mercoledì 28 agosto 2019

Blade runner


Blade runner (1981) Regia di Ridley Scott. Liberamente tratto da Philip K. Dick. Sceneggiatura di Hampton Fancher, David Webb Peoples. Fotografia di Jordan Cronenweth Effetti speciali di Douglas Trumbull Musiche di Vangelis Papathanassiou Interpreti: Harrison Ford, Sean Young, Rutger Hauer, Daryl Hannah, Brion James, Joanna Cassidy, Edward James Olmos, William Sanderson, Joe Turkel, M.Emmett Walsh. Durata: 117 minuti
 
"Blade runner" è uno dei film più visti e più famosi degli ultimi decenni; molti lo conoscono a memoria e ne citano frasi (soprattutto una), esiste una vasta letteratura in merito e forse non sarebbe il caso di aggiungere altro, ma ho rivisto il film di recente e qualche riflessione in merito può anche essere utile.
Rivisto dopo venti o trent'anni (il film è del 1981) rivela qualche sorpresa ma è più o meno come me lo ricordavo. La sorpresa principale è che "Blade runner" è ambientato nel novembre 2019 (ci siamo, quasi). La seconda cosa che mi ha colpito, vista dall'anno 2019, è che anche Ridley Scott, come tutti, non ha previsto l'islam. La città del futuro di Ridley Scott ha infatti tanti cinesi e orientali (era il tempo in cui la Sony si comperava la MGM, le fabbriche automobilisti giapponesi comperavano quelle americane, eccetera), pochi neri di pelle (direi zero), e nessun islamico a parte l'egiziano che fabbrica i serpenti (quasi veri come gli androidi, ma animali; c'è anche una civetta). Eppure si era a pochi anni dalla presa del potere dell'ayatollah Khomeini in Iran, anzi proprio in mezzo visto che avvenne nel 1979, cioè durante la lavorazione di "Blade runner", ma nessuno poteva prevederne il seguito. Va anche detto che in California la comunità cinese è da sempre ben rappresentata, così come cinesi e coreani; la mia annotazione vale dunque come sguardo verso il passato, per quel che vale. Per il resto, è molto ben resa l'atmosfera anni '30 tipica dei romanzi di Philip K. Dick (vedi Ubik); nelle interviste realizzate mentre "Blade runner" era in lavorazione pare che Dick ne sia stato contento, anche se non potè vedere il film finito.

 
La critica parla spesso di "Metropolis" di Fritz Lang come riferimento per le scenografie iniziali; io ho notato rimandi espliciti, a tratti, alle scenografie e alle inquadrature dell'espressionismo tedesco di Nosferatu (F.W.Murnau) e del "Caligari" (le luci), ai film di vampiri anni '30 (non a quelli patinati di oggi) e naturalmente a Frankenstein, il romanzo però e non i film che ne furono tratti. A 1h20' quando Rutger Hauer chiama "padre" il suo inventore siamo ben dentro al libro di Mary Shelley.


I cinque androidi in fuga sono Rutger Hauer, Brion James (brutto e cattivissimo), Joanna Cassidy (la danzatrice col pitone) e Daryl Hannah (che a un certo punto si trucca gli occhi come se fosse un procione) più Sean Young che non fa parte del gruppo dei ricercati iniziali e che si salverà nel finale. Gli effetti speciali sono di Douglas Trumbull, già collaboratore di Stanley Kubrick per uno dei capolavori assoluti del cinema, "2001 Odissea nello spazio".
 

