giovedì 8 luglio 2010

Quintet ( IV )

Quintet (1979) Scritto e diretto da Robert Altman. Sceneggiatura di Robert Altman, Lionel Chetwynd, Patricia Resnick, Frank Barhydt. Fotografia: Jean Boffety. Musica: Tom Pierson. Interpreti: Paul Newman (Essex), Vittorio Gassman (Saint Christopher), Fernando Rey (Grigor, il giudice), Bibi Andersson (Ambrosia), Brigitte Fossey (Vivia), Nina Van Pallandt (Deuca), David Langton (Francha), Craig Richard Nelson (Redstone). Durata: 118 minuti
Quintet ci presenta un mondo senza nascite e senza stranieri, dove i cani sono gli unici animali rimasti: ma sono loro a mangiare noi, e non viceversa. La città è in preda ai cani, che non sono aggressivi ma attendono tranquilli, perché sanno che il cibo non mancherà. Dai dialoghi apprendiamo che gli altri animali sono estinti, ci sono ancora dei pesci e delle foche, sempre più rare; il protagonista è appunto un cacciatore di foche, giunto in città perché le foche sono ormai diventate introvabili. E’ da notare un doppio senso: la stessa parola, seal, in inglese significa sia “sigillo” che “foca”; Essex (Paul Newman) è dunque seal hunter, cacciatore di foche ma anche cacciatore di sigilli. Un doppio senso probabilmente legato ai sette sigilli dell’Apocalisse di San Giovanni.
In questo mondo senza nascite giunge Vivia, compagna di Essex, che è incinta: i presenti la guardano come un prodigio, non si credeva che fosse ancora possibile. Ma la speranza durerà poco tempo. E’ da sottolineare anche un altro dettaglio, la presenza del cane come unico animale, o quasi: sta per accadere anche da noi, nella vita reale, ed anzi siamo già a buon punto. Una volta era normale, per un bambino, avere a che fare con conigli, galline, pulcini, tacchini, uccelli di ogni tipo, maggiolini, farfalle, magari anche mucche e asini e cavalli; oggi siamo ridotti ai soli gatti e cani domestici, spesso animali castrati, domestici, da appartamento. Per completare il ragionamento in chiave realistica, bisognerebbe parlare di topi e scarafaggi: ma si andrebbe fuori tema e non è una questione importante per il film.

Un’altra questione che rischia di diventare molto realistica è quella dei razionamenti, dell’energia elettrica scarsa e razionata, dell’assenza di combustibili, magari del coprifuoco: oggi con le nuove tariffe luce e gas (le “biorarie”) e con altri provvedimenti in corso d’approvazione o già approvati, è sottotraccia, ma ben presente, la sensazione di un inizio di razionamento e di costi energetici che in futuro potranno permettersi in pochi. Di questo aspetto fa parte anche la breve sequenza in cui si vedono treni modernissimi fermi nella neve: si va a piedi, per chi vuole spostarsi le distanze tornano ad essere enormi, a misura d’uomo.
La sepoltura dentro il fiume ghiacciato, per evitare che i propri cari finiscano preda dei cani, è un’altra sequenza molto forte, che Altman ci mostra quasi in tempo reale: il valore simbolico ed emotivo è fortissimo.

“Quintet” è anche un film che apre una serie di rimandi in teoria infiniti: a me sono venuti in mente l’ I-Ching, la partita a dadi del Mahabharata, “Il pianeta proibito” per alcune scenografie e per l’abbandono di una tecnologia straordinaria (la sala dei computer completamente abbandonata, dove Essex fa ricerche). Ma anche “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman, e perfino “La regola del gioco” di Jean Renoir hanno qualche attinenza con “Quintet”.
E non si possono dimenticare, nella scenografia, le foto di bambini neri africani appese come enorme poster alle pareti del casinò: sfamare l’Africa, quanto se ne è parlato... Sarebbe bastato poco, invece abbiamo preferito pensare ai nostri personalissimi interessi, e questo è il risultato.

