L’enigma di Kaspar Hauser (Jeder für sich und Gott gegen alle, 1974) Regia di Werner Herzog Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein, Klaus Wyborny. Scenografia: Henning von Gierke. Costumi: Gisela Storch, Ann Poppel. Musica: Pachelbel, Albinoni, Mozart, Orlando di Lasso. Interpreti: Bruno S., Walter Ladengast, Brigitte Mira, Hans Musäus, Volker Prechtel, Willy Semmelrogge, Florian Fricke, Enno Patalas, Clemens Scheitz, Alfred Edel, Markus Weller, Dorothea Kraft, Durata 110 minuti
Werner Herzog è il regista delle imprese impossibili. Ha fatto recitare attori dilettanti, improvvisati e difficili da gestire; ha fatto un film tutto con attori sotto ipnosi (“Cuore di vetro”, 1975) e un altro con attori tutti di piccola statura (“Anche i nani hanno cominciato da piccoli”, 1970); si è arrampicato sui vulcani in eruzione e ha fatto scalare una collina ad una nave, per di più in Amazzonia; e oltretutto siamo abituati ad associare i suoi film al ghigno terrificante di Klaus Kinski (cinque film girati insieme, tutti quelli più famosi di Herzog). Quindi parlare di bambini nel cinema pensando a Werner Herzog può sembrare ancora più strano che farlo parlando di Stanley Kubrick; ma non è così, né per l’uno né per l’altro.
Herzog può essere preso per duro, magari per matto (mi permetto di dirlo solo perché anche lui ci ride sopra, ogni tanto: vedi “Il mio miglior nemico”, il suo bellissimo documentario in memoria di Kinski), amante delle imprese estreme, ma è un autore di rara delicatezza. Se ha lavorato con questi attori, e nelle condizioni che vediamo in quei film, è perché sa come prendere le persone, nutre un vero affetto per il suo prossimo (soprattutto per i meno fortunati), e sa come lavorare anche nelle condizioni peggiori.
Herzog è attento ai fenomeni naturali, è capace di aspettare giorni e giorni pur di riprendere una luce particolare o un cigno che nuota in un fiume, o di coltivare un giardino in un dato modo perché immagina che un anno dopo dovrà fare una determinata scena da inserire in quel determinato film. Nei suoi film, sono frequenti gli attori con handicap fisici o psichici: e se la cavano benissimo, da attori consumati, come ad esempio il barista poliomielitico che non fugge davanti al terribile bandito, all’inizio di “Cobra Verde”. Figuriamoci se si spaventa davanti ai bambini.
Dei tanti bambini di Herzog ne porto qui due che mi sono particolarmente cari, e che vengono entrambi da “L’enigma di Kaspar Hauser”, un film del 1974 (le immagini qui sopra sono però da "Woyzeck"). Già il protagonista di questo film, sia pur quarantenne, appare come un grosso bambino: Kaspar Hauser è un personaggio autentico, un giovane apparso misteriosamente nella piazza di un paese presso Norimberga, nel 1828. Nessuno riesce a spiegarsi da dove venga, corrono voci strane e straordinarie sul suo conto, e le cronache dell’epoca sono piene di resoconti e di incontri con il misterioso giovane. Il vero trovatello era un ragazzo, ma Herzog sceglie di lavorare con Bruno S., di professione musicista di strada, che ha avuto un’infanzia di abbandono simile a quella del vero Kaspar; ed è una scelta particolarmente felice, che dà senso a tutto quanto il film.
Ci sono due bambini, all’inizio del film, che cercano di aiutare Kaspar ad inserirsi nel mondo. Uno è il figlio del carceriere (la prima mossa delle autorità è stata di rinchiudere il trovatello nel carcere, per accertarsi che non fosse pericoloso), l’altra è una bambina che cerca di insegnare una filastrocca a Kaspar, ma la filastrocca del gattino è troppo difficile da ricordare per il buon trovatello, che pure ci si impegna.
Il bambino è di una gentilezza e di una dolcezza che non si possono dimenticare. Suo padre è interpretato da un vero attore, ma il bambino è un bambino, eppure recita le sue scene con un’attenzione che le fa sembrare delle riprese autentiche, si ha l’impressione di assistere a un fatto vero. Kaspar all’inizio non sa nemmeno star seduto a tavola, ma il buon carceriere se lo prende in casa e il bambino lo tratta come se fosse suo fratello, e lo aiuta con grande affetto e sensibilità. Ma poi non può trattenersi dal ridere – un riso da bambino - quando Kaspar tenta di insegnare ad un gatto le cose che sono state insegnate a lui; e quando la sua amica insiste a ripetere, compita e premurosa, la sua filastrocca, è lui che le spiega, da lontano, che ricordarsi tutte quelle parole per Kaspar non è facile...
(Le immagini vengono sia dal "Kaspar Hauser" che da "Woyzeck", due film di Herzog di cui ho già parlato diffusamente.)
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