sabato 21 aprile 2012

La terrazza

La terrazza (1980) Regia di Ettore Scola. Scritto da Ettore Scola con Age e Scarpelli. Fotografia di Pasqualino De Santis. Scenografia di Luciano Ricceri. Costumi di Ezio Altieri. Musiche originali di Armando Trovajoli. Interpreti: Serge Reggiani, Jean Louis Trintignant, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Carla Gravina, Milena Vukotic, Stefania Sandrelli, Marie Trintignant, Galeazzo Benti, Stefano Satta Flores, Ombretta Colli, Carlo Cattaneo, Agenore Scarpelli, Leonardo Benvenuti, Ugo Gregoretti, Francesco Maselli, Lucio Lombardo Radice, Mino Monicelli, Claudio Sestieri; Lucio Villari, Helena Ronee, Venantino Venantini, Olimpia Carlisi, Fabio Garriba, Maurizio Micheli, Remo Remotti, forse Gerardo Chiaromonte. Durata: 155 minuti.

E’ un film del 1980, che descrive un ambiente sul quale incombevano prima Craxi, poi De Mita, poi Berlusconi e Bossi, tutti ancora di là da venire o appena intravisti. Visto oggi, fa un po’ di tenerezza e anche molta nostalgia, perché i problemi da affrontare oggi sono molto più grandi: questi sembravano problemi, alla fine degli anni ’70... Difficile, da oggi, tornare a pensare a quel che si diceva e pensava allora, quasi impossibile per i ventenni di oggi; ma nonostante questo, pur con tutti i suoi difetti, questo è un film che andrebbe fatto vedere a scuola, perché si è cercato di far passare quegli anni come una specie di dittatura, e invece era così che si viveva. Prima, con il PCI al 35% e con lo statalismo aborrito, con la Dc centralista e romana, si viveva bene, ci potevamo permettere il lusso di considerare problemi queste cose da poco, e sarebbe bastato tenere d’occhio i bilanci dello Stato per poter continuare a stare bene. Il paragone con l’oggi è drammatico: nel 2011-2012 ci troviamo messi malissimo, non solo non c’è più l’industria (mentre qui si discuteva degli immigrati, l’industria italiana emigrava all’estero...), ma non c’è più neanche Cinecittà, messa in liquidazione dai berluscones, e l’industria italiana del cinema, allora fiorente e qui rappresentata da Scola in forma di benevola caricatura, è ormai ridotta a pochissima cosa, quasi soltanto i “cinepanettoni”.
Le colpe sono recenti, recentissime, basti pensare che nel 1980 le tv e radio commerciali erano agli inizi e di importante c’era solo la RAI, una tv ancora capace di produrre cultura, non legata all’audience e alla pubblicità. Lo sviluppo successivo avrebbe potuto essere diverso, il pluralismo televisivo si è trasformato nel monopolio di una sola persona, per molto tempo a qualcuno è sembrato che potesse essere questo il progresso, poi i nodi sono venuti al pettine. Oggi siamo in mezzo a una terribile recessione ma c’è ancora chi non si è accorto di nulla; e questa è forse la tragedia più grande, che qualcuno ancora non si sia reso conto degli errori seguiti al 1980, cioè al mondo benevolmente messo in caricatura da Ettore Scola in questo film.
E’ un film a episodi, ben legati fra di loro dall’ampia cornice della “terrazza” che dà il titolo al film, un locale dove si danno appuntamento un gruppo di amici e di persone a loro legate. La sceneggiatura è buona, molto bello è il lavoro degli scenografi e costumisti e soprattutto del direttore della fotografia Pasqualino De Santis, abituale collaboratore di Fellini e di grandi registi americani. L’episodio che più mi ha colpito è quello che ha per protagonista Serge Reggiani, con citazione esplicita della morte di Matamoro dal romanzo “Capitan Fracassa” di Theophile Gautier, un libro che ho sempre amato moltissimo: il non mangiare più, il morire nel freddo e nella neve. Un piccolo capolavoro, ma per capirlo e apprezzarlo bisogna aver letto Gautier, e averlo amato. In seguito, Scola girerà un film intero tratto dal “Capitan Fracassa”, ma sarà piuttosto deludente, senza mai raggiungere questi livelli.
