Il viaggio clandestino (Vite di santi e di peccatori, 1994) Scritto e diretto da Raul Ruiz. Tratto da: La vita è sogno di Calderón de la Barca. Fotografia: François Ede, Renaud Personaz. Musica: Gianni Gebbia, Miriam Palma, Vittorio Villa. Montaggio: Valeria Sarmiento. Suono: Alain Garnier. Girato a Castel di Tusa (Messina) nella Fiumara d'Arte di Antonio Presti. Interpreti: Donato Castellaneta, Marco Cavicchioli, Marco Manchisi, Enzo Moscato, Enzo Vetrano, Alessandra D'Elia, Marco Sgrosso, Andrea Renz, Stefano Randisi, Veronica Pecoraino, Giuseppina Pecoraino, Miriam Palma, Vincenzo Modica, Elena Bucci, Irene Di Dio, Marta e Lorenza, Marita D’Elia, Patrizia Baluci. Durata: 60 minuti
Gil e il "diavolo" nuotano nel mare:
- Io non sono il diavolo. Mi piacerebbe esserlo: a volte dico che sono il diavolo perché mi piace mentire, e spesso nostro signore mi aiuta ad essere una specie di diavolo.
- Chi è il tuo signore?
- Un discepolo del diavolo. Anche se secondo me il discepolo del diavolo ed il diavolo sono la stessa cosa. Una cosa veramente certa è che sono un buon peccatore.
- Colui che è buono per qualsiasi cosa non può essere completamente malvagio.
- Interessante. Dunque secondo te un buon peccatore non fa il male.
- Un buon peccatore è buono per qualcosa che non esiste, perché il male, essendo assenza di bene, è fuori dal mondo.
- E allora? Racconta.
- E allora il buon peccatore va di assenza in assenza, immergendosi in assenze abissali.
- E allora?
- Queste assenze diventano sempre più vaste.
- Dunque migliori.
- Come migliori?
- Un'assenza che cresce non può essere malvagia.
- Questo mi ricorda una canzone...
- Musica, maestro!
Qui appaiono Don Chisciotte del Mare, che però viene eliminato subito (peccato!) e l'Isola Magnetica, che attrae i naviganti. (Ruiz è così ricco di idee e di spunti originali che può permettersi di inizare una scena e di lasciarla subito lì: altri ci costruirebbero sopra dei film interi)
La Santa, che guarda il suo destino: è polvere nella sua mano, e la vuota via. ("Polvere alla polvere", dice).
Gil: Santo o peccatore?
Fotografo: Santo musulmano.
Gil: Dunque, peccatore.
1) "Noi musulmani sappiamo che non fu crocifisso".
2) "Voglio sparire per essere perfetto", dice un ragazzo: e sparisce.
Gil: Non ti capisco.
L’amico di San Birone: Normale, perché sono un peccatore. Il peccato mi impedisce di essere chiaro.
Gil: Beato te.
...
- Respirare stanca, t'invecchia. Perché, dottore, perchè?
Sant'Oniro: Dio mio, aiutami a sognare una montagna, una sola... (...) Vedo le montagne, ma non posso sognarle...
...
Sant'Oniro incontra Ciccio Bavaria, con una cornice vuota.
Oniro: Mi accompagni a fare una passeggiata nel quadro?
Ciccio: Non posso. Io l'ho dipinto, e sono costretto a rimanerne fuori.
- Perché sei il diavolo?
- Me lo merito. Ho studiato tanto.
...
Bimba: Perché appari a quelli che non hanno bisogno di miracoli?
Santa: Io appaio soltanto a quelli che non hanno bisogno di miracoli. E' una mortificazione che faccio, per salvare un santo che è diventato peccatore. (...)
- E, a proposito, c'era una bambina che appariva in un bosco. Appariva a quelli che apparivano.
"Era una delizia vederlo odiare con tanta naturalezza" (è il bambino allevato apposta per uccidere un uomo che poi non è un uomo, ma il diavolo immortale) (il killer diventò poi San Birone, col martello: il "mandante" lo seguirà, passo passo).
...
Le due sante si mangiano gli spaghetti, ma a diventare grasso è Ciccio Bavaria:
- Tu sei più buono di quello che credi.
- E' questo che mi fa rabbia. Tutti i grandi artisti sono peccatori.
La signora Uccelli, che dopo aver raccontato ai pellegrini la loro storia, li mangiava.
...
- Chi sei?
- Ancora il diavolo, in forma di starnuto.
- Guarda queste montagne, hanno tutte forme umane (ne fa la descrizione)
- Io vedo soltanto cavalli.
