martedì 29 ottobre 2019

Durante l'estate


Durante l'estate (1970) Regia di Ermanno Olmi. Scritto da Ermanno Olmi e Fortunato Pasqualino. Fotografia di Ermanno Olmi. Interpreti: Renato Paracchi, Rosanna Calegari, e altri. Durata: 90 minuti

Un grafico che lavora per una casa editrice prova, per arrotondare lo stipendio, a utilizzare una sua passione personale: l'araldica. Contatta persone via telefono o direttamente, propone loro lo stemma di famiglia, e quando lo stemma non c'è se lo inventa. E' una brava persona, ma finirà nei guai per queste piccole truffe che sono comunque un reato. "Durante l'estate" è una specie di dramma buffo, a tratti quasi un cartoon sul tipo di quelli di Bruno Bozzetto; a un cartoon somigliano, anche fisicamente, i due protagonisti Renato Paracchi (attore di pubblicità, caratterista nei film western italiani) e Rosanna Callegari (piccolina, graziosa, occhiali da sole enormi ultima moda). Però tutto sembra serio, perfino severo, quasi un Bresson: che il protagonista sia un truffatore lo verremo a sapere solo alla fine, anche se qualcosa si intuisce da subito perché l'araldica e i titoli nobiliari si prestano molte bene a queste cose. Direi un Olmi ancora in cerca di se stesso, dopo gli inizi più sicuri e convinti qui forse stava cercando una via nuova; belle le sequenze milanesi, la Milano d'agosto dove vive l'omino protagonista, in un bell'appartamento sulla Torre Velasca che fa pensare a una persona agiata; la casa editrice, le cartine geografiche della Storia Universale da dipingere (blu, e non giallino, per il Granducato di Toscana), l'amico viveur (magnifica la sua ragazza, mini abito da non dimenticare), l'altra ragazza piccola e quasi insignificante, col borsone dei detersivi da piazzare (esistevano veramente e le ho viste anche arrivare anche da me, in quegli anni). Bella anche la scelta dei luoghi: la mostra dei fiori sul lago (lago Maggiore?) e la precipitosa fuga, la biblioteca (al Castello?) in cui compiere ricerche araldiche, la stazione dove l'uomo anziano cerca il figlio Ruggero, la stessa Torre Velasca. Tra i molti personaggi, si può segnalere il portinaio milanese gentile ed efficiente, che si nasconderà quando i carabinieri andranno a prendere il disgraziato protagonista del film. Belle anche le scene in tribunale.
 

Il film non è memorabile ma piace e ha un suo senso nella filmografia di Olmi; è girato molto bene, ottima anche la sceneggiatura. In America lo avrebbero fatto con Jack Lemmon e Goldie Hawn, e forse avrebbe avuto successo; Olmi è più bravo dei registi di commedie americani, ma è anche meno banale e non essere banali è una qualità ma è anche, purtroppo, uno scotto che si paga. Alla fine della visione resta un vago sapore di sconforto, è la presa d'atto che interessarsi di cose non banali è da persone strane, la normalità è nelle macchinone e nel menefreghismo: "che ti importa dei colori, fai quel che ti dicono", gli dicono. Un disagio che sfocerà nell'arresto dell'omino, alla fine, che verrà però difeso dalla ragazza. "Principessa" le grida lui dalla cella, e ci crede davvero, così come finiva per credere davvero alla nobiltà araldica dei suoi clienti.

 
PS: il film è a colori; purtroppo non ho potuto fare il solito lavoro sulle immagini, almeno per ora, e ho dovuto prendere qualcosa in rete. Ricordo a chi volesse vantare diritti sulle immagini che i miei testi sono aperti a tutti, e che soprattutto dispiace che i film di Ermanno Olmi vengano dimenticati, sto cercando di fare qualcosa (nel mio piccolo) per farli conoscere anche a chi non ne ha mai sentito parlare.
 

sabato 26 ottobre 2019

Mc Cabe & Mrs. Miller (I compari)


 
Mc Cabe & Mrs. Miller (I compari, 1971) . Regia di Robert Altman. Soggetto di Edmund Naughton. Sceneggiatura di Robert Altman e Brian Mc Kay. Fotografia di Vilmos Zsigmond. Canzoni di Leonard Cohen. Interpreti: Warren Beatty, Julie Christie, René Auberjonois, Hugh Millais, Shelley Duvall, Michael Murphy, John Schuck, Corey Fischer, William Devane, Keith Carradine, e molti altri. Durata: 121 minuti.

- (...) Di certo non girai il film per la storia. Anzi, quello che pensai fu: "La trama la conoscono tutti, non me ne devo occupare troppo". L'eroe era una specie di personaggio di secondo piano, un tipo molto spavaldo, uno scommettitore fallito. Poi c'era la puttana dal cuore d'oro, mentre i cattivi erano il mezzosangue e il ragazzo. Tutti conoscono il genere, i personaggi e la storia: sono a loro agio, e questo dà loro un punto fermo mentre io posso dedicarmi allo sfondo.
(Robert Altman su "Mc Cabe & Mrs. Miller", da "Altman racconta Altman", a cura di David Thompson, edizioni Feltrinelli 2012, pagine 69-77)
Siamo in una piccola città nata accanto a una miniera, nel Nordovest degli Usa, tra fine Ottocento e inizio Novecento. Qui arriva un giocatore d'azzardo e pistolero, John Mc Cabe (Warren Beatty), che sa come farsi rispettare. Mc Cabe si prende un saloon e vi porta delle prostitute; gli affari prosperano, e presto a lui si affianca una donna, Constance Miller (Julie Christie) che prende la direzione del bordello lasciando a Mc Cabe le altre attività, tutte molto redditizie. La compagnia mineraria, che ha dei modi molto spicci, comincia a vedere in Mc Cabe un pericoloso concorrente, e gli fa avere l'offerta "che non si può rifiutare" per rilevare le sue attività; ma Mc Cabe rifiuta, e così facendo segna la sua condanna a morte. Presto arrivano tre killers, mandati segretamente dai titolari della compagnia mineraria; c'è un duello nella neve e Mc Cabe li sconfigge, ma viene ferito gravemente. Constance Miller, che lo aveva avvertito del pericolo, non può aiutarlo perché sta fumando oppio nel suo bordello. E' dimentica di tutto, mentre fuori nella neve Mc Cabe sta morendo.

