E’ la dimostrazione di come si possa fare un film straordinario pur trattando un tema discutibile e usurato. Questo negro misterioso che uccide una banda di mafiosi da operetta è, come succede anche in “Dead man”, un ottimo modo per parlare di altri temi più profondi, e non avrei mai creduto, prima con Dead man e adesso con questo, che Jarmusch potesse affrontare questi temi e con questa profondità. Bisogna poi aggiungere lo stile, molto personale; la scelta e la guida degli attori; la “piccola trovata meravigliosa “ che porta avanti la narrazione: i cartoons, il gelataio che parla in francese, i piccioni, l’uccellino che si posa davanti al mirino, la bambina Perline, il cane “fantasma” (che appare due volte), i piccioni viaggiatori. Mi è sembrato un abile depistaggio (dai temi veri del film, molto sotterranei) l’insistenza sul codice del samurai. Menzione speciale per Forest Whitaker, un attore che sceglierei volentieri come alter ego, se solo non avesse tutti quei capelli in testa. Ragionando su Kafka, da un articolo di Enrico Arosio per “K.” di Roberto Calasso (L’Espresso 10.10.2002): « ...l’arduo penultimo capitolo (da pag.297) sugli interrogatori notturni al Castello, quello in cui K. arriva vicino alla verità ma è vinto dal sonno perché “il Castello è mite e comprensivo soltanto verso chi è già esausto”»
(dicembre 2002)
Molto bello, ma il finale lascia sconcertati. Penso proprio che questo finale sia come un koan, “il suono di una mano sola”. Non a caso, nel finale, Bill Murray e il ragazzo che potrebbe essere suo figlio, tra le poche parole che si scambiano (“vivere il presente”) c’è questa battuta: «Sei buddista?» «Non lo so ancora.»
E’ una meditazione sulla paternità, girata in forma di commedia. Molto simpatici, e strani, i quattro episodi; ottimo il nero Jeffrey Wright, l’amico vicino di casa con la sua bella famiglia, e una bambina molto buffa che duetta con Bill Murray all’inizio. Murray appare quasi catatonico, con ritmi lentissimi; ci sono case eleganti, musica ottima, ed è un film di viaggio: c’è tutto Jarmusch, compreso il rapporto con l’aldilà. Impressionante la quantità di donne belle e famose che Jarmusch è riuscito a mettere nel film: Julie Delpy, Heather Simms, Sharon Stone, Alexis Dziena (Lolita), Jessica Lange, Chloe Sevigny, Tilda Swinton...
Da rivedere con calma. (anno 2008)
Su questi due ultimi film ovviamente bisognerà tornare, di cose da dire ce ne sono molte.
4 commenti:
Ho appena visto Ghost dog. Splendido.
Ho notato che tra i libri di Perline c'è "Il vento nei salici."
Guarda caso, me lo sono procurato ad Edimburgo questa estate, anche perchè, l'albergo in cui ho alloggiato era la dimora dell'autore del libro.
è un film che non vedo da molti anni, sto aspettando il momento giusto per rivederlo, e magari parlarne in maniera più seria. Ti dirò che cosa mi tiene lontano: è proprio il codice del samurai. Come spiega benissimo Kurosawa nei suoi film, non è che i samurai fossero perfetti - anzi... Insomma, è un film che ouò essere travisato: succede, è successo anche a Kubrick, a Bergman, a Fellini, quasi tutti si fermano all'aspetto più superficiale e immediato. Che fare? (con Dead man il rischio non c'è...)
Riuscirai a risolvere in qualche modo il problema. Ne sono certa. :)
Ho appena letto un tuo vecchio post su Syd Barret. Probabilmente è seguendo una linea musicale che Jarmush ha infilato nella cartella di Perline "Il Vento nei salici". Sto approfondendo la questione...
beh, sì, nei primi Pink Floyd uno come Jarmusch ci sarebbe stato benissimo!
:-)
(però era troppo giovane)
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