Su Fellini e “Il viaggio di Mastorna” non si finirebbe mai di prendere appunti: il che è ben strano, per un film che non è mai stato girato se non in poche sequenze – quelle che si possono vedere in “Block notes di un regista”, con Mastroianni, girate nel 1969.
Per mettere almeno un po’ in ordine le cose che ho raccolto io, comincio dalla sceneggiatura per il film, che non solo esiste ma è anche stata pubblicata di recente: l’amico Matteo me lo aveva scritto in un commento, due anni fa: «...del Mastorna ho appunto letto la sceneggiatura, - scritta con Dino Buzzati e Brunello Rondi - pubblicata in un libro chiamato "Il viaggio di G. Mastorna" (edito da Quodlibet). Molto interessante è anche la prefazione di Vincenzo Mollica, che ne ricostruisce la vicenda. Di "Block Notes" posso dirti che m'è piaciuto molto, le sequenze che ci mostrano ciò che è rimasto di Mastorna sono molto affascinanti.» (Matteo Aceto)
A proposito di Buzzati e dei suoi progetti con Fellini, sul Corriere della Sera 16.4.1997, Tullio Kezich scrive un articolo a partire da una lettera di Buzzati a Fellini del 1966, dove dice che “Il viaggio di Mastorna” parte da un racconto di Buzzati del 1938, dal titolo “Lo strano viaggio di D. Molo”, che Fellini lesse sulla rivista “Omnibus” ai tempi del liceo. Un’altra fonte probabile è il racconto di Fredric Brown, “Assurdo universo”.
Il soggetto, come lo descrive Kezich, è questo: «Domenico è un ragazzino dodicenne ossessionato dall’idea di aver commesso sacrilegio con una confessione reticente: colto da malore, muore e finisce nel regno dell’attesa, dei processi e delle condanne. Assolto alla fine di un lungo travaglio, dovrebbe andare in paradiso: e invece torna sulla Terra avendo compreso il segreto e assaporato il dolore della vita.»
Ecco alcuni brani della lettera, la prima di quelle spedite da Buzzati a Fellini:
«...per natura, sia tu sia io siamo facilmente sedotti da idee narrative, pittoriche, di situazione, che nella loro accentuata stranezza e straordinarietà assumono, almeno per noi, un significato magico. Stiamo bene attenti: il pubblico, specialmente italiano, è in questo settore maleducatissimo, anzi non lo ama affatto, quando addirittura non ne prova fastidio e gli dà la baia. Un film per esempio come “L’anno scorso a Marienbad” (di Alain Resnais) a parte il fatto che era fondamentalmente sbagliatocome concezione artistica (non si può raccontare una cosa fantastica con un linguaggio fantastico) non poteva interessare il grande pubblico. E “La dolce morte” (titolo suggerito da Buzzati) non può essere, mi sembra, un film da cineteca, sarebbe un delitto; dovrà parlare al cuore anche dei cavallanti, dei camionisti. (...) I morti...saranno tutti giovani, cioè nel migliore momento della loro vita? Oppure vedremo anche dei vecchi, dei malati, degli storpi? I morti (e questo è importantissimo) avranno ancora desideri materiali e sentimenti? Saranno tutti più o meno sereni? O in certi casi si arrabbieranno, soffriranno, piangeranno? Al primo quesito, dopo averci pensato su, io adesso non saprei ancora rispondere. Se si fanno giovani tutti i morti, si ottiene indubbiamente un forte shock iniziale, e lo spettatore si rende subito conto della situazione anche senza bisogno di spiegazioni (le quali appesantiscono). D’altra parte, la generale giovinezza rischia di determinare una certa monotonia e rende più difficile quella caratterizzazione di personaggi anche minori che di Fellini è una delle più belle caratteristiche. Circa i desideri materiali e i sentimenti, io direi che conviene stabilire una graduatoria qualitativa. La quale corrisponde, mi pare, alla stessa concezione religiosa dell’India. Se non mi sbaglio, tu hai pensato alla stessa soluzione. Cioè: l’aldilà è un