 
Rivisto dopo decenni, "Mc Cabe & Mrs. Miller" mi conferma nell'idea di un capolavoro; non tanto nella prima parte (l'incontro dei due, il bordello, i cowboys) dove ci sono molti luoghi comuni del western (il bar, il pistolero, la città in costruzione) quanto nella seconda con l'offerta "che non si può rifiutare", l'arrivo dei killer, il duello a quattro sulla neve, l'incendio della chiesa, e il finale con lei che fuma oppio e non si rende conto di nulla (che anticipa "C'era una volta in America" di Leone). La neve, il paesaggio, la natura, diventano i veri protagonisti; il film è notevole soprattutto dal punto di vista delle immagini, e dispiace di non poterlo più rivedere al cinema. E' come guardare un dipinto di Bruegel, qualche anno prima di Nashville: per la spiegazione di cosa intendo riporto qui quello che avevo scritto parlando di "Nashville":
...per capire cosa succede magari è il caso di prendere il quadro di qualche grande pittore del passato, come Bruegel o Bosch o come Paolo Uccello, o magari come il Cenacolo di Leonardo da Vinci. E' difficile capire a prima vista cosa succede in quei grandi dipinti. Sì, nel Cenacolo c'è l'Ultima Cena con Gesù al centro, ma più lo si guarda e più si notano particolari che erano sfuggiti al primo impatto. Nelle grandi scene di battaglia di Paolo Uccello ci sono tanti di quei dettagli che non si finirebbe mai di guardare, e alla fine si rimane con l'idea che quello che stiamo guardando non sia propriamente il reale ma una sua trasfigurazione. La stessa cosa succede con Pieter Bruegel: sì, ci sono i cacciatori nella neve, ma sono solo una piccola parte del dipinto. Con Hyeronimus Bosch, infine, si può anche perdere la testa: cosa sono mai tutti quei dettagli, quei particolari, quei mostri, quei corpi... Come i grandi pittori del passato si muove Robert Altman in "Nashville"; e non sarà l'unica volta, è una tecnica che gli riesce benissimo e, quando può e quando glielo lasciano fare, la applica in grande stile.

Per il resto, c'è tutto nell'intervista ad Altman nel libro, Leonard Cohen compreso, e ne porto qui qualche altro estratto ricordando che "Altman racconta Altman", a cura di David Thompson, edizioni Feltrinelli 2012, è il libro essenziale per chi vuole conoscere Robert Altman, e che a questo film sono dedicate otto pagine fitte di informazioni. Di mio aggiungo solo che la parte di Shelley Duvall è molto piccola, ed è un peccato.
"McCabe" era il titolo di un romanzo di Edmund Naughton pubblicato nel 1959. I diritti erano di proprietà del produttore David Foster, che presentò il progetto ad Altman, il quale affidò la sceneggiatura a Brian McKay, suo ex collaboratore. Altman suggerì come titolo "The Presbyterian Church Wager" (La scommessa di Presbyterian Church), ma tutti gli altri ritennero che avrebbe potuto dare adito a confusione. (...)
 

 

- La fotografia di Wilmos Zsigmond é molto inusuale, con i suoi toni sul giallo. Hai ottenuto questo effetto esponendo la pellicola alla luce prima di svilupparla?
- Sì. E' stato un grosso rischio, probabilmente un'idiozia. Era però l'unico modo per ottenere quell'effetto visto che all'epoca non c'erano tutte le tecniche di post produzione che ci sono adesso, non si poteva fare dopo. E, avendolo fatto sul negativo, lo studio non aveva scelta: doveva accettare il fatto compiuto. (...)
 

 

- Tutto il film fu girato a circa sessanta chilometri da Vancouver, dove c'era già una città in rovina con una casa dove si affittavano camere per gli operai delle segherie. Continuammo a costruire la città man mano che procedevamo con le riprese. Iniziammo con il saloon sul ponte, e all'inizio del film si vedono le miniere e gli altri edifici: i bagni, il bordello e la chiesa. (...)
Leon Ericksen è lo scenografo più brillante con il quale abbia mai collaborato. Io lavoro a stretto contatto con gli scenografi. Quello che voglio non è una parte del set, voglio un’arena nella quale può svolgersi tutto quello che deve succedere. Solo in rare occasioni, quando ci sono problemi di budget, accetto richieste del tipo: "possiamo costruire questa stanza solo con tre pareti?" Di solito rispondo: "No. Voglio l'ambiente completo, perché quando arrivo lì e quando arrivano gli attori non so come vorrò girare la scena. Magari decido di girare dall'altro lato". Perciò preferisco l'atmosfera completa che ti viene da un set intero, una stanza con le pareti su tutti i lati, il soffitto e il pavimento, le finestre e compagnia bella. (...)
 

 

Chiesi alla Warner Brothers di mandare un camion pieno di vestiti d'epoca, perché volevo che sembrasse un film sull'immigrazione. Mi era venuto in mente che i cowboy non portavano quei cappelli a cui ci aveva abituato il cinema. Praticamente nessuno di quelli che partirono alla conquista del West era americano, erano tutti immigrati di prima generazione provenienti dall’Italia, dalla Francia, dall’Inghilterra, dall'Olanda e da gran parte dei Paesi nordici. Parlavano con accento svedese, irlandese, italiano. Di sicuro non parlavano come il texano George Bush, cioè quel modo di parlare è venuto anni dopo. E si portavano dietro le posate, coltello, forchetta e cucchiaio, i vestiti e gli orologi, tutto di fine artigianato europeo. E anche i vestiti erano gli stessi che indossavano in Europa. Perciò l'unico cappello da cowboy nel film fu quello del personaggio interpretato da Keith Carradine. Sono convinto che la gente abbia girato i western facendo indossare a tutti quei cappelloni perché li aveva visti nelle fotografie dell'epoca. Scoprimmo però che a quei tempi una lastra fotografica era così cara che quando un fotografo se ne stava nel suo laboratorio e veniva a sapere che era arrivato in città un tipo con il cappello più buffo che si fosse mai visto, doveva assolutamente fotografarlo. Ed é questa l'immagine di quel periodo che ci è arrivata. (...)
 

 

E devo dire che Warren Beatty è stato bravissimo nei Compari: il film non sarebbe lo stesso senza di lui. Contribuì a creare molti dialoghi, e fu lui ad avere l'idea del dente d'oro. Pero non è divertente lavorare con lui. Vuole sempre avere il controllo di tutto, non concepisce che la situazione possa sfuggirgli di mano perché è un regista, un produttore, ed è stato l'ultimo divo cinematografico di un'epoca storica. La cosa migliore che ha fatto è stata portare Julie Christie. Queste storie d'amore aiutano. A volte sono più belle del film. Sai come succede, l’attore principale ti dice: “Faccio il film, però mi porto anche la ragazza". La ragazza però era più brava di lui. (...)
 

 

Avevamo finito di girare tutto il resto e stavamo girando la scena in cui Julie attraversa il ponte di notte, quando vennero giù dei bei fiocchi di neve, grandi quanto cereali per la colazione, e iniziò a fare un freddo tremendo. Scoprii che c'erano due gradi sotto zero. Quella notte non andammo neanche a dormire per tenere in funzione i tubi per la pioggia, in modo da poter congelare tutto. Il mattino dopo era bellissimo, c'erano ghiaccioli dappertutto, sembrava il paese delle fate. Warren però non voleva uscire dalla roulotte, non voleva mettersi il costume. Mi disse: “Ma che facciamo? Ci mettiamo a girare qualche scena in mezzo alla neve che poi si scioglierà e tanti saluti? Così ci toccherà ricominciare daccapo!" Gli risposi: "Che altro vuoi fare? Non c'è rimasto nient'altro da girare. Proviamo a lavorare in fretta: e se non ce la facciamo, pazienza". Alla fine accettò. Continuò a nevicare per otto giorni... E non solo nevicava, ma nevicava parecchio. Se facevi venti metri e poi ti giravi non vedevi più le tue orme. Riuscimmo così a spostare tutta l'attrezzatura, ad andare nei vari posti senza perdere mai quell'aspetto di "neve vergine". Arrivammo al limite: l'attimo in cui finimmo di girare l'inseguimento finale, quando Warren muore e la gente va a spegnere l'incendio in chiesa, la neve cominciò a sciogliersi. E due giorni dopo non c'era più. Quella fu davvero fortuna. (...)(Robert Altman, da "Altman racconta Altman", a cura di David Thompson, edizioni Feltrinelli 2012, pagine 69-77)




