nomi importanti come Dino Buzzati (al Corriere della Sera), Giorgio Bocca (al Giorno), Enzo Biagi, Indro Montanelli, e molti altri che ne hanno parlato più volte. Di solito capitava così: il reporter andava a cerca di notizie, telefonava, e poi in redazione c’era chi metteva tutto in ordine e scriveva l’articolo in maniera decente: era quest’ultimo, l’estensore delle notizie, il mestiere di Dino Buzzati al tempo in cui pubblicò “Il deserto dei Tartari”. Questo metodo di cercare e raccontare le notizie è ben presente anche nei film americani, fin dagli anni ’30: basterà citare “Citizen Kane” di Orson Welles, o magari “Arriva John Doe” di Frank Capra.
A 2h24, con una corsa in auto di notte, comincia il finale di “La dolce vita”. Le auto vanno verso la casa dove si terrà il famoso spogliarello: che oggi è una parola che fa ridere, ma nel 1959 la donna che si spoglia (ripresa da un fatto di cronaca molto recente, protagonista la ballerina turca Aiché Nanà) fece grande scandalo e provocò il grande successo del film. Le donne nude, fino ai primi anni ’60, erano ancora una rarità; sulle spiagge era appena stato inventato il bikini, e le ballerine in tv dovevano stare attente a cosa indossavano durante le loro apparizioni, pena il licenziamento. Inoltre, la festeggiata dice che ha appena ottenuto il divorzio, ed è questo che si festeggia: ma in Italia il divorzio non c’era ancora, sarebbe stato introdotto soltanto dieci anni dopo, all’inizio degli anni ’70. E’ molto probabile che si tratti di un divorzio ottenuto all’estero, magari in Messico, come facevano di regola i ricchi e i potenti: matrimonio all’estero, e divorzio all’estero. Le cronache degli anni ’60 ne parlavano spesso, quando si trattava di persone famose come i membri di casa Savoia, ricche ereditiere, eccetera. Si può ancora ricordare che fino a metà degli anni ’60 l’adulterio, il tradimento coniugale, era un reato: se sorpresi sul fatto, per gli adulteri c’era il carcere. E’ la materia di molti film famosi, per esempio in “Signore e signori” di Germi, e tanti altri ancora. Ma questa storia nel film di Fellini non c’è, qui sono tutti ricchi e senza pensieri, scafati, si fa quello che si vuole sapendo che si può fare.
La festa sembra divertente, ma il finale è tristissimo, tra ubriachi. Il più ubriaco di tutti, al punto di rischiare di essere sbattuto fuori, è Marcello: e c’è da capirlo, dopo quello che ha visto a casa di Steiner.
Su questa scena ci sono molte curiosità riguardo agli attori, ma oggi con wikipedia e i motori di ricerca su internet è abbastanza facile mettere tutto in ordine, o quasi. Per esempio, la villa di cui i festaioli sfondano il cancello e rompono un vetro, ha un proprietario, che però non si arrabbia più di quel tanto: il padrone di casa è Riccardo Garrone. E’ un ottimo attore, presentissimo nel cinema italiano, avrà girato un milione di film, e lo vediamo ancora oggi tutti i giorni in tv in un famoso spot “paradisiaco”. Visto che qui era già un signore sui trent’anni, mi sono chiesto quanti anni ha: Garrone è del 1926, un po’ più giovane di Fellini ma non tanto.
Tra gli ospiti nella villa c’è Laura Betti, un’attrice che sarà molto importante per il cinema italiano: è la bionda che fa irritare Marcello. Accanto alla Betti c’è un’altra giovane bionda, che si chiama Daniela Calvino: il nome mi ha incuriosito, ho scoperto che è stata attrice di tv (anche nel Pickwick di Gregoretti) e di fotoromanzi, ma anche adesso non ne so molto di più di prima.
La festeggiata Nadia Gray, quella che fa lo spogliarello, è rumena di padre russo, nata nel 1923, molto attiva nel cinema francese e italiano, e non va confusa (come faccio sempre io) con un’altra attrice di quegli anni che si faceva chiamare Dorian Gray. Nadia Gray è un nome d’arte, quello vero è molto complicato: Nadja Kujnir-Herescu. Il ragazzo che aiuta la Gray a spogliarsi, e che appare solo per un attimo, è Umberto Orsini: grande attore di cinema e teatro, è quasi impossibile riconoscerlo durante questa scena. Il signore anziano a fianco di Mastroianni si chiama Mario Conocchia, e lo si vedrà meglio in “Otto e mezzo” dove viene chiamato con il suo cognome. Nella scena dello spogliarello c’è anche un altro attore “di nome”, il francese Jacques Sernas. La musica è “Patricia”, dell’orchestra di Perez Prado.
Finita la festa, a 2h04 inizia il finale vero e proprio, con i pescatori che tirano a riva un “mostro marino” che somiglia un po’ a una manta, e poi l’apparizione di Valeria Ciangottini, per uno dei finali più belli di tutta la storia del cinema.
Il mostro, anche da morto, “insiste a guardare”: così dice Marcello, è praticamente la stessa frase che nel Don Giovanni di Mozart viene riferita alla statua del Commendatore, e io direi che è una battuta su cui vale la pena di fermarsi a pensare.
(continua)
2 commenti:
Il reporter che chiama in redazione per dettare il suo articolo lo si vede chiaramente anche in un altro bel film dell'epoca, "Salvatore Giuliano" di Francesco Rosi (ancora lui!) e più tardi anche ne "Il caso Mattei". Erano proprio altri tempi, non c'è che dire, ma molto ne "La dolce vita" resta ancora sorprendentemente attuale. Non ho capito se Conocchia era un vero attore o "soltanto" uno della troupe di Fellini, come viene rappresentato in "8 1/2". Mi sta simpatico, e mi fa piacere vederlo per la prima volta a colori nel successivo "Giulietta degli spiriti".
oggi è tutto molto più veloce, adesso abbiamo anche i filmati in tempo reale, ed è sicuramente un progresso. Però mi viene spesso in mente di quando si introdusse il computer nei giornali, e molti redattori protestarono: "non ho tempo di stare al computer, il mio mestiere è di andare a cercare le notizie". Secondo me avevano ragione, e soprattutto bisogna considerare che fino a dieci anni le tecnologie attuali erano cose da fantascienza.
Conocchia ha pochissimi film su Imdb, quasi tutti con Fellini...penso proprio che sia un amico, un tecnico, qualcosa del genere. La sua piccola parte in Otto e mezzo mi piace molto.
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