A mio parere (parere personale) il monologo finale di Hauer sarebbe più centrato se si tagliassero i "versi" sulle navi da guerra affondate ad Orione e su Tannhäuser (provare per credere) che lo appesantiscono. Mi sono sempre chiesto, da appassionato di musica, perché siano stati tirato in ballo Richard Wagner e il poeta medievale tedesco; si può ricordare en passant che Tannhäuser, poeta tedesco veramente esistito (1205-1270), nell'opera di Wagner è dedito al paganesimo ma poi si converte grazie a Santa Elisabetta d'Ungheria. Il breve monologo dell'androide morente pare che sia stato scritto in gran parte dallo stesso Rutger Hauer, forse si tratta di un suo interesse personale ma non sono sicuro che si possa trarre qualche collegamento tra l'opera di Wagner e ciò che succede nel film; ho fatto una breve ricerca in rete e non mi risulta un corpo celeste con il nome Tannhäuser, ma potrebbe comunque esistere.  (se volete ascoltare l'ouverture dall'opera di Wagner, fate clic qui )
C'è la curiosità, da chimico, sull'etilmetano solfonato citato a 1h20' poco prima di questa frase rivolta a Hauer dal suo inventore, quando gli spiega che non può prolungargli la vita: « La luce che arde con il doppio dello splendore brucia per metà tempo, e tu hai sempre bruciato la candela da due parti. Tu sei il figliol prodigo, eri motivo d'orgoglio per me. » A me piace anche ciò che dice l'inventore quando Hauer si presenta a casa sua: "pensavo che saresti venuto prima" (anche qui, siamo ben dentro al Frankenstein di Mary Shelley).

Sempre su un piano strettamente personale, rimango comunque con la mia prima impressione di venti o trent'anni fa, il film è ben fatto ma non riesce a entrare nei miei preferiti. Ridley Scott gioca un po' troppo con i film d'azione, il risultato è spettacolare ma anche un po' superficiale. Si poteva andare più nel profondo (idem con "Alien") e un autore vero lo avrebbe fatto (Stanley Kubrick, per esempio). Ridley Scott mi ha molto deluso nel seguito della sua avventura come regista e questo pesa, oggi, nel mio giudizio su "Blade Runner". Si era partiti da un capolavoro di stile come "I duellanti" (1977) passando per "Alien" (1979) e per questo "Blade Runner" (1981), ma i film successivi di Ridley Scott mi sono sembrati più attenti al botteghino che a un vero percorso d'autore. A mio parere "Blade runner" è un film molto sopravvalutato, ma va detto che è ben fatto e ha ottimi attori, tutti ben scelti e perfetti per il loro ruolo.

Qualche nota ancora: 1) Rutger Hauer muore proprio nel 2019, ma non a novembre come nel film. 2) il titolo non è di Philip K. Dick ma è di Alan E. Nourse, per un romanzo del 1974 3) nell'originale il monologo dell'androide morente dice "people", gente, e non "voi umani" 4) L'attrice Sean Young, all'anagrafe Mary Sean Young, era al suo terzo film; purtroppo si è persa per strada come attrice ed è un vero peccato. 5)  da sottolineare l'accenno a Pinocchio, nella scena con William Sanderson. 6)
la riflessione che probabilmente abbiamo fatto tutti alla fine del film: siamo forse tutti androidi? Anche per noi c'è una scadenza fissata, per la fine della nostra vita?
 
 
Tullio Kezich scrisse per il "Corriere della Sera" un breve articolo che riporta una comparazione tra il film di Ridley Scott e il libro di Philip Dick. Ne riporto qui alcune parti:
Nel 1996 Kezich va a Courmayeur per una proiezione di "Blade Runner" a un festival locale; sul treno legge il libro di Philip K. Dick da cui è tratto il film, intitolato "Do androids dream of electric sheep?", scritto nel 1968. Kezich confessa di non aver mai letto niente di Dick prima d'allora, e di essersi subito appassionato all'autore: "fin dalle prime pagine sono stato risucchiato dentro un universo parallelo", e si ripromette di leggere subito altro, avendo come guida "Philip Dick - Una biografia" di Emmanuel Carrère (ed. Theoria). Kezich rimane colpito dalle molte differenze, e definisce "Blade Runner" di Ridley Scott "un film in grado di rappresentarlo solo a metà": « Sullo schermo, anziché a San Francisco nel 1992 siamo in una Los Angeles stile "Metropolis" del 2019. La percorre Rick Decard, ossia il prestante Harrison Ford, eliminatore di androidi molto diverso dal personaggio del libro, impiegatizio e con moglie nevrotica. Viene cancellato Isidore, il "cervello di gallina" che anziché uccidere i replicanti tenta di farseli amici; è sparita anche l'idea sconvolgente che il possesso di animali vivi, divenuti rarissimi, rappresenti nel nuovo assetto sociale uno status symbol. Nel film non si parla dell'istituzione di una religione planetaria e neppure della sua brutale demistificazione da parte di un dittatoriale divo della tv, e si introduce un'incongrua storia d'amore con lieto fine tra il cacciatore di taglie e una bella replicante. Significativa è la scomparsa nel film del soprano androide che canta un'aria dal Flauto Magico di Mozart e che a una mostra di Munch si riconosce angosciatissima nel famoso "Urlo". Sono tutte prove che Dick era profondamente immerso in quella che noi chiamiamo cultura, mentre il regista Scott si direbbe un replicante culturale cresciuto nell'universo degli spot. (...) »
Corriere della Sera 7 dicembre 1996, Tullio Kezich
Devo purtroppo concordare, da questo 2019, il parere negativo su Ridley Scott, ma ne ho già scritto sopra.