 
(le immagini vengono dal sito www.imdb.com )

mercoledì 23 ottobre 2019

Romeo e Giulietta (Zeffirelli)


 
Romeo e Giulietta (1968) Regia di Franco Zeffirelli. Tratto da William Shakespeare. Sceneggiatura di Franco Brusati, Masolino d'Amico e Franco Zeffirelli. Fotografia di Pasqualino De Santis. Musica di Nino Rota. Interpreti: Olivia Hussey (Giulietta, voce italiana di Anna Maria Guarnieri), Leonard Whiting (Romeo, voce italiana di Giancarlo Giannini), John Mc Enery (Mercuzio), Michael York (Tebaldo), Milo O' Shea (frate Lorenzo), Pat Heywood (balia), Robert Stephens (il principe), Natasha Parry e Paul Hardwicke (genitori di Giulietta), Roberto Bisacco (Paride), Laurence Olivier / Vittorio Gassman (voce del prologo), e molti altri. Durata 2h12'
 
Non so se esistano statistiche in merito, ma è più che probabile che "Romeo e Giulietta" diretto da Franco Zeffirelli sia il film tratto da Shakespeare più visto e più conosciuto da quando esiste il cinema. Sono passati cinquant'anni, e il film non ha perso niente della sua bellezza e della sua forza; non va infatti dimenticato che "Romeo e Giulietta" di Shakespeare non è solo una storia d'amore ma ha anche una notevole forza sociale e politica, che è evidente per chi legge il testo originale e che emerge anche durante la visione del film. La lotta fra le due fazioni rivali, condannata più volte nel corso dell'opera per la sua stupidità e per le catastrofi che provoca, non è infatti un dettaglio da poco; e non sono personaggi secondari Escalo principe di Verona, che condanna fin dall'inizio questa pericolosa discordia, frate Lorenzo che vede nel matrimonio fra i due giovani una speranza di cambiamento, e soprattutto Mercuzio: "I am hurt, a plague at both houses!" (atto III scena 1). Mercuzio si accorge tardi della "peste" che incombe sulla città: quella più tangibile, la malattia temuta che sarà la causa del mancato arrivo del messaggio a Romeo di frate Lorenzo, e quella rappresentata dalle divisioni tra Capuleti e Montecchi. Probabilmente, vista da oggi, la peste della divisione e della rivalità va ricercata nei nazionalismi e nel sovranismo, tornati a prosperare dopo settant'anni di pace in questa parte d'Europa che è sempre stata zona di guerra per più di mille anni.

 
"Romeo e Giulietta" di Zeffirelli è un gran film, diretto e recitato come pochi altri, con costumi magnifici e girato in luoghi indimenticabili, ma alla fine è forte l'impressione che qualcosa manchi, che tutto sia bello ma solo in superficie, che manchi una vera profondità. Non è facile dire che cosa con precisione, ma ho notato per esempio che Zeffirelli cancella ogni riferimento alla peste di cui parla Shakespeare: Mercuzio morente invoca la peste (plague) sulle due famiglie rivali, ma nel film questa parola non c'è; e soprattutto manca la scena del frate che porta il messaggio a Mantova ma non arriva da Romeo perché bloccato dalle norme contro la diffusione della peste, perché Zeffirelli riduce il tutto a una gara di velocità dove il cavallo di Baldassarre è più veloce dell'asino del frate.
Sono cose piccole, dettagli disseminati qua e là, ma forse sarebbe bastata un po' di luce in meno (il film è tutto in piena luce, anche la notte è chiara), forse dei costumi un po' meno belli o un po' più usati (Donati ci vinse l'Oscar) meno nuovi e meno sgargianti. Viene da dire che Visconti ci avrebbe fatto caso, ma spesso a Zeffirelli mancano queste finezze. Comunque sia, siamo nel momento migliore di Zeffirelli, l'anno prima era uscito "La bisbetica domata", averne di film così.

Gli attori: molto ben scelti i due protagonisti, Olivia Hussey ha il viso e anche l'età giusta, recita bene, ed è molto difficile pensare a un'altra Giulietta dopo aver visto lei; in quegli anni si poteva pensare forse solo ad Ottavia Piccolo, però la produzione avrebbe preteso la pronuncia perfetta inglese, madrelingua. Leonard Whiting è un Romeo altrettanto credibile; gli altri sono bravi ma tutti sostituibili con altri attori, tranne forse Michael York che è un Tebaldo di grande spessore. Vittorio Gassmann legge il prologo nell'edizione italiana, nell'originale cè Laurence Olivier. Il frate è Milo O' Shea (non memorabile, generico), Mercuzio è John Mc Enery, interessante ma non perfettamente centrato, forse ci voleva uno come il Tom Courtenay di quegli anni, o magari andando indietro un Gene Kelly o un Danny Kaye. La balia è Pat Heywood, un po' grossolana; magari a teatro funzionava meglio. Robert Stephens è il principe Escalo (molto giovane), i genitori di Giulietta sono Natasha Parry e Paul Hardwicke, Roberto Bisacco è Paride. Notevoli anche i doppiatori italiani: oltre a Gassman per la voce del narratore, a inizio e fine del film, troviamo il Romeo di Giancarlo Giannini, molto giovane ma già bravissimo, la Giulietta di Anna Maria Guarnieri, Giorgio Albertazzi per Mercuzio, Sergio Fantoni per Escalo, Pino Colizzi per Tebaldo (M.York), Dhia Cristiani per la balia.

 
Il film dura 2h12', la sceneggiatura è di Franco Brusati, Masolino d'Amico e Zeffirelli; ci sono pochi tagli, tra le vittime c'è lo speziale che vende il veleno a Romeo. E' però da sottolineare come Zeffirelli abbia cambiato radicalmente la scena del frate che porta il messaggio di frate Lorenzo a Romeo, nel finale. In Shakespeare, il frate si ferma a soccorrere un malato e si scopre che è peste; subito la casa viene sprangata, e dentro quella casa rimane anche il povero frate con il suo messaggio.
Siamo nel 1968, e Zeffirelli veniva da grandi successi in teatro, a Londra; un anno prima era uscito nei cinema "La bisbetica domata" con Richard Burton e Liz Taylor, sempre diretto dal regista fiorentino. La musica è di Nino Rota, compreso il tema famoso che a me continua a sembrare un adattamento (da Brahms?) ma Rota era davvero un grande compositore e aveva una sua vena melodica molto personale. Le canzoni sono cantate meglio nell'edizione originale inglese, ed è strano perché abbiamo buoni cantanti ma da noi si paga sempre il tributo al Festival di Sanremo.

