martedì 26 aprile 2011

Fanny e Alexander ( VII )

FANNY E ALEXANDER (Fanny och Alexander, 1981-82) Scritto e diretto da Ingmar Bergman - Fotografia: Sven Nykvist (colori) - Scenografia: Anna Asp - Montaggio: Sylvia Ingemarsson - Marionette di Arne Hogsander Effetti speciali e animazioni: Bengt Lundgren. Lanterna magica : Christian Wirsen Musica: Robert Schumann, Benjamin Britten, Charles Gounod, Fryderyk Chopin, Jacques Offenbach, e altri. Gli esterni e le scene in teatro sono stati girati a Uppsala (Svezia). Durata: 197 minuti versione per il cinema; Durata prevista per la tv: 312 minuti. Durata del dvd italiano: tre ore esatte, 183 minuti con i titoli di coda.   Interpreti: casa Ekdahl  Gunn Wällgren (nonna Helena Ekdahl); Allan Edwall (Oscar Ekdahl), Ewa Fröling (Emilie, moglie di Oscar), Pernilla Allwin e Bertil Guve (Fanny e Alexander, figli di Oscar e di Emilie); Jarl Kulle (Gustav Adolf Ekdahl), Mona Malm (Alma, moglie di Gustav Adolf), Maria Granlund (Petra, figlia di Gustav Adolf), Kristian Almgren (Putte), Emilie Werkö (Jenny); Börje Ahlstedt (Carl Ekdahl), Christina Schollin (Lydia, moglie di Carl); Käbi Laretei (zia Anna, la pianista), Sonya Hedenbratt (zia Emma); Pernilla Ostergren (Mai, bambinaia), Svea Holst-Widén (signorina Ester), Majlis Granlund (signorina Vega, la cuoca), Lena Olin (Rosa, nuova bambinaia), Siv Ericks (Alida, cuoca di Emilie) Kristina Adolphson (Siri, cameriera), Eva Von Hanno (Berta, cameriera di Helena) Inga Alenius (Lisen, cameriera di Emilie) Orchestrali: Daniel Bell, Gunnar Djerf , Ebbe Eng, Folke Eng, Evert Hallmarken, Nils Kyndel, Ulf Lagerwall, Borje Marelius, Karl Nilheim; Attrezzista al teatro: Gus Dahlstrom Casa di Isak: Erland Josephson (Isak Jacobi), Mats Bergman (Aron), Stina Ekblad (Ismael) Casa del vescovo: Jan Malmsjö (vescovo Edvard Vergérus), Harriet Andersson (Justina, serva di cucina), Kerstin Tidelius (Henrietta, sorella del vescovo), Marianne Aminoff (Blenda, madre del vescovo), Marianne Nielsen (Selma, cameriera) Mona Andersson (Karina, cameriera) Marrit Olsson (Malla Tander, cuoca) Hans Henrik Lerfeldt (Elsa Bergius, zia del vescovo) e con: Gunnar Björnstrand (Filip Landhal), Anna Bergman (signorina Hanna Schwartz), Angelica Wallgren (Eva), Ake Lagergren (Johan Armfeldt), Carl Billquist (ispettore di polizia), Axel Duberg (testimone) , Patricia Gelin (la statua), Nils Brandt (Mr Morsing), Viola Aberle, Gerd Andersson, Ann-Louise Bergstrom (tre dame giapponesi) Sune Mangs (Mr Salenius) Per Mattson (Mikael Bergman) Licka Sjoman (Grete Holm) Maud Hyttenberg-Bartoletti (Miss Sinclair) Marianne Karlbeck (Miss Palmgren) Heinz Hopf (Tomas Graal) Gösta Prüzelius (Dr Furstenberg) Hans Straat (sacerdote al matrimonio), Olle Hilding (sacerdote anziano). I tre amici al club con zio Carl: Lars-Owe Carlberg, Hugo Hasslo, Sven Erik Jakobsen

