The wild blue yonder (2005)
Bruttino l’alieno imbranato di Herzog, del 2005. Viste le ultime sue cose, direi che Herzog continua a piacermi, ma forse dovrebbe fermarsi, leggere un po’, ma le cose giuste... (dicembre 2006)
Lo registro un'altra volta dalla tv per caso e decido di rivederlo, ma dopo un po’ mi stufo, gli trovo gli stessi difetti dell’altra volta. Gli ufo a Roswell ormai sono un argomento logoro, e lo erano già nel 2005 (a meno che non salti fuori qualcosa di nuovo...). Continuo a trovare insensato l’abbinamento dei tenores di Orosei con queste immagini. Le immagini degli astronauti sono state anch’esse viste e riviste in più occasioni, anche nei tg: caro Herzog, che fine hanno fatto i tuoi bei discorsi degli anni passati sulle “immagini mai viste” e quindi necessarie... E molto altro ancora. Nella colonna musicale c’è anche una cantata di Haendel, e l’aria dal Serse con una cantante che non riconosco; anche il nome mi dice poco, dovrei indagare. (luglio 2011)
Hanussen – Invincibile (2008)
Werner Herzog. Invincibile Con Tim Roth, Jouko Ahoia, Anna Gourari
Nel 1932 Zishe, giovane fabbro ebreo, parte da un villaggio di campagna polacco alla volta di Berlino. La sua forza sovrumana ne fa l'attrazione dello spettacolo di un geniale ciarlatano, Hanussen (Tim Roth), che sogna di diventare ministro dell'Occulto nel futuro governo Hitler. L'uomo forzuto deve indossare una parrucca bionda e travestirsi da Sigfrido, mentre i suoi muscoli entusiasmano i nazisti in platea. Sarà l'arrivo del mistico fratello minore a indurlo alla ribellione, facendolo sentire un Sansone destinato a proteggere il suo popolo. Dopo una serie di film antinarrativi e non ortodossi, il vecchio ribelle del cinema Werner Herzog torna con Invincibile a un'opera ispirata sì a una storia vera, ma elaborata in forma di fiction, (ben) recitata e messa in scena con inquadrature ampie e "classiche". L'effetto è pregevole, commovente; la forza della parabola, insolitamente penetrante; il mix d'inquietudine e serenità, a tratti, ammirevole. Con una nota d'onore a Tim Roth per la versatilità con cui sa affrontare (da "Hulk" a “Funny Games", a questo), parti diversissime tra loro. Il suo Hanussen, mefistofelico ma ferito nel profondo e custode di un segreto, è un personaggio che val la pena di conoscere. (r. n.) repubblica 5.7.2008
Devo ancora vederlo. Su Hanussen esiste anche un film di Istvan Szabo, protagonista Klaus Maria Brandauer.
My son, my son, what have ye done (2009)
Riprovo con Herzog, “My son” del 2009, e l’impressione di trovarsi di fronte a un suo allievo, e a tratti ad un imitatore, è molto forte. Ho finito di vedere il film solo per pura cortesia verso un autore che mi ha dato moltissimo, e che continua a fare cose interessanti – ma dove è finito il discorso sulle immagini necessarie, non viste e riviste? Herzog gira spesso a vuoto, i suoi “finti fermo immagine” sono belli ma privi di vero significato, anche la scelta delle musiche è molto deludente se si pensa a quello che Herzog ha saputo fare in passato. Il finale è un pallone da basket lasciato su un piccolo albero senza foglie, raccolto da un ragazzo, al suono di una ballata di mariachi messicani: perfetto tentativo di imitare Werner Herzog, ma senza forza e senza significato. Tutto molto superficiale e senza convinzione, verrebbe da dire: chissà però cosa ne pensa chi oggi ha diciott’anni e non conosce null’altro di Herzog...
