Blade runner (1981) Regia di Ridley
Scott. Liberamente tratto da Philip K. Dick. Sceneggiatura di Hampton
Fancher, David Webb Peoples. Fotografia di Jordan Cronenweth Effetti
speciali di Douglas Trumbull Musiche di Vangelis Papathanassiou
Interpreti: Harrison Ford, Sean Young, Rutger Hauer, Daryl Hannah,
Brion James, Joanna Cassidy, Edward James Olmos, William Sanderson,
Joe Turkel, M.Emmett Walsh. Durata: 117 minuti
"Blade runner" è uno dei
film più visti e più famosi degli ultimi decenni; molti lo
conoscono a memoria e ne citano frasi (soprattutto una), esiste una
vasta letteratura in merito e forse non sarebbe il caso di aggiungere
altro, ma ho rivisto il film di recente e qualche riflessione in
merito può anche essere utile.
Rivisto dopo venti o trent'anni (il
film è del 1981) rivela qualche sorpresa ma è più o meno come me
lo ricordavo. La sorpresa principale è che "Blade runner"
è ambientato nel novembre 2019 (ci siamo, quasi). La seconda cosa
che mi ha colpito, vista dall'anno 2019, è che anche Ridley Scott,
come tutti, non ha previsto l'islam. La città del futuro di Ridley
Scott ha infatti tanti cinesi e orientali (era il tempo in cui la
Sony si comperava la MGM, le fabbriche automobilisti giapponesi
comperavano quelle americane, eccetera), pochi neri di pelle (direi
zero), e nessun islamico a parte l'egiziano che fabbrica i serpenti
(quasi veri come gli androidi, ma animali; c'è anche una civetta).
Eppure si era a pochi anni dalla presa del potere dell'ayatollah
Khomeini in Iran, anzi proprio in mezzo visto che avvenne nel 1979,
cioè durante la lavorazione di "Blade runner", ma nessuno
poteva prevederne il seguito. Va anche detto che in California la
comunità cinese è da sempre ben rappresentata, così come cinesi e
coreani; la mia annotazione vale dunque come sguardo verso il
passato, per quel che vale. Per il resto, è molto ben resa
l'atmosfera anni '30 tipica dei romanzi di Philip K. Dick (vedi
Ubik); nelle interviste realizzate mentre "Blade runner"
era in lavorazione pare che Dick ne sia stato contento, anche se non
potè vedere il film finito.
La critica parla spesso di "Metropolis"
di Fritz Lang come riferimento per le scenografie iniziali; io ho
notato rimandi espliciti, a tratti, alle scenografie e alle
inquadrature dell'espressionismo tedesco di Nosferatu (F.W.Murnau) e
del "Caligari" (le luci), ai film di vampiri anni '30 (non
a quelli patinati di oggi) e naturalmente a Frankenstein, il romanzo
però e non i film che ne furono tratti. A 1h20' quando Rutger Hauer
chiama "padre" il suo inventore siamo ben dentro al libro
di Mary Shelley.
I cinque androidi in fuga sono Rutger
Hauer, Brion James (brutto e cattivissimo), Joanna Cassidy (la
danzatrice col pitone) e Daryl Hannah (che a un certo punto si trucca
gli occhi come se fosse un procione) più Sean Young che non fa parte
del gruppo dei ricercati iniziali e che si salverà nel finale. Gli
effetti speciali sono di Douglas Trumbull, già collaboratore di
Stanley Kubrick per uno dei capolavori assoluti del cinema, "2001
Odissea nello spazio".
A mio parere (parere personale) il
monologo finale di Hauer sarebbe più centrato se si tagliassero i
"versi" sulle navi da guerra affondate ad Orione e su
Tannhäuser (provare per credere) che lo appesantiscono. Mi sono
sempre chiesto, da appassionato di musica, perché siano stati tirato
in ballo Richard Wagner e il poeta medievale tedesco; si può
ricordare en passant che Tannhäuser, poeta tedesco veramente
esistito (1205-1270), nell'opera di Wagner è dedito al paganesimo ma
poi si converte grazie a Santa Elisabetta d'Ungheria. Il breve
monologo dell'androide morente pare che sia stato scritto in gran
parte dallo stesso Rutger Hauer, forse si tratta di un suo interesse
personale ma non sono sicuro che si possa trarre qualche
collegamento tra l'opera di Wagner e ciò che succede nel film; ho
fatto una breve ricerca in rete e non mi risulta un corpo celeste con
il nome Tannhäuser, ma potrebbe comunque esistere. (se volete ascoltare l'ouverture dall'opera di Wagner, fate clic qui )
C'è la curiosità, da chimico, sull'etilmetano solfonato citato a 1h20' poco prima di questa frase rivolta a Hauer dal suo inventore, quando gli spiega che non può prolungargli la vita: « La luce che arde con il doppio dello splendore brucia per metà tempo, e tu hai sempre bruciato la candela da due parti. Tu sei il figliol prodigo, eri motivo d'orgoglio per me. » A me piace anche ciò che dice l'inventore quando Hauer si presenta a casa sua: "pensavo che saresti venuto prima" (anche qui, siamo ben dentro al Frankenstein di Mary Shelley).
