Buñuel e la Tavola del Re Salomone
(Buñuel y la Mesa del Rey Salomòn, 2001) Regia di Carlos Saura.
Scritto da Carlos Saura e Agustin Sanchez Vidal. Fotografia di Josè
Luis Lopez Linares. Musiche di Brahms (quarta sinfonia), Wagner
(Tristano e Isotta), Federico Garcia Lorca (Los cuatro muleros).
Musiche per il film di Roque Baños. Interpreti: El Gran Wyoming,
Pere Arguillue, Ernesto Alterio, Adrià Collado, Amira Casar, Valeria
Marini, Jean Claude Carrière, Juan Luis Galiardo, Armando De Razza,
Eusebio Lazaro, Martin Murjica, Estrella Morente, Farid Fatmi, e
molti altri. Durata: 1h35'
"Buñuel e la Tavola del Re
Salomone" è una fantasia che parte dall'amicizia reale e
storica fra Lusi Buñuel, Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca, che
frequentarono la stessa scuola; Buñuel e Dalì girarono insieme due
film che hanno fatto la storia del cinema, "L'age d'or" e
"Un chien andalou". Il soggetto è dello stesso regista
Carlos Saura, scritto insieme ad Agustin Sanchez Vidal.
Nel film si immagina che i tre, un po'
alla Indiana Jones, vengano incaricati di cercare la Tavola di Re
Salomone che è nascosta a Toledo e la cui storia viene narrata
all'inizio del film, "seconda per importanza solo all'Arca
dell'Alleanza": una specie di specchio che racconta passato,
presente e futuro, e che si trovava in origine nel Tempio di
Gerusalemme.
Riassumere la trama è davvero
complicato, ci provo meglio che posso anche perché cercare di capire
cosa succede in questo film è divertente, anche se non tutto è di
alto livello. Per cominciare, bisogna dire che Luis Buñuel è
interpretato da due attori, uno più anziano che dal suo studio
immagina e sogna il film, e uno più giovane che partecipa
all'azione. I tre si vedono anche da bambini. Buñuel è sordastro e
gira con l'apparecchio acustico, lo tiene nell'orecchio e in tasca.
Lorca e Dalì sono giovani e aitanti, Dalì più caricaturale (nel
film è il classico buffo e imbranato), Lorca è molto semplificato
ed è poco più di un bel ragazzo elegante. Si mischiano elementi
d'epoca con altri d'attualità: il paesaggio urbano odierno, il
lettore cd e altri gadgets, eccetera. Si mischiano ricordi di varie
epoche, per esempio Buñuel giovane rimprovera al Dalì ventenne di
averlo denunciato, cosa che sarebbe successa diversi anni dopo.
Insomma un gioco complesso e divertente che avrebbe meritato un
regista più folle di Saura, che è bravo e diligente ma poco più,
forse un altro regista avrebbe girato meglio questo soggetto, è un
peccato che sia finito proprio a Saura e non a Jeunet, Gilliam, Ruiz,
Jodorowski (fate voi). Però il soggetto è proprio di Saura ed è
quindi naturale che il film lo abbia girato lui. Saura gioca
probabilmente sulle varie lingue, accenti e pronunce iberiche, il
catalano di Dalì, gli arabi, il messicano per Buñuel, eccetera;
tutto questo nella versione italiana si perde, ma va detto che
seguire il film senza doppiaggio sarebbe impossibile, a meno di non
essere perfettamente in grado di padroneggiare le lingue iberiche. In
genere, bruttine le musiche, melense e banali anche quando riprendono
originali di alto livello; fa eccezione l'arabo Farid Fatmi, nel
negozio dell'antiquario, gran chitarrista che fa blues in arabo,
quasi Hendrix anche nell'aspetto.
Si comincia con Buñuel giovane, forse
trentenne, al ristorante, apparecchio acustico all'orecchio, che
ascolta la proposta di un tizio (Mr. Goldman, interpretato da Jean
Claude Carrière) che vuole pagarlo per ritrovare la Tavola di
Salomone, così descritta:
- E' una Tavola che fa vedere
passato, presente e futuro; era l'oggetto più prezioso del Tempio di
Salomone insieme all'Arca dell'Alleanza. Quando Tito saccheggiò il
Tempio, nell'anno 70 dC, la portò a Roma dove rimase fino al sacco
di Roma del 410 ad opera di Alarico re dei Goti. Nel 507 i Goti la
trasferirono a Toledo, che era la loro capitale. Quando gli arabi
conquistarono Toledo, il re Moussa ne rimane sbalordito, e nasconde
subito la Tavola. Il suo luogotenente Tarik prende però una delle
sue 365 zampe, mettendone una falsa al suo posto, e questo gli frutta
duecentomila dinari. La Tavola è uno specchio di metallo di lega
speciale, a curvatura variabile, con meccanismo ignoto. Nelle Mille e
Una Notte si dice che fu uno specchio in cui si poteva vedere
l'Universo intero e i volti di tutte le generazioni a partire da
Abramo fino alle Trombe del Giudizio.
- Una ricerca interiore?
