Fellini Satyricon (1969) Regia: Federico Fellini - Soggetto: liberamente tratto da Petronio Arbitro - Sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi – Consulente lingua latina: Luca Canali - Fotografia: Giuseppe Rotunno - Musica: Nino Rota, con la collaborazione di Ilhan Mimaroglu, Tod Docksader, Andrew Rudin - Ideazione scenografica: Federico Fellini - Scenografia: Danilo Donati, Luigi Scaccianoce - Costumi e arredamenti: Danilo Donati - Aiuto scenografia: Dante Ferretti, Carlo Agate - Aiuto costumi: Franco Antonelli, Renzo Bronchi, Dafne Cirrocchi - Consulenza per le pitture: Nino Scordia - Capo reparto pitture: Italo Tomassi - Architetto: Giorgio Giovannini - Montaggio: Ruggero Mastroianni - - Produttore: Alberto Grimaldi - Durata: 138'.
INTERPRETI: Martin Potter (Encolpio), Hiram Keller (Ascilto), Max Born (Gitone), Salvo Randone (Eumolpo), Mario Romagnoli (Trimalcione), Magali Noel (Fortunata), Capucine (Trifena), Alain Cuny (Lica), Fanfulla (Vernacchio), Danika La Loggia (Scintilla), Giuseppe Sanvitale (Abinna), Genius (il liberto arricchito), Lucia Bosè (la matrona suicida), Joseph Wheeler (il suicida), Hylette Adolphe (la schiavetta), Tanya Lopert (l'imperatore), Gordon Mitchell (il predone), Luigi Montefiori (Minotauro), Marcello Di Falco (proconsole), Elisa Mainardi (Arianna), Donyale Luna (Enotea), Carlo Giordana (il capitano della nave), Pasquale Baldassarre (l'ermafrodito), Lina Alberti (l'idolo d'oro, parte tagliata al montaggio).
Ho provato a leggere il “Satyricon” di Petronio Arbitro, tanti anni fa, quando leggevo di tutto: era un libro famoso che conoscevo perché a scuola mi avevano fatto leggere la famosa “cena di Trimalcione”, e non avevo ancora visto il film di Fellini. L’ho trovato francamente illeggibile, vi ho rinunciato prima di arrivare a metà, e non ho mai più ricominciato. La stessa cosa mi è capitata con il film di Fellini, che ho visto una sola volta per intero (dall’inizio alla fine) e che non mi è piaciuto.
Non è che io sia un lettore che si scoraggia subito, anzi; e per rimanere sullo “scabroso” sono riuscito a leggere anche “L’asino d’oro” di Apuleio, che conservo ancora, e che quanto a nefandezze (mi si passi il lessico d’altri tempi) è anche peggio del “Satyricon” ma che nasconde tra le sue pagine molte cose interessanti e divertenti. Quindi, non rivedrò il Satyricon di Fellini, non per ora almeno. Per oggi mi limito a riportare, giusto per fare un po’ d’ordine, le poche righe di appunti che avevo preso dieci anni fa; in futuro, chissà. Un buon motivo per rivedere il film potrebbe essere questo: il grande lavoro di scenografi e costumisti, Danilo Donati e i suoi collaboratori hanno fatto un vero capolavoro. Dopo questo film, Dante Ferretti (uno dei collaboratori di Danilo Donati) fu chiamato da Pasolini per la “Medea”, e per gli altri suoi film successivi.
«Non mi sembra un film di Fellini, sembra piuttosto il Franco Rossi dell’Odissea, e anche altre cose più “neutre”. Sempre pollice verso per tutte le cose che non mi piacciono insite nella storia, che rendono la prima parte quasi inguardabile: ho visto tutto il film solo per rispetto verso Fellini, e per completezza. Però il film non è male, è sul versante Casanova - E la nave va – La città delle donne, un Fellini che si cerca e che non sempre si trova, ma qui pesa molto anche la produzione. Mi ha fatto piacere rivedere Salvo Randone, del quale però è difficile intuire la grandezza se si conosce solo questo. Molte cose belle nella seconda metà del film.» (gennaio 2001)
- Lasciamo quindi stare il Mastorna, e parliamo di un altro viaggio, quello nel mondo pagano, nel mondo di Petronio, il Satyricon.
