Continuando a pensare a “La dolce vita” come a un film a episodi (cosa non del tutto vera, ma si può fare per comodità) si può dire che dopo il prologo sull’elicottero la parte da protagonista tocca ad Anouk Aimée, che interpreta una ricca ereditiera annoiata. Si inizia in un night, con tre ballerini intenti a una danza che si direbbe d’ispirazione balinese o nepalese-tibetana, o magari thai: una danza che sembra molto rituale, quasi demoniaca, e la prima volta che l’ho vista, da bambino, mi aveva un bel po’ spaventato. E’ qui che arriva Maddalena, e la vedremo poi uscire con Marcello; per noia e per divertimento, i due danno un passaggio a una prostituta molto gentile e ben vestita, che li porta a casa sua a bere un caffè. Nella casa della donna, Marcello e Maddalena passeranno la notte. La mattina dopo, a Marcello toccherà portare all’ospedale la sua fidanzata Emma (Yvonne Fourneaux) che in un momento di gelosia e di sconforto per essere stata lasciata da sola tutta la notte, ha ingerito un po’ troppi sonniferi.
Questa scena del night, e in generale tutte le sequenze in cui appare Anouk Aimée, compresa quella nella casa dei nobili nel finale, mi ricordano molto il cinema di Antonioni, in particolare “La notte”, che è quasi contemporaneo (esce nel 1961) e che vede ancora Mastroianni come protagonista, vestito praticamente allo stesso modo. “La notte” di Antonioni ha un’ambientazione simile anche per l’ospedale, all’inizio; la storia è ovviamente diversa, ma è quasi inevitabile l’impressione di vedere Mastroianni uscire dal film di Fellini ed entrare in quello di Antonioni, senza nemmeno cambiarsi d’abito.
Oltre ai tre danzatori-culturisti, la piccola orchestra che vediamo dovrebbe essere quella dei Campanino (ballo liscio?), ma a questo proposito non ho nessuna notizia precisa, solo un nome nei titoli di testa. E’ comunque molto divertente la ballerina che entra con le mani alzate, e che prima di entrare in scena dà un buffetto sulla testa al batterista come segno d’intesa – verrebbe voglia di sapere che storia c’è dietro, ma la loro parte finisce qui. Si può ancora far notare che il fotografo Paparazzo, che qui vediamo in piena azione, parla con accento veneto ma il cognome è siciliano, questo probabilmente perché l’attore che lo interpreta, Walter Santesso, è veneto.
All’ospedale, quando capisce che Emma è fuori pericolo, Marcello telefona a Maddalena: che però sta dormendo, e non gli risponde. A questo punto (siamo al minuto 23), inizia l’episodio di Anita Ekberg, quello più famoso e replicato di tutto il film. Non mi ci soffermo più di tanto, proprio perché è molto famoso: preferisco far notare due cose: che la nottata con la Ekberg costa a Marcello tre cazzotti ben assestati da parte di Lex Barker (attore famoso negli anni ’50 proprio per la sua prestanza fisica, interprete di Tarzan e di vari eroi mitologici), e a lei uno schiaffone; e che nel corso della nottata Marcello trova comunque il tempo per telefonare ancora a Maddalena (Anouk Aimée).
Anita Ekberg (io l’ho scoperto solo da poco) era una vera celebrità, a quell’epoca: ma come modella, e non come attrice. Aveva già al suo attivo qualche film, e aveva 26-27 anni, essendo nata nel 1931. Il suo passato era quello di una bellezza folgorante, anni passati tra Miss Svezia, Miss Universo, le copertine di giornali prestigiosi, e altro ancora. Qui comincia a diventare un tantino prosperosa, lo sarà ancora di più quattro anni dopo in “Boccaccio 70” , ovvero “Le tentazioni del dottor Antonio”: il poster gigantesco che fa impazzire Peppino de Filippo. Tutto quello che vediamo in questo film è quindi vero e plausibile, la folla di reporter al suo arrivo, il giro turistico organizzato per lei, penso proprio che ci sia poco di inventato.
E’ interessante notare la corrispondenza fra quello che dice Marcello ad Anita Ekberg nella scena della fontana e quello che poi gli dirà Steiner: di non rinchiudersi nella famiglia, di cogliere le occasioni della vita. Le frasi che Mastroianni le sussurra all’orecchio diventano così un po’ meno stupide e un po’ meno stucchevoli: ma sì, buttare via tutto, l’impegno, la cultura, e godersi l’attimo, godersi la vita senza pensieri. Vista da oggi, quasi una profezia sugli ultimi 25-30 anni di questo povero Paese.
Antonio Tabucchi su “La dolce vita”, Corriere della sera 7 agosto 1994
«...lì c’erano tutti i vizi degli italiani, ma il senso vero di quel grande dipinto era la scoperta che l’Italia era un Paese del Basso Impero. Ero un ragazzo di provincia che studiava a Pisa e che credeva che l’Italia, dopo il disastro della guerra, stesse vivendo una specie di risorgimento. Mi sbagliavo, quella era la decadenza, e La dolce vita mi aprì gli occhi. (...) ...ci sono tutti i difetti italiani, quel viver bene alla giornata, il cinismo generale che accomuna sottoproletari, intellettuali, borghesi. Il velleitarismo del giornalista Marcello è desolante: il suo dialogo con Anita Ekberg, nella fontana, è agghiacciante: «Sì, è vero, ho sbagliato, hai ragione tu...» e va nell’acqua dietro alla bionda formosa e cretina che s’inebria nel primordiale, nell’arte, nella romanità di quel tuffo barocco di Trevi (...) ...la nostra intellighentsia di sinistra che voleva la presa diretta con la realtà, che in nome del realismo voleva abolire simboli e metafore. (...)
Antonio Tabucchi su “La dolce vita”, cds 7 agosto 1994
(continua)
4 commenti:
La Ekberg era la vera star del film, all'epoca. Ricordo che Anita stessa, in un'intervista di qualche anno fa, disse che in un paese straniero (non ricordo più quale), il suo nome giganteggiava sulla locandina, anche a scapito di Fellini. 1938? Per la miseria, aveva ventun anni in questo film! Nel "Boccaccio '70" che hai citato mi sembra ancora più bella.
La prima parte de "La dolce vita" mi piace tantissimo, con la Aimée che esclama "ma che aspettate a chiudere questa baracca, è infrequentabile", e il suo successivp dialogo con Marcello nel quale si è "rimasti così in pochi ad essere scontenti di noi stessi". La parte che mi piace di meno, invece, è tutta quella relativa alla presunta apparizione della Madonna. Per il resto, "La dolce vita" (e anche "8 1/2" e "Giulietta degli spiriti") è ancora eccezionalmente moderno.
ps: ho scritto un commento spezzettatissimo... vabbè, è in linea col film...
secondo me sono due battute di Flaiano, specialmente la seconda...avrei dovuto riportarla io, meno male che ci sei tu che mi aiuti
:-)
la Ekberg nelle sue prime foto (se non le trovi su internet te le mando io) era identica a Grace Kelly, quasi indistinguibile: poi ha messo su peso, ma il fatto che sia prosperosa non significa che sia meno bella!
il miracolo arriva domani, e quindi a domani
ciao Mat!
Mat, correggo un mio errore: Anita Ekberg è del 1931, quindi aveva 26-27 anni. Non so da dove mi sia saltato fuori quel 1938...
Ah, ecco, volevo dire... una donna già fatta come la Ekberg a quell'età mi sembrava un miracolo! Va bene, passo a leggere gli altri post.
Posta un commento