martedì 20 dicembre 2011

Rintocchi dal profondo

RINTOCCHI DAL PROFONDO (Glocken aus der Tiefe. Glaube und Aberglaube in Russland/ - Bells From the Deep. Faith and Superstition in Russia, 1993) Regia, sceneggiatura e commento: Werner Herzog Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein Riprese: Repubblica di Tuva Musica: G. Luovsky: Kyrie Eleison, Coro dell'Accademia Spirituale di San Pietroburgo - Anonimo: Oh Holy God, Coro del monastero di Zagorsk - Inni mariani: a) Oh Du gepriesene Mutter, Akathistos; b) Halleluja, Coro del monastero di Zagorsk (Coro dei Monaci della Trinità Sergius-Lawria, ora: Sergje Posad) - Grosse Litanei (Würdig ist...), Akathistos, Coro del monastero di Zagorsk (Coro della sezione pubblica del Patriarcato di Mosca) - Registrazione originale di canzoni popolari Tuvine: Oorzak Chunashtaar-ool; Mongusch Mergen, Ondar-Mónghún-ool. Durata originale: 60'

“Rintocchi dal profondo” è uno dei più bei documentari realizzati da Herzog, e direi anche uno dei suoi film più belli in assoluto. Non credo che sia mai stato distribuito in Italia, e mi pare che non sia mai nemmeno passato in tv; lo si può trovare però sul dvd di “Dove sognano le formiche verdi”, dove anch’io l’ho visto per la prima volta.
Il titolo viene da uno dei luoghi di pellegrinaggio della Russia più profonda: un lago (lo Svetloyàr) dove secondo la leggenda è nascosta la città di Kitezh, sprofondata sott’acqua per intervento divino, per proteggere gli abitanti dall’incursione dei tartari. Dalle profondità del lago, dicono i pellegrini e gli abitanti della zona, si sentono ancora provenire rintocchi di campane (ma nella zona non ci sono campane) e canti religiosi. Il sottotitolo, “Fede e superstizione in Russia”, rende bene l’idea di quello che ci apprestiamo a vedere nell’intera ora (sessanta minuti esatti) del documentario.
Il film è diviso in dieci parti: 1) Fede e superstizione 2) Siberia 3) Il redentore 4) L’acqua consacrata 5) Il guaritore 6) L’esorcista 7) Il campanaro 8) La città sommersa 9) La cattedrale di Zagorsk e la tomba di San Sergio. 10) Alla ricerca della città di Kìtezh.
L’episodio più bello e toccante, uno dei vertici dell’intera opera di Werner Herzog, è quello del campanaro, alla metà esatta del film: poco più di cinque minuti, molto semplice, ma indimenticabile. Al campanaro Yuri Yurevic, come si vede, ho deciso di dedicare tutte le immagini di questo post.
Si comincia in Siberia, a Tuva (“upper course of the Yenisei River”), con il canto bello e sorprendente di un uomo, che può stupire chi ancora non conosce questa tecnica di fonazione, che si avvicina molto a quella dei monaci tibetani. Poi ci si sposta in una casa molto semplice e dignitosa, di legno, dove uno sciamano sta svolgendo un rito antico, a base di fumo e di incenso. Non ci si deve aspettare qualcosa di strano o di sconvolgente: le persone hanno tutte della facce belle e aperte, serene, da contadini o da montanari; e il rito che viene svolto assomiglia molto alla nostra comunione, il fumo dell’incenso è sempre quello, e anche la devozione che si vede è identica a quella, assorta e partecipe, che avevano i nostri vecchi in chiesa. Fa parte del rito anche un gesto che molti di noi fanno ancora, ma per superstizione: gettare dietro le spalle una manciata di sale. Qui invece vediamo lo sciamano (il sacerdote) gettare dietro di sè qualche cucchiaio di cibo da una ciotola, che poi verrà divisa con i presenti. Si allontanano gli spiriti maligni, spiega la padrona di casa, una donna dal volto gentile: «Volevamo sapere con certezza in quale direzione dovevamo muoverci, e se fosse il caso di metterci in viaggio.» Sorride, e con lei sorride un uomo che è probabilmente suo marito: vedrai che anche il tuo film andrà bene, dice a Herzog.
Ancora musica: due giovani, un ragazzo e una ragazza, lui con una piccola chitarra a tre corde, lei ad emettere gli stessi suoni “di pancia” che avevamo ascoltato dall’uomo anziano all’inizio del film. La musica è piacevole, ma vedere questa ragazza giovane e bella emettere questi suoni così gravi e profondi fa davvero una strana impressione.
 La cinepresa si sposta sul fiume ghiacciato, dove c’è gente che sta pescando seduta sul ghiaccio.
