Il trono di sangue (KUMONOSU-JO, 1957) (t.l.: Il castello Kumonosu, cioè “il castello della tela di ragno”) Regia: Akira Kurosawa; sceneggiatura (dal Macbeth di Shakespeare): Shinobu Hashimoto, Ryuzo Kikushima, Hideo Oguni e Akira Kurosawa; fotografia: Asakazu Nakai; scenografia: Yoshiro Muraki e Kohei Ezaki; musica: Masaru Sato; montaggio:Akira Kurosawa; interpreti: Toshiro Mifune (Taketoki Washizu - Macbeth), Isuzu Yamada (Asaji, sua moglie - Lady Macbeth), Minoru Chiaki (Yoshiaki Miki, suo amico - Banquo), Akira Kubo (Yoshiteru, il figlio di Miki - Fleance), Takamaru Sasaki (Kuniharu Tsuzuki, il principe - Duncan), Yoichi Tachikawa (Kunimaru, il figlio di Tsuzuki - Malcolm), Takashi Shimura (Noriyasu Odagura, il capo dell'esercito liberatore - Siward), Chieko Naniwa (lo Spirito del bosco); produzione: Shojiro Motoki e Akira Kurosawa per la Toho; distribuzione: Toho; durata: 110'.
L’atto quarto si apre con la seconda visita di Macbeth alle streghe: qui c’è un’altra differenza importante rispetto a Kurosawa, che semplifica di molto le profezie. Le streghe dicono a Macbeth di guardarsi da Macduff, ma che nessun nato di donna lo ucciderà; e che non sarà mai sconfitto fino a che la foresta di Birnam non si metterà a camminare verso di lui. Infine, gli mostrano la sequenza dei futuri Re di Scozia: e con loro appare lo spettro di Banquo, sorridente, che li indica come suoi discendenti. Nella scena II, altri sicari inviati da Macbeth uccidono la moglie e il figlio di Macduff. La scena III, molto lunga, è dedicata a Malcolm e Macduff, che piangono le sorti della Scozia, caduta in mano a un tiranno sanguinario; di seguito, Ross porta a Macduff ha la notizia della strage della sua famiglia. L’esercito si mette finalmente in marcia contro l’usurpatore.
L’atto quinto si apre con la follia di Lady Macbeth, osservata e raccontata dal medico che l’ha in cura e da una dama al suo servizio. Lady Macbeth si lava continuamente le mani, cercando di cancellare le macchie di sangue che solo lei vede: il sangue del Re, ma anche quello della moglie e del figlio di Macduff. Nella scena II, l’esercito contrario a Macbeth è in marcia verso la foresta di Birnam. Nella scena III, Macbeth cerca di preparare la difesa del castello, mentre i suoi servitori e il medico si dicono pronti a fuggire. Nella scena IV, l’esercito in marcia contro Macbeth fa tagliare rami e piante della selva di Birnam: serviranno a proteggere i soldati dalle frecce del nemico. Ecco dunque che la selva di Birnam si appresta veramente a marciare contro Macbeth, come gli avevano profetizzato le streghe. Nella scena V, asserragliato nel suo castello, Macbeth ha la notizia della morte della moglie, una notizia data velocemente che Macbeth commenta con una delle battute più famose di tutta l’opera di Shakespeare:
ATTO QUINTO, SCENA QUINTA
(...)Rientra SEYTON.
MACBETH: Perché quelle grida?
SEYTON La regina, mio signore, è morta.
MACBETH Sarebbe pur morta, un giorno o l'altro. Il tempo per quella parola sarebbe pur dovuto venire... domani, e domani e domani. Striscia a piccoli passi, di giorno in giorno, fino all'ultima sillaba del tempo prescritto; e tutti i nostri ieri hanno illuminato a dei pazzi il cammino verso la polverosa morte. Spegniti, spegniti, breve candela! La vita non è che un'ombra in cammino; un povero attore, che s'agita e si pavoneggia per un'ora sul palcoscenico e del quale poi non si sa più nulla. È un racconto narrato da un idiota, pieno di strèpito e di furore, e senza alcun significato. (...)
(William Shakespeare, Macbeth. Traduzione di Gabriele Baldini, ed.BUR-Rizzoli)
Nella battaglia che segue, Macbeth si batte da valoroso e alla fine si trova a tu per tu con Macduff: la profezia delle streghe gli aveva detto che non sarebbe mai stato ucciso da un “nato di donna”, ma anche di guardarsi da Macduff. Ed è Macduff che dà la soluzione: non è “nato” da una donna, ma ne fu tratto fuori con il taglio cesareo. Le streghe hanno condotto Macbeth alla rovina dicendogli la verità, e Macduff uccide Macbeth. Nell’ultima scena (atto quinto, scena IX) Malcolm, Siward, Ross e Macduff commentano l’accaduto.
Nel film di Kurosawa ci sono a questo punto molti tagli e molte differenze, ma non mi sento di dire che “Il trono di sangue” sia davvero differente dal Macbeth: le differenze sono solo formali, il vero significato dell’opera è rispettato, e anche il carattere dei personaggi.
Si va verso il finale: vediamo i soldati che commentano i fatti, come nella Kovancina di Mussorgskij; a 1h17’ una serva va da Washizu e gli dice che il figlio è nato morto, e che la regina non è più in sè, ma di non andare a trovarla perché è in condizioni pietose. Di seguito, Washizu monta a cavallo ed esce dal castello; torna nel bosco in cerca dello spirito, e lo trova. La voce dello spirito non è più flebile come la prima volta, è anzi forte e come se venisse da una caverna, dal sottosuolo; e cambia aspetto più volte, mostrandosi anche come un guerriero. Le nuove profezie sono molto semplificate rispetto a Shakespeare, c’è solo quella della foresta. Lo spirito, più che altro, si fa beffe di Washizu: ha voluto cominciare a seguire la strada del demonio, ora dovrà percorrerla fino in fondo. (In Shakespeare, Macbeth torna dalle streghe prima di far uccidere Banquo).
A 1h25’ inizia la battaglia finale, le truppe di Noriyasu e Inui sono in marcia contro il castello di Washizu. Noriyasu si trova davanti alla foresta incantata, e dà ordine di non seguire mai i sentieri del labirinto, ma di andare sempre diritti, anche abbattendo gli alberi. Nel castello, Washizu raduna i soldati nel cortile e spiega loro la storia delle profezie, compresa quella della notte precedente: una mossa che si ritorcerà contro di lui. A 1h35’ i corvi entrano nella sala dove Washizu è in riunione con i suoi generali; poi Washizu rientra nelle sue stanze, dove assiste atterrito alla follia della moglie, che cerca di lavarsi le mani dal sangue versato. Washizu toglie anche la bacinella d’acqua dalle mani della moglie, ma la donna non se ne accorge nemmeno e continua a lavarsi. Osservato alla serva, molto preoccupata, Washizu corre via e lascia la moglie al suo delirio. Infine gli giungono le voci spaventate dei soldati: gli dicono la foresta si muove veramente verso di loro.
In una scena impressionante, Macbeth-Washizu viene ucciso dai suoi stessi soldati: non ci sarà bisogno della battaglia finale.
Il film si chiude con il coro, come all’inizio. Non vediamo la morte della regina, né ci viene annunciata; vediamo solo i soldati di Noriyasu muoversi con cautela dietro le piante che essi stessi hanno tagliato, usate come scudo. Sappiamo già che troveranno la via libera, al Castello della Tela di Ragno troveranno le porte aperte.
(continua)
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