 
Il film è girato in diverse parti d'Italia: nel Palazzo Borghese di Artena (Roma), a Gubbio, a Tuscania, a Pienza, e in Veneto a Montagnana. Di Verona c'è il panorama iniziale, con l'Adige; l'Arena non si vede, ma ovviamente c'era già anche ai tempi di Shakespeare.
A 1h54', per il cimitero dove viene portata Giulietta, si replica il famoso dipinto di Arnold Böcklin, L'isola dei morti. Fu dipinto in numerose versione dallo stesso pittore svizzero, è presente in molti altri film e ha una lunga storia. Ne metto qui sotto una delle versioni originali, per confrontarla col lavoro di Zeffirelli.

 




 

sabato 19 ottobre 2019

Romeo e Giulietta (Cukor)


 
Romeo and Juliet (1936) Regia di George Cukor. Adattamento da William Shakespeare. Sceneggiatura di Talbot Jennings. Fotografia di William H. Daniels. Musica di Herbert Stothart, Ciaikovskij, Peter Warlock, Edward Ward. Scene di Cedric Gibbons e Oliver Messel. Costumi di Oliver Messel e Adrian. Coreografie di Agnes De Mille. Interpreti: Norma Shearer (Juliet), Leslie Howard (Romeo), John Barrymore (Mercuzio), Basil Rathbone (Tebaldo), Edna May Oliver (balia), C. Aubrey Smith (ser Capuleti), Andy Devine (Peter), Conway Tearle (Escalo), Ralph Forbes (Paride), Henry Kolker (frate Lorenzo), Robert Warwick (ser Montecchi), Virginia Hammond (moglie Montecchi), Reginald Denny (Benvolio), Violet Kemble Cooper (donna Capuleti), e molti altri. Durata: 125 minuti
 
"Romeo e Giulietta" nell'edizione 1936 diretta da Cukor è quasi un kolossal, con divi già affermati o in procinto di diventare famosi. Si tratta di un ottimo film, ben diretto e ben recitato, in un bianco e nero molto ben fatto ma che non è quello di Orson Welles, e che vorrebbe già essere colore ("Via col vento" uscirà solo tre anni dopo, a colori). Protagonisti sono Norma Shearer e Leslie Howard, e qui cominciano i problemi per noi spettatori di oggi, più che abituati a pensare a "Romeo e Giulietta" avendo negli occhi il film di Zeffirelli, perché in Shakespeare Giulietta ha 14 anni e Romeo poco di più, e invece qui ci troviamo davanti a trentenni e quarantenni. Lo stesso discorso vale, e ancora di più, per il Mercuzio di John Barrymore; si tratta di attori eccellenti ma i primi piani sono abbastanza impietosi per tutti, soprattutto per il Romeo di Leslie Howard che mostra evidente la stempiatura.

Sarebbe stato un ottimo cast in teatro, dove conta più la recitazione che la somiglianza al personaggio, ma al cinema ci sono i primi piani: tutti gli attori sono troppo adulti e si vede. Il paragone con Zeffirelli pesa, ma bisogna tener presente che nel 1936 il pubblico era ancora abituato al vero teatro e non faceva caso a queste cose. Norma Shearer era nata nel 1902, Leslie Howard nel 1893, quindi avevano 34 e 43 anni; il Mercuzio di John Barrymore (1882-1942) è un cinquantenne in ottima forma fisica; Basil Rathbone era del 1892, più che quarantenne. Si tratta di attori famosi o famosissimi: Norma Shearer era passata dal muto al sonoro senza problemi, John Barrymore era una leggenda del teatro prima ancora che del cinema americano, Leslie Howard era nel pieno del suo successo, e nello stesso anno recita in "La foresta pietrificata" con Humphrey Bogart e Bette Davis. Basil Rathbone era uno dei cattivi per eccellenza del cinema americano, oltretutto maestro d'armi: leggendario il suo duello con Erroll Flynn nel "Robin Hood" del 1938. Charles Aubrey Smith, qui padre di Giulietta, è uno dei caratteristi più famosi di quegli anni, specializzato in ruoli di anziano nobile o militare.
 
 
"Romeo e Giulietta" di Cukor dura poco meno del film di Zeffirelli ma è più completo: contiene il prologo (con l'attore in scena), c'è la scena del frate messaggero fermato dalla peste (parente del portinaio del Macbeth, anche se meno colorito), e molti altri dettagli. I tagli ci sono anche qui, ma sono più mirati; è curioso vedere che il costume per la balia è identico, le due attrici non si somigliano ma la recitazione e il costume sono identici, si vede che a Londra esiste una tradizione in questo senso. E' curioso anche ascoltare la voce della balia (Edna May Oliver) che ricorda molto a noi italiani quella di Tina Pica, quasi maschile. Nel doppiaggio italiano si può apprezzare la Giulietta di Andreina Pagnani; le voci maschili sono affidate ai consueti doppiatori di quegli anni: Panicali, Cigoli, De Angelis... Il consiglio è sempre e comunque di ascoltare le voci originali, con il dvd era possibile avendo i sottotitoli, in tv non saprei - ma, comunque, in tv questi film non passano mai perché i funzionari addetti alla programmazione televisiva di cinema ne sanno poco o niente e ce lo dimostrano sempre di più ad ogni giorno che passa (a quando l'ennesima replica di Rambo o di Don Camillo?).
Basil Rathbone è un Tebaldo molto cattivo; anche Michael York con Zeffirelli non scherza, però. Il vero difetto del Tebaldo di Cukor è che, avendo Rathbone, il duello è troppo sbrigativo; forse Leslie Howard con la spada era meno bravo di Rathbone e si sarebbe visto? La produzione è di Irving Thalberg, all'epoca anche marito di Norma Shearer, le coreografie (un po' impacciate) sono di Agnes De Mille. Le musiche purtroppo non sono paragonabili a quelle di Nino Rota; c'è comunque qualcosa di Peter Warlock in sottofondo, si direbbe un canone da Bach o da Schutz o da Praetorius, e un arrangiamento da Ciaikovskij è utilizzato per la scena della notte d'amore di Romeo e Giulietta, prima della tragedia.