Fellini: Insieme al Casanova, al Decameron e all'Orlando Furioso, Satyricon faceva parte, fin dai tempi dei Vitelloni, dei film che promettevo ai produttori, come un contentino, in cambio della Strada e di quant'altro mi interessava davvero. Ma non avevo mai pensato di mantenere davvero quelle promesse. Durante la convalescenza dalla pleurite allergica avevo riletto Petronio ed ero rimasto affascinato da un particolare che prima non avevo saputo notare: le parti mancanti, cioè il buio, fra un episodio e l'altro. Già a scuola, quando si studiavano i prepindarici, avevo cercato di riempire con l'immaginazione il vuoto fra i vari frammenti. Il professore era comicissimo quando pretendeva che dei mascalzoni di sedici anni fossero presi da entusiasmo perché lui declamava con la sua vocina l'unico verso rimasto di un poeta: «Bevo appoggiato alla lunga lancia»; e io allora mi facevo promotore di ilarità sgangherate inventando tutta una serie di frammenti che andavamo sfacciatamente a riproporgli. Ma quella faccenda dei frammenti mi affascinava davvero. Mi colpiva l'idea che la polvere dei secoli avesse conservato i battiti di un cuore ormai spento. Convalescente a Manziana, nella bibliotechina di una pensione, mi capitò in mano Petronio: tornai a provare una grande emozione. Mi fece pensare alle colonne, alle teste, agli occhi mancanti, ai nasi spezzati, a tutta la scenografia cimiteriale dell'Appia Antica o in generale ai musei archeologici. Sparsi frammenti, brandelli riaffioranti di quello che poteva anche essere considerato un sogno, in gran parte rimosso e dimenticato. Non un'epoca storica, filologicamente ricostruibile sui documenti, positivisticamente accertata, ma una grande galassia onirica, affondata nel buio, fra lo sfavillio di schegge fluttuanti, galleggianti fino a noi. Mi pare di essere stato sedotto dall'occasione di ricostruire questo sogno, la sua trasparenza enigmatica, la sua chiarezza indecifrabile. Con i sogni, appunto, succede la stessa cosa. Essi hanno dei contenuti che ci appartengono profondamente, attraverso i quali noi esprimiamo noi stessi, ma alla luce del giorno il solo rapporto conoscitivo che possiamo avere con essi è di natura concettualistica, intellettuale. Per questo i sogni appaiono alla nostra coscienza così sfuggenti, incomprensibili ed estranei. Il mondo antico, mi dissi, non è mai esistito, ma non c'è dubbio che ce lo siamo sognato. Lo sforzo sarebbe stato quello di annullare il confine fra sogno e fantasia, di inventare tutto e poi oggettivare questa operazione fantastica, distaccarsene, per poterla esplorare come qualcosa allo stesso tempo di intatto e irriconoscibile.
- E come ricordi il suo impatto col pubblico?
Fellini: Satyricon fu presentato in anteprima all'American Square Garden, subito dopo un concerto rock. Ci saranno stati diecimila ragazzi. L'eroina e l'hascisc arrivavano in bocca portati dal fumo. Era uno spettacolo stupendo quell'armata favolosa di hippies arrivati su motociclette incredibili e automobili coloratissime accese di lampadine: nevicava e i grattacieli di Manhattan erano illuminati da tutte le parti, tersi lastroni di ghiaccio sfavillante. La proiezione fu entusiasmante. A ogni fotogramma i ragazzi applaudivano; molti dormivano, altri facevano l'amore. Nel caos totale il film andava avanti implacabilmente su uno schermo gigantesco che sembrava restituire l'immagine riflessa di ciò che accadeva in sala. Imprevedibilmente, misteriosamente, in quell'ambiente fra i più improbabili, Satyricon sembrava aver trovato una sua naturale collocazione. Non pareva neanche più mio nell'improvvisa rivelazione di un'intesa così segreta, di legami tanto sottili e mai interrotti, fra l'antica Roma della memoria e quel pubblico fantastico dell'avvenire.
(Federico Fellini, da “Intervista sul cinema” a cura di Giovanni Grazzini, ed. Laterza 1983)
3 commenti:
Invece a me "Il Satyricon" di Fellini è piaciuto molto: certo, ci sono alcune scene di sangue francamente sgradevoli, eppure non ho mai notato in nessun'altra opera felliniana il gusto di rappresentare ogni inquadratura come se fosse un quadro a sé stante. Mi piace in particolare la dimensione altamente onirica di questo film, come ad esempio i due protagonisti che si incamminano in una vera e propria città sotterranea dove ogni vizio è concesso.
Penso proprio che "Fellini Satyricon" sia uno di quei film che rendano molto di più se al cinema. Ad ogni modo, il film è stato recentemente ristampato su dvd da Dell'Angelo Pictures, così come "Il Casanova"... finalmente!
("se visti al cinema", volevo scrivere)
non lo so, magari un giorno cambierò idea: sequenze brutte ce ne sono anche nel Casanova, magari qualche taglio era meglio farlo. Però, certo, il lavoro di Donati e Ferretti è fenomenale. E lavoravano su indicazioni precise di Fellini, è giusto dirlo.
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