- Il viaggio di Capitan Fracassa (1990) Regia di Ettore Scola. Libero adattamento dal romanzo di Théophile Gautier. Riduzione e adattamento di Ettore Scola, Vincenzo Cerami, Fulvio Ottaviano, Silvia Scola, Furio Scarpelli. Fotografia di Luciano Tovoli. Musiche originali di Armando Trovajoli. Interpreti: Vincent Perez (Sigognac), Emmanuelle Beart (Isabella), Massimo Troisi (Pulcinella), Ornella Muti (Serafina), Lauretta Masiero (Leonarda), Toni Ucci (il tiranno), J.F. Perrier (Matamoro), Tosca d’Aquino (Zerbina), Ciccio Ingrassia (l’anziano maggiordomo di Sigognac), Remo Girone (Vallombrosa), Claudio Amendola (Agostino), Marco Messeri, Fiorenzo Fiorentini, Giuseppe Cederna, e molti altri. Durata: 132 minuti
- Le Capitaine Fracasse (1961) Regia di Pierre Gaspard-Huit. Dal romanzo di Théophile Gautier. Riduzione e sceneggiatura di Pierre Gaspard-Huit e Albert Vidalie. Fotografia: Marcel Grignon. Musica: Georges Van Parys. Con Jean Marais (Sigognac), Geneviève Grad (Isabella), Philippe Noiret (il tiranno), Gérard Barray, Riccardo Garrone, Anna Maria Ferrero, Danielle Godet, Sophie Grimaldi, Louis de Funès (Scapino), Jean Rochefort (Malartic). Durata: 108 minuti
Da bambino, “Capitan Fracassa“ era una delle mie storie preferite: ed a ragione, perché è davvero una bella storia. Sulla falsariga dei “Tre moschettieri”, Théophile Gautier costruisce la storia del giovane barone di Sigognac, ultimo rampollo di una casata nobilissima caduta in rovina.
Rovina non è un modo di dire: il castello cade davvero in pezzi, l’ultimo dei Sigognac non ha più un soldo, veste abiti lisi e non più rammendabili che appartenevano a suo padre, cavalca un povero cavallo magro e malandato, vive nell’unica stanza abitabile del castello con la sola compagnia del fedele e anziano servitore di suo padre (un servitore che però è anche un ottimo maestro d’armi), di un gatto spelacchiato e di un povero cane da caccia, vecchio e fedele anche lui. Ma, in una notte di tregenda, ecco che arriva a chiedere ospitalità un Carro di Tespi, una compagnia di attori girovaghi...
Ho riletto il libro di Gautier di recente, stavolta nella versione integrale (Newton Compton editore, versione di Massimo Bontempelli), e l’ho trovato ancora bellissimo. Sigognac viene accolto dagli attori, e inizia con loro quel viaggio verso Parigi che non avrebbe mai potuto permettersi, non avendo un soldo in tasca; ed è l’inizio della sua fortuna. A Parigi, torneranno buone le lezioni di scherma del fedele servitore, e si andrà attraverso molte avventure non soltanto verso un lieto fine, ma verso una vera e propria sequenza di lieti fine, come una serie di scatole cinesi, così che nessuno alla fine ne rimanga scontento – cosa della quale, del resto, non avevamo mai dubitato nemmeno per un attimo. (qui sotto, un'immagine dal film di Alberto Cavalcanti, anno 1929).
A parlar chiaro è la distribuzione degli eventi narrati, il peso che viene loro dato: il duello tra Sigognac e Vallombrosa, cardine della vicenda, è sbrigato in una paginetta scarsa; e l’assalto finale al castello di Vallombrosa è pieno di cose e di fatti, è divertente ma anche molto sbrigativo e convenzionale. In compenso, gli spettacoli teatrali della compagnia sono descritti con grande affetto in lunghi e dettagliati capitoli, che comprendono anche l’elenco degli spettacoli in repertorio. Nel libro, Gautier dà grande rilievo alla storia d’amore della Servetta, che fugge con un nobile signore ma poi ritorna nella compagnia: lei non poteva stare senza recitare, e al suo nobile amante lei pareva meno bella senza il suo costume di scena. Li ritroveremo, tutti e due ancora innamoratissimi, una in palcoscenico e l’altro ad applaudire. E un lungo capitolo è dedicato all’arrivo a Parigi di Sigognac: con la guida del capocomico, il giovane percorre in lungo e in largo la capitale, e la descrizione di Gautier è così viva che sembra davvero di essere lì con loro, tornati indietro di quattro o cinque secoli. E c’è la lunga scena centrale della tempesta di neve, durante la quale muore Matamoros, interprete del soldato fanfarone: Sigognac prenderà il suo posto come attore, integrandosi nella compagnia e facendosi chiamare Capitan Fracassa. Ma agli attori di quei tempi era vietata la sepoltura cristiana: la sequenza del povero funerale di Matamoro, in campagna, in un paesaggio desolato, è vera e toccante, e molto illuminante sul vero pensiero dell’autore. Togliendo tutto questo, compresa la lunga e bellissima descrizione iniziale dello stato delle rovine del castello di Sigognac, rimane ben poco dello spirito del romanzo: ed è questo “ben poco” che ritroviamo nei film tratti più o meno liberamente dal libro di Gautier, compreso quello che ne ha ricavato Ettore Scola e che aveva Massimo Troisi tra gli attori della compagnia.
