Ladybird, ladybird
Una madre in difficoltà, i figli in affido, i servizi sociali.
«Coccinella, coccinella, vola verso casa: la tua casa è in fiamme e i tuoi piccoli scomparsi»: da questa celebre filastrocca inglese Ken Loach (il regista di "Riff Raff” e "Piovono Pietre") ha tratto non solo il titolo del suo prossimo film "Ladybird, ladybird" (in inglese è la coccinella) ma anche una scena assai drammatica. Quella in cui la protagonista, Maggie (quattro mariti diversi e quattro figli), ritorna a casa chiamata dalla polizia perché lo squallido monolocale in cui abita, e in cui si trovavano i suoi figli, è andato a fuoco. (...) la difficoltà a esprimere e maneggiare le proprie emozioni è tipica di tutta la drammaturgia oltre Manica. Come ha detto Sheridan sintetizzando in una battuta lo stretto legame tra la storia privata e quella pubblica del suo film: «Se non ti è permesso di esprimere i tuoi sentimenti, una bomba finirà per farlo per te». (da un articolo di Mario Sesti, L’Espresso 28.01.1994: il film di Sheridan citato nell’articolo è “Nel nome del padre” e parla di un giovane irlandese tenuto ingiustamente in carcere per dieci anni)
Margaret Thatcher, purtroppo sta venendo di moda anche qui da noi (gennaio 1994)
Nel 1996 dopo aver visto il film mi ero segnato questo breve appunto: «E’ così semplice e così perfetto che il vederlo dà un dolore e una gioia (emozioni!) che lo rendono quasi insopportabile: e sarebbe facile trovarvi cose negative, errori, semplificazioni, ma solo uno stupido non saprebbe coglierne la commozione, l’amore verso i personaggi e verso il mondo. Straordinari, come sempre in Loach, gli interpreti. Un maestro, mi ha fatto ridere e mi ha fatto star male... »(giugno 1996)
La piccola poesia che dà il titolo al film ha una ricca voce su wikipedia in inglese: la prima versione a stampa risale a metà Settecento, quindi è molto più antica. Si tratta di uno dei giochi, o delle “conte”, che si facevano da bambini, quando non c’erano ancora i videogames e si giocava tutti insieme, magari per strada: la coccinella (ladybird o ladybug) deve correre a casa, la sua casa in fiamme e i bambini sono in pericolo, li salva tutti tranne uno, oppure ne salva solo uno o una: il nome di quell’uno o una è quello del bambino che “va sotto” oppure “si salva” nel gioco. Ne abbiamo molte anche noi, di queste “conte”; si usavano, per decidere chi “sta sotto” quando si gioca a rincorrersi, a guardie e ladri, eccetera. Questo è uno degli esempi che riporta wikipedia: Ladybird, ladybird fly away home, Your house is on fire and your children are gone, All except one, And her name is Ann, And she hid under the baking pan. Un’altra versione, più disperata: Ladybird, ladybird, fly away home, Your house is on fire, Your children shall burn! Ladybird, ladybird, / Fly away home. / Your house is on fire, / Your children are flown. All but a little one / Under a stone. / Fly home, Ladybird, / 'Ere it be gone. Una terza versione: Ladybird, ladybird, fly away home, / Your horse is on foot, your children are gone; All but one, and that's little John, / And he lies under the grindle stone. Questa filastrocca è citata anche in una famosa canzone di Tom Waits, "Jockey Full Of Bourbon" dall’album “Rain dogs” del 1985
L’agenda nascosta
Un film che parla di storia recente inglese; non lo vedo da molti anni. Nel 1999 mi ero segnato questo breve appunto: «Mi è piaciuto molto, d’altronde mi piace molto il modo di fare cinema di Loach (e viva i comunisti!). Sono quasi sicuro che tutto quello che vi è raccontato sul complotto contro Wilson per favorire la Thatcher corrisponde al vero, ma del film mi resterà impressa Frances McDormand, che è una grande attrice e della quale in questo film ci si potrebbe innamorare. Ottimi anche Brian Cox, il detective inglese, e il “cattivo” capo poliziotto Jim Norton. Onestamente, però, non ho alcuna simpatia per l’IRA e per i suoi rivali.» (novembre 1999)
My name is Joe
Protagonista è l’alcolismo: un altro film che non vedo da molto tempo. Dieci anni fa ne scrivevo: «Il “solito” capolavoro di finezza e di drammaticità del grande regista inglese. Colpisce l’amore per i suoi personaggi, la grande capacità di narrazione, la perfetta scelta dei tempi e degli attori. Loach è figlio di Shakespeare, e lo si vede nel perfetto equilibrio tra dramma e commedia. Giù il cappello, ancora una volta. Peter Mullan sembra Paul Newman, ma è più bravo ancora. E poi c’è Beethoven, il Concerto per violino; e la squadra di calcio con le magliette della Germania 1970... » (luglio 2001)
The navigators
Ne ho parlato per esteso in un post che è qui in archivio, ed è un film al quale sono molto attaccato, anche e soprattutto per motivi personali. L’ho visto al cinema nel settembre 2001; poi ne avevo parlato con Stefanina che mi dirà che dev’essere un bel po’ noioso; ma Stefanina si diceva di sinistra, io pensavo che le interessasse l’argomento, invece i suoi interessi erano altrove e io mi sbagliavo. Un paio d’anni dopo, riferisco l’aneddoto a Solimano che mi dice ridendo che, “beh, la ragazza non aveva tutti i torti”. Ma qui non si tratta di stabilire se il film piace o non piace, si tratta di qualcosa che ci coinvolge tutti, e molto profondamente: la sicurezza sul lavoro, la sicurezza dei treni, come vengono gestiti gli appalti... Nel film Loach descrive con estrema precisione come e perché succedono gli incidenti sul lavoro: e ogni giorno muore gente sul lavoro, ci sono incidenti stradali e ferroviari, tram che escono dalle rotaie...Possibile che non si riesca più a parlare di quello che succede nel mondo?
La canzone di Carla
Il Nicaragua e la rivoluzione sandinista, visti attraverso gli occhi di un giovane inglese innamorato di una giovane donna immigrata. Oltre ad essere una bellissima storia d’amore (qualche vaga somiglianza con "L'assedio" di Bertolucci) è l’inevitabile vittima di una censura di mercato più o meno occulta. Poiché è un atto di denuncia molto forte verso “the masters of war” (in questo caso la CIA) lo si vede ai festival, magari si premia qualche attore, e tutto finisce lì. Mi ricordo le critiche di quando era uscito: dicevano che era buona la prima parte, ma che la seconda era noiosa e “militante”: invece è un capolavoro dall’inizio alla fine, ed è toccante. (maggio 1999)
(continua)
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