Altri dialoghi da ricordare:
Essex/Redstone parla ad Ambrosia (Bibi Andersson) della lista con i giocatori di Quintet:
Ambrosia: Forse sei in errore: non cercare un significato che non esiste. La morte è un arbitrio, perciò è motivo perpetuo di proteste.
Essex: C'è anche il tuo nome su quella lista.
Ambrosia: Cercare di prolungare la vita non ha scopo: tra pochi anni, forse, tutto il morire sarà compiuto.
...
Saint Christopher: Tu giochi al buio, ed è una tattica pericolosa. Non potrai mai capire il disegno finché non sei parte del disegno.
Essex: Con questo vuoi dire che lo sarò?
Saint Christopher: Certo! Nel preciso momento in cui sarà troppo tardi.
...
Grigor: (...) Se è di chiacchiere che hai voglia, vieni con me, Redstone! Conosco un posto dove si può bere e parlare della vita.
Essex: Qui ho visto solo la morte, e la prospettiva di morire.
Grigor: Ma è proprio questo che dà valore alla vita! Ogni volta che tu frodi la morte, tu senti il puro brivido della vita! In questo consiste il mio lavoro. E' per questo che sono così soddisfatto, in questo algido mondo!
Essex: Dimmi, esattamente quale è il tuo lavoro?
Grigor: Mantenere in vita il gioco. E' la sola cosa importante. La sola manifestazione intelligente rimasta è il gioco del Quintet. Tutti gli elementi della vita sono contenuti in esso: la nostra arte, la nostra filosofia... Tutti i valori autentici si addicono al gioco. Il gioco è la sola cosa di valore. Andiamo, andiamo!
...
Anche Deuca è stata uccisa. Grigor convoca Ambrosia e Saint Christopher, che ora dovrebbero sfidarsi; ma c'è in gioco anche Essex/Redstone. Che fare? Saint Christopher ha già ucciso il vero Redstone, ma si rimette alla decisione dell'arbitro.
Ambrosia: (...) Nell'ignoto c'è speranza.
Saint Christopher: Speranza?! E' un vocabolo cancellato. Io sollecito un giudizio.
Grigor: L'impostore, anche se non ha partecipato al gioco per sua scelta, è dentro al gioco. E' come la vita: nessuno c'è dentro per sua scelta. L'uomo che porta i pezzi di Redstone, è Redstone. La sua vita non è importante, al di fuori del gioco.
Saint Christopher: E così sia.

La mattina dopo Ambrosia invita Essex a stare attento a Saint Christopher:
Essex: Se avesse voluto uccidermi lo avrebbe fatto ieri sera.
Ambrosia (mentre Essex si allontana): Ieri sera non era oggi...
...
Essex e Saint Christopher si scontrano tra la neve, fuori della città.
Saint Christopher (grida, da lontano): Redstone!
Essex: Mi chiamo Essex.
Saint Christopher: Quello era ieri. Oggi tu sei Redstone. Sei pronto a giocare? La morte ha fretta...
Ma non c'è combattimento: Saint Christopher scivola nella neve, e muore così, ucciso dalla sua stessa arma. Al ritorno, Essex viene avvicinato amichevolmente da Ambrosia; ma immediatamente tira fuori un lungo coltello e la uccide. Anche Ambrosia aveva in mano, nascosta nella pelliccia, un'arma simile...
...
(Essex entra nell'atrio con il cadavere di Ambrosia)
Grigor: Non avresti dovuto portarla qui! Porta quel corpo fuori di qui!
Essex: E' la prova! Ho vinto! Qual è il premio?
Grigor: Il premio?? Vincere. Essere vivo! Questo è l'unico premio. Giochi per il brivido che ti dà. E' la vita stessa. (...) Puoi avere il senso della vita solo quando la morte è vicina. Lo spirito del Quintet è questo: quelli che giocano si battono per la loro vita, avresti dovuto impararlo. Non è così?
...
Grigor: Aspetta! Dove vai? Non esiste più un altro posto in cui andare. Non c'è più nient'altro da guadagnare. Non c'è più niente da imparare. Perciò cercare non ha scopo. E' come restare per tutto il giorno chiuso nel limbo, lanciando un'infinita serie di inutili sei.( Essex si allontana a piedi, tra la neve, verso Nord.)
Per concludere questo viaggio dentro “Quintet” (uno dei film più bistrattati in assoluto da critica e pubblico, ed è un peccato) penso che mettere questa poesia di Robert Frost sia un’ottima cosa, anche se forse con Quintet non c’entra molto ormai mi è venuta in mente e non posso fare a meno di metterla. Però con Quintet non ho ancora finito, già che sono arrivato a quattro post farò anche il quinto; e per il sesto, lascio spazio all’imponderabile.
FIRE AND ICE
Some say the world will end in fire,
some say in ice.
From what I've tasted of desire
I hold with those who favor fire.
But if I have to perish twice,
I think I know enough of hate
to say that for destruction ice
is also great
and would suffice.
(Robert Frost, 1874-1963 )
(Alcuni dicono che il mondo finirà tra le fiamme, altri dicono tra i ghiacci. Da quel che io ho assaggiato del desiderio, starei dalla parte di chi ha scelto il fuoco; ma se dovessi morire/distruggere due volte, penso di conoscere abbastanza dell’odio per dire che per distruggere anche il ghiaccio è grande, e potrebbe bastare) (traduzione che perde tutta la metrica e le rime, ahimè)

4 commenti:

Filippo ha detto...

Ho scoperto questo blog da poco, cercando notizie su Tarkovskij e Herzog. Adesso ho deciso che guarderò tutti i film qui segnalati. Grazie!

Giuliano ha detto...

Grazie a te, Filippo! Di Tarkovskij ho messo tutti i film, Herzog ne ha girati molti di più e non so se riuscirò nell'impresa...
Però, occhio che io porto qui solo i film difficili, quelli che ho fatto fatica a capire anch'io - non è detto che tutto piaccia. (Questo film di Altman, per esempio, è un bel po' difficile)

Filippo ha detto...

Appunto! Proprio per questo mi piace questo blog!!!

Giuliano ha detto...

Questa poesia di Frost un tempo la sapevo a memoria...
(A proposito, Frost è il gelo, non ci avevo pensato)
:-)