La versione migliore è quella della Rai nel 1959, in cinque puntate, con un grande Arnoldo Foà come protagonista e molti attori eccellenti; anche in questa versione però si fanno modifiche sostanziali, soprattutto nel finale.
Il film di Scola ha molti spunti interessanti, ma vi sono molti errori sia nel casting che nell’impostazione generale; aveva fatto di meglio nella Terrazza, un film del 1980, l’episodio con Serge Reggiani che rivive la sorte di Matamoro. Errori sono , nel "Viaggio di Capitan Fracassa", l’eliminazione del personaggio di Scapino, che andava affiancato e non sostituito dal Pulcinella di Troisi, la scelta di attori magari simpatici non all’altezza del ruolo, come Toni Ucci e Tosca d’Aquino, e altro ancora.
Il più famoso dei “Capitan Fracassa” è senz’altro quello del 1961, con Jean Marais protagonista, Anna Maria Ferrero, Philippe Noiret come Erode e Louis de Funes nella parte di Scapino. Non una brutta compagnia; purtroppo il regista si limita a seguire la vicenda, Marais è già troppo anziano per la parte, e de Funes è un po’ troppo limitato dal dover stare nel suo personaggio. Oltretutto, nel romanzo Scapino combatte valorosamente, cosa che da Louis de Funes non ci aspettiamo di certo. Ancora una volta, un’occasione persa.
I film tratti dal romanzo di Gautier sono molti ma non moltissimi, evidentemente le difficoltà della trasposizione sono ben conosciute. Si comincia già nel 1909, si prosegue nel 1919, regia Mario Caserini, e ben fatto è anche il film del 1929 diretto dal francese Alberto Cavalcanti; film che pochissimi oggi possono dire di aver visto, ma che oggi (non tutti) si possono recuperare on line. Esistono poi un “Capitan Fracassa” italiano del 1940, regia di Duilio Coletti, con Giorgio Costantini come Sigognac (ammetto di non sapere nulla di questo attore), e poi due nomi famosi come Elsa De Giorgi e Clara Calamai, e un Capitan Fracassa francese, del 1943, regia di Abel Gance: due film che non ho mai visto.
E' molto bello il “Capitan Fracassa” della Rai nel 1958, legato al nome di Arnoldo Foà, oggi reperibile sia su Raiplay che su youtube: la regia è di Anton Giulio Majano, Foà è il protagonista, nel resto del cast Lea Massari, Nando Gazzolo, Ubaldo Lay, Alberto Lupo, Warner Bentivegna, e molti altri ottimi attori. La riduzione è molto fedele nelle prime puntate, però nel finale ci sono modifiche abbastanza discutibili; non ci sono i buoi a tirare il carro di Tespi, e nel finale manca il ritrovamento del tesoro nel castello di Sigognac, dettaglio che manca in tutte le riduzioni per il cinema e che a me è sempre piaciuto molto: Gautier lo scrive molto bene, è tutt'altro che un espediente e finisce col dare il vero significato a tutta la storia. Nella riduzione Rai, mancano anche i dettagli sul funerale di Matamoro: gli attori venivano seppelliti in terra sconsacrata, e di questo Gautier scrive molto, ma probabilmente nella Rai di quegli anni l'argomento era stato sconsigliato.
L’elenco completo dei film tratti dal romanzo di Gautier sarebbe più lungo, lo rimando ad altra occasione sperando nel frattempo di riuscire a recuperarne qualcuno.
Un cast ideale comunque non c’è, tutti questi film danno l’idea di essere un po’ improvvisati, si prende qualche nome famoso, e quelli che sono a disposizione, e si completa l’opera meglio che si può; con qualche doverosa eccezione tra gli attori. Per trovare un cast ideale forse bisognerebbe andare a pescare a Hollywood negli anni ’30: provo a pensare a James Stewart come Sigognac, Boris Karloff nella parte del tiranno, e poi Barbara Stanwyck, Spencer Tracy, Mickey Rooney, Harpo Marx... O magari in Italia negli anni ’40 o ’50, Gino Cervi da giovane, con Sergio Tofano, Tino Buazzelli, Eduardo, Marisa Merlini, Delia Scala... Totò avrebbe tirato troppo il film dalla sua parte, ma sarebbe stato un magnifico Scapino. Negli anni ’60, Volonté da giovane avrebbe fatto un magnifico Sigognac, magari con Giorgio Albertazzi a fare da cattivo, come fecero nell’Idiota di Dostoevskij in tv ma a parti rovesciate, e poi Edmonda Aldini, Ottavia Piccolo...
Non oso pensare a cosa ne tirerebbero fuori oggi a Hollywood o a Parigi, o le nostre tv commerciali; meglio lasciar perdere, meglio dimenticarsi di Capitan Fracassa. Il cinema oggi è straordinariamente simile al castello di Sigognac all’inizio del libro, il tesoro è stato sotterrato ed è ancora lì nascosto, e dimenticato. Arriverà un giorno, come nel romanzo, una povera compagnia d’attori vaganti, su un carro trainato dai buoi, e forse solo allora si potrà ricominciare. Nel qual caso, mi candido ad interpretare la parte del vecchio servitore di casa Sigognac: nel caso, mi impegno fin d’ora a dimagrire di quanto sarà necessario.
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