mercoledì 26 ottobre 2011

Federico Fellini ( IV )

Notizie biografiche, prese da “I film di Federico Fellini” di C.G. Fava e A.Viganò, ed. Gremese (volume dal quale ho preso anche molte immagini per questi post):
Fellini nasce nel 1920 a Rimini, da una famiglia di agiati commercianti; la mamma è romana. Studia fino alla maturità classica, poi (a diciassette anni, nel 1937) va a Firenze dove si ferma sei mesi collaborando al settimanale politico-satirico “420” e con l’editore Nerbini, che pubblicava “L’avventuroso”, settimanale per ragazzi molto diffuso, e che fu tra le altre cose il primo editore italiano di “Topolino”. Si tratta però di poche cose, qualche disegno e qualche racconto breve.  Nel gennaio 1938, a diciott’anni, Fellini è a Roma: in teoria dovrebbe iniziare gli studi di giurisprudenza, in pratica fa il giro di tutti i principali settimanali e mensili offrendosi come collaboratore. In breve tempo pubblica su “Cine illustrato”, “Rugantino”, “La signorina Grandi Firme” (giornale molto famoso ancora oggi, soprattutto per le copertine di maestri del disegno come Boccasile), “Il balilla”, “Cinemagazzino”, “Settebello”, “Il travaso”, “Il piccolo”, fino ad arrivare al “Marc’Aurelio”. Sono collaborazioni sporadiche, improvvisate, che comunque porteranno Fellini a farsi conoscere e a scrivere anche per la radio, monologhi e piccoli sketch per comici più o meno affermati.
Fellini in questo periodo ha pochi soldi e deve un po’ arrangiarsi con lavori saltuari; però fa molte conoscenze, e molte amicizie. Molto importante l’amicizia con il pittore Rinaldo Geleng, che poi collaborerà con lui per molti anni (in “Roma” e nel “Casanova”, per esempio); molto importante anche l’amicizia con Aldo Fabrizi, grande attore di varietà e di cinema, che prenderà in simpatia il giovane Fellini e gli farà conoscere molte persone importanti. La svolta avviene quando Fellini conosce Piero Tellini, sceneggiatore già affermato, che lo introduce nel mondo del cinema. Nel frattempo siamo arrivati al 1942, nel pieno della guerra, con i bombardamenti e poi con l’arrivo delle truppe americane a Roma.
Nel 1943 Fellini si sposa con Giulietta Masina, una giovane attrice che aveva conosciuto grazie alle vignette di due suoi personaggi pubblicati sul “Marc’Aurelio” (Cico e Pallina): una ditta di profumi li aveva scelti per uno sketch radiofonico, serviva un’attrice e fu scelta la Masina, che così conobbe Federico. Un matrimonio destinato a durare cinquant’anni, fino alla morte di Fellini nel 1993.
Il resto della carriera di Fellini è abbastanza noto e potrebbero bastare i titoli dei suoi film; si può aggiungere che è del 1946 l’incontro con Tullio Pinelli, uno sceneggiatore con cui farà coppia fissa per decenni. Nel 1946 Fellini incontra anche con Roberto Rossellini, Alberto Lattuada, Pietro Germi: l’inizio del percorso che lo avrebbe portato al suo primo film da regista.
C’è nel film una scena, in cui una donna carnosa, enorme, nuda in un bagno pubblico, mostra il suo strabocchevole corpo, mentre il protagonista è immerso nei suoi vaneggiamenti. Non teme di essere accusato di una sorta di reminiscenza o imitazione di Fellini? «Si parla delle donne di Fellini e si pensa subito alla Saraghina che, immensa, balla sulla spiaggia. Per me, la donna di Fellini è piuttosto Giulietta Masina, il personaggio femminile che più s'impone nel suo mondo poetico. Se ci limitiamo a considerare poi le dimensioni rubensiane del corpo della donna nella scena in questione, direi che solo ad un osservatore superficiale può sembrare che qui io abbia imitato un certo Fellini. Una pienezza e abbondanza corporea è propria delle donne russe, come si può vedere, ad esempio, nei quadri di Kustodiev. La donna della mia scena si comporta in un modo profondamente russo, come solo russo può essere l'ambiente (il bagno pubblico) in cui si trova, tra quei balordi che lavano cani che poi restituiranno, a pagamento, ai padroni che li hanno perduti. Quanto a Fellini, lo considero una delle figure più grandi di tutta la cultura e l'arte del nostro secolo.»
(Corriere della sera 20.07.1995, il regista russo Vladimir Naumov su Fellini, a partire dal film “Festa bianca” scritto con Tonino Guerra.)
...Fellini coltivò il complesso dell’assassino, non lasciava prove: stracciava metodicamente tutto quello che riguardava il suo lavoro, sbagliò anche il calcolo dei suoi film quando diede il titolo a “Otto e mezzo”, era convinto che fossero i film a parlare a suo nome. (...) è noto che l’unico patrimonio inedito del regista è quel Libro dei Sogni, custodito in una cassetta di sicurezza, che solo l’amato Jung potrebbe aprire e capire. «La grande qualità di Fellini, - scrive Kezich – era la capacità di trovare sempre il tono giusto per rivolgersi a chiunque in modo non generico, toccando a sorpresa una corda profonda. E di rimando in rimando arrivava al panorama misterioso degli archetipi, dove si disegnano le care ombre, la Madre e il Padre, il Sole e la Luna che ci illuminano nel viaggio.» Quanto alla storia del suo matrimonio, dice Kezich, non ha senso se paragonata a quella di Romeo e Giulietta, ma caso mai ricorda il rapporto fra Prospero e Ariel, tra il mago e lo spirito dell’aria...
(Corriere della sera 31 ottobre 1996, Maurizio Porro per l’uscita di un libro di Tullio Kezich su Fellini (“La dolce vita” fu salvati dai gesuiti di padre Arpa; “Cabiria” commosse il cardinal Siri, che lo salvò in anticipo dalla censura)
«Un film è come una malattia che viene espulsa dal corpo. Sono escrescenze, bubboni, rami malati.» e inizio sceneggiatura La strada, dal cds7 maggio1997