Il primo episodio è per Trintignant (doppiato da Francesco Carnelutti), uno sceneggiatore cinematografico di successo che però adesso “deve far ridere”, perché questo gli chiede il suo produttore (Ugo Tognazzi). Trintignant è a casa sua, con la moglie Milena Vukotic (finalmente una parte che le rende giustizia); trovo quest’episodio troppo tirato per le lunghe, e troppo scontato. C’è qualche battuta divertente, ma è poca cosa nel suo complesso, nonostante l’ottima interpretazione degli attori. Nel secondo episodio, Mastroianni è un giornalista e opinionista di nome, sposato con la bellissima Carla Gravina; il matrimonio è in crisi, lei sta avendo successo, lui invece lo sta perdendo. Ne nascono rivalità e incomprensioni, alla fine i due si separano, a me è sembrato tutto molto superficiale, ed è un peccato. Nel terzo episodio, il produttore cinematografico Tognazzi, un uomo di successo, è anche lui in crisi con la moglie (Ombretta Colli) e accetta di finanziare e produrre un film cretino che per regista l’amico della moglie, giovane e presuntuoso; lo fa perché così spera di tornare ad andare d’accordo con la moglie. Anche qui, poca cosa. Il quarto episodio, tragico e struggente, è quello di Serge Reggiani, dirigente RAI magro ed esile, come il Matamoro del carro dei comici del romanzo di Gautier; ne ho accennato nelle righe qui sopra.
Nell’ultimo episodio, Vittorio Gassman è un alto dirigente del PCI che prima litiga con Stefania Sandrelli, incontrata per caso sulla terrazza, poi si innamora di lei, eccetera. Si può anche vedere, ma non c’è niente di memorabile.
I cinque protagonisti dei diversi episodi hanno questo in comune: che sono vecchi o stanno per diventarlo. Alcuni di loro hanno mogli giovani, magari molto più giovani di loro; altri hanno mogli della loro stessa età (Gassman, Reggiani) ma si cercano sempre amanti giovani (Mastroianni e Gassman, naturalmente). Tutti quanti sono vecchi o sul punto di diventarlo: come me adesso, insomma; però io non sono ricco né famoso, e non ho mai fatto parte di quegli ambienti. Il posto di questi signori, che hanno comunque una loro dignità e serietà professionale (così si può intuire dal film) è stato oggi preso da persone come Daniela Santanché, dai figli di Bossi e di Berlusconi, dalle Emma Marcegaglia (figlia di papà, per chi non lo sapesse), da Bruno Vespa e Giuliano Ferrara, eccetera eccetera eccetera. Altri tempi, che giustificano ampiamente la nostalgia per un mondo che, ad essere sinceri, non ho mai amato: in quel 1980 noi ventenni speravamo di veder sparire questo tipo di persone, di veder migliorare la qualità dei politici e dei dirigenti; ma era difficile immaginare che potesse venire qualcosa di peggio, invece è successo, e in dimensioni impressionanti e inaspettate.
Altri personaggi: Marie Trintignant, figlia di Jean Louis, è la diciassettenne “in cerca di Giulio”, il ragazzo che l’ha invitata sulla terrazza ma che adesso non c’è. La sua storia successiva, quella reale, è molto tragica: nel 2003 è stata uccisa da suo marito, un cantante francese di successo. Una parte di rilievo va a Galeazzo Benti, storica spalla di Totò, un caratterista presente in molti film italiani, che qui interpreta l’attore “appena tornato dal Sudamerica” (forse un accenno ad Adolfo Celi?). Stefano Satta Flores è uno sceneggiatore “ruspante” venuto dal Sud, che fa coppia con Carlo Cattaneo (“dottor Pomarango”). Poi ci sono a far da contorno molte persone famose del mondo del cinema che interpretano, più o meno, se stessi: gli sceneggiatori Age (Agenore Scarpelli) e Leonardo Benvenuti, i registi Ugo Gregoretti e Francesco Maselli, il filosofo Lucio Lombardo Radice, Mino Monicelli (Mino, fratello di Mario: interpreta il presidente della RAI), l’allora giovane regista Claudio Sestieri; e ancora lo storico Lucio Villari (padrone di casa sulla terrazza) , gli attori Venantino Venantini, Olimpia Carlisi (all’epoca compagna di Roberto Benigni, presente in molti film di quegli anni), Fabio Garriba (che fu protagonista di “Sbatti il mostro in prima pagina”, un bel film di Marco Bellocchio uscito nel 1972), Maurizio Micheli, Remo Remotti, e un “Gerardo, dirigente del PCI” che è probabilmente Gerardo Chiaromonte, vero senatore PCI, ma che non è citato nei titoli di coda. Helena Ronèe è il nome della bellissima padrona di casa che invita a tavola, ogni volta, amici e conoscenti: ha al suo attivo una decina di film, quasi tutti insignificanti, del tipo di quelli che faceva un pessimo regista come Mario Bava, e a vederla qui viene da pensare che è probabilmente stato uno spreco.

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