Questo è proprio Philip K. Dick:
- L'inizio del film è semplicemente la cosa più meravigliosa che abbia mai visto. Non potevo crederci. La scena è vista da un veicolo volante che sta atterrando in cima ad un palazzo della polizia alto 400 piani. Questo palazzo di 400 piani domina il paesaggio e corrisponde esattamente a una mia idea del nostro futuro tra quarant'anni (...) Ce l'hanno spiegato così: analizzando gli effetti speciali dei film di fantascienza hanno scoperto che vengono sempre creati degli ambienti completamente nuovi, senza alcuna patina di vissuto. Tutto è nuovo di fabbrica. Invece, le strade nella loro città, e questi palazzi, sono davvero vissuti. C'è un profondo senso di decadenza, di disfacimento. Quando un palazzo diventa vecchio, invece di demolirlo ci si costruisce sopra, gli vengono aggiunti altri piani e così diventa sempre più alto, come un termitaio. E' proprio incredibile, assomiglia a un quadro che avevo in casa, una stampa che riproduceva la Torre di Babele di Brueghel... (...)
Philip K. Dick, intervista del tempo in cui stava per uscire "Blade Runner", ripresa dal Venerdì di Repubblica il 20 settembre 2002 (per l'uscita di "Minority report" di Steven Spielberg, tratto da un altro suo libro)
Il palazzo di 400 piani, così descritto, ricorda le case del ghetto di Venezia.
Va ricordato che Philip K. Dick non potè vedere "Blade runner" per intero: morì quando il film era quasi pronto, poco prima della sua uscita nei cinema.

 

sabato 24 agosto 2019

Nashville ( I )


Nashville (1975) Regia di Robert Altman Scritto da Joan Tewkesbury Fotografia di Paul Lohmann Montaggio di Dennis Hill Musiche: vedi elenco Interpreti: David Arkin (Norman ), Barbara Baxley (Lady Pearl) Ned Beatty (Delbert Reese ) Karen Black (Connie White) Ronee Blakley (Barbara Jean) Timothy Brown (Tommy Brown) Keith Carradine (Tom Frank ) Geraldine Chaplin (Opal ) Robert DoQui (Wade ) Shelley Duvall (L. A. Joan ) Allen Garfield (Barnett) Henry Gibson (Haven Hamilton ) Scott Glenn (Pfc. Glenn Kelly) Jeff Goldblum (Tricycle Man ) Barbara Harris (Albuquerque) David Hayward (Kenny Fraiser ) Michael Murphy (John Triplette ) Allan Nicholls (Bill ) Dave Peel (Bud Hamilton ) Cristina Raines (Mary ) Bert Remsen (Star ) Lily Tomlin (Linnea Reese ) Gwen Welles (Sueleen Gay ) Keenan Wynn (Mr. Green ) James Dan Calvert (Jimmy Reese ) Donna Denton (Donna Reese ) Merle Kilgore (Trout ) Carol McGinnis (Jewel ) Sheila Bailey (Smokey Mountain Laurel ) Patti Bryant (Smokey Mountain Laurel) Richard Baskin (Frog ) Jonnie Barnett, Vassar Clements, Misty Mountain Boys, Sue Barton, Elliott Gould, Julie Christie, e molti altri. Durata: 2h30'