Guardando i primi piani e la fisicità del Mercuzio di John Barrymore mi sono spesso sorpreso nel trovare una certa somiglianza con Domenico Modugno, che in effetti sarebbe stato ottimo nel ruolo e fa venire qualche rimpianto per un allestimento che non è stato mai fatto. Ragionando sugli attori per Mercuzio, e lavorando un po' di fantasia, oltre a Gene Kelly (che è stato anche D'Artagnan, agile e vigoroso) e a Danny Kaye (avrebbe davvero fatto ridere quando c'è da ridere, e se ben guidato sarebbe stato capace anche di far piangere, e se la cavava bene con la spada) pensavo a James Stewart (chissà se glielo hanno mai proposto). Guardando John Barrymore ho pensato più volte anche a Johnny Depp, un Mercuzio in stile Jack Sparrow: basterebbe poco per renderlo più eroico e meno cartoon (ma lui sceglierebbe Romeo, ne sono sicuro).
La mia idea finale: rifare la storia così come è, ma vista da Paride. E il frate, che attende ancora un interprete all'altezza; un frate magari giovane, quasi come Romeo, esperto di erbe ma non della vita.







martedì 15 ottobre 2019

A serious man ( I )


A serious man (2009) Scritto e diretto da Joel ed Ethan Coen. Fotografia di Roger Deakins Musiche per il film di Carter Burwell; canzoni dei Jefferson Airplane, canti religiosi yiddisch, Brahms Interpreti: Nel prologo: Allen Lewis Rickman (marito), Yelena Shmulenson (moglie), Fyvush Finkel (dybbuk). Nel film: Michael Stuhlberg (Larry Gopnik), Richard Kind (Arthur), Fred Melamed (Sy Ableman), Sari Lennick (moglie di Larry), Aaron Wolff (figlio di Larry), Jessica McManus (figlia di Larry), Alan Mandell (Rabbi Marshak), George Wyner (Rabbi Nachtner), Simon Helberg (Rabbi Scott), Adam Arkin (avvocato divorzista), Amy Landecker (Mrs. Samsky), Peter Breitmayer (Mr. Brandt), Brent Braunschweig (figlio di Brandt), David Kang (Clive), Steve Park (padre di Clive), Benjamin Portnoe, Jack Swiler, Andrew S. Lentz (ragazzi scuolabus), Jon Kaminski Jr. (Mike Fagle), Ari Hoptman (Arlen Finkle), Michael Tezla (dentista), Katherine Borowitz (amica al picnic), Ronald Schultz (insegnante scuola ebraica), Raye Birk (Dr. Shapiro), Jane Hammill (segretaria di Larry), Claudia Wilkens (segretaria di Marshak), James Cada (poliziotto), Michael Lerner (Solomon Schlutz), Charles Brin (preside), Michael Engel (Torah Blesser), Tyson Bidner (Magbiah), Phyllis Harris (donna del tè alla scuola ebraica), Piper Sigel-Bruse (D'vorah), Hannah Nemer (amica di Sarah), Rita Vassallo (Law Firm Secretary), Warren Keith (voce di Dick Dutton), Neil Newman (Cantor), Tim Russell e Jim Lichtscheidl (detectives), Wayne A. Evenson (Russell Krauss), e molti altri. Durata: 106 minuti

1.
Un professore di fisica quarantenne, a un passo dall'assunzione in ruolo, si ritrova a fronteggiare una gran quantità di imprevisti: la moglie chiede il divorzio, il vicino di casa aggressivo gli ruba un pezzo di terreno, un allievo cerca di corromperlo e il padre di questo allievo minaccia di denunciarlo per diffamazione, i figli creano problemi inaspettati e non sembrano nemmeno tanto intelligenti. "A serious man" si potrebbe tradurre con "Una persona seria", ma in Italia è stato mantenuto il titolo originale; è davvero un film curioso, e siamo a un passo dal capolavoro. Un capolavoro sono certamente i dieci minuti iniziali, con la scena del dybbuk. Sembra che ci si chieda: quale è il senso dell'esistenza, cosa vuole da noi il Creatore? (Hashèm è il termine usato: gli Ebrei non nominano mai Dio direttamente). E, in ultima analisi, che cos'è la realtà?

Si comincia in tempi lontani con un dybbuk, cioè un morto che ritorna in tutto simile a come era prima, ma un demone si è infilato nel corpo e lo fa sembrare vivo. "Io sono un uomo razionale e in queste cose non ci credo", dice il marito, ma la moglie non solo insiste ma racconta una gran quantità di dettagli sulla morte dell'uomo che è venuto a cena da loro (il dybbuk non mangia, come il Convitato di Pietra). E' un prologo; del quale però i Coen non ci diranno il seguito. Il senso probabilmente è questo: la realtà è ingannevole, con chi e con cosa abbiamo realmente a che fare nella nostra vita? La domanda verrà posta ancora a metà film da Sy Ableman, l'amante di sua moglie, al protagonista: ed è un sogno, un incubo, un altro morto che ritorna.

Siamo nel 1967 a Minneapolis, e la ricerca del senso di questa nostra vita passa, oltre che per il dybbuk, dalle equazioni di Schrödinger (il protagonista è un professore di fisica), dal Bar Mitzvah del figlio (la festa che segna l'entrata fra gli adulti, quasi come la nostra Cresima ma più solenne), da un fratello maggiore sbandato che però avrebbe grandi capacità, dal Libro di Giobbe (i tormenti in famiglia e sul lavoro, il vicino di casa, il tentativo di corruzione, la moglie che chiede il divorzio, i figli scemi...), e da tre rabbini da consultare con inclusa la storia del dentista che trova scritto un messaggio in ebraico sui denti del non ebreo. Tutto appare insensato, tutto sembra senza senso come la nostra vita: il racconto di un povero idiota, come direbbe Macbeth.


Il finale è questo: dopo 1h35' , quando le cose cominciano ad aggiustarsi, il protagonista viene avvertito dal suo medico curante che qualcosa da dire c'è, sui suoi esami appena completati; poi arriva un tornado che spazzerà via tutto. Ma i Coen ancora una volta non ci mostrano cosa succede dopo, vediamo solo arrivare il tornado enorme e nerissimo sulla scuola del figlio e il viso preoccupato del protagonista dopo la telefonata del medico. La risposta alle nostre domande non c'è, almeno in apparenza; forse la realtà è che siamo piccoli e insignificanti, che non siamo affatto al centro della Creazione; e di certo se vivessimo in una delle tante (troppe) zone di guerra, o in una zona desertificata senza acqua né cibo a sufficienza, probabilmente non ci porremmo queste domande, non ne avremmo né il tempo né la voglia.

 
Un dettaglio che fa pensare che i Coen ci stiano prendendo in giro (ma secondo me è il momento in cui sono serissimi) è quando il figlio del protagonista dopo il Bar Mitzvah (dopo aver fumato uno spinello, quindi non molto lucido) viene ricevuto dal rabbino anziano (molto anziano, e stranamente somigliante al dybbuk dell'inizio), come d'uso in quella cerimonia. Il rabbino gli rende la radio con auricolare che il professore gli aveva sequestrato durante le lezioni, ma prima gli cita la "formazione" dei Jefferson Airplane: Grace Slick, Marty Balin, Paul Kantner, Jorma Kaukonen... La risposta dell'anziano rabbino al giovane appena entrato nel mondo degli adulti è infatti questa: «When the truth is found to be lies, and the joy within you dies...», (quando si scopre che la realtà è menzogna, e la gioia dentro di te muore) cioè l'inizio di una canzone molto famosa, "Somebody to love" dei Jefferson Airplane, un testo tutt'altro che banale ma è l'ultima cosa che ci si aspetterebbe da un rabbino così vecchio.

