martedì 24 novembre 2009

Au hasard, Balthazar ( I )


Au hasard Balthazar (idem, 1966) Scritto e diretto da Robert Bresson. Fotografia Ghislain Cloquet . Musica: Franz Schubert, Sonata D 959; musica leggera di Jean Wiener. Con Anne Wiazemsky (Marie), Walter Green (Jacques), François Lafarge (Gerard), Jean Claude Guilbert (Arnold), Philippe Asselin (padre di Maria), Pierre Klossowski (padrone del mulino), Nathalie Joyaut (madre di Marie), François Sullerot (fornaio), Marie Claire Fremont (moglie del fornaio), Jean Joel Barbier (il prete). Durata: 95 minuti

- Lei è ricco e non ha l'elettricità. Noi non abbiamo più niente, il poco che è rimasto, la casa e il giardino, non è neppure nostro. Papà ha pagato fino all'ultimo centesimo i debiti.
- A questo si arriva quando si mette l'onestà sopra ogni cosa. Tuo padre ha passato tutta la vita a crearsi dei doveri, degli obblighi. Perché? Adesso non c'è persona che creda alla sua innocenza. Io ho forse dei doveri, degli obblighi? No, sono libero. Faccio soltanto quello che può servirmi per guadagnare, e più guadagno e meglio è. La vita è una specie di fiera, un mercato in cui neppure la parola è necessaria, basta solo avere i quattrini. Pagare vuol dire adempiere a tutti gli obblighi verso il prossimo, per quanto sarebbe meglio far lavorare la gente per niente. Ma non tutti vedono le cose nello stesso modo. Se uno è furbo può permettersi tutto, e avere ugualmente la considerazione della gente. Ci vuole disinvoltura, faccia tosta.
(dialogo tra Marie e il padrone del mulino, verso la fine del film)

Ad un certo punto, in "Au hasard, Balthazar" , compare una radio a transistor. Siamo nel 1966, le radio portatili erano ancora una novità: non tutti ce l'avevano. Il ragazzo a cui viene regalata l'accende subito, e ne esce una musica insipida che però piace, e non poco; il ragazzo la porta con sé ovunque.
Robert Bresson, l'autore del film, non lascia mai nulla al caso: la presenza di questa radiolina, per di più in mano ad un personaggio negativo, è il segnale del cambiamento che sta avvenendo nel mondo. Un mondo - il nostro - che è rimasto uguale a se stesso per millenni, ma che da allora ha cominciato a cambiare, repentinamente.
Non so quanto un ragazzo di vent'anni oggi se ne possa rendere conto, ma i miei nonni facevano parte di quel mondo e forse la mia è l'ultima generazione che può arrivare a capire questo film. Prima degli anni ’60, la radio era un oggetto ingombrante, un mobile vero e proprio; e anche i primi televisori erano enormi. E’ in quel periodo che arriva una vera rivoluzione, la radio a transistors: che è piccola e si può mettere anche in tasca. Il nuovo oggetto si diffonde subito e viene rapidamente battezzato “radiolina”, analogamente a quanto si è fatto di recente con il telefono cellulare.
La radiolina, accesa in aperta campagna, rompe un incanto che durava da sempre. E' la fine di un'epoca: anche l'asino protagonista del film (l'asino Balthazar) viene ripetutamente dichiarato vecchio, inutile, sorpassato, ridicolo: fino alla sua morte, nel finale. L'asino di Bresson è l'ultimo testimone di un'epoca, e il nuovo che avanza è comodo e bello, ma è anche invadente, volgare, stupido, inutilmente rumoroso. Con lui, muore anche l'onesto maestro di scuola con i suoi princìpi all'antica e vincono il rumore, la volgarità, la violenza. Da noi, negli stessi anni, è Pierpaolo Pasolini ad accorgersi del cambiamento e a denunciarlo sui giornali e in tv: si tratta di piccoli avvenimenti, quasi banali, che portano qualche miglioramento nelle condizioni di vita ma che sono anche l’inizio di un cambiamento epocale che porterà alla scomparsa di una cultura millenaria.
Come Pasolini, col suo discorso sull'omologazione e la sua paura della tv, anche Bresson era in anticipo di quarant’anni e ha fotografato benissimo, da così lontano, i tempi che stiamo vivendo e dei quali la radiolina a transistor, che rompeva l'incanto del bosco e della campagna, era solo l'inizio, la prima crepa della frana che poi è smottata su di noi -la pubblicità, la volgarità, la stupidità dilagante. Sembra un paradosso, ma con internet e con l’elettronica oggi abbiamo molta più informazione di prima, e molto più accessibile, ma siamo sempre più ignoranti. Abbiamo buttato via una cultura vecchia come l'umanità, e tutti gli archetipi ad essa associati, per avere in cambio una radiolina qualsiasi, che trasmette soltanto dediche, canzoncine e (soprattutto) pubblicità. Ci siamo venduti l'anima: non per denaro o per conquistare il mondo, ma per una radiolina portatile.