1.
Il primo equivoco da chiarire, riguardo a "Nashville", è la musica country. Il film di Altman viene sempre presentato come un omaggio alla musica country, e anch'io sono caduto per lungo tempo in questa trappola; ma questo è ciò che dice il suo autore al riguardo:
- Quale è stata la genesi del film?
« Io volevo fare "Gang", ma alla United Artists non interessava. Si erano comperati una società che produceva musica country, e mi affidarono una sceneggiatura che sembrava adatta a Tom Jones. Dopo averlo letto dissi: "Non lo faccio, però farò una storia sulla musica country a modo mio, se dopo mi fate fare Gang." Non ero mai stato a Nashville in vita mia, e per me la musica country era quella che chiamiamo hillbilly. » « (...) io volevo prendere l'abc della musica country, concetti semplicissimi, basilari, come i versi della canzone "per il bene dei bambini diciamoci addio", e inserirli in un contesto generale che richiamasse l'America e la sua politica.»
(da "Altman racconta Altman" a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli 2012, pagine 99-100)
 
Va detto poi che "Nashville" non è un film facile, dura 2 ore e mezzo e si fa una certa fatica per guardarlo dall'inizio alla fine; per capire cosa succede magari è il caso di prendere il quadro di qualche grande pittore del passato, come Bruegel o Bosch o come Paolo Uccello, o magari come il Cenacolo di Leonardo da Vinci. E' difficile capire a prima vista cosa succede in quei grandi dipinti. Sì, nel Cenacolo c'è l'Ultima Cena con Gesù al centro, ma più lo si guarda e più si notano particolari che erano sfuggiti al primo impatto. Nelle grandi scene di battaglia di Paolo Uccello ci sono tanti di quei dettagli che non si finirebbe mai di guardare, e alla fine si rimane con l'idea che quello che stiamo guardando non sia propriamente il reale ma una sua trasfigurazione. La stessa cosa succede con Pieter Bruegel: sì, ci sono i cacciatori nella neve, ma sono solo una piccola parte del dipinto. Con Hyeronimus Bosch, infine, si può anche perdere la testa: cosa sono mai tutti quei dettagli, quei particolari, quei mostri, quei corpi...
Come i grandi pittori del passato si muove Robert Altman in "Nashville"; e non sarà l'unica volta, è una tecnica che gli riesce benissimo e, quando può e quando glielo lasciano fare, la applica in grande stile.
« (...) La forza del film risiede nella sua impronta politica e il fatto che parlasse di musica country non era nient’altro che una metafora. Se fosse stato un film per la Paramount, che alla fine lo distribuì, non ne avrebbero lasciato neanche un minuto così come è. »
da "Altman racconta Altman" a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli 2012, pagine 105-106

(Pieter Bruegel, 1565)

Di cosa ci sta parlando, allora, Robert Altman? Qualcosa di più di un indizio è sistemato poco oltre la metà del film, a 1h25 dall'inizio, quando ci troviamo in un enorme deposito di auto rottamate e c'è Geraldine Chaplin (il suo personaggio si chiama Opal, è una giornalista o almeno così dice):
Geraldine Chaplin: (parla nel registratore) sto vagando in un cimitero, qui i morti non hanno né croci né lapidi né corone che celebrino la loro gloria; giacciono in mucchi putrefatti e arrugginiti, le interiora strappate da mani avide e predatrici; i loro vuoti scheletri rivolgono il loro triste lamento al cielo, la ruggine dei loro corpi ha il colore del sangue secco (dried blood). Mi ricorda un cimitero segreto degli elefanti ... (da qui, in francese) sì, la valle del mistero, questo senso di irrealtà... Queste macchine cercano di comunicare. Macchine, state cercando di dirmi qualcosa? Volete confidarmi un segreto?
(ma a questo punto scopre di non essere da sola. Nel deposito di rottami c'è un uomo giovane, lei si scusa, si chiede se avrà ascoltato, dice che pensava di essere da sola.)