C'è la curiosità, da chimico, sull'etilmetano solfonato citato a 1h20' poco prima di questa frase rivolta a Hauer dal suo inventore, quando gli spiega che non può prolungargli la vita: « La luce che arde con il doppio dello splendore brucia per metà tempo, e tu hai sempre bruciato la candela da due parti. Tu sei il figliol prodigo, eri motivo d'orgoglio per me. » A me piace anche ciò che dice l'inventore quando Hauer si presenta a casa sua: "pensavo che saresti venuto prima" (anche qui, siamo ben dentro al Frankenstein di Mary Shelley).
Sempre su un piano strettamente personale, rimango comunque con la mia prima impressione di venti o trent'anni fa, il film è ben fatto ma non riesce a entrare nei miei preferiti. Ridley Scott gioca un po' troppo con i film d'azione, il risultato è spettacolare ma anche un po' superficiale. Si poteva andare più nel profondo (idem con "Alien") e un autore vero lo avrebbe fatto (Stanley Kubrick, per esempio). Ridley Scott mi ha molto deluso nel seguito della sua avventura come regista e questo pesa, oggi, nel mio giudizio su "Blade Runner". Si era partiti da un capolavoro di stile come "I duellanti" (1977) passando per "Alien" (1979) e per questo "Blade Runner" (1981), ma i film successivi di Ridley Scott mi sono sembrati più attenti al botteghino che a un vero percorso d'autore. A mio parere "Blade runner" è un film molto sopravvalutato, ma va detto che è ben fatto e ha ottimi attori, tutti ben scelti e perfetti per il loro ruolo.
Qualche nota ancora: 1) Rutger Hauer
muore proprio nel 2019, ma non a novembre come nel film. 2) il titolo
non è di Philip K. Dick ma è di Alan E. Nourse, per un romanzo del
1974 3) nell'originale il monologo dell'androide morente dice
"people", gente, e non "voi umani" 4) L'attrice
Sean Young, all'anagrafe Mary Sean Young, era al suo terzo film;
purtroppo si è persa per strada come attrice ed è un vero peccato.
5)
da sottolineare l'accenno a Pinocchio, nella scena con William
Sanderson. 6)
la riflessione che probabilmente abbiamo fatto tutti alla fine del
film: siamo forse tutti androidi? Anche per noi c'è una scadenza
fissata, per la fine della nostra vita?