- E' già un inizio.
...
Ciccio Bavaria, che piangendo fa lacrime dolci: e quindi non è un peccatore.
- Ascoltami, san Birone: non voglio più tentarti, voglio che tu tenti me.
- Io, tentare il diavolo?
- E' stato scritto: il diavolo sarà salvato dall'uomo più semplice.
- Io non sono il più semplice, e nemmeno il più modesto: se dicessi che sono il più modesto non lo sarei più.
- Che cosa ti costa, san Birone? Convertire il diavolo è divertente, è molto più facile che convertire gli uomini.
- Davvero vuoi salvarti?
- Lo voglio, lo voglio!
- Allora, piangi.
- E' facile. (ma nemmeno una lacrima uscì dai suoi occhi). Peccato, amico. Sarà per un'altra volta.
...
- (nuotando in mare) ...iatevenne pisce, che tengo famme!
Il diavolo: Peccare è più difficile che fare il bene, è questo che rende il peccato affascinante. Bisogna prepararlo. (...)
Peccare è classico, fare il bene è romantico.
...
- Il male ha bisogno di una modestia severa, e di fedeltà agli escrementi, capisci? Guardati attorno, vedi l'oceano? Immaginalo come uno scheletro che riflette escrementi sempre più depurati, capisci? Guarda la montagna: pensala cupola di uccelli incanagliti, che rappresentano i tuoi dolori. E ora guardati le mani, e dì a te stesso: queste mani le ho appena cagate! Con questa merda io costruirò città, paesi, cattedrali fatiscenti popolate di sbadigli infiniti. Capisci? Questo è il mondo, e in un mondo così è impossibile peccare: per questo io ti chiedo di piangere per noi peccatori senza speranza.
(nel finale sono tutti pazzi alla tavola, come Alice dal Cappellaio Matto)
- E' la reincarnazione numero 10025 di Budda.
- Per questo me la rido. (dice Ciccio Bavaria)
...
Il fotografo: Adesso che siamo immortali avrò tutto il tempo di misurare la luce. Ma ti rendi conto? Nel giro di pochi secoli l'Epifania non avrà più misteri per me.
...
E il detto di un saggio musulmano:
- Se il mondo non fosse così malfatto non ci sarebbe posto per l'amore.
Altre mie note: 1) la ragazza vestita di bianco porge un martello al santo che d’ora in avanti lo picchierà sulle sue dita: l’apparizione di lei che porge il martello è degna dei grandi pittori anche se girata in modo quasi da foto di famiglia. 2) Donato Castellaneta alias Ciccio Bavaria che parla con la bambina; la sua camicia bianca e poi la corona di fiori sulla sua testa: prima era vestito diversamente, dunque la camicia bianca indica qualcosa, ma cosa?
Nel complesso, “Il viaggio clandestino” dà l’idea che si tratti non di un film concluso ma di un lavoro in corso, sembrano appunti per qualcosa da sviluppare in futuro. Questi “esperimenti” rappresentano gran parte dell’opera di Ruiz, e troveranno compimento in uno dei suoi ultimi film, “La recta provincia”, girato nel 2010.
PS: i nomi dei protagonisti li ho trascritti a orecchio ascoltando il film, non li ho trovati scritti da nessuna parte e ho dovuto improvvisare. Ho dei dubbi soprattutto su Sant’Oniro, ma anche se non è il nome esatto del personaggio mi sento di dire che al surrealista Ruiz sarebbe piaciuto, un santo con quel nome. (però controllando sui titoli di coda vedo che Sant'Oniro è il nome giusto - meno male...)
martedì 14 febbraio 2012
mercoledì 8 febbraio 2012
Mario Monicelli ( I )
Per Mario Monicelli potrei ripetere quello che ho detto tempo fa parlando di Dino Risi, però con un’osservazione: Monicelli è più facilmente riconoscibile. Verrebbe da dire: più autore; però forse si tratta solo di pigrizia, Monicelli era meno pigro di Risi, tutto qua.
Non ricordo di aver mai visto al cinema un film di Mario Monicelli; quelli che mi piacciono di più sono usciti quando io ero bambino, o magari non ero ancora nato; da quelli degli anni ’70 e ’80 mi dividevano, e mi dividono ancora, tante cose. Ma su quello che mi divide dal cinema di Monicelli proverà a ragionare più avanti, per intanto scrivo che Monicelli come persona mi piaceva moltissimo, e che è sempre bello riascoltare o rileggere le sue interviste.