- Il personaggio di Opal, interpretato da Geraldine Chaplin, interagisce con tutti gli altri. Il suo lapsus quando dice di lavorare per la British Broadcasting Company è l'indizio che ci fa capire che è una truffatrice...
« Opal era la nostra guida turistica, il tessuto connettivo. Il personaggio si basava su diverse persone che avevo conosciuto al festival di Cannes, gente che non sai mai se è chi dice di essere. Avevo bisogno di un collante per le scene diverse che stavo girando e lei, grazie allo stratagemma di fingersi giornalista della BBC, divenne la voce che poneva le domande a cui il pubblico cercava risposta. E' stata bravissima a improvvisare. Sono entusiasta di Geraldine.
(da "Altman racconta Altman" a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli 2012, pagina 101
Altman fa dire alla Chaplin anche molte banalità grossolane, come quelle sui musicisti neri "che hanno la musica nel sangue" (eccetera), la fa andare a letto con Carradine (che nel corso del film se le farà tutte) ma molto sbrigativamente; nell'intervista sul libro Altman dice che Opal è una millantatrice, che non lavora affatto per la BBC, e che nel mondo dello spettacolo ci sono molte persone di questo tipo, che si spacciano per persone di livello ma non lo sono affatto. Però fa notare l'importanza di questo personaggio: e in effetti in Nashville la Chaplin è un clown, come in Shakespeare, come Charlie Chaplin suo padre, un personaggio apparentemente ridicolo ma che va a toccare tutti i punti fondamentali, quelli scoperti e quelli più profondi e nascosti. Un clown femmina, candida, goffa, ridicola, ma profonda: come Charlot suo padre.
In particolare, questo: a 1h35' a colloquio con Mr. Triplette che ne ride
Geraldine Chaplin: ... io ho una mia teoria sull'assassinio politico. Ritengo che persone come Madame Pearl e tutti quelli che girano armati in questo Paese siano i veri assassini, perché incitano (they stimulate) altre persone, che forse sarebbero innocenti, a premere il grilletto.
Ed è quello di cui si sta discutendo in Usa almeno dal 2013, in Parlamento, sotto la spinta di numerose stragi causate proprio da queste armi onnipresenti.


(continua)

(le immagini del film vengono da www.imdb.com )

Nashville ( II )


Nashville (1975) Regia di Robert Altman Scritto da Joan Tewkesbury Fotografia di Paul Lohmann Montaggio di Dennis Hill Musiche: vedi elenco Interpreti: David Arkin (Norman ), Barbara Baxley (Lady Pearl) Ned Beatty (Delbert Reese ) Karen Black (Connie White) Ronee Blakley (Barbara Jean) Timothy Brown (Tommy Brown) Keith Carradine (Tom Frank ) Geraldine Chaplin (Opal ) Robert DoQui (Wade ) Shelley Duvall (L. A. Joan ) Allen Garfield (Barnett) Henry Gibson (Haven Hamilton ) Scott Glenn (Pfc. Glenn Kelly) Jeff Goldblum (Tricycle Man ) Barbara Harris (Albuquerque) David Hayward (Kenny Fraiser ) Michael Murphy (John Triplette ) Allan Nicholls (Bill ) Dave Peel (Bud Hamilton ) Cristina Raines (Mary ) Bert Remsen (Star ) Lily Tomlin (Linnea Reese ) Gwen Welles (Sueleen Gay ) Keenan Wynn (Mr. Green ) James Dan Calvert (Jimmy Reese ) Donna Denton (Donna Reese ) Merle Kilgore (Trout ) Carol McGinnis (Jewel ) Sheila Bailey (Smokey Mountain Laurel ) Patti Bryant (Smokey Mountain Laurel) Richard Baskin (Frog ) Jonnie Barnett, Vassar Clements, Misty Mountain Boys, Sue Barton, Elliott Gould, Julie Christie, e molti altri. Durata: 2h30'

2.
Depistare il pubblico, creare confusione in modo che non si guardi al centro del discorso, quasi un percorso da iniziati, non è una caratteristica soltanto dei grandi pittori; lo fa James Joyce in "Ulysses", per esempio, o Dostoevskij nei "Demoni", o Fellini e Kubrick nei loro film. La cosa curiosa è che anche molti critici cinematografici ci cascano (non solo gli spettatori) e finiscono con l'indicare dettagli non fondamentali come se fossero quelli più importanti. Mi piace immaginare l'autore che ride, quando noi non lo vediamo, di certe nostre osservazioni (comprese le mie, of course).
 

