lunedì 25 gennaio 2010

Il diavolo, probabilmente ( III )

Il diavolo, probabilmente (Le diable, probablement - 1977). Regia di Robert Bresson Fotografia di Pasqualino De Santis. Musica: nella sequenza della chiesa di Saint Remy, “Ego dormio, et cor meum vigilat” di Claudio Monteverdi . Musiche originali di Philippe Sarde. Con Antoine Monnier (Charles), Tina Irissari (Alberte), Laetita Carcano (Edwige), Henri de Maublanc (Michel), Geoffroy Gaussen (il libraio), Nicolas Deguin (Valentin), Regis Hanrion (lo psicoanalista). Durata: 95 minuti.
Siamo ancora in casa di Michel e Alberta: con gesti antichi, rituali, si apparecchia una tavola. Pane, sale, zucchero, piatti bianchi, tovaglia bianca. L’illusione di una casa, di un focolare; ma tutto è fermo, distante, cristallizzato. Candele, vino, pane: sembra l’ultima cena.
Alla fine, cicche sul tavolo, piatti sporchi, bicchieri di vino rosso semivuoti, come un’osteria.
Poi vediamo Charles a letto con Alberta: la situazione è di due che hanno fatto l’amore, ma è poco verosimile perché Charles continua a sembrare un efebo, o un bambino.
A questo punto segue la scena del tram, quella che dà il titolo al film e che ho già riportato nel primo post: “Il diavolo, probabilmente”, dice il passeggero riferendosi al male nel mondo, e a ciò che ci disturba nel nostro quieto vivere.
Immagini di bombe atomiche, e di centrali nucleari. Una lezione universitaria, o forse una conferenza. Il relatore (sempre uno giovane) spiega con termini tecnici precisi, poi dice che “ingegneri e tecnici ci stanno pensando”, e risponde alle domande con tono positivo e tranquillizzante.
- Consoliamoci, saranno le generazioni future a pagare”, è il commento di Charles e Michel.
Poi, sul tram, i due tornano a casa e continuano a ragionare sulla conferenza e sulle parole del relatore. Bresson illustra il dialogo con sequenze quasi documentarie, come già aveva fatto con il lavoro dell’accordatore dell’organo, ma sul tram: i viaggiatori che salgono e scendono, le porte, l’obliteratrice, i gradini, gli specchietti, le manovre dell’autista. Tutto molto ordinato e pulito.
Charles: Per tranquillizzare la gente basta negare l’evidenza.
Michel: Quale evidenza? Siamo in pieno soprannaturale, niente è visibile. (...)
Charles: I governi hanno la vista corta.
Primo passeggero (un uomo tranquillo sui 40, voltandosi da davanti): Non prendetevela con i governi! In questo momento, in tutto il mondo, nessuno e nessun governo può vantarsi di governare. Sono le masse a determinare gli eventi, e forze oscure di cui è impossibile conoscere le leggi.
Voci di altri passeggeri (mentre è inquadrato il retrovisore):
Voce femminile: La verità è che qualche cosa ci spinge contro quello che siamo.
Voce maschile: Bisogna starci, starci sempre.
Altra voce maschile: Se no passi per quello che protesta sempre.
Voce maschile: Ma chi è allora che si diverte a farsi beffe dell’umanità?
Altra voce: Già, chi ci manovra sotto sotto?
Primo passeggero (inquadrato): Il diavolo, probabilmente.
Frenata improvvisa, un incidente. Il conducente scende a controllare. Clacson, rumori di strada, inquadratura ferma sulla porta aperta e sull’estintore a lato guida.

Sulle rive del fiume, in un prato. Cartello in legno: “Baignade interdite”. Ragazzi e ragazze giovani, in costume da bagno. Charles e Michel ragionano sulle due ragazze.
- La trovi egoista?
- Mi lascia andare via ed è triste, è peggio che se non mi lasciasse andare.
Le due ragazze (in teoria, rivali) ragionano di Charles, sedute sotto un albero. Ancora Rohmer, e ancora Dostoevskij (L’Idiota) per il colloquio delle due donne.
Un pescatore addormentato viene attorniato dai ragazzi. Tutti attendiamo che il galleggiante affondi. Quando affonda, il pescatore continua a dormire; è Charles che tira fuori il pesciolino e lo butta sull’erba.
- Ha pescato un pesce vivo, - commentano i ragazzi. Bresson ne inquadra i piedi nudi, quasi a sottolinearne l’innocenza e la natura angelica, come nei quadri del Rinascimento; ma arriva la polizia e tutti si nascondono tra l’erba. (echi del Getsemani?)
“C’è un movimento strano”, dice il poliziotto nel walkie talkie, mentre perlustra l’erba in cerca dei giovani sediziosi.
Il libraio offre soldi e un buon lavoro a Edwige, tira fuori il libretto degli assegni, lei lo sbatte via.
- Non lo troverai mai più un amico come me – dice il libraio alla ragazza. (ancora L’idiota?)
Pavimenti, selciati, scale, porte, infissi, sedie.
Michel attende Alberte, lasciata da Charles che ha scelto Edwige, sedendosi sulle scale di casa. Vesti angeliche, quasi da Madonna, piedi nudi di lei: ancora immagini che evocano gli angeli nei dipinti del Rinascimento.