«Io comunque voto a sinistra da cinquant’anni, e mai una volta che abbia vinto, eccetto al plebiscito sulla monarchia. Il cinema era tutto a sinistra, perché era “contro”, contro il governo, contro il potere. Anche la commedia: “Totò cerca casa” è un film politico, e “Guardie e ladri”, e “Totò e Carolina” (...) Siete voi che mitizzate, noi lavoriamo. E poi non è neanche vero che il cinema, l’arte dell’immagine in movimento, bisogna vederlo solo nella sala buia, scomodi, con altre centinaia di persone, sul grande schermo. Io i film di Bergman e di Ferreri li trovo splendidi anche in tv. Siamo in epoca di videoteche. (...)»
Mario Monicelli, dal Corriere della sera 11.5.1995
L’ultima parte vale sicuramente per i film di Monicelli, che però non cita Kubrick, e nemmeno Kurosawa o Leone o Tarkovskij o Bertolucci, o Coppola... “Odissea nello spazio” e “Apocalypse now” visti in tv sono quasi incomprensibili, mentre al cinema erano una grande esperienza. Invece “Brancaleone” in tv ci sta benissimo, così come i film di Risi e di Comencini. Forse significa qualcosa, chissà; in ogni caso l’esperienza della sala cinematografica sta per concludersi definitivamente, in futuro sarà poco più che una curiosità.
Questo è ciò che scrivevo su Risi, e che vale per tutta la grande commedia italiana degli anni ’60 e ’70:
Di film ne hanno fatti tanti, Dino Risi e Monicelli: e sono tutti passati in tv, più di una volta, e continuano a passare; quindi è facile averne visti molti. Molti di questi film li ho subìti, da bambino e poi da ragazzo: non mi piaceva quel mondo, magari si rideva (difficile non ridere con Tognazzi e Manfredi...) ma era un mondo che io avrei voluto evitare, non mi sono mai piaciuti quei caratteri e c’era sempre una notevole dose di autocompiacimento nel descrivere quei difetti, ancora oggi ben visibile. Si prendevano in giro, c’era perfino della satira politica, ma anche loro erano così, registi attori e sceneggiatori: villoni, macchinone, vacanze a Cortina... E, soprattutto, ho sempre detestato questo loro modo di presentare il sesso, l’amore, i “tradimenti”, i rapporti coniugali: purtroppo sono cose vere, appena un po’ caricaturali, me ne sono accorto presto che la vita funziona così, e appena ritrovavo nella mia vita questi modelli (non so se spontanei o piovuti dall’alto, cioè ad imitazione dei film stessi: è la vita che imita il teatro, o è il teatro che imita la vita?) mollavo subito la presa. Forse è per questo motivo che non mi sono mai sposato. Alcuni di questi film, non solo quelli di Risi ma anche quelli di Monicelli, di Comencini, e degli altri bravi registi di quegli anni, sono dei capolavori; altri sono molto belli; ma la maggior parte sono film girati “ad uso alimentare”, o per meglio dire: girati per pagarsi i villoni, i macchinoni, le vacanze a Cortina o in luoghi esotici. Hanno fatto bene, s’intende, Dino Risi e i suoi amici: chiunque di noi avrebbe fatto così. Il cinema rendeva molto, negli anni ’50 e ’60, ogni film era ben pagato, se ne facevano tanti, e magari tornassero quegli anni. Ma, detto questo, bisognerà ripetere: non è come con Fellini, Rosi, Petri, Germi, Antonioni; quasi mai siamo di fronte a grande cinema, o a grande scrittura cinematografica. C’è sempre molta approssimazione, molto tirar via, e se non ci si fa caso più di tanto è per la grande professionalità e l’altissimo livello tecnico e artistico di chi lavorava in quel cinema, dai direttori della fotografia agli scenografi fino all’ultimo degli attrezzisti.
Di tanti di quei film, non so nemmeno chi sia il regista: ed è effettivamente difficile distinguere un film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi... Ci si potrebbe imbastire un quiz, o un gioco di società: indovinare al volo chi è il regista di quel film, se è Steno, Monicelli, Comencini, Lattuada, Risi...
La confusione è alimentata dal fatto che autori e attori si mescolano, Luigi Zampa, Luciano Salce, Lattuada, Steno e Monicelli, Comencini, Scola, Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Sonego, Maccari... E magari scoprire che “Il federale” (buca, buca, buca con acqua...) è firmato da Luciano Salce; che quel film con Gassman e Anna Moffo è di Romolo Guerrieri (Il divorzio, 1970); o che “L’alibi” (1968) è stato girato in prima persona, e in trio, da Adolfo Celi, Gassman e Lucignani. O che "La grande guerra" (con Gassman e Sordi) è di Monicelli, mentre "La marcia su Roma" (con Gassman e Tognazzi) è di Risi.
