sabato 31 luglio 2010

Dino Buzzati al cinema

Non è stato molto fortunato, al cinema, Dino Buzzati. E’ un peccato, perché di storie belle ne ha scritte tante, e molte sarebbero l’ideale per un film, ancora oggi.
Faccio una rapida ricerca su imdb, e trovo poco, i film interessanti li elenco qui sotto:
- Il fischio al naso, 1967, regia e interpretazione di Ugo Tognazzi, dal racconto “Un caso clinico”;
- Il deserto dei Tartari, 1976, regia di Valerio Zurlini;
- Il segreto del bosco vecchio (1993) e Bàrnabo delle montagne (1994), di Ermanno Olmi e di Mario Brenta (ma prodotto da Olmi).
E prima di tutti questi c’era stato “Un amore”, del 1965, regia di Gianni Vernuccio: ma questo film merita un cenno particolare, e ne parlerò per ultimo.
Dino Buzzati è uno dei “miei” autori, e quindi quando uscì il film di Zurlini andai a guardarlo con una certa apprensione. E’ un buon film, girato in Iran in una location memorabile (purtroppo danneggiata dal recente terremoto), ed è anche molto fedele al libro: ma non è che “Il deserto dei Tartari” sia reso al meglio. C’è qualcosa di rigido, di legnoso, in questo film così accurato: avrebbe tutto per essere perfetto, ma non lo è. E, alla fine, devo ammetterlo, sono rimasto deluso.
Molto deludente, sotto tutti i punti di vista, è invece il film di Tognazzi: che non rende nulla della sottile angoscia del racconto, cerca di virare al comico o al grottesco inventandosi un “fischio al naso” che in Buzzati non c’è, e allunga troppo un racconto che ha nella concisione narrativa il suo punto di forza. Il film di Tognazzi, di per sè, è interessante e ben fatto: ma chi conosce Buzzati ne resterà per forza di cose deluso.
Sono invece molto belli i due film di Olmi e di Brenta, che hanno saputo cogliere bene lo spirito di Buzzati. Non sono film facili, e non sono nemmeno film per tutti i giorni e tutti i momenti; ma quando si trova lo spirito giusto, vale davvero la pena di cercarli.
Quando uscì “Un amore”, nei primi anni ’60, per i lettori di Buzzati fu uno shock. Buzzati stesso racconta lo stupore, e anche gli insulti, che gli piovvero addosso: perché l’aereo Buzzati questa volta si era immerso per bene nella realtà, raccontando dell’amore di un uomo della sua età per una giovane prostituta, conosciuta in una casa di appuntamenti. Il libro è sincero, di una sincerità disarmante che ha dei precedenti illustri: e vorrei ricordare soprattutto “Senilità” e anche “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, nei suoi capitoli centrali. Ma Svevo non è così esplicito, pur essendo altrettanto sincero, e maschera abilmente la realtà della relazione; Buzzati invece ne parla apertamente, e da un signore come lui questo non se lo aspettava nessuno.
Sarebbe un argomento molto complesso, qui mi limiterò a dire che il film del 1965 l’ho solo guardato di sbieco, tanti anni fa; e che il libro di Buzzati ho cominciato ad amarlo da poco: fin qui gliene avevo preferiti altri, soprattutto i racconti. Ci sono tante cose che mi tengono lontano dal film, e che non mi fanno venire voglia di rivederlo; e la prima è la lista degli attori. I protagonisti sono Rossano Brazzi, un attore molto legnoso e poco adatto alle sfumature necessarie per il personaggio, e la sorella di Catherine Spaak, Agnes, allora diciottenne.
Guardo le foto di Agnes Spaak, molto somigliante alla sorella: le confronto con i mille disegni di Buzzati che ben conosco, e non trovo nulla che la renda adatta all’interpretazione di Laide, la protagonista di “Un amore”. Se devo pensare ad un’attrice adatta per il ruolo, mi viene in mente quasi soltanto Ottavia Piccolo (poco utilizzata dal cinema, eppure bravissima); e per la parte maschile, forse Mastroianni – che però all’epoca era troppo giovane. O magari, spostandoci in America, Wynona Ryder e Dustin Hoffmann...