Ci sono altre canzoni dei Jefferson Airplane nel film, come "Today" e "Comin' back to me", ma "Somebody to love" fa da motivo conduttore insieme a una melodia cantata in yiddisch che mi ha sorpreso, perché era qualcosa che conoscevo già. Dopo un momento di disorientamento, ho trovato il ricordo preciso: è sicuramente "Sonntag" di Johannes Brahms, con minime variazioni. Poi vado a controllare su www.imdb.com (sia maledetto chi taglia sempre i titoli di coda durante la trasmissione televisiva) e trovo che viene invece indicato come autore Mark Warshawsky. Faccio una breve ricerca on line, e su wikipedia in inglese scopro che Mark Warshawsky era un musicista ebreo, russo di nascita, 1848-1907, autore di numerose canzoni. "Sonntag" di Brahms viene pubblicata nel 1868, quando Warshawsky aveva meno di vent'anni; il testo è molto semplice e racconta di un giovane che è felice perché è domenica e ha potuto vedere a Messa la ragazza di cui è innamorato. Non so cosa dica il testo in yiddisch di Warshawsky, e so che Brahms ascoltava e prendeva nota dei motivi popolari; ma di solito Brahms indicava la provenienza di melodie non sue (come per le famose "Danze ungheresi"). Lascio comunque la questione a chi avesse voglia e possibilità di spiegarla, e intanto metto qui "Sonntag" per chi avesse voglia di fare confronti.
 

Non conosco nessuno degli attori, il protagonista Larry è Michael Stuhlberg, suo fratello Arthur è Richard Kind, la moglie è Sari Lennick. Sy Ableman è Fred Melamed, il figlio di Larry è Aaron Wolf. "A serious man" viene definito Sy Ableman, amante della moglie del protagonista; lo dice il rabbino nell'omelia al funerale. Una persona seria, diremmo in italiano.
E' un film da ripensare, ma credo proprio che il Libro di Giobbe e Macbeth di Shakespeare spieghino bene il suo significato. Può essere che i Coen ci stiano prendendo in giro (lo fanno) o forse giocano, di certo dopo aver visto questo film ti rimangono dentro tante domande, come accadde a Zadig nel racconto di Voltaire, che dopo aver visto una persona compiere ogni sorta di nefandezze scopre che è un angelo del Paradiso. L'angelo spiega a Zadig la ragione di ogni sua azione, per esempio che il bambino ucciso sarebbe diventato un terribile criminale, e tanto altro ancora. Ogni volta, dopo ogni risposta dell'angelo, Zadig insiste e dice: « Ma... ». E alla fine rimane lì, il povero Zadig, con le sue domande e con l'ennesimo "ma" in sospeso; ma l'angelo è già volato via.
Forse, però, la cosa migliore da fare per capire o cercare di capire "A serious man" è mettere in fila quello che succede, una sinossi insomma. (lo farò nel post qui sotto)
 

PS: Da wikipedia.it apprendo che un critico Usa dopo aver visto il film si pose questa domanda: lo Yoda di Spielberg è un rabbino? (sul Los Angeles Times, se non ho capito male). Anche questa è una bella domanda, ma solo per gli appassionati di "Guerre stellari". Gli altri possono anche fare a meno di porsela, perché Yoda è un personaggio immaginario e non esiste nella realtà, come il dybbuk (o forse no?).

1-continua

A serious man ( II )


A serious man (2009) Scritto e diretto da Joel ed Ethan Coen. Fotografia di Roger Deakins Musiche per il film di Carter Burwell; canzoni dei Jefferson Airplane, canti religiosi yiddisch, Brahms Interpreti: Nel prologo: Allen Lewis Rickman (marito), Yelena Shmulenson (moglie), Fyvush Finkel (dybbuk). Nel film: Michael Stuhlberg (Larry Gopnik), Richard Kind (Arthur), Fred Melamed (Sy Ableman), Sari Lennick (moglie di Larry), Aaron Wolff (figlio di Larry), Jessica McManus (figlia di Larry), Alan Mandell (Rabbi Marshak), George Wyner (Rabbi Nachtner), Simon Helberg (Rabbi Scott), Adam Arkin (avvocato divorzista), Amy Landecker (Mrs. Samsky), Peter Breitmayer (Mr. Brandt), Brent Braunschweig (figlio di Brandt), David Kang (Clive), Steve Park (padre di Clive), Benjamin Portnoe, Jack Swiler, Andrew S. Lentz (ragazzi scuolabus), Jon Kaminski Jr. (Mike Fagle), Ari Hoptman (Arlen Finkle), Michael Tezla (dentista), Katherine Borowitz (amica al picnic), Ronald Schultz (insegnante scuola ebraica), Raye Birk (Dr. Shapiro), Jane Hammill (segretaria di Larry), Claudia Wilkens (segretaria di Marshak), James Cada (poliziotto), Michael Lerner (Solomon Schlutz), Charles Brin (preside), Michael Engel (Torah Blesser), Tyson Bidner (Magbiah), Phyllis Harris (donna del tè alla scuola ebraica), Piper Sigel-Bruse (D'vorah), Hannah Nemer (amica di Sarah), Rita Vassallo (Law Firm Secretary), Warren Keith (voce di Dick Dutton), Neil Newman (Cantor), Tim Russell e Jim Lichtscheidl (detectives), Wayne A. Evenson (Russell Krauss), e molti altri. Durata: 106 minuti
 
2.
Il film si apre con una citazione: "Ricevi con semplicità tutto ciò che ti accade" (Rashi)
Rashi è rabbi Shlomo Yitzhaqi, francese di Troyes (1040-1105) importante commentatore del Talmud e famoso per la semplicità e la precisione dei suoi commenti; in italiano viene chiamato Salomone Jarco o Salomone Isaccide (la voce completa è su wikipedia.it).
 

Si inizia con la storia del dybbuk, in un tempo imprecisato e in un posto qualsiasi in uno shtetl tra Lublino e Lvov; Velvel è il marito che torna a casa in una sera in cui nevica, Dora è la moglie. Velvel racconta di aver incontrato Traitle Groshkover, studioso Zohar e Mishnà: lo ha aiutato a sistemare una ruota del carro e lo ha invitato a cena perché sa che Dora lo conosce bene. C'è però un problema: Traitle Groshkover è morto tre anni fa. "E' un dybbuk", dice Dora; cioè un demone che si è infilato nel corpo del defunto. E' tardi per discutere: bussano alla porta e l'uomo entra, molto gentile ed educato. "Io non credo in queste cose, io sono un uomo razionale", dice Velvel, ma poi il presunto dybbuk a tavola rifiuta la minestra con cortesia; i dybbuk non mangiano, ecco una prova. Velvel si scusa con l'ospite, ma la moglie entra nei dettagli della morte di Traitle Groshkover, poi infila il coltello rompighiaccio nel cuore del dybbuk; dopo un po' esce sangue, ma il ferito ride, si alza e se ne va via nella neve. "Benedetto il Signore e liberiamoci dal male" conclude la donna chiudendo la porta. Ci si aspetterebbe di vedere cosa succede, ma qui iniziano i titoli di testa.
 

Sui titoli di testa si ascolta "Somebody to love" dei Jefferson Airplane. Siamo nel Minnesota, anno 1967: a scuola, un ragazzino ascolta musica dalla radio, con un auricolare: sono sempre i Jefferson Airplane con la voce di Grace Slick. Di seguito, vediamo un dettaglio anche sull'orecchio di Larry, suo padre, che sta facendo una visita medica molto accurata.
Il professore sequestra la radio e porta Danny dal preside (un rabbino, siamo in una scuola ebraica); è un problema anche perché la custodia della radio contiene venti dollari che il ragazzo deve dare a un compagno di scuola piuttosto manesco. La radio scompare in un cassetto, insieme ai venti dollari.