FELLINI E LA FANTASIA
di Enzo Biagi, corriere della sera-7, febbraio 1998
...Federico Fellini diceva: «Quante volte ho sentito definire i miei film “fantastici". Debbo quindi considerarmi un uomo che vive, che commercia con la fantasia. Ma non mi sono mai chiesto che cos'è. Provo l'imbarazzo, diciamo: la vergogna, di un palombaro al quale chiedessero che cos'è il fondo del mare e non sapesse che cosa dire. Già: ma forse io sono un palombaro che sa dire com'è. Per un momento avrei la tentazione di cavarmela così: “La fantasia è un ghiribizzo"». Poi ci ripensava e si lasciava andare. «Voglio spudoratamente raccontare che cosa mi succedeva quando avevo sette od otto anni. Avevo battezzato i quattro angoli dei mio letto con i nomi dei quattro cinematografi di Rimini (...) andare a letto era per me una festa, allora». (...) «Non ho mai fatto capricci per restare alzato la sera: tutto quello che dicevano i grandi attorno alla tavola esauriva presto ogni interesse per me, sicché, appena potevo, correvo nella mia camera e mi infilavo sotto le lenzuola, spesso, anzi, con la testa sotto il cuscino. Chiudevo gli occhi, aspettavo buono buono col fiato trattenuto e un po' di batticuore, fino a quando, di colpo, silenziosissimo, cominciava lo spettacolo. Uno spettacolo tra i più straordinari. Che cos'era? Difficile raccontarlo, descriverlo: era un mondo, una fantasmagoria rutilante, una galassia di punti luminosi, sfere, cerchi lucentissimi, stelle, fiamme, vetri colorati, un cosmo notturno e scintillante che si proponeva, prima immobile, poi in un movimento sempre più vasto e avvolgente, come un immenso gorgo, un'abbagliante spirale. Ero succhiato e stordito in mezzo a questa esplosione, in una specie di vertigine che non mi dava nausea. Durava un tempo che non saprei stabilire, non troppo a lungo in ogni caso; infine si esauriva silenziosamente com'era venuto, perdendo forza come gli ultimi bagliori del fuoco che si spegne. Aspettavo qualche minuto, poi andavo a mettere la testa in un altro angolo, e le immagini riprendevano. La terza volta erano più sbiadite, avevano smalti meno lucidi. Raramente lo spettacolo notturno si ripeteva quattro volte. Alla fine, un po' stanco, ma soddisfatto e ancora riverberato da tutto quel bombardamento di stelle e di scintille solari, sprofondavo nel sonno».
(ricordo di Enzo Biagi , da "Sette- Corriere della Sera, febbraio 1998)
(continua)

2 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

Eh, quel "Libro dei sogni" è un bel volumone sul quale ultimamente ho messo gli occhi: prima o poi farà il suo ingresso trionfale in casa mia. :)

Giuliano ha detto...

ne ho qualcuna, presa in tempi diversi dai giornali. Molte di queste immagini non sono gran cosa (niente a che vedere col Libro di Jung, che è tutto di capolavori assoluti), alcuni disegni di Fellini sono però stranamente simili a quelli che Dino Buzzati scriveva da bambino all'amico Brambilla. Questi disegni e lettere di Buzzati sono stati raccolti in volume anni fa, io l'ho trovato nei negozi del Libraccio, a Milano, ma penso che sarà difficile da recuperare.