lunedì 10 ottobre 2011

Marco Ferreri ( III )

Perché pagare per essere felici
Un film che dovrei rivedere con calma: nel ’93 mi ero segnato un breve appunto: «E’ un documentario su gente in USA che vuole vedere un concerto rock, ma senza pagare il biglietto. Non male, ma niente di davvero memorabile; un programma sperimentale della RAI, nel 1970. »(settembre 1993)
Break up – L’uomo dai cinque palloni
Non sono mai riuscito a vederlo come si deve, per una ragione o per l’altra. Esiste in due versioni, una molto breve all’interno di un film a episodi girato con altri registi (“Oggi domani e dopodomani”), e una versione come film a sè, di 85 minuti, uscita in America col titolo “Break up”. Nel 1993 mi ero segnato questo appunto: «Un film veramente curioso e insolito. A partire dalla pellicola, un bianco e nero sgranato e sbiadito, sfocato, e dalla musica di Teo Usuelli (“hé hé hé, che cosa hai fatto in tutte queste ore?”) e dal soggetto, che però è tipicamente di Ferreri. Si parla di Mastroianni, industriale delle caramelle, che impazzisce e si suicida perché non riesce a sapere esattamente quanta aria sta in un palloncino. Memorabile, anche se sembrava non finire mai...Mastroianni è ai suoi vertici, eccezionale; la Spaak è poco riconoscibile e molto brava, e c’è un impagabile Tognazzi nel finale (il suicida gli sfonda la macchina!), oltre a tanti attori eccellenti, con nota per l’uomo delle pulizie e per la sua famiglia.»(ottobre 1993)
Diario di un vizio
Inguardabile, soprattutto per la presenza di Jerry Calà (pessimo) e altri attori veramente scarsi, con in più Sabrina Ferilli (all'epoca ancora accettabile come attrice), eccetera, che erano però sulla cresta dell’onda, o lo erano stati ed erano in fase calante e necessitavano di un rilancio “serio” con un regista serio: uno schema visto e rivisto infinite volte. Ferreri doveva proprio essersi ridotto male, se per fare cinema doveva ricorrere a questi mezzucci, ai raccomandati della tv, mah. (febbraio 2011)
Storie di ordinaria follia
Mi crea almeno tre grossi problemi: 1) sono del tutto estraneo al mondo e alla poetica di Bukowski; 2) non mi è mai piaciuto Ben Gazzara; 3) non sembra di guardare un film di Ferreri. Anzi, a dirla tutta, “Storie di ordinaria follia” mi ha dato l’idea di un film accettato da Ferreri per motivi puramente “alimentari”, cioè per poter continuare a fare film. Un film commerciale, accettato su suggerimento del produttore. Se è andata così, Ferreri ha fatto benissimo a girarlo: il film non è brutto e i soldi fanno comodo. Ma è come se il Ferreri vero fosse andato a farsi un giro, lasciando la direzione del film a qualche suo assistente (magari Lodovico Gasparini, indicato in locandina come vice regista) e dando indicazioni precise solo in alcuni momenti, per esempio le due lunghissime inquadrature dei glutei di Ornella Muti, intendo (che mi hanno fatto pensare a M, più o meno le stesse misure). A questo proposito, momento notevolissimo intorno al minuto 58, la scena in cui Bukowski-Gazzara manda via un piccolo robot: subito dopo c’è un’inquadratura magnifica, da grande maestro della storia dell’arte, del bel corpo dell’attrice che interpreta la compagna storica di Bukowski (si chiama Tanya Lopart). Purtroppo, questa sequenza (schiena e andatura favolose) dura pochissimi istanti.
Ecco, questo è tutto quanto di bukowskiano posso avvicinare: di tutto il resto, soprattutto le tante bottiglie vuotate (e le lattine) ne faccio volentieri a meno, così come non sopporto le parole volgari che descrivono il sesso e i rapporti sessuali: non le ho mai usate, non le trovo eccitanti, e ho notato che anche le donne che ho frequentato erano del mio stesso parere, anche quelle più disincantate). La mia opinione è che non c’è niente di più noioso che leggere queste parole in un libro, o di ascoltarle mentre vengono pronunciate nel rapporto sessuale.  Ornella Muti è la bellissima Cass, ed è davvero la protagonista femminile: però è una parte brutta, da autolesionista, e non serve nemmeno una gran recitazione. Cass è però una conoscenza occasionale per Bukowski-Gazzara, la sua compagna storica, quasi una moglie, è interpretata da Tanya Lopart. Susan Tyrrell è la donna che Bukowski insegue sul tram e che poi lo fa finire in galera (poi ritirerà la denuncia); Judith Drake è la dirimpettaia grassa.  (aprile 2011)
(continua)

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