lunedì 3 ottobre 2011

I love you

I love you (1986) Regia di Marco Ferreri. Soggetto originale di Marco Ferreri. Sceneggiatura di Enrico Oldoini, Marco Ferreri, Didier Kaminka. Fotografia di William Lubtschanky. Affreschi e graffiti del gruppo “Banlieu et Banlieu”. Musica: molte canzoni di vari autori, musica da discoteca, e la canzone “Amado mio”. Interpreti: Christopher Lambert, Eddy Mitchell (l’amico disoccupato), Laura Manszky (Isabelle-Camélia), Flora Barillaro (la cantante Maria), Agnes Soral (Hélène), Anémone (Barbara), Maurizio Donadoni (il pittore che fa il calco al viso di Lambert), Jean Reno (il dentista), e molti altri. Durata: 1h 33’

Marco Ferreri mi spiazza un’altra volta (l’ennesima) e mi costringe a fermarmi a riflettere su un film che se non fosse stato suo non avrei mai guardato. La mia diffidenza nasce innanzitutto dal soggetto (del tipo che stando seduti in casa nostra si definirebbe tranquillamente “una cretinata”) e poi dalla presenza come protagonista di Christopher Lambert (o Christophe Lambert, alla francese) che è uno degli attori più inespressivi mai apparsi sullo schermo. Anzi, a dire il vero stupisce molto che Lambert sia diventato un divo e abbia fatto la stessa professione di Laurence Olivier e di Ugo Tognazzi, ma così va il mondo e in fin dei conti non è la cosa peggiore che ci possa capitare.
“I love you” è la storia di un uomo giovane e bello, senza problemi economici, che si innamora di un portachiavi trovato in modo misterioso. Il portachiavi misterioso ha l’aspetto di un volto di donna (quasi una maschera di Carnevale) che risponde ad un fischio modulato dicendo “I love you” con voce registrata, in modo sempre uguale. Ma, più avanti nel film, risponderà anche ad un carillon e alla canzone “Amado mio”.
E’ un film forse non del tutto riuscito, sicuramente da rivedere e da ripensare, perché i temi toccati sono molti. Il film inizia con un bambino orientale, ma siamo a Parigi, che ha come animale di compagnia un maialino domestico (del tipo vietnamita?); si tratta però di un personaggio che non verrà sviluppato da Ferreri e che vedremo solo un’altra volta nel film, sempre in sequenze che non hanno rilevanza sul piano puramente narrativo. Non sono riuscito a capire se questo maialino nero abbia un particolare significato oppure se sia entrato nel film solo perché piaceva a Ferreri: si può aggiungere che nella prima sequenza in cui appare viene allattato con un biberon, e quindi può essere considerato parente del piccolo scimpanzé di “Ciao maschio”.
Il personaggio interpretato da Lambert lavora in una agenzia di viaggi, e ha un amico e vicino di casa (l’attore si chiama Eddy Mitchell) non più giovanissimo, che è disoccupato e in cerca di lavoro. Molti i personaggi femminili: una prostituta molto attraente che si offre gratis a Lambert; una cantante piccola e ben fatta che canta “Amado mio” (voce stridula, poco piacevole); la collega di Lambert all’agenzia di viaggi, e altre ancora. C’è anche una seconda donnina portachiavi, identica alla prima, di proprietà di un cliente di Lambert che si rivolge all’agenzia di viaggi perché vuole andare in treno in Giappone; Lambert farà amicizia con lui.
La vera svolta del film è quando Lambert si rompe un dente, un premolare; va dal dentista per farlo sistemare (il dentista è Jean Reno) ma poi non riesce più a fischiare, e quindi non gli è più possibile sentirsi rispondere “I love you”. Questo non poter più fischiare è forse una metafora dell’impotenza, ma sarebbe una metafora troppo semplice e scontata, inoltre Lambert è troppo giovane e in forma per essere credibile da questo punto di vista; va piuttosto fatto notare che ci sono molte analogie con i film immediatamente precedenti di Ferreri, molte con “Ciao maschio” del 1978, e qualcuna anche con “Chiedo asilo” (1979) e “L’ultima donna” (1976); però nel finale Ferreri è chiarissimo: il collegamento va fatto con “Dillinger è morto”, del 1968. Lambert vede infatti in tv la scena famosa in cui Michel Piccoli uccide la ragazza bionda che vive con lui, e poi parte col veliero raggiunto a nuoto. Quando Lambert la vede, spacca il portachiavi a martellate e va alla spiaggia: ma Lambert non può più fischiare per farsi sentire, e il veliero se ne va via senza di lui nella luce rossa del tramonto. Sul veliero non c’è la fanciulla luminosa che accoglieva Michel Piccoli (interpretata da Carole André) nel film del 1968, c’è invece un’altra donna più adulta, che vediamo solo da lontano. Non è quindi la stessa barca, non è l’occasione giusta, non è la barca giusta. Il tramonto è identico, identico il sole rosso, identico anche il veliero, ma questa è un’altra storia e non si può imitare il destino di un altro, né tantomeno copiare un’idea letteraria o cinematografica, la tua vita è la tua e non quella di un altro. Si tratta dunque di una citazione molto esplicita del “Dillinger”, che viene trasmesso in tv, e il finale è quasi identico: la differenza è che stavolta il veliero va via da solo, Lambert a differenza di Piccoli rimane in acqua, tentando invano di fischiare (un suicidio mancato?).
