venerdì 7 ottobre 2011

Ciao maschio

Ciao maschio (1978) Regia di Marco Ferreri. Soggetto di Marco Ferreri. Sceneggiatura di Gérard Brach, Marco Ferreri, Rafael Azcona. Fotografia di Luciano Tovoli. Scenografie di Dante Ferretti. Musiche originali di Philippe Sarde. Girato a Manhattan. Interpreti: Gérard Depardieu (voce di Michele Placido), Gail Lawrence, Marcello Mastroianni, James Coco, Mimsy Farmer, Stefania Casini, Francesca De Sapio, Anselma Dell’Olio, Sandra Monteleoni, Geraldine Fitzgerald, e lo scimpanzé Bella. Durata: 87 minuti.

Un altro film di Ferreri ormai dimenticato, anche per via del titolo (tutt’altro che invitante); un titolo che però negli anni ’70, quando ancora si parlava di femminismo, poteva far discutere e attirare il pubblico al botteghino. Per quanto mi riguarda, negli anni ’70 non seguivo con particolare interesse i film di Marco Ferreri, ho sempre confuso “Ciao maschio” con “L’ultima donna” (anche per via di Depardieu, protagonista in entrambi i film, usciti a due anni di distanza l’uno dall’altro), e l’ho guardato per la prima volta solo in quest’anno 2011, grazie ad un passaggio notturno in tv su Raimovie.
E’ stata una bella sorpresa, soprattutto dal punto di vista delle immagini: grande merito non solo di Ferreri ma anche di Luciano Tovoli, uno dei più grandi direttori della fotografia, e delle scenografie di Dante Ferretti.
Forse è il caso di ricordare chi è Dante Ferretti: nato nel 1943, inizia a lavorare per il cinema a vent’anni, collaborando praticamente con tutti i grandi registi italiani; poi fa cinque film con Fellini, a partire da “Prova d’orchestra”, diventando rapidamente famoso in tutto il mondo. Da qui inizia la sua carriera internazionale, con Gilliam (Il barone di Munchausen), Scorsese (Kundun, L’età dell’innocenza), Neil Jordan (Intervista col vampiro), fino ai premi Oscar del 2005 per “The aviator” di Scorsese e del 2008 per “Sweeney Todd” di Tim Burton. Eccetera: la carriera di Ferretti è lunghissima e comprende anche il teatro, l’opera, un’infinità di meraviglie.
“Ciao maschio” ha molti titoli diversi, a seconda del paese e delle lingue: da “Adios al macho”, che rende già bene l’idea (“addio al maschio” ha lo stesso significato ma è più preciso del titolo italiano) fino a "Bye bye monkey" ("Ciao scimmia" e non "Ciao maschio") e perfino “Il sogno della scimmia” (Affen Traum: il titolo in tedesco), che mi intriga molto. Però il titolo italiano è sicuramente di mano di Ferreri, quindi mi adeguo. Il modello, più che King Kong, mi sembra “Il pianeta delle scimmie”: la spiaggia di New York, la desolazione del post nucleare - così parrebbe, all’inizio. E' vero che più avanti nel film ci sono bambini, ristoranti e negozi, un teatro, ma in questa New York all'inizio del film, e anche in molte sequenze più avanti, non c’è mai nemmeno un passante, solo i topi; e a dire il vero la vita sembra continuare normalmente, c’è anche l’ufficio anagrafe, funzionante, dove la scimmietta verrà regolarmente registrata. L’inizio, con lo “stupro” del maschio, è un’idea d’attualità (per il 1978) che sembra però perdersi per strada; un inizio “forte” che poi si stempera in storie più quotidiane o fantastiche.
La prima immagine del film, prima ancora dei titoli di testa, è molto sgradevole: Depardieu che tira fuori la lingua in modo molto ostentato, ed è una lingua sporca di verde, un verde marcio e vischioso. Si prosegue con Depardieu che esce di casa, a Manhattan: un paesaggio di vecchie case di mattoni rossi, di seminterrati e di scale antincendio, che ormai ci è familiare (anche a non esserci mai stati) per via dei molti film girati a New York. Depardieu cammina per strade deserte, un paesaggio inquietante con uomini in tuta bianca e maschera sul volto, come se ci fosse stato un incidente nucleare: niente però nel film pare giustificare questa ipotesi, la vita sembra scorrere normalmente e anche la grande scimmia morta, sulla spiaggia, non suscita grande impressione: e forse, ragionando sull’oggi, è proprio questo che Ferreri voleva mostrare, che finché non siamo toccati direttamente si continua a vivere la nostra vita normale, anche alla vigilia delle catastrofi, e spesso con indifferenza assoluta per le sorti degli altri e dell’ambiente in cui viviamo.
La passeggiata di Depardieu nella Manhattan deserta termina in un teatro, dove un gruppo di sette giovani attrici sta facendo le prove di uno spettacolo; Depardieu, l’unico maschio, è il tecnico delle luci. Il comportamento del maschio irrita le donne, e Depardieu riceve una bottigliata in testa che lo stordisce; da qui nasce l’idea dello “stupro”, mostrata da Ferreri in maniera abbastanza esplicita, ma sotto una luce flou rossa che confonde la vista ed evita troppi problemi con la censura.
Ma questo è un inizio che può dare un’idea sbagliata su come va avanti il film: da qui in avanti arrivano nuovi personaggi, la ragazza che “stupra” Depardieu (in realtà un rapporto sessuale normale, anche se l’uomo è stordito) si rivelerà una buona compagna, e insomma il film, come capita spesso in Ferreri, va (quasi alla deriva) per una sua strada non prestabilita, prescindendo dal soggetto iniziale. Il primo incontro, dopo l’ingresso nel film di Mastroianni, è quello con l’enorme scimmia distesa sulla spiaggia, apparentemente morta: accanto a lei una scimmia bambina, appena nata, che verrà adottata da Depardieu.