- Per Fritz Lang la Tavola aveva la
capacità di far emergere nelle persone i lati nascosti, la chiamano
l'acchiappasogni.
Si spiega cos'è l'acchiappasogni: una
retina intrecciata a forma di labirinto che si mette sopra la culla
dei neonati allo scopo di intrappolare i sogni più brutti e far
arrivare loro solo i sogni piacevoli. Il riferimento a Fritz Lang è
forse per uno dei suoi film; Lang ha girato diversi film con
argomenti "magici", ma al momento non riesco a ricordare
precisamente a cosa ci si riferisca.
Buñuel ascolta la proposta, non
vorrebbe accettare, però poi comincia a "vedere" il film
(in bianco e nero) e a sognarlo, e nel suo studio inizia a scriverlo.
Il film immaginato da Buñuel dopo questo incontro comincerà da
Toledo nel 2002 (il film di Saura esce un anno prima, nel 2001). La
prima cosa da fare è scegliere gli attori, che vediamo mentre
prendono possesso dei loro personaggi: Dalì, Lorca, Buñuel da
giovane. "Questi baffi all'insù mi vanno negli occhi", si
dice riferendosi a Salvador Dalì. Siamo al minuto 15 e i tre sono al
ristorante, una terrazza panoramica; c'è una serie di pessime
battute forse vere (prese dai carteggi?), una anche sugli entomologi
visti come dei pazzi secondo il più trito dei luoghi comuni. Detto
en passant, è grazie agli entomologi se sappiamo curare le malattie
più gravi, malaria e peste incluse, ma questo luogo comune e questa
superficialità sono durissimi da eliminare e dispiace sempre
ritrovarli.
Cercare la Tavola di Salomone è
comunque una buona offerta, e i soldi servono sempre; mentre Buñuel
e Mr. Goldman discutono arriva una bambina che porta un biglietto a
Buñuel, è l'appuntamento da un antiquario che vediamo al minuto 19.
Nel negozio dell'antiquario Buñuel (da solo) trova un magnifico
chitarrista che canta e suona un blues in arabo, e che somiglia molto
a Jimi Hendrix (l'attore si chiama Farid Fatmi); gli presenta "sua
nipote Fatima", una giovane bellissima che si direbbe piuttosto
sua sorella e che porta Buñuel nel retro, dove mette un cd con la
Quarta Sinfonia di Brahms e gli mostra immagini proiettate di
Mr.Goldman (che gli ha commissionato la ricerca) e di Anna Maria de
Zayas, sua amante; in questa scena molte battute antisemite e Buñuel
interessatissimo alla ragazza (Buñuel è visto da tutti come "famoso
regista" anche quando è molto giovane).
Al minuto 26 i tre sono ancora insieme
e visualizzano un bambino che diventa, a turno, ognuno di loro; Dalì
solleva il mare come se fosse un lenzuolo e vi trova Lorca fucilato.
Di seguito, al minuto 28, arriva un prete: è un vescovo mozarabico,
cristiani che ebbero seri problemi con Roma per via di riti magici e
islamizzanti. Discute con loro e li invita alla chiesa di
sant'Eulalia a Toledo dove si terrà il loro rito.
Al minuto 30 c'è Buñuel anziano nel
suo studio, che ripensa a quello che sta scrivendo nel soggetto; di
seguito l'ospedale-manicomio dove un critico cinematografico
(Galiardo, probabilmente lo stesso attore) aggredisce Buñuel giovane
rimproverandogli i film dozzinali girati in Messico (compreso
"Orgoglio e pregiudizio") prima del grande successo degli
anni '60 e '70. Al minuto 34 arriva Anna Maria de Zayas (la
interpreta Valeria Marini) che li accompagna; si fermano davanti a un
dipinto di Jusepe de Ribera, la donna barbuta che allatta (si spiega:
è un ritratto dal vero, la donna barbuta era di Napoli e nel quadro
è col marito) poi li porta nel tempio di San Giovanni Battista dove
c'è il sepolcro monumentale del cardinal Tavera (enorme, disteso in
mezzo al locale vuoto).
Qui giunge Aasvero l'ebreo errante, che
dà a Buñuel i suoi occhiali. Al minuto 38 Buñuel mette quegli
occhiali (si direbbe un 3D, con montature stile Jules Verne) e legge
delle scritte in ebraico sui muri dei palazzi di Toledo: "ma
certo, gli anaglifi!"
I tre trascrivono quelle scritte e
vanno in sinagoga, dove il rabbino giovane le tradurrà:
- Potrebbero appartenere al Libro
dello Splendore, che è parte della Cabala. (...) la Tavola di
Salomone, vi hanno detto che si trova qui? Voi cosa ne sapete? (...)
Legge e traduce: «Brilla il grande
specchio senza mercurio e senza tempo, che concilia i volti delle
generazioni... » A questo punto Lorca comincia a declamare dei
versi, e il rabbino stupito li traduce subito in ebraico: «...su
cui Adamo mangia formiche, il mare ricorda i suoi annegati, e un muro
di brutti sogni mi separa dai morti...»