Al minuto 13 vediamo il protagonista, Larry Gopnik, dare una lezione di fisica con il gatto del paradosso di Schrödinger; poi nel suo ufficio riceve Clive, uno studente coreano, che si lamenta per un brutto voto in matematica. Clive se ne va, ma "dimentica" una busta piena di soldi e quando Larry se ne accorge lo studente è già lontano.
Al minuto 16 a casa di Larry, zio Arthur occupa il bagno e Sarah (la figlia maggiore di Larry) non può lavarsi i capelli; l'altro figlio Danny è sullo scuolabus. Larry arriva a casa e trova il vicino che taglia anche il suo prato (perché mai?), poi c'è la cena, la correzione dei compiti e infine la moglie gli chiede il divorzio perché ha una relazione con l'amico Sy Ableman. Un divorzio rituale, un "ghet" (diventerà una piccola gag per tutto il film, nessuno sa cos'è un ghet). A notte fonda, Arthur rovista nel frigo, mentre Larry si è addormentato sul tavolo dei compiti da correggere.
 

Al minuto 21, in ufficio, ancora Clive: ormai è chiaro, la busta serve per far correggere il voto, ma Clive nega di averla lasciata. A casa di Larry, il figlo Danny ascolta un disco del cantor Yossele Rosenblatt, sta studiando la Torah per il Bar Mitzvah; irrompe la sorella che protesta per i venti dollari presi dalla sua borsa. Appena tornato a casa, Larry viene assalito dalla famiglia: c'è da sistemare l'antenna tv, il divorzio... poi ascoltiamo Sonntag (prima volta) per Arthur che scrive ed elabora il suo oscuro Mentaculus. Poi arriva Sy, suadente, paterno, affettuoso, anche un po' subdolo: è più vecchio di Larry e gli sta portando via la moglie.
 

Al minuto 26 Danny è a scuola e fuma uno spinello; poi con l'amico cercano la radio con i 20 dollari nel cassetto del preside, ma la radio non c'è. Vediamo poi Larry con Sy e sua moglie al bar; lo mandano al motel, per lui non c'è posto a casa. A casa, Danny ascolta sempre il cantor sul disco mentre in tv passa un cervello da un film di fantascienza e mentre la sorella irrompe chiedendo conto dei 20 dollari; la scena è interrotta dall'arrivo del padre di Clive ("papà, c'è un cinese") che minaccia il professore di denunciarlo per diffamazione. Larry prova a far osservare che se Clive non ha lasciato nessuna busta, come dice suo padre, non è possibile denunciarlo per essere stato corrotto o per diffamazione; il padre di Clive gli risponde: "la prego, accetti il mistero".
 
 
Al minuto 40 Larry parla con una conoscente a un picnic sul lago, discutono di Arthur e del mentaculus, poi del divorzio da Sarah. La donna ha alle gambe dei sostegni, probabilmente è poliomielitica; a lei Larry spiega cosa è il Mentaculus, "una mappa delle probabilità dell'Universo" a cui suo fratello lavora da anni. La donna invita Larry ad avere pazienza, "non è sempre facile decifrare ciò che Dio sta cercando di dirti" e rimanda alla tradizione ebraica, alla mishnà. Infine, lo invita ad andare dal rabbino Nachtner. Larry va da Nachtner ma Nachtner non c'è; lo riceve il rabbino Scott, "il rabbino giovane", che lo invita a "vedere Hashem nel mondo, se io non lo vedo è come se non ci fosse" si alza per mostrare il mondo ma fuori dalla finestra c'è solo un parcheggio decisamente squallido. "Bisogna cambiare prospettiva, Hashem è nel mondo e non solo nel tempio", insiste il giovane rabbino, ma poi Larry gli spiega che sua moglie lo lascia per Sy. (ah.) "Devi vedere queste cose come espressione della volontà di Dio, non è che ti debba piacere..." "Il capo è sempre il capo", conclude Larry e il giovane rabbino approva.
("Hashem" è la parola che gli Ebrei usano per non nominare il nome di Dio)


Al minuto 45, la famiglia è a pranzo ma papà Larry non c'è, si è già trasferito al motel insieme al fratello Arthur. Poi vediamo Larry dall'avvocato (è un amico) per il divorzio e per la questione con il vicino. Arriva una telefonata: è Danny che vuole che papà sistemi l'antenna del televisore.
Al minuto 48, riascoltiamo Sonntag al motel dove Larry è andato ad abitare con suo fratello; segue la sequenza dei due incidenti stradali in contemporanea. Poi la telefonata con un certo Dick Dutton: il figlio ha ordinato per posta dei dischi e adesso bisogna pagarli (Abraxas e Cosmo's Factory, citati nella conversazione, usciranno solo un paio d'anni dopo). Ancora una volta Danny interrompe la telefonata: Larry deve correre subito a casa, è morto Sy Ableman.
 
 
Al minuto 53 vediamo il secondo rabbino, è Nachtner in persona, alle prese col filtro del tè.
Larry: non lo so... credo che la risposta sincera sia non lo so. Che cos'era la mia vita prima? non quello che pensavo che fosse... che significa tutto questo, cos'è che Hashem sta cercando di dirmi facendomi pagare il funerale di Sy Ableman?  Le ho detto che ho avuto un incidente d'auto lo stesso momento in cui lo ha avuto lui? Lo stesso istante, per quello che ne so. Hashem sta cercando di dirmi che Sy Ableman è me? O che siamo tutti un uno, per caso?
Il rabbino gli racconta la storia del dentista Sussbaum e del messaggio in ebraico sui denti del non ebreo: "aiutami, salvami". ( sullo sfondo, Jimi Hendrix). Sussbaum cerca aiuto nella Kabbalah, con la numerologia; gli esce il numero di telefono di un negozio di alimentari. Alla fine va dal rabbino Nachtner, cioè lo stesso che sta parlando con Larry.
- Che cosa significa, rabbino? E' un segno di Hashem? "mi aiuti"... io Sussman dovrei fare qualcosa per aiutare il goy, ma cosa? i denti non lo dicono. O forse dovrò aiutare le persone in generale a condurre vite più rette? La risposta è nella Kabbalah, nella Torah? Ed esiste una domanda? Mi dica, rabbino, un tale segno cosa significa?
Questa storia può sembrare una bizzarria, ma se guardate su internet troverete facilmente gente che espone frutta e verdura che tagliate mostrano immagini sacre, del tipo (a seconda della religione, credo) il volto di Padre Pio o i versetti del corano su una melanzana tagliata. Anche le coincidenze sono molto frequenti nella nostra vita, e spesso inspiegabili.
 

