Un certo giorno (1969) Regia di Ermanno Olmi. Scritto da Ermanno Olmi. Fotografia di Lamberto Caimi. Interpreti: Brunetto Del Vita, Lidia Fuortes, Vitaliano Damioli, Giovanna Ceresa, e altri. Durata: 104 minuti.
Un dirigente d'azienda ha una crisi
cardiaca e deve stare a riposo; il collega e amico che è al suo
fianco si vede spianata la via verso la posizione di amministratore
delegato. Nel frattempo conosce e frequenta una donna giovane e bella
appena conosciuta in ufficio (ha già moglie e figlia adulta);
l'amico dirigente si rimette dalla malattia e gli confessa che ha
deciso di non tornare più in azienda. Tutti gli ostacoli sono quindi
scomparsi e il futuro promette bene, ma ecco un incidente stradale
improvviso, un morto e un processo, tutto viene rimesso in
discussione. Alla fine, il protagonista del film (che lavora in
un'agenzia di pubblicità ed è sui cinquant'anni) verrà assolto nel
processo perché non ha colpe nell'incidente; lascerà la giovane
donna e tornerà in famiglia dalla moglie che gli vuol bene. Non si
dice nulla del suo lavoro futuro ma le prospettive sono cambiate,
forse la vecchiaia si avvicina.
L'ambiente di lavoro è quello della
pubblicità, dove si discute per ore e con serietà assoluta sul
nulla. Olmi mostra bene questo mondo, che conosce perché ci ha
lavorato, e forse sul mio giudizio influisce molto ciò che è
successo nei quarant'anni successivi, anche in politica purtroppo.
Forse il film quando uscì non dava quest'impressione, ma certo
vedere all'opera il Consiglio di Amministrazione di un'agenzia
pubblicitaria non è un bello spettacolo: la scemenza e i luoghi
comuni regnano sovrani, le parole perdono il loro senso, gli oggetti
sono intercambiabili, basta cambiare l'etichetta et voilà. Ci si
rivolge a degli idioti, insomma: i pubblicitari ci prendono tutti per
idioti e a un certo punto bisogna ammettere che è vero, visto da
oggi sicuramente. Si fanno inchieste di mercato intervistando un po'
di persone qua e là per le provincie, e girano molti soldi, "cifre
a nove zeri" intorno a questo nulla ben descritto da Olmi con la
solita semplicità e con il suo affetto verso i personaggi,
nonostante tutto.
Un altro punto importante: al processo,
l'avvocato sconsiglia al protagonista di dire le cose come sono
successe, e cioè che non aveva visto il carrettino a mano. Dovrà
dire: l'ho visto, ho suonato il clacson, ho effettuato il sorpasso
come da codice, eccetera. La sostanza non cambia, la colpa non c'è
in nessuna delle due versioni, ma non si può dire la verità. Se
dici la verità, rischi. Ed è un'altra delle osservazioni di Olmi,
sottotraccia, quasi come se fosse cosa da poco, una banalità; ma non
lo è, e lo so anch'io per esperienza diretta. Un mondo di dissimulatori, questo è il mondo felice in cui
viviamo; se dicessimo la verità chissà cosa succederebbe. Anche
alla moglie non si racconta tutto, nemmeno se lei ti vuol bene.
Eccetera.
Con "Un certo giorno" Ermanno
Olmi anticipa Kieslowski (Il Decalogo, Destino) nel mettere insieme
tante piccole variabili della nostra vita quotidiana. Olmi va a
toccare l'imponderabile: cosa succede veramente nelle nostre vite?
Non riusciamo mai a venirne a capo, gli eventi si succedono, malattie
e successi, nascite e morti, il lavoro, gli amici... tutto legato a
piccole cose imponderabili che alle volte chiamiamo destino.
"Destino" è anche il titolo di un film di Kieslowski, che
uscirà dieci anni dopo e che a sua volta anticipa il più famoso
"Sliding doors", un remake americano dove tutto viene
semplificato e che quindi avrà maggior successo.
Di tutto questo, colgo in rete un
frammento di Mereghetti dove si dice solo che Olmi è cattolico, la
famiglia, eccetera; vale a dire che anche un critico di valore come
Mereghetti può non capire cosa succede in un film, e ragionare per
stereotipi (pericolo sempre in agguato).
Protagonista è Brunetto Del Vita,
accanto a lui nessun attore professionista tranne Walter Valdi che
appare nel finale come avvocato (meridionale) e che qui era molto
giovane. Lidia Fuortes, l'intervistatrice, è molto bella e molto
brava, ricorda Paola Pitagora ed è strano che non abbia continuato.
A livello personale provo nostalgia, e anche un po' di dolore, nel
vedere Milano com'era (la passeggiata nel parco Sempione, la sera) e
cioè un posto vivibile e abitato da ottime persone. Musiche di Gino
Negri, piuttosto belle come suo solito.
PS: il film è tutto a colori; purtroppo non ho potuto fare il solito lavoro sulle immagini e ho raccolto qualche immagine in rete. Ricordo che i miei testi sono liberi e disponibili a chiunque, e che lo scopo di quello che ho scritto qui, nel mio piccolo, è di cercare di non far dimenticare Ermanno Olmi e il suo cinema.
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