domenica 17 gennaio 2010

Amadeus ( V )

Amadeus (1984) regia di Milos Forman. Sceneggiatura di Peter Shaffer, liberamente tratta da “Mozart e Salieri” di Pushkin. Direttore della fotografia: Miroslav Ondricek . Musiche di Wolfgang Amadeus Mozart e di Antonio Salieri. Coreografie di Twyla Tharp. Scenografie in teatro: Josef Svoboda. Con Tom Hulce (Mozart), F. Murray Abraham (Salieri), Simon Callow (Schikaneder), Elizabeth Berridge (Constanze, moglie di Mozart), Cynthia Nixon (domestica di Mozart), Roy Dotrice (padre di Mozart), Jeffrey Jones (l’imperatore Giuseppe II), e altri. Durata: 180 minuti.

Arriviamo poi al 1787, l’anno in cui va in scena il Don Giovanni: a Praga, Nationaltheater, 29 ottobre 1787, ancora in collaborazione con Lorenzo Da Ponte. Nel tempo intercorso, come al solito Mozart scrive molto, soprattutto musica strumentale, sinfonica e da camera, compresi molti dei suoi capolavori più grandi. “Don Giovanni” è uno dei soggetti più antichi del teatro e della letteratura: i precedenti diretti sono Molière e Tirso de Molina, ma anche in musica il “Don Giovanni” di Mozart non è certo il primo; ne esistono altri ormai dimenticati (come quello musicato da Gazzaniga su libretto di Bertati, un grande successo della stessa stagione dal quale presero molto più di uno spunto Mozart e Da Ponte), ma ben presenti sulle scene quando Mozart scriveva.

Come Faust, di cui è stretto parente, Don Giovanni rappresenta l’uomo che vuole determinare da solo il suo destino, ribellandosi a Dio e alla natura umana. In questo, è collegabile a miti ancora più antichi: Prometeo, o Adamo. E questa è anche la spiegazione dell’apparire nel film di diavolacci, di statue impressionanti, e di botole che si aprono sull’inferno. Nel film si collega la nascita del “Don Giovanni” alla morte del padre di Mozart: è un ragionamento molto suggestivo ed è un tema sul quale meditare, ma non c’è niente di storicamente provato.
Nel film, vediamo due volte il Don Giovanni a teatro: nell’allestimento serio ed ufficiale della prima rappresentazione (molto ben fatto, anche se ovviamente frutto di pura fantasia) e nella sua parodia, messa in scena da Schikaneder al Theater auf der Wieden, alla quale Mozart (Tom Hulce) assiste molto divertito.
Milos Forman gira la prima del “Don Giovanni” proprio nel teatro di Praga che ne vide la nascita; ed è un gran bell’effetto, ma è ovvio che ricostruire la prima esecuzione era impossibile. La regia teatrale è comunque ottima: per chi non lo sapesse, il “Don Giovanni” non è mai uscito dal repertorio, si rappresenta ininterrottamente da duecento anni e sempre con grande successo, gli allestimenti sono stati (e sono) tantissimi e molto diversi fra loro, e quella che vediamo nel film è solo una delle messe in scena possibili, peraltro molto meglio di tanti allestimenti celebrati e costosissimi dei nostri teatri. Trovo invece imperdibile e spettacolare la parodia del “Don Giovanni” fatta da Schikaneder (l’attore è Simon Callow): non so se ci siano fonti dirette d’epoca o se sia tutta una ricostruzione di fantasia, ma io mi sono divertito moltissimo, proprio come Mozart nel palco (la moglie invece storce il naso).

Schikaneder, cantante e attore ma anche impresario teatrale, è un nome importante: insieme a Mozart scriverà e progetterà “Il Flauto Magico”. Nel film comincia ad apparire nella grande festa mascherata, lo vediamo vestito da Arlecchino accanto a Mozart che suona a testa in giù: nel film ha poche battute e rischia di passare per uno dei tanti personaggi di contorno, ma è invece una faccia da memorizzare se si vuole capire meglio cosa succede da quel punto in avanti.
L’attività di Mozart prosegue a ritmi impensabili, ed è in questi anni che nascono molti dei suoi capolavori sinfonici e da camera. Nel 1789-90 prende corpo il “Così fan tutte”, ultima opera scritta in collaborazione con Da Ponte, in scena a Vienna il 26 gennaio 1790. La storia (quella vera) dice che l’idea del “Così fan tutte” venne a Mozart e a Lorenzo Da Ponte dopo il grande successo di un’opera di Salieri, “La grotta di Trofonio”, che si basa proprio su uno scambio di coppie.
Come si vede, la questione sarebbe interessante: ma nel film il “Così fan tutte” non si vede proprio, e nemmeno se ne parla. Per rendergli omaggio meglio che posso, porto qui una foto dall’allestimento della Scala negli anni ’80, scene e costumi di Mauro Carosi.
Intanto, Mozart e Schikaneder portano avanti il loro progetto: siamo tra marzo e luglio del 1791. Il Flauto Magico, “Die Zauberflöte“, avrà la sua prima al Theater auf der Wieden 30 settembre 1791.
E’ un avvenimento importante: per la prima volta, Mozart esce dall’ambito dei teatri di corte e va a scrivere per un teatro popolare, aperto al pubblico pagante; cioè a chiunque, e non più solo ai nobili e alla loro corte. Il teatro a pagamento esisteva già da tempo, per esempio in Inghilterra con Haendel, e a Venezia, ma qui siamo a due anni dopo la Rivoluzione Francese, e all’inizio della Rivoluzione Industriale: i tempi stanno cambiando e sta nascendo il mondo come lo conosciamo oggi. La rappresentazione è molto bella e molto “classica”, l’uomo col vestito da pappagallo (Schikaneder stesso, che ha scritto il libretto e ha inventato per sè questo personaggio) rappresenta la parte buffa dell’opera; che ha anche un versante “alto”, con tanto di principi e principesse, che si interseca con quello buffo. Mozart ci si diverte molto, e chi conosce l’opera sa che la musica più bella ce l’ha proprio il buffo Papageno. Ma la storia di Mozart come autore per il teatro non finisce qui, come si potrebbe pensare guardando il film.