All’interno del film ci sono molti personaggi su cui varrebbe la pena di riflettere: James Coco nel suo museo delle cere, che ha una parte molto consistente e che forse rappresenta un’umanità che pensa solo al suo passato (in particolare, l’antica Roma), che non sa guardare a se stessa e che è destinata ad autodistruggersi; c’è il Luigi di Marcello Mastroianni, un uomo ancora abbastanza giovane ma dimesso e triste, che coltiva pomodori e ortaggi (cioè pensa al futuro) ma che poi in quell’orto finirà per uccidersi, dato che proprio sull’orto incombe un parcheggio d’auto, che finirà con l’inglobare tutto. A questo punto, però, finisce col sembrare posticcio proprio l’inizio del film, con le femministe che “stuprano” Depardieu...
Fra le attrici, mi ha colpito molto Gail Lawrence, della quale non sapevo niente e che è un’ottima protagonista (somiglia a P.). Cercando notizie su internet, ecco la sorpresa: faceva film hardcore con il nome di Abigail Clayton. Il suo personaggio nel film si chiama Angelica, mentre Lafayette è il nome di Depardieu. Depardieu è doppiato da Michele Placido.
Le musiche sono di Philippe Sarde; la scimmiettina (poco più di un neonato) si chiama nella realtà Bella e nel film verrà battezzata Cornelius (ancora un rimando al Pianeta delle scimmie?). Il personaggio di James Coco si chiama Flaxman, come lo scultore e incisore settecentesco; nel cast ci sono anche Mimsy Farmer, Stefania Casini, Francesca De Sapio e le future “donne dei salotti” Anselma Dell’Olio e Sandra Monteleoni. La signora Toland, che canta canzoni irlandesi accompagnata dal nero che suona (piuttosto male) un pettine con un pezzo di carta velina, dovrebbe essere Geraldine Fitzgerald: anche in questo caso non si capisce bene lo sviluppo del suo personaggio. Potrei sbagliarmi, ma “Ciao maschio” mi sembra un film iniziato pensando di fare una cosa e finito in tutt’altro modo, senza però buttar via niente della prima parte; è comunque un ottimo film, non un capolavoro, e del resto questo “andare alla deriva” lasciando che il soggetto del film si sviluppi da solo è tipico di Ferreri.
Molto bello il pupazzone della scimmia madre, sulla spiaggia: non la Liberty del Pianeta delle Scimmie, ma nemmeno il King Kong di de Laurentiis...
Altri appunti sparsi: 1) il fischietto di Depardieu anticipa “I love you”, anche le maschere all’inizio sono identiche al portachiavi del futuro film di Ferreri. 2) è un film ricchissimo di immagini “da collezione” 3) la scritta Why? sul muro, sopra il letto di Depardieu (è Mastroianni che gli mette intorno il fumetto) 4) l’incursione dei bambini di una scuola, come in “Chiedo asilo” ma soprattutto come in “La grande abbuffata” 5) la fotografia della grande scimmia appesa e incorniciata nella stanza dell’anziana signora 6) la simulazione della gravidanza da parte di Depardieu, come farà anche Benigni in “Chiedo asilo” 7) l’incendio che parte dal museo delle cere, precisamente da Nerone
8) il finale è “Il pianeta delle scimmie”, film di dieci anni prima e di grande successo, a cui ci sono molti rimandi (i protagonisti trovano sulla spiaggia la grande scimmia invece di Liberty) 9) i ratti che finiscono per trionfare sulla nuova vita (la scimmietta), con un dettaglio macabro che è quasi un anticipo di “La grande abbuffata”. 10) Dopo la catastrofe, vediamo Gail Lawrence sulla spiaggia, con quella che è, con tutta probabilità, sua figlia: una femmina, anche se il dettaglio è volutamente non specificato.
Su questo film e su Ferreri ci sarebbero ancora molte cose da dire, ma soprattutto c’è da dire che, col passare degli anni, nei film di Ferreri si scoprono (e si aprono) significati e rimandi che probabilmente nell’idea originale non c’erano: un po’ come capita con le nostre fotografie, dove si fotografa concentrati solo su ciò che ci interessa e poi a casa, con calma, si scoprono dettagli inaspettati; e anche le nostre foto, col passare del tempo, cambiano per noi aspetto e significato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Regarding your review, which i was enjoying, until i got to the line...

"La signora Toland, che canta canzoni irlandesi accompagnata dal nero che suona..."

Do you mean a black guy? They way it reads is NOT good. Does this character/actor have a name?

Not impressive.
Like i said it is a shame as up to this point it was a very interesting read.

Peace.

Antonio

Giuliano ha detto...

non sempre si trovano le informazioni precise, purtroppo
bisogna pur usare qualche parola per indicare attori e personaggi, altrimenti come si fa? La donna con i capelli rossi, l'uomo grasso, lo zoppo, il gobbo... a me direbbero "quello calvo".
Non vedo niente di offensivo in quello che ho scritto, tenga presente che scrivo in italiano e la parola "negro" viene dal latino "niger", che è sempre "nero". In spagnolo, nero, black e negro sono la stessa parola. Attenzione a non creare problemi dove non ne esistono.