La cagna (1972) Regia di Marco Ferreri. Scritto da Ennio Flaiano, Jean Claude Carrière, Marco Ferreri. Fotografia di Mario Vulpiani. Costumi di Gitt Magrini. Musiche originali di Philippe Sarde, e la canzone “Creola”. Girato sull’isola di Cavallo (Corsica) e a Parigi. Interpreti: Marcello Mastroianni, Catherine Deneuve, Michel Piccoli, Corinne Marchand (moglie di Mastroianni), Valerie Stroh e Pascal Laperrousaz (figli di Mastroianni), e altri. Durata: 90 minuti
Un film quasi tutto in esterni, forse il più bello di Ferreri dal punto di vista delle immagini: è stato girato in Corsica, nell’isola di Cavallo, dove ci si immagina che il pittore e disegnatore Mastroianni viva con il suo cane Melampo (è il nome del cane di cui prende il posto Pinocchio); vive da solo, come un eremita. In seguito apprenderemo che ha una moglie e due figli, e che guadagna bene con il suo lavoro. Il soggetto può non piacere, e a suo tempo fece scandalo: visto oggi, appare però tutto molto diverso da come poteva apparire quarant’anni fa, la storia raccontata appare quasi secondaria, un pretesto per altre riflessioni, e con Ferreri non è certo la prima volta che capita. Per fare un solo esempio di quello che intendo, e senza voler prendere troppo tempo su un film che è più che altro da vedere (l’isola di Cavallo e il mare intorno sono una vera meraviglia), ci si può soffermare su una delle sequenze finali: Mastroianni col mirto e vestito di una coperta che imita il saio, e la Deneuve sul letto. Quasi un’immagine sacra.
“La cagna” è tratto da un racconto di Ennio Flaiano, che ha scritto anche la sceneggiatura. Quando il cane dell’eremita muore, è la donna (l’intrusa) che decide di prenderne il posto, e sembra anzi che ne provochi apposta la morte. Ovviamente ci sono molti significati nascosti dietro questo apologo, e molti rimandi a miti e leggende, ma direi che il fascino del film viene da altri motivi, in primo luogo dalla bellezza delle immagini, ed è molto meno afferrabile di quello che sembrerebbe dal riassunto puro e semplice. Non c’è morbosità (se c’è, è poca cosa rispetto a quello che abbiamo visto e ascoltato in altri film e libri), né violenza o sopraffazione a parte quella (poca) strettamente necessaria per mostrare che la donna ha veramente preso il posto del cane fedele; e il rapporto che si instaura tra i due è mostrato come decisamente felice, e migliore di quello con una moglie e famiglia vera, che vediamo nelle scene in cui Mastroianni è a Parigi.
Me lo ricordavo abbastanza bene, anche dopo tutti questi anni, a parte la casa-sfera in cui vive Mastroianni e l’intermezzo a Parigi dove c’è anche Michel Piccoli. Mi ricordavo anche il finale, sempre irreale, con il piccolo aereo ridipinto di rosa (vedi “Zabriskie Point”?) che prende il volo dopo che i due avevano perso la barca che li collegava al resto del mondo. Vi si parla anche delle Halles da demolire (in quel cantiere Ferreri girerà “Non toccare la donna bianca”), ci sono gli Hare Krishna (giravano per strada anche da noi) a cui Piccoli e Mastroianni chiedono notizie sul significato della vita. In queste scene Michel Piccoli appare molto divertito, ed è molto probabile che si tratti di un’improvvisazione molto libera tra lui e Mastroianni.
Mastroianni è un disegnatore di fumetti: sta disegnando una storia su Spartaco, e si cita Marx che di Spartaco ha parlato. Per difendersi dal sole, Mastroianni porta occhiali eschimesi di legno, a fessura, come vedremo fare anche da Wim Wenders in “Lo stato delle cose”.
Michel Piccoli a Parigi beve vino rosso e dice che sarebbe bello farsi crescere i baffi, così avrebbe i “baffi al vino”; Mastroianni (che ha la barba) gli risponde che è un peccato che i suoi siano corti: «Tu sulla tua isola, io dentro al vino: è questo che volevi dire?».
La figlia di Mastroianni, a Parigi, mangia solo carote, spaghetti in forma di carote che divide con il gatto. La moglie di Mastroianni, molto somigliante alla Deneuve, è una ricca borghese con servitù: la interpreta Corinne Marchand. Molto improbabile e molto datata (forse l'unica cosa veramente invecchiata del film) è la cotonatura dei capelli di Catherine Deneuve; molto belli invece, da collezione, i costumi di Gitt Magrini.
Sull’isola arriva anche la Legione Straniera, che cerca i disertori e li pesta a sangue quando li trova: «Pensano di essere liberi qui, e invece li stanano come conigli», commenta Mastroianni. La Deneuve chiede al comandante come mai li picchiano così selvaggiamente, e lui le risponde che “ci sono delle norme”. La presenza della Legione Straniera è giustificata dal fatto che si tratta pur sempre dell’esercito francese, e che Cavallo è sotto la giurisdizione della Francia; è molto probabile che da quelle parti ci siano davvero dei campi di addestramento.
La parte “politica” del film si vede anche a Parigi, dove la Deneuve e la figlia di Mastroianni guardano servizi tv su poliziotti e manifestazioni studentesche, forse un altro rimando a “Zabriskie Point” di Antonioni, uscito quattro anni prima.
L’altro rimando a “Zabriskie Point” (film diversissimo da “La cagna” e dai film di Ferreri in generale) è il volo del piccolo aereo che, prima di essere ridipinto di colore rosa, aveva una svastica nazista. Il rosa dell’aereo, a guardarlo bene, è un colore che al cinema si era già visto: per la precisione in “Operazione sottoveste” di Blake Edwards, del 1959, dove viene anche spiegato come si ottiene: un mix di vernici improvvisato, con il minio (antiruggine) come base.
La musica originale del film è composta come al solito dall’ottimo Philippe Sarde; nella colonna sonora c’è un grammofono da cui Mastroianni ascolta diverse volte una versione strumentale molto piacevole di una canzone famosa, “Creola dalla bruna aureola”, cioè “Straziami ma di baci saziami”.
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