Di regola, non mi piace fare i riassunti dei film. Con Bresson mi sembra invece l’unica strada possibile: prima di tutto per me, per capire meglio cosa succede nei suoi film. Bresson è un autore molto difficile, e ho quasi sempre trovato poco utili i libri a lui dedicati (con le dovute eccezioni, come è ovvio). E’ per questo che provo a riassumere il film mettendo insieme le informazioni che ho raccolto, e sperando di non fare troppi errori.

Siamo in Francia, ai tempi in cui fu girato il film (1966). Si parte però da una decina d’anni prima: tre bambini che vivono in campagna hanno un nuovo compagno di giochi, un asinello appena nato.
Per gioco, e anche per affetto perché l’asinello è molto simpatico, i tre bambini battezzano l’asino e gli danno il nome di Balthazar. E’ un battesimo con tutti i crismi, con l’olio e con la formula del battesimo cattolico: è solo un gioco di bambini, ma la metafora è chiara e bisogna dire che l’asinello si merita quest’onore.
Dei tre bambini, due sono fratello e sorella; la terza è figlia del maestro di scuola. Ma questi dettagli li apprenderemo più avanti, è tipico di Bresson richiedere molta attenzione (e memoria) allo spettatore dei suoi film. Bresson procede per frammenti accostati, con lunghe scene narrative e salti temporali e di luogo che possono disorientare e magari far perdere la voglia di vedere il film fino alla fine: posso assicurare che vedere un film di Bresson fino alla fine non è facile ma ripaga sempre, e ne vale davvero la pena.
Vediamo comunque una delle bambine ammalarsi; quando muore, suo padre se ne va dalla campagna portandosi dietro l’altro bambino suo fratello. Più avanti, verremo a sapere che ha concesso al maestro (padre dell’altra bambina) di coltivare le sue terre secondo tecniche innovative, tecniche di coltivazione alle quali il maestro è molto appassionato.

Nei titoli di testa, prima dell’inizio del film, avevamo ascoltato una brano per pianoforte di Schubert, indicato come proveniente dalla Sonata per pianoforte n.20: che oggi viene indicata come Sonata D 959, l’inizio del secondo movimento (andantino). Non è facilissimo orientarsi nelle opere di Schubert, che hanno avuto catalogazioni diverse nel corso dei decenni passati. Questo film è del 1966, nel frattempo è stato compilato un nuovo catalogo; Schubert morì molto giovane, lasciando molti inediti e molti frammenti e appunti. La musica è suonata dal pianista Jean Joel Barbier, che vedremo come attore verso la fine del film (è il prete), ed è interrotta dal raglio dell’asino. Poi la musica di Schubert riprende, e inizia il film come si è visto prima, con la nascita e il battesimo dell’asinello.

Passano circa dieci o dodici anni, Maria è una giovane donna; suo padre non è più maestro di scuola ma coltiva con successo quelle “terre non sue”. Balthazar è un asino adulto, e viene impiegato per tirare il calesse su cui viaggiano il maestro di scuola e sua figlia; ma sulle strade ci sono ormai più automobili che carrozze, anche in campagna. L’asinello da piccolo era una cosa bella, oggi è solo un asino; Maria gli dimostra ancora affetto, ma è tutta un’altra situazione.
Arrivano dei giovani in motorino: deridono l’asino che tira il carretto e anche Maria e suo padre; spargono olio sulla strada per il piacere di vedere le macchine uscire di strada.