Un altro momento chiave di “I love you” è quando, nei primi venti minuti, Christopher Lambert va in una discoteca dove un suo amico pittore (l’attore è Maurizio Donadoni) sta per dipingere un murale usando Lambert come modello. D’improvviso, sorprendendolo alle spalle e quasi con violenza, il pittore gli prende il calco del volto con un drappo intinto nel colore rosso. Con la faccia dipinta di rosso, Lambert cambia: “adesso sei davvero cattivo, mi fai paura” gli dice la donna nera che gli sta accanto. E’ solo dopo questo fatto, dopo essersi trovato con il volto rosso (un colore che verrà poi modificato con dei disegni, come se fosse un indiano sul sentiero di guerra, intento a qualche pratica sciamanica) che Lambert troverà il portachiavi, quasi come se il calco del viso fosse qualcosa di satanico, di bestiale, che modifica la sua personalità (possessione?)
In precedenza, avevamo visto Lambert alle prese con due donne giovani: una è probabilmente la sua fidanzata, che però si irrita e lo lascia trovando infantili alcuni suoi atteggiamenti, come il porgerle un bambolotto - anche questo, probabilmente un simbolo di paternità e del futuro da costruire, o magari anche soltanto del suo infantilismo. Nel momento di lasciarsi, mentre lei sta per partire, Lambert le esibisce nuovamente questo bambolotto e lei glielo rompe in testa, buttandolo poi per terra. Nella prima sequenza, quando ancora i due andavano d’accordo, avevamo visto lui rovesciare la testa al bambolotto, presentandolo per scherzo con il viso rivolto all’indietro: un altro simbolo su cui pensare.
La seconda donna la vediamo apparire subito dopo che Lambert si ritrova col volto dipinto di rosso: è seduttiva e molto determinata, appare sulle scale della discoteca e punta subito diritta su Lambert. E’ dopo questo secondo incontro che il protagonista trova il misterioso portachiavi: da qui in avanti la sua vita cambia, e verrebbe da pensare a Don Giovanni, al Commendatore, ma non vorrei caricare troppo di simboli e di rimandi questa storia.
D’altra parte, il film è proprio così: ed è difficile stare dietro a tutti questi simboli e rimandi, ma è anche vero che il fascino del film (un fascino davvero strano) sta proprio nelle sue immagini, mai banali e sempre perfettamente costruite, più che nella storia in sè. E’ Ferreri stesso, in un’intervista che riprendo dal blog “Scaglie”, http://scaglie.blogspot.com/ a parlare di questo aspetto del suo cinema: «Ho sempre cercato percorsi nuovi per la costruzione dell'immagine e vorrei che tutto ciò determinasse sempre di più la scrittura del racconto. Vorrei inquinare le vecchie definizioni di documentario e di film di narrazione, per approdare ad un cinema che contenga aspetti dell'uno e dell'altro genere, un cinema insolito.»
“I love you” l’ho dunque snobbato per molti anni, e invece è un film del Ferreri giusto, forse l’ultimo veramente significativo. Non direi che sia un bel film, anzi: ma nel vederlo mi sono trovato molte volte ad essere sorpreso, ed è difficile mettere in ordine tutte le sensazioni nate nel vederlo.
Metto quindi gli altri appunti in ordine sparso, così come mi sono venuti guardando il film: 1) una tauromachia, forse un’animazione al pc, con toro e aquila in combattimento: è l’aquila a vincere, portandosi via il toro. 2) rovistando su internet ho scoperto che Eddy Mitchell è un cantante di twist e di rock and roll degli anni ’60, molto popolare in Francia: confesso che non ne sapevo assolutamente niente. 3) il personaggio interpretato da Eddy Mitchell, l’amico goffo o anziano del protagonista, si trova quasi identico anche in “L’ultima donna”, in “Ciao maschio”, in “Chiedo asilo” : in “I love you” tenta il suicidio, ma a differenza di Mastroianni in “Ciao maschio” non ci riesce. 4) Lambert sostituisce il volto della mascherina portachiavi alle donnine dei giornali, e anche allo schermo tv 5) nei primi minuti, Lambert guarda un balletto brasiliano in tv (tipo Carnevale di Rio) ma poi la ballerina si rivela un uomo travestito: un altro accenno, con il bambolotto, al sesso che non porta più al futuro della specie? comunque sia, dietro il ballerino travestito appare un fondale con un gabbiano, lo stesso fondale e lo stesso gabbiano che Ferreri aveva messo vicino al volto di Ornella Muti in “L’ultima donna”,
6) altri segni e simboli: le banane che Lambert si porta dietro e mangia sulla spiaggia (dettaglio molto insistito), oppure il fatto che entri in mare con la moto, nel finale. 7) il mascherone-scudo di tipo africano che mostra alla fidanzata, sempre all’inizio. 8) i maglioni anni ’90 portati da Lambert: erano molto belli e confortevoli, grave peccato che non siano più di moda 9) la discoteca, la musica e le canzoni un po’ fesse, e la cantante finta bionda, coi capelli corti, che assomiglia molto al quadro della portachiavi nella casa del “rivale” . 10) oltre al piccolo vietnamita, un bambino nero che è un ottimo programmatore di computer (nel 1986 siamo agli inizi dei pc) 11) si vede alla tv la carestia in Africa, mentre noi europei ci preoccupiamo del superfluo e delle fesserie (come il portachiavi, appunto) 12) La bella scena tra Lambert e Isabelle-Camélia nella giostra gonfiabile per bambini, che per l’ambientazione africana ricorda un po’ il numero da night che faceva Tognazzi in “La donna scimmia”.


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