Tullio Kezich scrisse per il "Corriere
della Sera" un breve articolo che riporta una comparazione tra
il film di Ridley Scott e il libro di Philip Dick. Ne riporto qui
alcune parti:
Nel 1996 Kezich va a Courmayeur per una proiezione di "Blade Runner" a un festival locale; sul treno legge il libro di Philip K. Dick da cui è tratto il film, intitolato "Do androids dream of electric sheep?", scritto nel 1968. Kezich confessa di non aver mai letto niente di Dick prima d'allora, e di essersi subito appassionato all'autore: "fin dalle prime pagine sono stato risucchiato dentro un universo parallelo", e si ripromette di leggere subito altro, avendo come guida "Philip Dick - Una biografia" di Emmanuel Carrère (ed. Theoria). Kezich rimane colpito dalle molte differenze, e definisce "Blade Runner" di Ridley Scott "un film in grado di rappresentarlo solo a metà": « Sullo schermo, anziché a San Francisco nel 1992 siamo in una Los Angeles stile "Metropolis" del 2019. La percorre Rick Decard, ossia il prestante Harrison Ford, eliminatore di androidi molto diverso dal personaggio del libro, impiegatizio e con moglie nevrotica. Viene cancellato Isidore, il "cervello di gallina" che anziché uccidere i replicanti tenta di farseli amici; è sparita anche l'idea sconvolgente che il possesso di animali vivi, divenuti rarissimi, rappresenti nel nuovo assetto sociale uno status symbol. Nel film non si parla dell'istituzione di una religione planetaria e neppure della sua brutale demistificazione da parte di un dittatoriale divo della tv, e si introduce un'incongrua storia d'amore con lieto fine tra il cacciatore di taglie e una bella replicante. Significativa è la scomparsa nel film del soprano androide che canta un'aria dal Flauto Magico di Mozart e che a una mostra di Munch si riconosce angosciatissima nel famoso "Urlo". Sono tutte prove che Dick era profondamente immerso in quella che noi chiamiamo cultura, mentre il regista Scott si direbbe un replicante culturale cresciuto nell'universo degli spot. (...) »
Nel 1996 Kezich va a Courmayeur per una proiezione di "Blade Runner" a un festival locale; sul treno legge il libro di Philip K. Dick da cui è tratto il film, intitolato "Do androids dream of electric sheep?", scritto nel 1968. Kezich confessa di non aver mai letto niente di Dick prima d'allora, e di essersi subito appassionato all'autore: "fin dalle prime pagine sono stato risucchiato dentro un universo parallelo", e si ripromette di leggere subito altro, avendo come guida "Philip Dick - Una biografia" di Emmanuel Carrère (ed. Theoria). Kezich rimane colpito dalle molte differenze, e definisce "Blade Runner" di Ridley Scott "un film in grado di rappresentarlo solo a metà": « Sullo schermo, anziché a San Francisco nel 1992 siamo in una Los Angeles stile "Metropolis" del 2019. La percorre Rick Decard, ossia il prestante Harrison Ford, eliminatore di androidi molto diverso dal personaggio del libro, impiegatizio e con moglie nevrotica. Viene cancellato Isidore, il "cervello di gallina" che anziché uccidere i replicanti tenta di farseli amici; è sparita anche l'idea sconvolgente che il possesso di animali vivi, divenuti rarissimi, rappresenti nel nuovo assetto sociale uno status symbol. Nel film non si parla dell'istituzione di una religione planetaria e neppure della sua brutale demistificazione da parte di un dittatoriale divo della tv, e si introduce un'incongrua storia d'amore con lieto fine tra il cacciatore di taglie e una bella replicante. Significativa è la scomparsa nel film del soprano androide che canta un'aria dal Flauto Magico di Mozart e che a una mostra di Munch si riconosce angosciatissima nel famoso "Urlo". Sono tutte prove che Dick era profondamente immerso in quella che noi chiamiamo cultura, mentre il regista Scott si direbbe un replicante culturale cresciuto nell'universo degli spot. (...) »
Corriere della Sera 7 dicembre 1996, Tullio Kezich
Devo purtroppo concordare, da questo
2019, il parere negativo su Ridley Scott, ma ne ho già scritto
sopra.
Questo è proprio Philip K. Dick:
- L'inizio del film è semplicemente
la cosa più meravigliosa che abbia mai visto. Non potevo crederci.
La scena è vista da un veicolo volante che sta atterrando in cima ad
un palazzo della polizia alto 400 piani. Questo palazzo di 400 piani
domina il paesaggio e corrisponde esattamente a una mia idea del
nostro futuro tra quarant'anni (...) Ce l'hanno spiegato così:
analizzando gli effetti speciali dei film di fantascienza hanno
scoperto che vengono sempre creati degli ambienti completamente
nuovi, senza alcuna patina di vissuto. Tutto è nuovo di fabbrica.
Invece, le strade nella loro città, e questi palazzi, sono davvero
vissuti. C'è un profondo senso di decadenza, di disfacimento. Quando
un palazzo diventa vecchio, invece di demolirlo ci si costruisce
sopra, gli vengono aggiunti altri piani e così diventa sempre più
alto, come un termitaio. E' proprio incredibile, assomiglia a un
quadro che avevo in casa, una stampa che riproduceva la Torre di
Babele di Brueghel... (...)
Philip K. Dick, intervista del tempo
in cui stava per uscire "Blade Runner", ripresa dal Venerdì
di Repubblica il 20 settembre 2002 (per l'uscita di "Minority
report" di Steven Spielberg, tratto da un altro suo libro)
Il palazzo di 400 piani, così descritto, ricorda le case del ghetto di Venezia.
Il palazzo di 400 piani, così descritto, ricorda le case del ghetto di Venezia.