mercoledì 12 ottobre 2011

Le notti di Cabiria

Le notti di Cabiria (1957). Regia di Federico Fellini. Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, da un'idea di Federico Fellini. - Collaborazione ai dialoghi: Pier Paolo Pasolini - Consulente artistico: Brunello Rondi - Fotografia: Aldo Tonti - Musica: Nino Rota, diretta da Franco Ferrara - Scenografia e costumi: Piero Gherardi - Montaggio: Leo Catozzo - Assistente montaggio: Adriana Olasio - Suono: Roy Mangano - Aiuto regia: Moraldo Rossi, Dominique Delouche - Segretario di redazione: Narciso Vicario - Trucco: Eligio Trani - Direttore di produzione: Luigi De Laurentiis - Produzione: Dino De Laurentiis (Roma), Les Films Marceau (Paris) - Prima distribuzione italiana: Paramount - Origine: Italia-Francia - Data visto censura: 15 marzo 1957 - Durata: 110'.
INTERPRETI: Giulietta Masina (Cabiria), Franca Marzi (Wanda), Amedeo Nazzari (Alberto Lazzari), François Périer (Oscar D'Onofrio), Dorian Gray (Jessy), Aldo Silvani (l'ipnotizzatore), Polidor (il frate), Mario Passante (lo zoppo), Pina Gualandri (Matilda), Ennio Girolami (un "magnaccia"), Christian Tassou, Jean Molier, Riccardo Fellini, Maria Luisa Rolando, Amedeo Girard, Loretta Capitoli, Mimmo Poli, Giovanna Gattinoni.