Il tema delle armi è dunque al centro di "Nashville":
- Riesci a spiegarti in qualche modo questi assassinii?
« Se si tratta di un assassinio politico, credo che chi uccida abbia la consapevolezza di non essere solo. Non credo che un assassino possa uccidere qualcuno se non sa di essere spalleggiato. Questa è la differenza tra assassinio e omicidio. E' come se la gente gli dicesse: "Quell'uomo deve essere ucciso, è un mostro, sta rovinando il nostro Paese". Per cui l'assassino sente di avere un mandante, anche se non ufficiale; sente di uccidere un'idea, una figura pubblica, e dice: “L'ho fatto io. Sono importante quanto la persona che ho cancellato". Io non mi sento responsabile dell'assassinio di nessuno. E' contro ogni logica, In carcere ci sono ancora quattro o cinque persone che hanno commesso assassinii politici, come Sirhan Sirhan che ha sparato a Robert Kennedy, Hinckley che non è riuscito a uccidere Reagan, e James Earl Ray che forse, e dico forse, ha ucciso Martin Luther King. E nessuno sa dirti perché ha fatto ciò che ha fatto. Non lo sappiamo e accettiamo la cosa: magari è successo perché sono pazzi, oppure perché attraverso il loro gesto volevano richiamare l'attenzione su di sé: "Sono stato io a uccidere Tizio e Caio". In Nashville tutti pensavano che sarebbe stato assassinato il candidato politico, perché questo è un fatto accettabile. Invece io ho fatto uccidere la donna di spettacolo, e non sappiamo il perché.»
- Alla fine tutti si mettono a cantare It Don't Worry Me...
« Le cose brutte succedono e la vita continua... credo vada così. Questi eventi non ci insegnano nulla. Accettiamo qualunque cosa succeda solo per il fatto che è successa. La forza del film risiede nella sua impronta politica e il fatto che parlasse di musica country non era nient’a1tro che una metafora. Se fosse stato un film per la Paramount, che alla fine lo distribuì, non ne avrebbero lasciato neanche un minuto così come è.»
(da "Altman racconta Altman" a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli 2012, pagine 105-106)
Altman dice anche che gli furono mosse accuse dopo l'assassinio di John Lennon, cinque anni dopo l'uscita del film. Ovviamente la risposta è seccata, casomai "Nashville" era un avvertimento a stare attenti, c'erano già stati tanti altri assassinii di persone famose, a partire dai Kennedy, e la questione ci riguarda tutti. Oggi possiamo dire che è purtroppo vero, le persone armate sono sempre di più e non si tratta di un revolver o di una doppietta da cacciatori, ma di mitragliatori, fucili a pompa, bazooka, alle volte (come è successo poche settimane fa tra Piemonte e Lombardia) un vero arsenale da guerra, con tanto di missili aria-aria.

 
Altri miei appunti presi durante la visione:
1) a 20 minuti dall'inizio c'è l'ingorgo, che può far pensare all'inizio di "Roma" di Federico Fellini ma che invece riflette un vero ingorgo incontrato dall'autrice della sceneggiatura Joan Tewkesbury appena giunta a Nashville.
Geraldine Chaplin (Opal): Vorrei che il mio cameraman fosse qui, non c'è mai quando serve! Mi serve una cosa come questa per il documentario, questa è l'America: macchine accatastate e cadaveri maciullati. (però non si vedono cadaveri, in questa scena; qui c'è solo un bambino che mangia un gelato, in primo piano a sinistra)
2) In queste sequenze, Barbara Harris dice che sa riparare e vendere i camion: è il personaggio che va tenuto d'occhio in tutte le sue apparizioni (brevissime) perché il finale sarà suo.