Marie e suo padre vanno alla Messa, dove si canta il Panis Angelicus. Di seguito, veniamo a sapere che ci sono problemi per il possesso della terra coltivata dal padre di Maria: gli si chiede un rendiconto, lui tira fuori carte in cui si dice che non è tenuto a dar conto di quello che fa. Si andrà quindi in tribunale, ma in paese si comincia a dire che il maestro si è impossessato illegalmente della proprietà.
Torna il figlio del proprietario della terra, Jacques, con una macchina sportiva di lusso e ben vestito; riconosce l’asinello che avevano battezzato insieme. Il ragazzo dice a Maria che è sempre innamorato di lei, ma lei è indecisa. Jacques va dal padre della ragazza, che però lo scaccia in malo modo; il ragazzo era uno dei pochi che stava dalla sua parte, ora il maestro non ha più amici. Jacques se ne torna in città.

Anche il maestro ora ha l’automobile (una Citroen 2CV, ovviamente...) e l’asino non serve più, sarà venduto. “L’asino ci rende ridicoli”, dice il maestro; e inoltre Maria, dopo la conversazione con Jacques, si è chiusa in casa e non se ne prende più cura.

Balthazar viene comperato dal fornaio, che lo usa per consegnare il pane nelle campagne circostanti. Il fornaio prende con sè a lavorare uno dei giovani teppisti, Gérard. (Siamo intorno al minuto 20.)
L’asino paziente porta il pane; ma il ragazzo Gerard lo maltratta e gli accende del fuoco sulla coda.
Assistiamo alle scene della consegna del pane, secondo metodi antichi ormai persi: Gerard va per la campagne, lascia il pane nelle cassette di legno lungo la strada, ritira i soldi e li mette in un borsellino, poi suona un piccolo corno da postiglione per segnalare di essere passato. Quando torna al negozio mette i soldi in un cassetto di cui ha la chiave; la moglie del fornaio lo sorveglia e lo ha preso in simpatia.
Maria in auto ritrova l’asino con Gerard. Gerard sale sulla 2cv. Avances di Gerard. Alla fine, Gerard suona il cornetto in segno di vittoria.
Al minuto 32 la fornaia dà a Gerard soldi, una moto e una radio portatile: ma a condizione che non si veda più con Maria.

Scena della gendarmeria: il barbone Arnold viene accusato di un omicidio e gli prendono le impronte digitali. Con lui, sotto inchiesta i giovani teppisti e Gerard. I giovani pensano che Arnold li abbia denunciati ma non è così; scena del pestaggio di Arnold. Maria arriva con Gerard sulla moto, e assiste al pestaggio.
Al minuto 40 l’asino raglia su una canzone trasmessa dalla radio.
Neve. L’asino sta male, stanno per ucciderlo ma Arnold il barbone (che ne ha già un altro) si offre di prenderlo con sè. “Ma se non cammina nemmeno più...” Però Balthazar guarisce: ora Arnold ha due asini.
Con gli asini, Arnold accompagna due pittori per le campagne: i due intellettuali parlano di arte ma anche di alcolismo. Sotto l’influsso dell’alcol si può uccidere e non ricordarsi di nulla. Arnold, rimasto solo, ripensa all’accusa che ha rischiato di portarlo in prigione e promette di non bere mai più; ma lo vediamo bere subito nella sequenza successiva, e molto. Nel bar, Arnold scaccia l’asino con una sedia: gli grida “Satana e menagramo!”. Ma poi riprende con sè tutti e due gli asini.
Con gli asini, Arnold arriva in città; davanti al tribunale rivediamo il maestro che sta perdendo la causa.
(continua)

2 commenti:

Ismaele ha detto...

l'ho (ri)visto ed è bellissimo!

e nel piccolo post che farò sei citato:)

Marie la "conoscevo", è Odetta in "Teorema" di Pasolini

Giuliano ha detto...

è stata la signora Godard, se non ricordo male (una delle tante, beato lui!)
ho scritto questi post perchè dai libri "ufficiali" su Bresson non avevo mai ricavato niente...anche invecchiare serve a qualcosa, le prime volte ero rimasto molto colpito ma tante cose non le avevo capite