Mozart è già molto malato, ma la sua attività prosegue frenetica: oltre al Requiem (commissionato dal Conte Walsegg, tramite “l’uomo in nero”, che si chiamava Anton Leitgeb: ne ho parlato nei post precedenti) scrive parecchie cose, ed è un elenco incredibile perché si tratta di soli sei mesi. Tra le musiche, importante nella biografia è la Cantata Massonica, che Mozart dirige in prima persona alla riunione della sua Loggia. La massoneria, nel Settecento, non è quella a cui siamo soliti pensare oggi; ed è vista con molta simpatia perché finalmente gli uomini vengono valutati secondo il loro valore e non secondo la loro nascita. Va ricordato che i musicisti, a corte, erano molto stimati ma avevano pur sempre il rango di servitori: avveniva così anche per Haydn, il più grande musicista di quegli anni, alla corte degli Esterhazy. Negli anni seguenti, già con Beethoven (di soli 14 anni più giovane di Mozart), non sarà più così: Beethoven e Schubert non hanno avuto padroni. Anche “Il Flauto Magico” è pieno di riferimenti massonici, che richiederebbero un’analisi a parte; approfitto di un bozzetto di scenografia (di Max Bignens), che prendo dalla copertina di un vecchio disco, per inserirne parecchi in un colpo solo.
Tra l’agosto e il settembre 1791 Mozart ritorna però a corte, e compone un’opera secondo il vecchio stile, “La clemenza di Tito”, un Metastasio ritoccato che va in scena a Praga al Nationaltheater. Mozart ha 35 anni, e ormai gli restano solo tre mesi di vita. “La clemenza di Tito” è un passo indietro rispetto al Flauto Magico, ma molte sue parti sono stupefacenti per bellezza e complessità. Ovviamente, di quest’opera nel film non c’è traccia: la sua presenza rovinerebbe tutto il finale costruito in sceneggiatura... Dato che il soggetto di "La clemenza di Tito" evoca quasi soltanto immagini di romanità piuttosto generiche, volendo mettere un'immagine preferisco mettere qui la copertina di un cd con una buona esecuzione.
Tra l’agosto e il dicembre 1791, Mozart comincia a scrivere il Requiem, che rimarrà incompiuto. Mozart è molto malato, e detta le sue pagine ai suoi allievi e collaboratori (non a Salieri!); uno di essi, Franz Xaver Süssmayr, verrà in seguito incaricato dalla vedova di Mozart di completare il testo. La parte scritta da Mozart finisce al “Lacrymosa”. Secondo molti musicologi, il “Requiem” di Mozart si potrebbe attribuire del tutto a Süssmayr: parere discutibile, ma la verità storica è che Mozart ne ha scritto per intero solo la prima parte.
Il 5 dicembre 1791, a poco più di 35 anni, Mozart muore. Le cause della sua morte sono state oggetto di discussione, ma pare assai probabile che la medicina dell’epoca, ancora in fase pre-scientifica, a base di salassi e di cure approssimative (era compreso tra i medicinali il mercurio, velenosissimo), non sia esente da colpe. Comunque siano andate le cose, Mozart viene sepolto in una fossa comune e dei suoi resti si perdono le tracce. Il “Requiem” verrà eseguito postumo, il 14 dicembre 1793, presentato dal Conte Walsegg come opera sua; ma le cronache dell’epoca dicono che tutti sapevano che era di Mozart, e che quel che non era di Mozart era opera di Süssmayr.
(continua)

2 commenti:

Christian ha detto...

Alcuni momenti e brani del "Don Giovanni" di Gazzaniga si vedono nel recente film "Io, Don Giovanni" di Carlos Saura, anche se non sono messi in buona luce (assistendo all'opera a Venezia, Casanova incita Da Ponte a scrivere qualcosa di migliore per rendere giustizia al personaggio).
Visto che te ne intendi, mi puoi togliere una curiosità? In "Amadeus" l'opera termina con Don Giovanni che sprofonda all'inferno, senza la coda con tutti i personaggi che cantano la morale. È possibile che questa (che in effetti mi è sempre parsa un po' fuori posto) sia stata aggiunta soltanto in seguito?

Ciao!

Giuliano ha detto...

Grazie per l'informazione! Prima o poi cercherò di vedere il film di Saura, anche se - come ti dicevo l'altra volta - a me piacerebbe molto un film su Da Ponte in America...
Non so dirti, a memoria, se il finale sia stato aggiunto in seguito - non sono così esperto! Però penso che tu conosca il libro che ho citato nei primi post, "Mozart-il catalogo è questo" di Poggi e Vallora. Lì ci sono tutte le composizioni di Mozart descritte e annotate in ordine di catalogo, ed è un gran bel libro.
Di certo, mettere quel finale nel film sarebbe stato complicato, e non se ne sarebbe capito il senso. Meglio far finire con la scena dei diavoli, dal punto di vista spettacolare rende molto di più.