“Le notti di Cabiria”, del 1957, è il film che precede immediatamente “La dolce vita”, cioè la grande svolta nella filmografia di Fellini; si può anche dire che è l’ultimo film di Fellini a conservare un andamento lineare, quasi verista, e che da qui in avanti il linguaggio di Fellini, la narrazione segue un andamento diverso, tutto cambia pur rimanendo sempre ben riconoscibile e chiara la mano dell’autore.
“Le notti di Cabiria” è anche un bel film, uno di quelli a cui ripenso sempre con piacere. In particolare trovo sempre emozionanti la scena del pellegrinaggio (sontuosa ed eccessiva, probabilmente lo sviluppo delle scena di “La strada” in cui Gelsomina arriva alla processione in città) e le sequenze finali, con Cabiria piangente che ritrova il sorriso in mezzo a dei ragazzi che fanno festa.
Direi che su questo film non c’è moltissimo da aggiungere, basta vederlo per capire quasi tutto: probabilmente i più giovani non sanno chi è Amedeo Nazzari (quando io ero bambino Nazzari aveva già una certa età e aveva smesso di fare le parti da divo tenebroso), e può sfuggire anche l’esatta collocazione della scena dell’ipnotista, che era un numero da cabaret e da teatro molto ricercato e di successo, ma oggi non lo fa più nessuno, a parte qualche ripescaggio televisivo “in diretta”. Questi numeri da teatro, già presenti nel primo film di Fellini (Luci del varietà) e che culmineranno negli “spogliarelli” di “La dolce vita” sono alla base dell’enorme successo di pubblico di Fellini: il cinema arrivava ovunque, il teatro no. Le sale cinematografiche erano molte e molto diffuse, anche gli spettatori dei paesi più piccoli potevano finalmente vedere quelle cose di cui si favoleggiava in città, e ad un prezzo molto ridotto. Queste piccole furberie le facevano in tanti, ma a Fellini riuscivano meglio che ad altri: forse perché erano parte del suo mondo, gli piacevano davvero, amava questa gente, gli attori, i maghi, i saltimbanchi, le piccole persone che incontrava per strada, e ne sapeva quindi descrivere la bellezza e la debolezze. Forse è questo che lo accomuna a Ingmar Bergman, grande regista di teatro prima ancora che di cinema, che ha descritto più o meno lo stesso mondo in molti suoi film, da “Il volto” fino a “Fanny e Alexander”.
“Cabiria” riprende un personaggio abbozzato in “Lo sceicco bianco”, girato cinque anni prima, dove era sempre interpretata da Giulietta Masina; è un nome che proviene da uno dei primi kolossal del cinema, la “Cabiria” del torinese Giovanni Pastrone, anno 1914. La Cabiria di Pastrone è una bambina romana, della Roma antica, che viene rapita e sta per essere sacrificata al dio Moloch dai perfidi cartaginesi; verrà salvata da un eroico soldato romano e dal fortissimo Maciste; è davvero un kolossal, ebbe grandissimo successo e influenzò molto gli americani di Hollywood (appena nata). Torino è stata una capitale del cinema, vi è ancora il Museo del Cinema dove sono conservate le scenografie del film di Pastrone (compreso l’orrendo Moloch), e ancora oggi “Cabiria” di Pastrone è un film molto spettacolare, che merita di essere visto.
Metto qui di seguito tre frammenti su “Le notti di Cabiria” che mi ero scritto in diverse occasioni, in anni diversi.
1.
In questo film c'è una sequenza chiave, molto vistosa, che però non trovo quasi mai citata nelle recensioni e nei libri. E' quella del pellegrinaggio, alla quale partecipano tutti i personaggi del film: c'è commozione autentica, una luce sembra davvero illuminare i nostri poveri personaggi. Alla fine della sequenza, molto intensa e di una verità quasi da antropologo, tutti si ritrovano sui prati romani a mangiare pane e mortadella; e per la piccola e ingenua prostituta Cabiria, interpretata da Giulietta Masina, è una grande delusione. "Siamo rimasti tutti quelli di prima!" grida delusa, e non vuole sentire ragioni; gli altri la scusano dicendo che è ubriaca e la portano via, in attesa che si calmi. Per loro, è normale: si fa la processione alla Madonna, ci si pente e si piange, e si è anche sinceri; ma poi "si torna quelli di prima", ed è ovvio e normale che sia così. E' un'esperienza che tutti abbiamo vissuto. C'è sempre un momento, nella nostra vita, in cui la vita sembra avere un senso, un momento che ci illumina; ma poi non dura, c'è sempre ad attenderci, immutabile, una realtà dura o squallida o anche solo normale. Non è così facile, la vita. Anche i grandi Santi ricevono l'illuminazione, ma poi la vita non è facile nemmeno per loro, vengono derisi e svillaneggiati, spesso subiscono il martirio: figuriamoci cosa può succedere a una piccola prostituta romana che vorrebbe solo un po' di luce nella sua vita... In Fellini c'è quasi sempre dolcezza e malinconia, contrapposte alla nostra vitale volgarità e a quella del mondo in cui viviamo; esemplari in questo senso i due personaggi di Zampanò e Gelsomina in "La strada", forse il film più bello di Fellini e certo quello che spiega di più la sua poetica (e che la spiega senza pesare, con una tale naturalezza che a molti critici questo film apparve "sdolcinato"...). E ancora la volgarità e la rozzezza di Trimalcione nel Satyricon, le truffe del "Bidone"... E' davvero ora di guardare a Fellini con più attenzione, magari un momento prima che venga dimenticato dalle nuove generazioni, che forse ne ignorano perfino il nome. (anno 2004, da un altro blog)
2.
Nelle “Notti di Cabiria”, dopo il pellegrinaggio alla Madonna, Cabiria si ritrova sconvolta perché “siamo tutti come prima”. Dopo il rito collettivo, la grande emozione, la commozione, tutti sono tornati così come li aveva trovati la sera prima, con i loro difetti, le loro piccole abitudini, i vizi, nessun pensiero su ciò che hanno appena visto e vissuto. Più avanti, incontrerà per strada un frate e gli chiederà ragione di tutto questo: come mai, dopo il pellegrinaggio al Santuario, dopo quella grande emozione, tutti sono tornati alla loro meschinità quotidiana? E’ una cosa che le dà molto dolore, e il frate le risponde che forse non ha pregato abbastanza (cioè non ha creduto abbastanza, non ha avuto abbastanza fede) o che, forse, la Grazia ce l’ha già, e dunque non ha bisogno d’altro. Poi il frate se ne va, e invita Cabiria ad andarlo a trovare in convento; quando Cabiria ci va, per farsi confessare, scoprirà che era un frate laico, e che quindi non può confessare. Il piccolo frate che l’aveva colpita con le parole giuste è molto diverso dagli altri frati, dai frati veri: è più allegro, più disponibile. La vita riprende il suo giro, la visita al convento non è servita a niente e si è rivelata una piccola delusione.
Guardando Giulietta Masina in questa scena, e in gran parte del film, viene da pensare che sia giusta la seconda ipotesi formulata dal piccolo frate, e cioè che la Grazia sia davvero già con lei. «Non siamo più sotto la Legge, ma sotto la Grazia.» (san Paolo)
(settembre 1998)
3.
Nella seconda metà è un capolavoro. Forse ciò che danneggia il film è la presenza come sceneggiatore di Pasolini, che costringe spesso Fellini ad un verismo romanesco (idem per La commare secca) che lo limita molto. E infatti quando Fellini può diventare più irreale e fantastico il film prende quota. Strano come questo film sia molto simile a Fortunella di De Filippo; ritengo che Fortunella nel complesso sia più riuscito, su De Filippo felliniano e su Fellini eduardiano bisognerà ripensarci. (agosto 1987)
Aggiungo ancora un paio di righe (doverose) per le musiche di Nino Rota, splendide: forse la musica più bella di tutti i film di Fellini, anche se scegliere è molto difficile.