Ma di Laide abbiamo due ritratti: uno disegnato da Buzzati stesso, e l’altro è la descrizione che troviamo al loro primo incontro, all’inizio del capitolo terzo; ed è con questa descrizione che chiudo il mio ragionamento, non senza aver fatto notare il riferimento a Breughel: tutt’altro che casuale. (il disegno alla fine del post viene da "Poema a fumetti" di Dino Buzzati, pubblicato anche negli Oscar Mondadori).
(...) Nel salotto, per così dire, c'era un divano ad angolo, un tavolo rotondo, un altro divano lungo, un armadietto, un armadio a muro. Mobili cosiddetti moderni, tipo Svezia, abbastanza semplici, un vago senso di pulizia. Stupiva la presenza, sui muri, di due grandi riproduzioni di Breughel il vecchio: le famose scene di contadini. Chissà come erano capitate là, o erano state scelte.
Era là, seduta sul divano lungo. Lui ne ebbe al primo sguardo un'impressione gradevole però niente di straordinario. Un faccino pallido, reso arguto dal naso dritto e prominente, dalla bocca piccola, dagli occhi tondi e attoniti. C'era qualcosa di fresco, di popolaresco, ma non volgare. Guardò, cercando di misurare il piacere che ne sarebbe presto seguito. Si accorse che l'ovale del volto era bellissimo, puro, benché non avesse niente di classico. Ma soprattutto colpivano i capelli neri, lunghi, sciolti giù per le spalle. La bocca formava, muovendosi, delle graziose pieghe. Una bambina.
La bocca aveva labbra sottili ma rilevate non apertamente sensuali, però maliziose. Il labbro inferiore, relativamente, sporgeva un poco, tanto più che il mento era piccolo, stretto e di profilo rientrante. Non aveva rossetto. La bocca era ferma e tesa, molto piccola in proporzione alla faccia, ma importante. Tutta la faccia era compatta per la tensione estrema della giovinezza. Era una faccia decisa, spiritosa, ingenua, furba, pulita, provocante. Lui si ricordò di una Madonna di Antonello da Messina. Il taglio del volto e la bocca erano identici. La Madonna aveva più dolcezza, certo. Ma lo stesso stampo netto e genuino. In questi approcci Dorigo era sempre imbarazzato. Il giudizio segreto di lei lo atterriva. Sapeva di non essere bello. Anzi. La sua faccia gli aveva sempre procurato dispiacere. Ancora da ragazzino, passando davanti alle vetrine dei negozi, gli capitava di guardarsi, trovando sul vetro la propria immagine. Ogni volta era una umiliazione. Che faccia odiosa, che faccia da cretino, a che donna sarebbe mai potuto piacere? (...)
(Dino Buzzati, Un amore, inizio capitolo terzo)

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche a me piace molto lo stile di Buzzati. Ho letto soltanto due dei suoi libri, ma altri vorrei leggere più in là. Non ho visto nessuno dei film che hai menzionato, caro Giuliano, e almeno "Il Deserto dei Tartari" vorrei guardarmelo, prima o poi.

ps: vale forse la pena di aggiungere al tuo bel post la collaborazione Fellini-Buzzati per "Il Viaggio di G. Mastorna", film che purtroppo non è stato mai realizzato.

Giuliano ha detto...

Hai ragione, però il "Mastorna" è rimasto nel campo delle belle ipotesi...Chissà cosa ne sarebbe uscito.
Buzzati l'ho conosciuto sulle pagine del "Corriere dei Piccoli", è diventato una presenza familiare quasi senza che me ne rendessi conto. Scriveva degli articoli apposta per i bambini, sempre con grande professionalità...

Mauro ha detto...