Segue l’episodio 3, “Il redentore”: in Russia, e in Siberia particolarmente, ci sono molti uomini che si dicono l’incarnazione di Cristo, si vestono e si atteggiano come nelle immagini tradizionali di Cristo, e hanno molto seguito. Herzog ne intervista alcuni, e anche se l’impressione non è del tutto negativa direi che si tratta della parte del film che ho visto meno volentieri.
Werner Herzog, dal booklet del dvd:
- Come hai saputo di questa schiera di strani personaggi lì in Siberia?
- Ho ingaggiato alcuni collaboratori russi e ho chiesto loro di scovare in Siberia il miglior Gesù Cristo che si potesse trovare, e finalmente hanno trovato Vissarion. È un ex poliziotto che all'improvviso ha compreso di essere, appunto, Gesù. A quel tempo, la Siberia pullulava di circa 110 sedicenti Cristi, e Vissarion aveva anche un agente a Mosca. Questo fatto però non mi ha fatto cambiare idea su di lui, perché avevo il presentimento che fosse realmente una persona speciale, dotata di una grande spiritualità; inoltre conduceva una vita effettivamente ascetica in un minuscolo appartamento a Krasnojarsk in Siberia. Il guaritore del film, Alan Chumack, era un volto noto agli spettatori della televisione russa, dove ricostruiva i rapimenti degli alieni e cose del genere. Un giorno, sfruttando la sua notorietà, ha dichiarato di possedere particolari poteri psichici, cosa che gli ha fatto incrementare di dieci volte i guadagni.
[Rintocchi dal profondo] da “Herzog on Herzog”, a cura di Paul Cronin. Faber and Faber, Londra 2002; pp.: 206-208
Qui Herzog comincia una piccola serie sui guaritori russi: cose simili questa volta esistono anche da noi, ci sono programmi televisivi che “ci campano” da anni. E’ comunque una scelta interessante, che comprende gli episodi 4-6. Il punto di partenza è l’acqua consacrata di una fonte, che vediamo raccogliere da donne anziane ma anche giovani, contadine e di città: bei volti, e probabilmente anche belle persone, in una scena molto simile a quelle che si vedono a Lourdes. La sequenza si chiude su una lunga serie di bottiglie e di flaconi, di ogni genere, di plastica, di vetro, di metallo, boccali, bottiglie della pepsi e dei succhi di frutta, ogni recipiente disponibile viene riempito con l’acqua della fonte consacrata.
Il primo guaritore si chiama Alan Chumack, è vestito elegantemente in giacca e cravatta, abito scuro e camicia bianca; davanti a una sala strapiena (soprattutto donne) parla di “trasmissione di energia cosmica” e fa intonare un coro che dirige di persona, e che si direbbe preso dalla liturgia ortodossa. Si passa quindi a un altro guaritore, stavolta più inquietante: Yuri Tarassov, mago ed esorcista. Anche qui siamo in un teatro, le donne sono numerose, alcune di loro sono sul palcoscenico e si vedono veri e propri riti di esorcismo, scene isteriche e imposizioni delle mani, come abbiamo visto fare molte volte al cinema e nei filmati sensazionalistici di alcune trasmissioni tv di casa nostra. Torna brevemente un altro imitatore di Cristo, e siamo arrivati a metà del film.
Qui è il momento del campanaro, sul quale cedo la parola a Herzog:
Werner Herzog, dal booklet del dvd:
- Che dici di Yuri Yurevitch?
- E’ un uomo incredibile. Quando lo hanno trovato da bambino e gli hanno chiesto quale fosse il suo nome, nome e cognome, tutto quello che ha detto, è "Yuri". Per me questo uomo è un vero musicista; il modo in cui lega le funi nel campanile è incredibile. Il suono che ottiene nel suonare le campane è così profondo. A dire il vero avevo progettato di iniziare il film in un monastero con un solo monaco che suona una sola campana e volevo mostrare da ogni parte tripudi di campane suonanti sempre più grandi; Yuri sarebbe comparso da qualche parte nel centro. Ho anche perso del tempo per cercare un eremita. Di certo, per un eremita non è molto utile farsi pubblicità ma alla fine ne ho trovato uno. In realtà, non era un eremita vero e proprio, bensì una persona condannata a una reclusione a vita per omicidio, in una enorme prigione coloniale nei pressi di San Pietroburgo. Dentro il grande stabilimento vicino al campo di calcio, si è costruito da solo un piccolo monastero e lì conduce una vita monastica. Ho cercato tanto un eremita puro ed ho persino ingaggiato delle persone informate per trovarlo ma credo non ce ne siano più. O forse sono molto pochi e molto ben nascosti.
