L’emozione era destinata a ripetersi qualche anno dopo, con “Il cielo sopra Berlino”: visto al cinema President di Milano, che oggi non c’è più. Spero che qualcuno se lo ricordi: un cinema magnifico, sedili comodissimi, immersione completa nel film.Anche questo faceva parte dell’emozione, non sono sicuro che chi vede “Il cielo sopra Berlino” oggi, in dvd, capisca anche solo in parte cosa significava quell’enorme volo dell’angelo, proprio all’inizio; e il volo sopra Berlino, l’immersione nella città e nelle persone che ci vivono, e il primo passaggio dal bianco e nero al colore, cose mai viste.
Wenders ricorda spesso, così come Herzog, che il cinema tedesco praticamente non esisteva più: azzerato dalla follia hitleriana, sopravviveva con qualche autore apprezzabile ma purtroppo marginale. Bisognava tornare a Lang, a Murnau, per avere un regista tedesco conosciuto e ammirato. Wenders, Herzog e gli altri registi giovani degli anni ’70 operarono questo miracolo: ricordo anch’io lo stupore davanti a “Nel corso del tempo”, un film tedesco che più tedesco non si può, eppure girato come se fosse l’America...Anche questa, una cosa mai vista prima.
In seguito, ho visto tutti i film di Wenders per una ventina d’anni. Poi, ad un certo punto, mi sono fermato; e oggi sono ormai lontanissimo da Wenders, il suo cinema non lo sento più mio almeno da “Lisbon Story”, che per me è l’ultimo suo film veramente felice e riuscito.
Le ragioni di tutto questo sono molteplici: innanzitutto, si cambia. Io non sono più tanto giovane, e questo vale ovviamente per Wenders, che ha una quindicina di anni più di me. Ma questi sono discorsi banali e abbastanza inutili: i film di Wenders sono ancora ben fatti e pieni di cose interessanti, ma sempre più distanti da me, così come quelli di Herzog. Non l’avrei mai creduto, ma così è andata: e il fatto che oggi sia Herzog che Wenders si siano lasciati attrarre dalla finta novità del tridimensionale mi lascia molto perplesso.
I film di Wim Wenders li ho portati qui tutti, uno alla volta e in ordine cronologico, appunto fino a “Lisbon Story”. Qualcosa manca, soprattutto i primissimi, ma si tratta di film molto brevi, spezzoni inseriti in altri film, eccetera. La filmografia viene da http://www.wikipedia.it/
* Scenari (Schauplätze), cortometraggio (1967)
* Lo stesso giocatore spara di nuovo (Same Player Shoots Again), cortometraggio (1968)
* Ciak film (Klappenfilm), coregia di Gerhard Theuring, cortometraggio (1968)
* Victor I, cortometraggio (1968)
* Film sulla polizia (Polizeifilm), cortometraggio per la TV (1969)
* Tre LP americani (Drei Amerikanische LP's), cortometraggio per la TV (1969)
* Estate in città (Summer in the city) (1970)
* Prima del calcio di rigore (Die Angst des Tormanns beim Elfmeter) (1972)
* La lettera scarlatta (Der Scharlachrote Buchstabe) (1973)
* Alice nelle città (Alice in den Städten) (1973)
* Falso movimento (Falsche Bewegung) (1975)
* Nel corso del tempo (Im Lauf der Zeit) (1976)
* L'amico americano (Der amerikanische Freund) (1977)
* Lampi sull'acqua - Nick's movie (Lighting over water) (1980)
* Hammett (1982)
* Chambre 666, mediometraggio per la TV (1982)
* Lo stato delle cose (Der Stand der Dinge) (1982)
* Paris, Texas (1984)
* Reverse Angle, cortometraggio per la TV (1985)
* Tokyo-Ga (1985)
* Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) (1987)
* Appunti di viaggio su moda e città, doc. sul sarto Yamamoto (1989)
* Fino alla fine del mondo (Bis ans Ende der Welt) (1991)
* Così lontano, così vicino (In weiter Ferne, so nah!) (1993)
* Arisha (Arisha, der Bär und der steinerne Ring) (1993)
* Al di là delle nuvole, coregia con Michelangelo Antonioni, (1994)
* I fratelli Skladanowsky (Die Gebrüder Skladanowsky) (1994-96)
* Lisbon story (1994)
Per completare la lista servirebbe a mio parere questo:
La donna mancina (regia di Peter Handke, 1978)
Ho visto solo i 40’ finali, grazie ai soliti salti d’orario di Raitre. Questo è davvero un film di Handke, che conferma quanto dicevo del “Calcio di rigore”. Non ho mai amato Handke, e i suoi dialoghi sono sempre inutilmente lunghi. Bello il dialogo tra Bernhard Minetti e R.Vogler: «(...) lei non si dà completamente... si conceda di più, deve ancora dare il meglio di se stesso... sarei felice di vederla invecchiare sullo schermo. (...)» In effetti, la “luce” a questo film viene proprio dagli attori, come Bruno Ganz che qui “prova” il suo futuro angelo. (29.12.1997)
(le immagini vengono tutte da "Nel corso del tempo" di Wim Wenders)
(continua)