6 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

Credo di aver visto per intero questo film soltanto una volta, ma adesso mi hai fatto tornare la curiosità per alcuni dettagli che avevo dimenticato o sui quali avevo sorvolato. Non sapevo di questo "trucchetto" di proporre spettacoli teatrali nei film per attirare il pubblico di provincia, per così dire. Anche a questo dovrò far caso quando riguarderò i film di Fellini.
Un'ultima curiosità: in "Block notes di un regista" (1969), la Masina illustra delle scene di "Le notti di Cabiria" che, a suo dire, vennero tagliate dalla versione definitiva del film (si tratta del benefattore col fagotto che va a portare coperte ed altri beni ai poveracci che vivono nelle buche in periferia); ebbene, io quelle scene le ho viste in "Le notti di Cabiria". Mi sbaglio io o si sbaglia la Masina?

Giuliano ha detto...

beh, non è proprio un trucchetto: lo facevano in tanti, a partire da Totò e da tanti film degli anni '50, il momento con il numero da night-club non manca mai, e spesso è divertente vederli. Nota bene che io non c'ero...per me era roba da vecchi
:-)
anche in "La dolce vita" ci sono molti numeri da night, gli spogliarelli, negli anni '60 era già roba d'antiquariato ma per la generazione di mio padre e per quella di Fellini il mondo era molto diverso. Di mio, ricordo le discussioni infinite sull'ombelico scoperto di Raffaella Carrà in tv, credo che fosse quarant'anni fa giusti giusti - ma c'erano già in giro delle minigonne vertiginose (e comunque, io ero sui 12-13 anni...)
Riguardo alle scene tagliate, tieni presente che la Masina parlava nel 1969: è molto probabile che tu abbia visto la versione restaurata, che è molto recente.
(domani o dopo passo a "la dolce vita")

Matteo Aceto ha detto...

Ah, ecco, esiste una versione restaurata con le scene aggiunte. Spiegato l'arcano ;) Aspetto i post su "La dolce vita". A presto, ciao!

Giuliano ha detto...

...però io non l'ho mai guardata, come avrai notato su queste immagini c'è il logo della Tv Svizzera Italiana, vecchio di vent'anni: di queste immagini da vhs sono particolarmente contento, questa è una zona demediasettizzata!
:-)
(povero Fellini, dopo tutto quello che gli hanno fatto passare, trovarsi il logo di canalecinque proprio sui suoi film, e impiastricciato dovunque...)

Matteo Aceto ha detto...

Infatti... è il motivo per cui non ho (ancora) comprato "La dolce vita" e "8 1/2", con quei logacci Mediaset Collection!

Giuliano ha detto...

un bel pennarello a banda larga può risolvere questo tipo di problemi...
:-)
lo so, non sono cose che si fanno di solito: qui a Milano c'erano sugli scaffali un po' di edizione spagnole a poco prezzo, con copertine decisamente migliori. Non so bene perché ci fossero, ma c'erano: basta mettere sul sonoro originale, et voilà.
(poi si fa scorrere via veloce quel tre minuti di marchio prima dell'inizio)