[Rintocchi dal profondo] da “Herzog on Herzog”, a cura di Paul Cronin. Faber and Faber, Londra 2002; pp.: 206-208
Dal minuto 32 si comincia a parlare della “Leggenda della città invisibile di Kitezh”, che io conoscevo da tempo grazie ad un’opera lirica (molto bella) di Nikolaj Rimskij-Korsakov. Siamo in una casa di legno, con due persone anziane, un uomo e una donna. E’ la donna a parlare: dice che qui c’erano tre monasteri, l’Elevazione della Croce, l’Assunzione di Maria, la Transustanziazione del Signore. Ma quando vennero i tartari per distruggerli, al loro posto trovarono tre colline, e al posto della città c’era un lago. Un lago senza fondo, così profondo che i pesci che vi venivano immessi ne fuggivano subito, dirigendosi verso il fiume. La donna canta quindi un inno al Signore.
Un pope ci spiega nel dettaglio la leggenda: siamo sul Lago Svetloyàr, sotto il quale secondo la leggenda c’è la città di Kìtesz. Il generale mongolo che tentò di conquistarla si chiamava Batyi Khan; il luogo è ancora oggi meta assidua di pellegrinaggi. “La nostra anima continuerà sempre a cercare la città sommersa” dice ancora il pope, chiudendo in questa frase il significato spirituale dell’antica leggenda.
La donna (si chiama Maria Pàvlovna) racconta ancora di leggende e di apparizioni legate a questo posto: tra le cose che ha visto di persona ci sono purtroppo demoni, come una bestia simile a un bue che getta fiamme apparsa nella casa del parroco; o un maiale che si è improvvisamente rivoltato furiosamente contro di lei e una vicina, e l’ha morsa ad una mano. E un albero sacro, che fu tagliato da un uomo e che per questo morì; il ceppo c’è ancora, ce lo indica, ed è anch’esso meta di pellegrinaggi. Ma ci sono anche apparizioni angeliche: una Cattedrale che appare, piena di fedeli che cantano, “dedicata a 14mila bambini uccisi a Gerusalemme”; e un’intera visione della stessa Maria Pavlovna che inizia con un canto meraviglioso intonato da undici spiriti. Maria li segue, gli spiriti ogni tanto si fermano e pregano; anche lei si ferma e prega, dietro di loro, negli stessi posti. Quando gli spiriti svaniscono, ormai lontana da casa, rimane l’odore delle candele; poi sorge dal profondo un rintocco di campane, e non ci sono campane nella zona. Le campane suonano sempre più forte, Maria Pavlovna ascolta estasiata un’intera cerimonia, con canti e liturgia, che proviene dal profondo del lago.
Intanto l’uomo e la donna continuano il loro pellegrinaggio, che si svolge gattonando, ginocchia a terra, così come avviene ancora in molti dei nostri Santuari. Queste scene sono state girate in una stagione differente dal resto del film, non c’è ghiaccio, il posto in cui siamo è verde ed è molto bello, chiaro e sereno. Le cupole d’oro di una Cattedrale annunciano il finale del film: siamo a Zagorsk, alla Tomba di San Sergio, della quale vediamo gli interni e nella quale assistiamo a un pellegrinaggio e a un rito religioso che, come sempre nelle chiese ortodosse, è molto toccante e profondo.
Nelle ultime sequenze, il lago è ghiacciato e i pellegrini strisciano rimanendo con la pancia sul ghiaccio, come se cercassero di vedere la città sul fondo. Uno degli “imitatori di Cristo” recita brani dal Vangelo e ci benedisce; il film termina con una panoramica della gente sul ghiaccio, tra gente che prega, gente che pesca, gente di passaggio, e due giovani pattinatori che filano via veloci ed eleganti sulla superficie ghiacciata.
Qui concludo anch’io, con due osservazioni forse necessarie: 1) Come ho imparato da una sua intervista, Herzog è cattolico: si tratta di una sua scelta precisa, fatta da giovane. Benché bavarese, nessuno della sua famiglia era infatti cattolico, e molti erano e sono atei. Difficile da immaginare ripensando ai suoi film, ma così è; e verrebbe da chiedersi che tipo di cattolico, se va a Messa, eccetera; ma Herzog più in là di questa dichiarazione non credo che sia mai andato. 2) Anche da noi oggi vediamo sempre più spesso persone intente e appassionate su qualcosa, ma non è un oggetto sacro. O forse sì, lo è: ormai dovremmo considerare il telefonino, o l’ipad, o lo smart phone, a magari l’automobile o la moto, come la vera religione del nostro tempo. Temo che sia così, ormai, anche in gran parte della Russia (il film è del 1993).