A 2h08’ siamo all’aperto, al mare, su un pontile: una gita in barca a cui hanno partecipato tutti gli Ekdahl, tranne nonna Helena che è rimasta in casa a rimettere in ordine le fotografie di famiglia. Al ritorno dalla gita, Gustav Adolf e sua moglie Alma discutono con Helena sul da farsi. La bambinaia Maj, ormai entrata a far parte della famiglia a tutti gli effetti, è contenta dell’affetto che le dimostrano, ma vuole essere indipendente e avere una sua vita propria. In più, bisogna riportare a casa Emilie e i bambini...
La terza parte del film, che comporta una presenza importante dell’elemento magico e del soprannaturale, comincia a 2h13’, con l’inquadratura ancora del fiume sotto la casa del vescovo: ma questa volta dall’acqua affiora lo scheletro di un cane. E’ ancora il violoncello di Benjamin Britten a introdurre la scena, un breve frammento dalle Suites per violoncello (op.72, op.80, op.87, in tre momenti diversi del film).
La fuga dei bambini dalla casa del vescovo è tra le cose più belle che abbia mai visto o letto, qualcosa che sta fra Harry Potter, Mark Twain, Charles Dickens: l’elemento magico, l’avventura e il divertimento puro e semplice, da grande romanzo d’appendice, si mescolano insieme e danno origine ad una sequenza breve ma di grande effetto. Protagonista principe è lo zio Isak, che si introdurrà nella casa e riuscirà a beffare il vescovo Vergerus e sua sorella Henrietta: sono scene che non si possono raccontare, anche e soprattutto per chi non ha ancora visto oppure non vede il film da tanto tempo e si è dimenticato cosa succede.
Una cosa si può però aggiungere, ed la grandissima qualità della recitazione: Erland Josephson ai suoi livelli, ma con un personaggio almeno per noi inedito; e Jan Malmsjö, il vescovo, non gli è da meno. Un duetto da antologia: rivedendolo mi sembra strano che nessuno dei due sia stato chiamato per “Il signore degli anelli” o per “Harry Potter”, ma così va il mondo.
A questa scena segue l’arrivo di Fanny e Alexander in casa di zio Isak, e l’incontro con Ismael, un’altre grande e magica sequenza a cui ho già dedicato i primi due post. La sequenza finisce con una musica per flauto, sulle immagini delle fiamme, che purtroppo non sono riuscito a identificare.
A 2h44’ due poliziotti in borghese si recano a casa Ekdahl: Emilie è già con nonna Helena, in salvo. L’ispettore di polizia non può far altro che informare Emilie di quello che è successo: “un orribile concorso di circostanze singolarmente sfortunate”, nessuna delle quali si può imputare alla giovane donna. Emilie è dunque libera, e la famiglia Ekdahl si ricompone.
A 2h46’ vediamo due bambine in culla: è una grande festa per gli Ekdahl. Si tratta della figlia di Maj (avuta da Gustav Adolf) e della figlia di Emilie (il padre è il vescovo Vergerus), entrambe accolte con gioia da tutti. C’è una grande festa in loro onore, e come nella scena iniziale vediamo tutti insieme ad una sola tavolata, attori, tecnici di scena, personale di servizio, tutti quanti parte di casa Ekdahl. A guidare la tavola, un festoso Gustav Adolf, visibilmente brillo ma perfettamente in grado di fare il suo compito di padrone di casa. La musica che si ascolta è di Jacques Offenbach, il valzer dall’operetta “La belle Helene”.
A questo punto, Gustav Adolf inizia il suo discorso.
Gustav Adolf: Miei carissimi amici! Sono commosso...lo confesso, commosso fino alle lacrime (è davvero commosso, tira fuori il fazzoletto ed è costretto a una pausa; poi riprende con vigore). La mia saggezza (il mio sapere) è una cosa semplice, e sicuramente ci sarà gente che ne ride o che la disprezza: che vadano pure al diavolo! (si volta verso Helena) Mamma, vedo che sollevi il sopracciglio destro: pensi che tuo figlio parli troppo? Stai tranquilla, me la sbrigo presto. Allora, veniamo al dunque. (commosso e un po’ brillo) Noi Ekdahl non siamo venuti al mondo per scrutarlo in profondità; noi non siamo attrezzati per questo tipo di indagini. La cosa migliore è quindi mandare all’inferno i “grandi contesti”; noi vivremo in piccolo, nel piccolo mondo; e ci contenteremo di quello. Lo coltiveremo, e lo useremo nel modo migliore. (accarezza i bambini, poi prosegue) . La morte colpisce all’improvviso, e si spalanca l’abisso; all’improvviso infuria la tempesta e la catastrofe ci sovrasta; noi tutto questo lo sappiamo, ma ci rifiutiamo di pensare a queste cose sgradevoli. Noi Ekdahl amiamo i nostri trucchi e i nostri stratagemmi. Togliete a un uomo i suoi marchingegni, e vedrete che perderà la testa e menerà colpi in aria. (ride) La gente deve essere aperta, che diavolo, e comprensibile! Altrimenti, non avremmo il coraggio né di amarla nè di parlarne male. Il mondo, e anche la realtà, devono essere comprensibili, concepibili, così che possiamo tranquillamente lamentarci della loro monotonia (si accorge che qualcuno è un po’ impaziente, agita le mani come per dire che finirà presto). Non rattristatevi, miei cari, meravigliosi, grandi artisti (bacia la testa a Gunnar Björnstrand), attori, attrici: abbiamo ugualmente un gran bisogno di voi, perché sarete voi a darci i nostri brividi soprannaturali, e soprattutto anche i nostri piaceri terreni (ride, è commosso).
Il mondo è una tana di ladroni, e la notte sta per calare; il male si strappa di dosso le catene e vaga nel mondo come un cane impazzito, e tutti ne siamo contaminati, noi Ekdahl come qualunque altra persona. Nessuno vi sfugge (andando verso le due culle), nemmeno lei, Helena Victoria, o la piccola Aurora. La vita è fatta così, è questo il motivo per cui dobbiamo essere felici, quando siamo felici; ed essere gentili, generosi, teneri, buoni. (con forza) Per questo motivo è necessario, e tutt’altro che vergognoso, essere felici e gioire di questo piccolo mondo, della buona cucina, dei dolci sorrisi, o anche di un valzer. Ed ora, miei cari amati amici, potete tirare un sospiro di sollievo: io ho finito di parlare, e voi prendetela come vi piace, magari come se fossero i rigurgiti sentimentali di un ignorante, o il balbettare farneticante di un vecchio, tanto non mi importa. (tutti ridono di cuore; Gustav Adolf va alla culla, prende la sua bambina con estrema delicatezza). Tengo in braccio una piccola e dolce imperatrice, qualcosa che si può toccare, eppure incommensurabile (fuori scena parte un carillon con la musica di Schumann, come all’inizio del film), e un giorno mi dimostrerà che avevo torto in tutto quello che ho detto. Un giorno lei dominerà non soltanto sul piccolo mondo ma su tutto, su ogni cosa (bacia la bimba con grande affetto, la bimba gli tocca il volto con le manine).
