La tragedia di un uomo ridicolo (1981). Regia di Bernardo Bertolucci. Scritto da Bernardo Bertolucci. Fotografia di Carlo Di Palma. Musiche originali di Ennio Morricone; altre musiche tratte da Offenbach (valzer dai Racconti di Hoffmann), brani da discoteca e da balera. Scene e arredi di Gianni Silvestri. Costumi di Lina Nerli Taviani. Girato tra Parma, Torrechiara, Langhirano, Corniglio; il caseificio è a Piadena. Interpreti: Ugo Tognazzi, Anouk Aimée, Victor Cavallo, Laura Morante, Riccardo Tognazzi, Vittorio Caprioli, Renato Salvatori, Olimpia Carlisi (la numerologa), Pietro Longari Ponzoni (il barone), Margherita Chiari (la domestica rock). Durata: 1h52’
“La tragedia di un uomo ridicolo” è film autunnale, che terminerà con la prima neve sulle colline. Nel paesaggio è ben riconoscibile Torrechiara, con il castello che è stato set di film famosi (come “Lady Hawke”) e che è meta quotidiana di molti turisti. Torrechiara sembra essere molto in alto, ma in realtà l’altitudine è minima: la pianura padana da queste parti è davvero piatta, a tratti anche sotto il livello del mare. Le colline più alte, invece, quelle che si vedono più avanti, dovrebbero essere nella zona di Corniglio.
Nel film ci sono anche sequenze quasi documentarie, molto belle, sul caseificio e sui maiali; una curiosità per gli appassionati di musica è vedere in due occasioni la mucca più famosa del mondo, quella pezzata che appare sulla copertina di “Atom heart mother” dei Pink Floyd, magnifica invenzione dello studio Hipgnosis. La vediamo due volte, come quadro nella sala riunioni e dipinta sulle grandi saracinesche; resta la curiosità di sapere se era così nel caseificio vero (la latteria sociale di Piadena) o se si tratta di un’invenzione di Bertolucci e dei suoi collaboratori.
Tornando al film, è molto importante lo scambio di battute al minuto 55, quando Tognazzi si sta riprendendo dopo un momentaneo svenimento, tra Laura e Adelfo:
Adelfo: Bisognerà chiamare un prete (se non si riprende)
Laura: E tu, chi sei?
Adelfo: Io sono un peccatore.
Tognazzi (riprendendosi, ad Adelfo): Ma tu, che lo conosci bene, questo Adelfo, chi è?
Bertolucci sembra rivolgere la domanda a noi spettatori: chi è Adelfo, e chi sono tutti? Tutti i personaggi sono volutamente ambigui, nascondono qualcosa, fanno il doppio gioco. Chi è Adelfo, un prete o un terrorista? Ha a che fare col rapimento? E chi è Laura, la fidanzata innamorata o una doppiogiochista? Lo stanno prendendo in giro?
L’ambiguità riguarda anche Tognazzi-Spaggiari, che la rende benissimo (e per questa interpretazione fu premiato a Cannes, unico premio della sua lunghissima carriera). Chi è Spaggiari, un padre disperato per la sorte del figlio, o un truffatore senza scrupoli che approfitta della tragedia per avere i soldi che gli servono a rimettere in sesto la sua vera creazione, il Caseificio?
L’ambiguità riguarda anche Anouk Aimée, moglie di Tognazzi nel film. La vediamo preoccupata, angosciata, ma anche – più distesa, sorridente - intenta a raccogliere i contanti. La vediamo distante ma anche innamorata del marito; nel finale, la vediamo far lega con gli altri, forse contro il marito. E poi c’è il ragazzo rapito, che non vediamo mai e del quale fino a questo momento ignoriamo la sorte.
C’è dunque qualcosa di metafisico, il film non si esaurisce certo in ciò che che mostra, sta a noi capire. I migliori film di Bertolucci sono fatti in questo modo, forse nemmeno l’autore sa bene che cosa ha scritto e messo in scena; e forse a questo punto si può anticipare il monologo finale di Tognazzi, che recita così:
- Ma sì, tutto è chiaro...con i soldi hanno pagato il riscatto e lui è tornato vivo. Ma pagato a chi?
Ma no, l’unica cosa che conta è che Giovanni è vivo e sta bene. Il compito di scoprire la verità sull’enigma di un figlio rapito, morto e resuscitato, lo lascio a voi. Io preferisco non saperlo.
Quasi il percorso di Gesù, verrebbe da dire; e se è così, questo film ci sta parlando di qualcosa d’altro, qualcosa di molto più profondo e inaspettato. Ma probabilmente sto coprendo il film con troppi significati, meglio andare avanti con gli appunti che ho preso.
(continua)
Nessun commento:
Posta un commento