lunghissimo cammino, che ci dovrà portare, chissà quando, all’identificazione con Dio, quando l’uomo si spoglierà completamente della sua personalità, come di un inutile e ingombrante fardello. Ne segue che: - L’uomo spiritualmente arretrato, come la maggioranza di oggi, continuerà per un pezzo, anche nell’aldilà, ad avere i desideri e i sentimenti che gli appesantivano o contristavano la vita. – L’uomo spiritualmente avanzato sarà molto più libero e parecchi interessi mondano gli saranno ormai estranei. Ma anche lui, che non ha raggiunto ancora la vetta, incontrerà delle remore, delle tentazioni, che tenderanno a trattenerlo se non addirittura a tirarlo indietro. Questa soluzione gli permetterà di far sopravvivere anche nel mondo dei morti gli interessi umani, senza dei quali il film riuscirebbe astratto e di nessun interesse per la massa. (...) Il senso fondamentale del film, dal punto di vista poetico, dovrebbe essere secondo me quello di un commosso addio alla vita terrena, con una quantità di struggenti nostalgie...I morti , consapevolmente o no, anelano a raggiungere Dio. Anelano ad avanzare, a diminuire l’immensa distanza che ancora rimane. Chi più chi meno, tutti hanno perciò smania di partire... Ma chi vuole partire incontra continue difficoltà. Non già ostacoli angosciosi come in Kafka. Anzi, tutti saranno buoni e gentili, cercheranno di porgere aiuto. Però ci sono molte prenotazioni, l’aereo o il transatlantico non partono tutti i giorni, ci si accorge che i documenti non sono in regola, e così via. Lo facciamo partire il protagonista? Soltanto verso la fine o ripetutamente durante il corso del film? Oppure non riusciremo a vedere soddisfatta la sua attesa? Questo bisogna discuterlo.
(Dino Buzzati a Federico Fellini, progetti e idee per “Il viaggio di Mastorna”)
Un film molto simile a questo soggetto oggi esiste: è “After life” (Dopo la vita) del giapponese Hirokazu Kore-Eda, uscito nel 1998. Ovviamente, lo stile di Kore-Eda è molto diverso, la suggestione di cosa ci succede dopo la morte appartiene a tutta l’umanità, e mi sembra improbabile che Kore-Eda abbia mai letto questo brano di Buzzati; però dovrei informarmi, perché la vita riserva molte sorprese, grandi e piccole.
«...perché, diceva Fellini, gli artisti sono come i sonnambuli, percorrono ad occhi chiusi una strada fragile e sconosciuta e se li svegli di colpo e gli chiedi di spiegarti dove stanno andando, e perchè ci vanno, paiono degli idioti spaesati.»
Roberto Benigni, intervista al Venerdì di Repubblica, 14.10.2005
(continua)
2 commenti:
Davvero ricca di spunti, questa lettera di Buzzati a Fellini! Grazie per averla postata, non la conoscevo affatto. Il racconto che ha ispirato il "Mastorna" felliniano è appunto il "Domenico Molo" di Buzzati, anche se recentemente è stato ristampato col titolo "Sacrilegio" in una raccolta di storie brevi del Buzzati. Quest'ultimo ha poi realizzato il bellissimo "Poema a fumetti", del quale mi pare riconoscere il disegno nel post: è anch'esso un viaggio nell'aldilà, nel quale l'autore ringrazia esplicitamente Fellini per l'idea del treno a più piani. Insomma, di retroscena e aneddoti sul "Mastorna" se ne trovano a bizzeffe!
ps: grazie ancora una volta per la citazione, non dovevi.
me l'ero dimenticata anch'io...ho preso troppi appunti, in questi anni!
è comunque bello rimettere in giro cose che sono state pubblicate e che si rischia di perdere. Purtroppo, le leggi del copyright - quelle attuali e quelle che stanno per arrivare - puniscono questi comportamenti, ed è una cosa che non capisco: i proprietari dei diritti nascondono le cose interessanti, non le mettono nemmeno in commercio, ma è vietato far loro pubblicità. Mah!
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