Valentin, amico di Charles, compie piccoli furti in un negozio. Charles lo vede fuggire, dice che è per la droga. Insieme a Edwige lo assistono, gli danno da mangiare, un letto in cui dormire. Poi Charles va anche a comperare la droga per Valentin, gli regala oggetti che può rivendere (a Charles i soldi non mancano mai, suo padre è benestante).
La casa è piena di libri. Charles apre un libro e lo legge a Valentin:
- Victor Hugo dice qui: “A proposito delle cattedrali, sono dei luoghi davvero santi. Una cattedrale, una chiesa, è il divino, c’è Dio, ma appena arriva un prete Dio non c’è più.” Esagera, non ti pare?
- Lo sai che a me Dio...
- Puoi venirci lo stesso (nella cattedrale), andiamoci insieme.
- A una condizione.
- D’accordo.
Si vede la siringa nel braccio di Valentin, dettaglio lungo e preciso.

Valentin e Charles nella cattedrale di Saint Remy (?), tra le sedie di legno, dormono sul pavimento con il sacco a pelo. Charles ha portato un giradischi, che suona Monteverdi. La scelta di questo brano è molto particolare: si tratta di “Ego dormio et cor meo vigilat”, che non fa parte di nessuna delle raccolte principali di Monteverdi, e che è piuttosto difficile da trovare anche oggi: e nel 1977 le incisioni discografiche di Claudio Monteverdi erano una rarità.
Mentre Charles dorme, Valentin si alza e ruba dalle cassette delle elemosine. Si riempie di monete le tasche della giacca, ne lascia molte sul pavimento: sembra l’apertura del forziere del tesoro, o la scena di Aladino nelle Mille e una notte; Bresson ce la mostra con molta cura e con molte immagini. La mattina dopo, la polizia trova Charles ancora addormentato e lo arrestano. Charles se la cava perché c’erano due sacchi a pelo, ma deve rendere conto dei volantini che aveva in tasca (“erano nelle mie tasche appallottolati, se avessi voluto diffonderli mi sarei comportato diversamente”), e anche del giradischi (“se vi dicessi perché l’ho portato non mi credereste mai”).
Tornato a casa, Charles è sconvolto. Gli amici gli sono vicini, prendono un appuntamento con un famoso psicanalista. Ma poi lui sparisce, Michel Edwige e Alberte lo vanno a cercare. Ma Charles è andato davvero dallo psicoanalista.
Vediamo la lunga seduta. Charles non vuole partecipare alla società, lo psicoanalista gli dice che l’inazione è una scusa per la pigrizia.
- Forse, ma che cosa cambia? Se il mio scopo fosse il denaro e il profitto, sarei rispettato da tutti. (...)
- Constatare che ha ragione non la riconcilia con la vita?
- Perdendo la vita, ecco che cosa perderei: (prende di tasca un giornale appallottolato, legge un lungo elenco di cose più o meno quotidiane).- Lei è credente?
- Credo più che posso nella vita eterna, ma se mi suicido non posso pensare che sarà giudicato per non aver capito ciò che nessuno può capire.
- Da quando pensa alla morte?
Lungo silenzio. Il dottore telefona, sappiamo che avverte Edwige e gli altri che Charles è da lui.
Poi la conversazione continua. Lo psicoanalista gli chiede della sua famiglia, di suo padre (un ricco commerciante, o qualcosa del genere: Charles non lo sa di preciso).
- E sua madre?
- Più lui diventa ricco, più lei lo ama.
Charles rifiuta tutte le politiche, contesta il consumismo. Il dottore gli fissa un altro appuntamento.
- Dottore, io non sono malato. Non è una malattia vedere chiaro.
- Sì, sì. Duecento franchi a seduta.

Charles dice che lui non vuole morire, che gli fa orrore pensare che un momento ci siamo, e il momento dopo non ci siamo più. E’ a questo punto che il dottore si fa scappare una frase:
- E’ per questo che gli antichi romani chiedevano aiuto a uno schiavo, o a un amico.A casa, Charles cerca Edwige ma lei non è ancora tornata. Prende dei soldi (molti soldi) e va da Valentin:
- Ho bisogno di un favore da amico, da antico romano.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo film mi ha scombussolato come pochi e il finale si dimentica difficilmente.
Sulle citazioni dell'idiota, penso fossero abbastanza volontarie, Bresson davvero amava quel capolavoro di Dostoevsky, persino la base dell'idea di "Au Hasard Balthazar" è nata da un passaggio del libro!

Comunque complimenti per il blog, veramente incredibile, provoca dipendenza, finirò di leggere con calma tutto gli altri post (soprattutto su Tarkovsky che per quel che ho visto definirei illuminanti!). Grazie di esistere! Saluti! :)

Giuliano ha detto...

Bresson è affascinante ma anche terribilmente complesso...questi post li ho messi giù per me, per arrivare a capire qualcosa. Ho in programma di fare lo stesso lavoro su altri film di Bresson, ma ammetto che è un'impresa che un po' spaventa.
Sono i miei appunti personali (personalissimi) sul cinema, da semplice appassionato: mi fa piacere trovare qualcuno che li condivida.
Di solito cerco di mettere in fila tutte le informazioni che ho raccolto, quando ci riesco mi sento utile a qualcosa...
Grazie a te, ma non esagerare!