Un gran discorso, interpretato con molto divertimento da Jarl Kulle, e che va letto di seguito all’altro discorso che a inizio del film aveva fatto suo fratello Oscar, per poterne cogliere gli accenni al “piccolo mondo”. E’ da sottolineare il breve accenno finale a “As you like” di Shakespeare, dove c’è la famosa battuta “tutto il mondo è un palcoscenico”, e molti sono rimandi a “Il volto” (film di Bergman del 1959) – ma anche, come vedremo nel finale, a Strindberg.
A 2h51’, Emilie è a colloquio con la nuova bambinaia appena assunta (Lena Olin), che prenderà in cura la bambina appena nata. La bambinaia le dice che è molto contenta del suo lavoro, e che tutti sono stati molto gentili con lei, soprattutto il signor Gustav Adolf: Emilie ride, e la mette in guardia, il signor Gustav Adolf è forse anche un po’ troppo gentile, soprattutto con le donne giovani e carine...
Di seguito, vediamo Gustav Adolf con Alma ed Emilie: è ubriaco e felice, Alma lo accompagna a letto, ma Gustav Adolf non riesce a trattenere la felicità di essere tutti di nuovo insieme, ed è soprattutto la presenza di Emilie a commuoverlo.
Gustav Adolf non sa ancora che è in atto una piccola congiura contro di lui: Maj e sua figlia Petra sono contente del suo affetto, ma lo ritengono decisamente eccessivo, si sono messe d’accordo per aprire un negozio a Stoccolma, dove saranno indipendenti. Emilie appoggia la loro decisione, e anche nonna Helena sarà d’accordo. In più, nonna Helena ricorda ad Emilie che suo marito Oscar, in punto di morte, le aveva affidato il teatro: Gustav Adolf “di teatro non ne capisce niente, è meglio che si dedichi al commercio, dove invece è molto bravo”. Ed ecco dunque che il teatro, e tutta la famiglia Ekdahl, saranno d’ora in avanti nelle mani delle donne...
C’è ancora tempo per l’apparizione di un fantasma: non più quello di Oscar, ormai rasserenato, ma quello del vendicativo vescovo Vergerus, che fa uno sgambetto ad Alexander e gli dice “Non ti libererai mai di me!”.
Alexander si rifugia tra le braccia della nonna Helena, che sta leggendo un libro che le ha appena dato Emilie, una novità da mettere in scena in teatro. E’ “Il sogno” di Strindberg, che dapprima Helena aveva respinto “quel vecchio abominevole misogino!”, ma che poi comincia a leggere, con il nipote Alexander tra le sue braccia: «Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l'immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni...»
August Strindberg, pagine iniziali da “Il sogno”.
In questo « sogno », richiamandosi a un suo sogno precedente, Verso Damasco, l'Autore ha cercato di imitare la forma sconnessa ma apparentemente logica del sogno. Tutto può avvenire, tutto è possibile e probabile. Tempo e spazio non esistono; su una base minima di realtà, l'immaginazione disegna motivi nuovi: un misto di ricordi, esperienze, invenzioni, assurdità e improvvisazioni. I personaggi si scindono, si raddoppiano, si sdoppiano, svaniscono, prendono consistenza, si sciolgono e si ricompongono. Una coscienza, tuttavia, sovrasta tutto, quella del sognatore: per essa non ci sono segreti, inconseguenze, scrupoli, leggi. Egli non condanna, non assolve; riferisce: e poiché il sogno, il più delle volte, è doloroso e solo di rado lieto, una nota di malinconia e di pietà verso quanto è vivente attraversa il vacillante racconto. Il sonno, questo liberatore, diventa spesso doloroso, ma quando il tormento arriva all'estremo, ecco il risveglio a conciliare il sofferente con la realtà. E la realtà, per penosa che sia, in quel momento costituisce pur sempre un sollievo, rispetto al sogno tormentoso. Che anche la vita sia un sogno, ci sembrava una volta un sogno poetico di Calderón. Ma quando Shakespeare fa dire a Prospero, nella Tempesta, che «siamo tutti della stoffa di cui sono fatti i sogni», quando il Savio inglese enuncia, per bocca di Macbeth, che la vita «è una favola, raccontata da un folle», è il momento per cominciare a riflettere sulla questione.
Chi accompagnerà l'Autore, nel corso di queste brevi ore, lungo il suo cammino di sonnambulo, troverà forse una somiglianza tra il caos apparente del sogno e il tappeto multicolore della vita indomabile, eseguito dalla « tessitrice del mondo », che dispone prima l'ordito dei destini umani e fa poi la trama con i nostri interessi in contrasto e le nostre passioni incostanti.
Chi rileverà questa somiglianza, avrà il diritto di dire a se stesso: forse è così.
Per quanto riguarda la forma libera, sconnessa, del dramma, anche qui si tratta solo di apparenza. A ben guardare, infatti, la composizione risulta abbastanza solida - una sinfonia polifonica che qua e là si fonde con il motivo principale di continuo riaffiorante, ripetuto, variato in tutti i toni da più di trenta voci. Nessun « a solo » con accompagnamento, nessun « ruolo », niente caratteri né caricature, niente intrighi, nessun finale d'atto con dispositivo per l'applauso. La direzione delle voci è tracciata con rigore, nella scena finale del sacrificio trascorre tutto il passato, i motivi sono ancora una volta compendiati come deve fare la vita, in ogni particolare, nell'ora della morte... Ancora una somiglianza! Ma guardiamo, ora, ascoltiamo: con un po' di buona volontà, la partita è vinta a mezzo, e non cerchiamo di più.
(August Strindberg, pagine iniziali da “Il sogno”; edizione Adelphi, traduzione di Giorgio Zampa).
(continua)