Mi sono segnato queste cose: 1) i tiratori scelti e gli agenti di polizia che assediano il pazzo matricida rinchiuso in casa: immagini usuratissime, da telefilm, perfino Willem Dafoe ha il volto di un attore qualsiasi. 2) l’allestimento in teatro del mito di Oreste, la cui violenza viene fatta risalire alla sua stirpe, cioè a Tantalo, e all’antropofagia dei suoi antenati. 3) imparo che nel Libro di Giobbe è citato lo struzzo. 4) Struzzi d’allevamento, e due fenicotteri addomesticati. 5) il pazzo dice che vede Dio sulle scatole dei fiocchi d’avena: è il volto del vecchio cowboy sull’etichetta. Dice anche di chiamarsi d’ora in avanti Farouk e di volentar diventare musulmano, ma tutte queste cose sono solo buttate là, enunciate o mostrate, senza alcuno sviluppo. 6) Una discesa in rafting dove moriranno gli amici del protagonista: anche questa una cosa buttata là senza senza un vero senso nel continuo del film, e già vista in molti altri film e documentari. 7) Chloe Sevigny sta benissimo con gli shorts, gambe lunghe e ben fatte, anche se lei non è bellissima. 8) Gli altri attori: Michael Shannon espressività zero, recitazione da film di Dario Argento; Willem Dafoe al minimo sindacale; Brad Dourif allevatore di struzzi; Udo Kier regista di teatro (era nei Fratelli Skladanowski di Wenders); e Grace Zabriskie, anch’essa inespressiva, nella parte della madre del pazzo. 9) la musica: un bluesman che parla della parola divina, Godspell, come Blind Willie Johnson; un violoncellista molto bravo a teatro; e altra musica molto piacevole suonata da mariachi messicani.
Il tutto non è privo di interesse, ma alla fine mi sono chiesto perché continuo a voler vedere e cercare i film di Werner Herzog. Non è un bel segnale.
Werner Herzog attore
Werner Herzog appare di persona in molti film di altri registi, quasi sempre per brevi sequenze. Forse la sua presenza più significativa è in “Tokyo-ga” di Wim Wenders (1982), dove fa un discorso molto interessante sul cinema e sulle immagini, che ho riportato per intero nel mio post dedicato a quel film di Wenders. Questo discorso era già stato affrontato, in maniera molto più breve e con un inizio meno serio, in “Chambre 666” sempre di Wenders, anche questo già riportato a suo tempo e disponibile nell’archivio del blog.
La lista completa, presa da http://www.wikipedia.it/ è questa:
Oltre a comparire in molti dei suoi documentari, Herzog è apparso in diversi film di altri registi:
* Geschichten vom Kübelkind (1971) regia di Edgar Reitz e Ula Stockl
* Anderthalb tage fussweg (1973/1974) regia di György Polnauer
* Garlic Is As Good As Ten Mothers (1980) regia di Les Blank
* Chambre 666 (1982) regia di Wim Wenders
* L'uomo dei fiori (Man of Flowers) (1983) regia di Paul Cox
* Tokyo-Ga (1985) regia di Wim Wenders
* Gekauftes Glück (1989) regia di Urs Odermatt
* È difficile essere un dio (Es ist nicht leicht ein Gott zu sein) (1990) regia di Peter Fleischmann
* Brennendes Herz (1995) regia di Peter Patzak
* Al di là dei sogni (What Dreams May Come) (1998) regia di Vincent Ward
* Julien Donkey Boy (1999) regia di Harmony Korine
* Incident at Loch Ness (2004) regia di Zak Penn, sceneggiatura di Werner Herzog e Zak Penn
* Mister Lonely (2007) regia di Harmony Korine
* The Grand (2007) regia di Zak Penn
- Partiamo dagli inizi della sua carriera, signor Herzog...
- No, non partiamo da nessuna parte perché io non ho mai avuto una cosiddetta “carriera”.
- E come definisce la sua vita da regista?
- Come una vita, non come una carriera. La carriera è qualcosa per cui ti prepari per salire su degli scalini, cosa che io non ho mai fatto.
intervista con Stefano Vastano, L’Espresso 29.04.2010
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