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“Rapporti di classe” è Amerika di Franz Kafka. Kafka ne esce in modo memorabile e impressionante, quasi letterale, anche se ci sono dei tagli (inevitabili), anche se un elicottero passa dietro alla Statua della Libertà, i treni e i telefoni non sono quelli del 1914, e anche se il signor Pollunder non è grassottello come sta scritto nel libro. Siamo quasi alla perfezione nel tradurre un romanzo per il cinema; a “Rapporti di classe” mancano solo l’umorismo e il senso del grottesco che ci sono nel romanzo, e in tutto Kafka, e che certamente avrebbe messo Fellini – molto interessato, per anni, ad un adattamento del libro - ma Fellini sarebbe stato meno preciso (meno tedesco?). A Fellini (che di "Amerika" ha messo una piccola parte in "Intervista") sarebbe andata a meraviglia la parte del Libero Teatro di Oklahoma, dove ognuno troverà il posto che gli compete, ma quella parte Kafka non l’ha scritta: è lo scenario su cui apre quello che viene ritenuto il finale del libro, ma il libro è incompiuto.
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Karl Rossmann però appare arrogante, scostante: non lo ricordavo così nel libro. Leggendo, lo avevo sempre trovato più ingenuo, naif; Straub-Huillet (ed è un’interpretazione più che legittima) ce lo mostrano mentre pensa di poter indirizzare la sua sorte, il suo futuro, mentre altre persone lo rimandano sempre “al suo posto”, al posto che è predisposto per lui. «Lei è testardo, le si vorrebbe far del bene, e lei resiste con tutte le sue forze. » dice la Capocuoca a Karl. Ma poi gli offre un posto di lavoro molto misero, da lift in un albergo, e non lo difenderà quando sarà necessario farlo. E’ qui che nasce la differenza con Kafka, e con Pinocchio, ed è qui che si vede l’interpretazione che sottintende ad una messa in scena così fedele.
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Siamo davanti ad un’interpretazione molto politica. Anche qui, come sempre nei loro film, Straub e Huillet rimangono più che fedeli al testo, che viene letto integralmente (i dialoghi sono gli stessi che troviamo sul libro): ma il lavoro sottotraccia non può passare inosservato, e del resto è un lavoro che non va mai contro al testo di Kafka, ma anzi apre nuovi orizzonti di interpretazione.
Ho sempre avuto una grande ammirazione per Straub e Huillet, fin da quando mi capitò di vedere uno dei loro film, “Morte di Empedocle” (1987, su testo di Hölderlin). Il testo veniva recitato, a memoria, da attori non professionisti disposti a cerchio, all’aperto. Il suono in presa diretta, l’inquadratura fissa, gli attori non professionisti, la radura in cui era ambientata la lettura, tutto rimandava ad un ricordo ben preciso: gli uomini libro di Fahrenheit 451. Ed è appunto questo il loro stile e il loro credo poetico (e politico), dal quale si sono leggermente discostati, facendo film “normali”, rare volte, come in questo “Rapporti di classe” e in “Conversazione in Sicilia” di Vittorini, un altro capolavoro di regia (che per noi ha il vantaggio di essere recitato in italiano) uscito nel 1999 con il titolo “Sicilia!”.
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I due registi facevano coppia, nella vita e nel lavoro; i loro lavori sono firmati Straub-Huillet, col trattino, come se fossero una persona sola. E io mi sono spesso chiesto come hanno campato in tutti questi anni, se avessero altre fonti di reddito, perché certo questo genere di cinema di soldi non ne procura, a chi lo fa. Cerando su internet ho scoperto che Danièle non c’è più, dal 2006. Ho anche trovato una bella intervista, sul sito www.cineboom.it , completa di fotografie. E’ un’intervista molto dura e diretta, ma da conoscere. Siamo al filmstudio, gennaio 2005; l’intervista completa la trovate sul sito, qui ne porto alcuni estratti che mi hanno colpito, taglio e incollo facendo conto che si tratti di una voce sola, come forse a loro sarebbe piaciuto.
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2 commenti:
Perfetta la relazione con Pinocchio. Ci sono persino le corse per sfuggire ai gendarmi.
Ha sorpreso anche me l'interpretazione in chiave politica, anche se gran parte della critica letteraria è propensa a volgere in questo senso molte delle opere di Kafka.
La cantante Brunelda si ritrova nel cinema di Fellini. La prima donna che mi viene in mente è la proprietaria della pensione in cui alloggia in "Roma" il giovane Fellini.
Da incorniciare l'intervista che hai riportato.
non è un film facile da vedere, ma chi conosce il libro rimane incantato a guardare.
Del resto, Straub e Huillet non hanno mai fatto film per il botteghino (anzi...)
La lettura politica secondo me ci sta tutta, anche Pinocchio è in gran parte un libro politico, e basterà pensare ai due tizi che consigliano di seppellire gli zecchini d'oro così poi crescerà la pianta: dalla Parmalat alla Goldman Sachs, dai bond argentini al crac Cragnotti, eccetera...tanti ci sono cascati, come Pinocchio.
Ho visto di recente qualcosa di Straub da solo, non è la stessa cosa. Penso proprio che Danièle Huillet fosse il vero autore, della coppia.
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