- Quale parte del film è inventata?
Il film inizia nella Repubblica autonoma di Tuva, esattamente a nord-ovest della Mongolia. Un vecchio con una particolare voce di gola canta la bellezza della montagna. Successivamente nel film ci sono due ragazzi - uno di 12, l'altro di 14 anni - che con la stessa tecnica intonano una canzone d'amore. Cosa ha a che fare tutto ciò con un film sulla fede? Eppure vi appartiene; la ripetizione dei suoni alla fine diventa un inno religioso. Poi vediamo delle persone colte in un momento di preghiera. Eravamo en route verso una delle location, quando ho fermato l'autobus perché avevo visto in lontananza un lago ghiacciato dove centinaia di persone avevano fatto dei buchi per pescare. Dato che era molto freddo, tutti stavano accovacciati con le spalle controvento. Tutti guardavano nella stessa direzione come se stessero in piena meditazione. Così il film in qualche modo li trasforma in dei pellegrini in preghiera. Perché dobbiamo tener presente che Rintocchi dal Profondo non è certo un film che riferisce semplicemente i fatti, come farebbe un documentario etnografico. È come se leggendo una poesia di Hölderlin dove si descrive una tempesta sulle Alpi, si dicesse: "Ah, ecco un bollettino meteorologico del 1802".
- La leggenda della Città Perduta di Kitezh è vera o è una tua immaginazione?
- Ho sentito parlare di questo mito quando ero lì. Si tratta di una credenza popolare. La leggenda narra di come la città sia stata sistematicamente saccheggiata e demolita per centinaia di anni a seguito di invasioni dei Tartari e degli Unni. Gli abitanti hanno invocato Dio per redimerli ed Egli ha mandato un arcangelo, che ha lanciato la città in un lago senza fondo dove la gente vive in beatitudine, cantando inni e rintoccando le campane. Durante l'estate trovi i pellegrini sulle ginocchia trascinarsi intorno al lago e recitare le loro preghiere. lo però sono stato lì in inverno quando c'era uno strato molto sottile di ghiaccio che copriva il lago. Volevo riprendere i pellegrini che si trascinavano qua e là sul ghiaccio, cercando la visione della città perduta, ma siccome non c'erano pellegrini intorno, ho assunto due ubriachi della città vicino e li ho messi sul ghiaccio. Uno di loro ha la faccia dritta sulla superficie gelata e guarda come se fosse in uno stato di meditazione profonda. La pura verità è che era completamente ubriaco e si è addormentato, lo abbiamo dovuto svegliare a fine riprese.
- Cosa rispondi a chi ti dice che questo genere di film è ingannevole?
- Potrebbe sembrare un inganno, ma non lo è. Rintocchi dal profondo è uno degli esempi più chiari di cosa intendo affermando che solo attraverso l'invenzione, la creatività e l'esperienza si può raggiungere un più profondo livello di verità. lo sono partito da un dato di fatto - per molta gente questo lago è ciò che resta della città perduta - e ho giocato con questa verità per giungere ad una comprensione poetica. Noi reagiamo con maggior fervore e passione alla poesia piuttosto che al mero reportage televisivo, è per questo motivo, per esempio, che Apocalisse nel deserto raggiunge una grande intensità. Sappiamo da tempo che i poeti sono in grado di articolare una verità, meglio di chiunque altro. Ma per certe oscure ragioni i cineasti - in particolare coloro che hanno a che fare con il "dato di fatto" - non sono consapevoli di ciò e continuano a propinarci i loro anacronistici "dati".
- Il film vuole essere rappresentativo di un modo di sentire diffuso oggi in Russia?
- Sono sposato con una russa siberiana, questo popolo esprime la fede e le superstizione in modo estatico. Credo che per loro la linea di demarcazione tra fede e superstizione sia labile. La domanda è: come riuscire a cogliere lo spirito di una nazione in un film di un'ora e mezza? In un certo senso la scena dei pellegrini ubriachi è l'immagine più profonda che si può avere della Russia. L'affannosa ricerca della città perduta rappresenta l'anima di un'intera comunità. Credo che la scena colga il destino e lo spirito della Russia, e chi conosce questa nazione e suoi abitanti sostiene che questa sia la scena più bella del film. Anche quando svelo che non si tratta di pellegrini ma di comparse, continuano ad amare quella scena perché racchiude una sorta di verità estatica.
Werner Herzog, dal booklet del dvd [Rintocchi dal profondo] da “Herzog on Herzog”, a cura di Paul Cronin. Faber and Faber, Londra 2002; pp.: 249-253.

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