Ho letto da poco "un amore", e ne sono rimasto molto colpito, per la sua sincerità, la sua "scomodità", anche brutale, a volte.
In effetti si presta bene ad un adattamento su grande schermo (che non ho visto), ma è vero, gli attori non sembrano poi molto azzeccati. Mastroinanni- Piccolo sarebbe stata una bellissima coppia. concordo.

Giuliano ha detto...

Non sempre i film si fanno con gli attori giusti, ed è un peccato. Questo di "Un amore" mi sembra il classico caso in cui è la produzione a dettare il cast, ma pensa a quante versioni di testi teatrali (i musical!) sono state rovinate dalla presenza di personaggi famosi o "da spingere"...
Ottavia Piccolo l'ho vista in teatro con Strehler, nel Re Lear, e da allora me ne sono innamorato perdutamente. Ha fatto molto cinema, per esempio "Serafino" di Germi con Celentano, e anche qualcosa con Visconti, ma niente di veramente memorabile; però nel 1965 era quasi una bambina, va detto.

Anonimo ha detto...

Come mi ero ripromesso, ho iniziato a leggere qualcosa in più su Buzzati: qualche giorno fa ho comprato "Un amore" e "La boutique del mistero". In questo secondo libro, che è una raccolta di racconti, ho trovato "Sette piani", del quale sono rimasto molto colpito: ne è stato poi tratto "Un caso clinico" e da qui il film di Tognazzi menzionato nel post. Ecco, ora vorrei proprio vedermelo quel "Fischio al naso", anche se non ne fai un bel ritratto, caro Giuliano. Ti farò sapere, magari avremo modo di riparlarne.

ps: invece "Il Deserto dei Tartari" sono riuscito a vederlo, l'hanno passato su La7 di recente (m'è piaciuto, anche se, certo, il romanzo è superiore).

ps2: scusa la logorroicità, è che oggi sono troppo contento, Alonso ha vinto a Monza! :)

Giuliano ha detto...

Non ho ancora aggiunto il "Mastorna" di Buzzati per Fellini, che tu mi avevi segnalato: ci sto ancora rimuginando sopra.per queste cose ci vuole tempo, nel senso che certi post hanno bisogno di maturazione (in appositi tini...)
:-)
(fanno dei bei vini, in Abruzzo)

Marisa ha detto...

Il film di Zurlini mi era piaciuto molto e, anche se rispetto al libro è parziale riguardo ai contenuti, l'ho trovato di una particolare intensità metafisica e grande bellezza visiva.
Gli altri non li conosco e, da quello che scrivi, mi sembra di non aver perso niente.
Quando però mi capita di passare dalle parti di Ponte Vetero e Corso Garibaldi mi viene spontaneo guardare se per caso sia rimasta qualche stradina nascosta e quache ragazza con quelle caratteristiche ne possa sbucare fuori...
Mi è rimasta impressa la fine di "Un amore": quelle grandi malinconie che ci prendono da ragazzi...

Giuliano ha detto...

E' un bel film, quello di Zurlini: è stato girato in Iran in una grande fortezza antica che in seguito è stata colpita e danneggiata dal terremoto - non ricordo il nome del posto, ma mi pare di ricordare che gli abitanti del posto ci vivono dentro e la ricostruiscono ogni volta, quasi uguale, nel corso dei secoli è stata ricostruita più volte. Però non riesco a immaginare il tenente Drogo con la faccia di un attore famoso, e nemmeno gli altri. Forse è questo il vero limite del film?

Anonimo ha detto...

Eh, su un post da dedicare al "Mastorna" ci penso spesso anch'io. Ho letto due volte la sceneggiatura originale, pubblicata di recente come se fosse un romanzo. Comunque spero che tu mi preceda, Giuliano, magari integrando il tutto con le sequenze iniziali di "Block notes di un regista". Tranquillo però, fai con calma, i miei tempi "blogghistici" stanno diventando biblici. :)

Giuliano ha detto...

Dopo il Casanova provo con Amarcord, ma sai già che il mio parere su Amarcord è abbastanza negativo. (andrà a ottobre, credo)