2 commenti:

Marisa ha detto...

Qui il cerchio si chiude e tutto il film si rivela, tornando sui temi iniziali del teatro come sogno e il sogno come rappresentazione di vita a vari livelli, come un perfetto esempio di tutta la filosofia contenuta in esso: un cerchio magico che si apre e si sviluppa riprendendo i fili interrotti per portare iltutto ad un livello più complesso, come una spirale che tende continuamente a chiudersi, ma in realtà si apre a nuove possibilità e a livelli più alti...
Dovremmo ricordarcelo più spesso, quando tutto sembra precipitare e i gironi dell'inferno si riaprono per riportarci a livelli regressivi e più oscuri. La vita procede così, a sbalzi e rischi di regressioni, ma c'è anche qualcosa, una forza evolutiva molto potente, che lavora per superare i blocchi e spingere la realtà della coscienza più in alto e verso l'aperto. Gli artisti lo sanno meglio di noi perchè hanno un miglior accesso all'inconscio collettivo e questo li rende sempre un pò bambini e un pò veggenti.
Bergman, nonostante le depressioni e l'atmosfera cupa della canonica di cui la sua infanzia si è intrisa (ma per fortuna c'era anche la meravigliosa famiglia della madre con la casa della nonna), ha sempre conservato questa visione interiore che alla fine si apre verso la luce ed emerge anche dai peggiori incubi.

Giuliano ha detto...

"Il sogno" di Strindberg è stato una bella sorpresa, non l'avevo mai letto prima. Non è una lettura facile, e mi chiedo come possa essere in scena...Esiste una registrazione tv diretta da Bergman, ma chissà se e quando riuscirò a vederla (e poi è in svedese, servirebbe un lavoro di sottotitoli...).
E davvero anche nonna Helena potrebbe prendervi parte, quindi non c'è niente di strano che Emilie glielo proponga ("imponga"?)
:-)