 
3) la signora Pearl parla dei "Kennedy boys" (John e Robert Kennedy), si lamenta che nel Tennessee sono tutti battisti e che "non si fidano di un cattolico neppure se è una brava persona" (si ricorda che il Tennessee fu uno dei pochi stati a non votare per Kennedy)
4) Prima, a 1h32', Geraldine Chaplin nel deposito degli autobus gialli, a riflettere sul significato del colore giallo (Altman dice che la mandava avanti a improvvisare...)
5) Nel finale, il Parthenon di Nashville (l'Atene del Tennessee...) dove c'è il concerto finale e dove verrà uccisa la cantante protagonista: a colpi di pistola.
6) se l'avessi visto al cinema difficilmente avrei capito chi era la biondina che canta nel finale; facendo scorrere il film dall'inizio ho invece potuto notare che Altman la mette quasi ovunque nel corso del film. Magari in piccole scene, ma Barbara Harris c'è sempre. Noi preferiamo guardare gli altri personaggi, ci concentriamo su di essi, e questo è tipico della nostra vita dove difficilmente riusciamo a cogliere le cose più importanti intorno a noi (nella vita e nel film). Un dettaglio da grande pittore, un Leonardo o un Bosch...
7) la canzone finale, "It don't worry me", si potrebbe quasi tradurre con "ma che mi frega"; e quante volte me lo sono sentito dire, "ma che te frega", anche davanti a cose importanti. Non toccavano me direttamente, quindi dovevo lasciar perdere, dire e pensare "a me che me ne frega", "cosa gliene frega a lui". Nasce da questo modo di pensare anche Auschwitz...
8) il libro citato, "Altman racconta Altman" a cura di David Thompson, ed. Feltrinelli, è molto bello e ricco di informazioni su tutto il lavoro di Altman, compresi i telefilm degli anni '50.
 

In conclusione, "Nashville" è un film da rivedere più volte, segnandosi bene i vari personaggi e magari dimenticandosi della musica country, come spiega bene Altman nel libro.
Per oggi mi segno questi attori e personaggi:
- Barbara Harris (Albuquerque) è un personaggio buffo ma avrà tutto il finale, un altro clown importante
- Cristina Raines (Mary) bellissima, in trio con Carradine, da sogno
- Lily Tomlin (Linnea) cantante, maestra di due bambini sordomuti
- Keenan Wynn (Mr Green) è il signore anziano che rimane vedovo nel corso del film ed è (nel film) lo zio di Shelley Duvall
- Gwen Welles (Sueleen) che non sa cantare ma che fa uno streaptease per cercare di fare strada ugualmente nel country
- Karen Black (Connie) che è la rivale della protagonista; canta delle belle canzoni ma non è un personaggio fondamentale
- Ronee Blakely, la protagonista, futura moglie di Wim Wenders nel 1979-1981. Altman dice che le sue canzoni sono molto belle, a differenza di molte delle altre che ascoltiamo nel film (escluse ovviamente quelle di Keith Carradine)
- Keith Carradine, protagonista, autore di "I'm easy" e di "it don't worry me"; piace alle ragazze, nel film avrà una donna diversa ogni sera.
- Geraldine Chaplin (Opal) una giornalista inglese o forse no
- Shelley Duvall (LA Joan) : il suo personaggio pensa solo al sesso
- Allen Garfield: manager e marito della protagonista
- Ned Beatty: marito di Lily Tomlin
- Henry Gibson (Haven Hamilton): l'insopportabile cantante che inizia il film
- Jeff Goldblum: breve apparizione sul chopper triciclo
- Scott Glenn; breve apparizione come un soldato in divisa
- Elliott Gould: se stesso, in visita alla festa
- Julie Christie: se stessa, in visita alla festa
La musica del film è tutt'altro che memorabile, con qualche eccezione ("I'm easy" è molto bella); le canzoni sono quasi tutte opera degli attori che le interpretano. Queste canzoni sono state molto criticate dagli appassionati di country, ma- dice Altman - " è giusto così".

 


(le immagini del film vengono dal sito www.imdb.com )

Sette anni

Riapro per qualche tempo questo blog, dopo sette anni. Ricomincio a mettere a disposizione i miei appunti perché mi sono accorto che mancano film importanti (non di Tarkovskij né di Fellini, purtroppo) e anche perché il blog non ha mai smesso di avere visitatori, anche dopo sette anni.
Il primo film sarà "Nashville", di Robert Altman.