Nachtner conclude: i denti? non sappiamo. Un segno di Hashem? non sappiamo. Aiutare gli altri? Non fa danno...
Larry protesta: perché raccontarmi questo? chi ha messo quel messaggio? pare che lei non sappia niente, allora perché me lo ha raccontato? E insiste ancora: che è successo a Sussman?
Niente, risponde Nachtner, tornò alla sua vita e al suo lavoro. Queste domande che ti turbano, Larry, forse sono come il mal di denti: le senti per un po' e poi svaniscono.
- Ma io non voglio che spariscano, voglio una risposta!
- Certo, tutti vogliamo una risposta. Hashem non ci deve la risposta, Larry. Hashem non ci deve proprio niente, l'obbligo è al contrario.
- Perché lui ci fa avvertire le domande se poi non intende darci le risposte?
- (ride) Non me l'ha detto...
Una pausa, poi Larry torna a fare domande:
- Che cosa è successo al non ebreo?
- Al non ebreo? E chi se ne frega.
 

Al minuto 60 c'è il funerale di Sy, il rabbino (sempre Nachtner) fa un lungo discorso sull'aldilà, con venature comiche Poi siamo a casa di Larry, c'è il servizio funebre (shivà) per Sy che però viene interrotto da due poliziotti che cercano Arthur, per gioco d'azzardo. Arthur ha vinto tanti soldi, ma il gioco d'azzardo è illegale. Il suo metodo, il Mentaculus, però funziona... I soldi li ha dati a Danny, che sgattaiola via: è ancora in corso la shivà, ma Danny vuole vedere il telefilm di Forte Coraggio in tv.
A 1h04 Larry è dall'avvocato, e a un certo punto piange.
- Hai parlato con il rabbino? (Larry annuisce) Ah. Ti ha raccontato la storia del dentista...
L'amico avvocato lo consiglia di andare dal rabbino Marshak, ma Marshak non si occupa più di opere pastorali, riceve solo i ragazzi dopo il Bar Mitzvah.
 

A 1h06 Larry è a scuola e sta spiegando il principio di indeterminazione di Heisenberg, "dimostra matematicamente che non possiamo mai sapere che cosa accade".
Finisce la lezione, gli studenti se ne vanno ma rimane Sy.
- Io so quello che accade, Larry. Come lo spieghi?
- Beh, potrebbe essere nell'aldilà... (Holam habbà)
- Scusa, scusa, non ci siamo. In QUESTO mondo, Larry. Ora, ti concedo che è sottile e astuto, ma, alla fine della fiera, è convincente?
- Beh, sì, è convincente, è una prova, è matematica.
- No, guarda, la matematica è l'arte del possibile.
- L'arte del possibile? No, guarda, quello è... non me lo ricordo, qualcos'altro.
- Sono un uomo serio, Larry. (una persona seria)
Lo manda da Marshak, ma poi lo aggredisce violentemente: è un sogno. Un incubo.

 
A 1h08 Larry va dalla vicina sexy, che ha visto dall'alto mentre prendeva il sole nuda cercando di sistemare l'antenna tv per suo figlio. La scusa è che "bisogna aiutare gli altri", casomai avesse bisogno... Con lei si fa uno spinello con lei sulle note di "Today" dei Jefferson Airplane; Larry pensa che forse ha ragione il rabbino Scott, "tutti i miei problemi sono solo una mia percezione..."
(qui si può trovare un'analogia con "Il grande Lebowski"). I due vengono interrotti dalle sirene della polizia: hanno arrestato Arthur, è in manette per adescamento e sodomia. Larry torna dall'avvocato, adesso serve anche un penalista per Arthur. Mentre parla con l'avvocato arriva anche l'avvocato esperto di confini per la questione con l'altro vicino, ma prima che inizi a parlare ha un infarto e muore. (qualcosa di simile accade in "Mr Hula Hoop")
A 1h15 Larry è in ufficio e riappare la busta di Clive, con i soldi; un collega lo informa sulla riunione di mercoledì per la promozione in ruolo. Poi un altro sogno, Larry fa sesso con la vicina di casa su "Somebody to love", ma poi muore e viene seppellito da Sy . La breve sequenza della chiusura della bara rimanda a "Wampyr" di Dreyer, ma anche alle tavole di Winsor Mc Cay, come questa:

 
Larry va dal rabbino Marshak. "Ho cercato di essere un uomo serio" dice Larry alla segretaria, "mi occorre aiuto" (la frase del dentista?). La segretaria si fa convincere e va da Marshak, che c'è, ma si nega: "sta pensando".
A 1h20, nel motel, Arthur piange, è disperato. Esce di corsa, si siede vicino alla piscina, Larry va a consolarlo
- tu hai avuto tutto, io niente, è tutto una merda...
- non è giusto incolpare Hashem - risponde Larry a suo fratello.
Segue il sogno del lago verso il Canada, che si conclude con il vicino che spara agli ebrei. Larry si sveglia di soprassalto, un altro incubo.
 

A 1h23 il Bar Mitvah per Danny, che inizia dallo spinello negli spogliatoi. Poi siamo in sinagoga, col cantor, Danny è strafatto ma riesce comunque a concludere la cerimonia. Larry e la moglie si riconciliano, ma lui scopre che era Sy a spedire le lettere anonime all'università.
A 1h28, terminata la cerimonia, Danny va dal rabbino Marshak. E' una stanza piena di oggetti misteriosi, un dipinto con Abramo e Isacco (l'insieme ricorda una sequenza analoga di Ingmar Bergman, in "Fanny e Alexander"). Il rabbino anziano, a sorpresa recita i primi versi di "Somebody to love", poi la formazione dei Jefferson Airplane; infine rende a Danny la radio con i 20 dollari, dicendogli "fai il bravo". Il testo recitato è «When the truth is found to be lies, and the joy within you dies...», (quando si scopre che la realtà è menzogna, e la gioia dentro di te muore, non hai bisogno di qualcuno da amare?)
 

A 1h31 Larry è in ufficio ha in mano la busta di Clive; tra la posta trova la parcella dell'avvocato, sono tremila dollari. Il collega gli fa capire che ha ottenuto la promozione. Di seguito: Danny a scuola ancora con la radio e l'auricolare, come all'inizio; ma stavolta arriva il tornado. Larry corregge il voto di Clive, poi riceve una telefonata del medico. A scuola, la bandiera Usa rischia di volare via. Il tornado, nerissimo ed enorme, è l'ultima immagine. Sui titoli di coda riparte "Somebody to love", poi Sonntag di Brahms nella versione di Warschawsky.
Anche i Coen dunque non ci dicono cosa succede dopo, come il rabbino Nachtner.
 

 
La colonna sonora, da www.imdb.com :
- Jefferson Airplane : Somebody to Love, Comin' Back to Me, 3/5 of a Mile in 10 Seconds , Today
- Jimi Hendrix: Machine gun
- Paul Applebaum: Good Times Performed by Art of Lovin'
- "Dem Milners Trern" di Mark Warshavsky, cantata da Sidor Belarsky, che è quasi identica a "Sonntag" di Johannes Brahms.
- canto per il Bar Mitzvah di Yossele Rosenblatt (1882-1933, ucraino di nascita)
- F-Troop Theme, from F Troop (1965, in Italia i telefilm di "Forte Coraggio") di William Lava & Irving Taylor

 
 
 
(Winsor Mc Cay, 1902, dal mensile "Linus" anni '60)
 
 
(le immagini del film vengono dal sito www.imdb.com )