- Avevate detto di non conoscere
l'ebraico, - dice stupito il rabbino; e Lorca gli risponde:
- Nemmeno una virgola, stavo
recitando versi miei.
- Questo è impossibile, questi
versi appartengono a un libro sacro.
L'interpretazione che ne dà il rabbino
è questa: nei versi recitati si parla della Tavola di Salomone.
Siamo al minuto 43, e Buñuel giovane
torna dove c'era l'antiquario, ma adesso lì c'è un macellaio alle
prese con una gallina (pessimo l'attore che impersona il macellaio,
non sa come si fa). Dal macellaio arriva il prete-vescovo mozarabico;
gli danno la coda del toro, che poi mangerà con gusto davanti ai
tre. Il vescovo li consiglia di abbandonare la ricerca e di fuggire
da Toledo, perché le tre grandi religioni si contendono la Tavola,
ed è meglio se resta nascosta. Ma i tre insistono, e il vescovo li
avverte che per raggiungere lo scopo dovranno superare la notte
toledana: è la purificazione che renderà limpide le loro menti.
Al minuto 46 Buñuel anziano è nel suo
studio, dorme e sogna la notte toledana: dove i tre si separano,
perché ognuno deve seguire il suo destino personale. Buñuel vede la
ronda di notte (Goya?) poi trova la Marini (cioè Ana Maria) con la
quale ha una notte d'amore che però termina con rabbini e attrezzi
per la circoncisione (così mi sembra) e qui si risveglia Buñuel di
nuovo anziano. Per Dalì invece la notte toledana è un incontro con
il padre e la madre, da lui più volte derisi e offesi. Lorca viene
portato a sentire musica, una gitana gli canta "Los cuatro
muleros", cioè la seconda delle canzoni musicate da Lorca
stesso (però l'arrangiamento è meno bello dell'originale).
Al minuto 60 Buñuel anziano è sveglio
nel suo studio e pensa che così non va, nel film deve entrare
l'amicizia altrimenti che senso ha mettere Salvador e Federico? Qui
parte il Tristano di Wagner: l'amicizia può essere forte come la
morte?
A 1h05 i tre partono insieme verso la
prova finale, sul tipo quelle del "Flauto Magico" di
Mozart, che inizia davanti al vescovo mozarabico qui con tutti i suoi
paramenti, pastorale compreso, e non più vestito da semplice prete.
Con la benedizione del vescovo, i tre vanno al buio, per cunicoli,
sottoterra, sotto il fiume; manca l'aria, trovano muri che stillano
sangue...
a 1h13 Lorca grida "è sangue!"
Siamo sotto alla Plaza, le più grandi piazze di Spagna sono
cariche di grida, celano sotto di loro un lago di sangue, una pozza
agonizzante che batte come un cuore... (presagio della sua
fucilazione). In un quadro che si direbbe di Dalì i tre trovano i
cadaveri decomposti di Ana Maria e di Goldman, nell'atto
dell'amplesso; poi scivolano fino a finire nella merda (sic) ,
arrivano a un incrocio, hanno la torcia accesa, e infine trovano
l'eremita (lo stesso attore che impersonava Aasvero) col pastorale ma
di legno (un ramo curvo) che spiega loro che sono arrivati fin lì
perché sono purificati, altrimenti avrebbero fatto la fine di quelli
(indica le pareti, fatte di ossa e di teschi); quindi possono
continuare, e li fa scendere in un pozzo.
A 1h23 i tre incontrano un grande
robot, tra Metropolis e Ultimatum alla Terra, che cerca di farli
retrocedere: ma è solo l'ultimo ostacolo, ormai sono arrivati.
A 1h28 ecco lo Specchio, cioè la
Tavola. I tre vedono il loro destino, la guerra, e altro ancora. Qui
finisce il film, sul primo piano di Buñuel giovane che dice cose di
cui mi sfugge il senso (a dire il vero ne ho abbastanza, e poi è
giusto lasciare qualcosa in sospeso per chi passa di qui).
Un film complesso, tutto sommato ben
girato, ma gli argomenti tirati in ballo meritavano maggiore
profondità; si vede comunque volentieri, è piuttosto divertente e
ben recitato nel complesso, Valeria Marini compresa. Gli attori:
Buñuel anziano, cioè sui 50, è El Gran Wyoming, pseudonimo di un
attore serio e misurato del quale ignoro ogni cosa. Buñuel giovane è
Pere Arguillue, Dalì giovane è Ernesto Alterio, Lorca è Adrià
Collado. Fatima è Amira Casar, Ana Maria de Zayas è Valeria
Marini, David Goldman è Jean Claude Carrière, famoso sceneggiatore
(anche per Buñuel). Il critico cinematografico è Juan Luis
Galiardo; il vescovo mozarabico si chiama Avilo Avendaro ed è
interpretato da Armando De Razza (amico di Arbore); il rabbino è
Eusebio Lazaro, Aasvero e l'eremita sono affidati a Martin Murjica.
La gitana che canta per Lorca è Estrella Morente, il chitarrista
arabo è Farid Fatmi.
(le immagini sono quelle che ho trovato in rete,
ringrazio chi le ha rese disponibili)