In complesso, alla fine di questo discorso, si può dire un bel “chi se ne frega”, prendere quel che c’è di buono, far finta di niente quando ci sono troppe goffaggini, alzarsi e fare un giro che ci si sgranchiscono le gambe quando una scena è troppo insistita o mal scritta. In ogni film di quel periodo, la famosa “commedia all’italiana”, ci sono sempre almeno dieci minuti divertenti interessanti, che ripagano della visione del film. (...)
da http://www.wikipedia.it/
Mario Monicelli (Roma, 16 maggio 1915 - Roma, 29 novembre 2010) è stato un regista, sceneggiatore e attore italiano (...) nasce il 16 maggio 1915 a Roma, anche se la sua famiglia è originaria di Ostiglia.(...) Suo padre Tomaso era giornalista, e fu direttore del Resto del Carlino e dell'Avanti!; fu anche critico teatrale e drammaturgo. Suo fratello Giorgio è stato traduttore e editore, mentre l'altro fratello Furio (1922-2011) ha fatto lo scrittore raggiungendo un buon successo con il romanzo Il gesuita perfetto. Inoltre, Monicelli era imparentato con la famiglia Mondadori (la sorella del padre era moglie di Arnoldo Mondadori); Monicelli racconta che fu amico per molti anni di Alberto e Giorgio Mondadori.
Monicelli passa parte della sua infanzia a Roma, dove frequenta le scuole elementari. Torna a Viareggio dove frequenta le medie, il ginnasio e due anni di liceo; si trasferisce quindi a Milano dove finisce la terza liceo ed inizia gli studi universitari. A Milano Monicelli frequenta Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme fondarono, con l'appoggio dell'editore Mondadori, il giornale "Camminare", in cui Monicelli si occupava di critica cinematografica. Monicelli racconta che nelle sue critiche si accaniva molto sui film italiani, piuttosto che esaltare i film americani e francesi che amava molto; egli ha affermato che forse lo faceva per un velato antifascismo. "Camminare" non durò molto poiché il ministero della Cultura Popolare lo soppresse perché considerato di sinistra.
A Milano frequenta la trattoria Fratelli Menghi punto d'incontro per pittori, poeti, ma soprattutto giovani registi e sceneggiatori come, Ugo Pirro, Franco Solinas e Giuseppe De Santis. Ritorna a Viareggio e finisce gli studi universitari a Pisa, nella facoltà di Lettere e filosofia. Interessato al cinema, Monicelli rimandò continuamente il momento di laurearsi fino alla chiamata alle armi, appena dopo la quale fu laureato poiché come lo stesso Monicelli afferma "bastava presentarsi alla laurea vestiti da militari e non occorreva né tesi né altro [...] Così è stata la mia laurea, non so nemmeno se è valida".
Nel 1934, Monicelli gira il suo "primo esperimento cinematografico", ovvero il cortometraggio Cuore rivelatore, ispirato all'omonima opera di Edgar Allan Poe. Lo gira insieme ad Alberto Mondadori ed Alberto Lattuada, con quest'ultimo in ruolo di scenografo poiché allora studente di architettura. I tre lo inviarono ai Littoriali sperando invano che venisse poi proiettato nei Cineguf; il film venne bollato come esempio di "cinema paranoico". L'anno seguente Monicelli gira il suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Paal. Il film fu inviato a Venezia alla Mostra per i film a passo ridotto, parallela alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica; I ragazzi della via Paal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l'opportunità di lavorare nella produzione di un film professionale. Monicelli quindi poté saltare le varie fasi di formazione professionale e fu inviato a lavorare come "ciacchista" nella produzione del film di Gustav Machatý "Ballerine", che si svolse a Tirrenia. Si accosta al mondo del cinema grazie all'amicizia con Giacomo Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano (...). Subito dopo Ballerine, Monicelli trovò lavoro sempre come assistente nel film di Augusto Genina "Squadrone bianco"; svolgerà il medesimo ruolo di assistente in vari film, tra cui "I fratelli Castiglioni" di Corrado D'Errico; durante la produzione de I fratelli Castiglioni conosce Giacomo Gentilomo, con cui gira due film, "La granduchessa si diverte" e "Cortocircuito", nei quali svolge ufficialmente per la prima volta l'incarico di aiuto-regista ed anche di co-sceneggiatore.
Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek, dirige nel 1937 il film amatoriale Pioggia d'estate. Monicelli ha il ruolo di regista, sceneggiatore e soggettista; il film vide la partecipazione di Ermete Zacconi e parte della sua famiglia, dell'apporto di molti amici e di molti concittadini. Egli afferma che questa esperienza fu importante per la sua formazione poiché imparò a "scrivere per il cinema, a girare, a trattare con gli attori [...] E, soprattutto, a constatare, quando poi lo rivedevo in proiezione, che quello che mettevo in scena ogni giorno non corrispondeva se non in minimissima parte alle mie aspettative".
Nel libro dedicato a Mario Monicelli dalla fondazione Pesaro Nuovo Cinema Onlus, si afferma nella biografia del regista che dopo la laurea conseguita a Pisa nel 1941, Monicelli viene inviato l'anno seguente a Napoli per essere imbarcato per l'Africa; Monicelli riesce però a rimandare l'imbarco finché l'8 settembre non getta l'uniforme e scappa a Roma, dove rimane nascosto. Nell'opera semi-autobiografica "L'arte della commedia", Monicelli racconta che rimase nell'esercito arruolato nella cavalleria dal 1940 al 1943 cercando di evitare il trasferimento, temendo di essere inviato prima in Russia poi in Africa, finché l'esercito non si disfece; a quel punto scappò a Roma. Rimane nascosto nella Capitale fino all'estate del 1944.
Nel 1945 Monicelli è aiuto-regista nel primo film di Pietro Germi. In L'arte della commedia, Monicelli racconta che tra lui e Germi si instaurò un profondo legame; egli afferma: "Credo di essere stato uno dei pochissimi amici con cui aveva davvero confidenza". Ad esempio di questo legame Monicelli racconta di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, egli chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & signori, del 1966) dicendogli che lui non poteva più dirigerlo; a Monicelli piacque molto il film, ma comunque si rifiutò e incoraggiò Germi a fare il suo film. L'altro esempio è quando Germi, impossibilitato a fare Amici miei per problemi di salute, chiamò Monicelli per dirigerlo.
Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme a Steno, da Riccardo Freda per realizzare la sceneggiatura di Aquila nera. Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per scrivere alcune gag e battute per il film "Come persi la guerra", di Carlo Borghesio; da quel film, Monicelli e Steno formarono una coppia di sceneggiatori. La collaborazione con Steno, che durerà fino al periodo tra 1952 e 1953, produrrà alcune delle commedie più interessanti del dopoguerra; tra queste vi è Guardie e ladri, film del 1951 con Totò premiato al Festival di Cannes con il premio alla miglior sceneggiatura. (...)
Tra gli avvenimenti che hanno segnato di più la sua vita c'è senz'altro il suicidio del padre, Tomaso Monicelli noto giornalista e scrittore antifascista, avvenuto nel 1946. A tal riguardo ha detto: «Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l'ho trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra l'altro un bagno molto modesto.»
La sua ultima compagna è stata la pittrice e disegnatrice Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74. Nel 2007 dichiarava di vivere da solo, di non sentire la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere un elettore di Rifondazione Comunista e di avere pianto l'ultima volta alla morte del padre; mentre in un'intervista svelava, in particolare, il motivo per cui viveva da solo a 92 anni: «Per rimanere vivo il più a lungo possibile. L'amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell'animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più.»
Il 5 dicembre 2009 parla dal palco del No Berlusconi Day e di fronte ad una piazza gremita pronuncia parole molto dure contro il governo Bossi-Berlusconi e l'intera classe dirigente italiana. Il 27 febbraio 2010 interviene ancora una volta a sorpresa durante la manifestazione organizzata dal Popolo Viola contro il progetto berlusconiano del “legittimo impedimento”, teso ad evitare i numerosi processi penali e civili in corso contro l’allora primo ministro. Il 25 marzo 2010 partecipa all'evento Raiperunanotte con un'intervista, nella quale assume posizioni molto critiche e cupe nei confronti della società odierna: «Mai avere la speranza. La speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda.»
«Quello che in Italia non c'è mai stato, è una bella botta, una bella rivoluzione, rivoluzione che non c'è mai stata in Italia... c'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, sono 300 anni che è schiavo di tutti.»
«Sì, per me Brancaleone è l’Italia: questo affrontare le cose più grandi di noi con le toppe al culo, andando incontro alla sconfitta, ma dopotutto in modo allegro e generoso. (...)»
Mario Monicelli, dal Corriere della sera 2 agosto 1994
(continua)
Non ricordo di aver mai visto al cinema un film di Mario Monicelli; quelli che mi piacciono di più sono usciti quando io ero bambino, o magari non ero ancora nato; da quelli degli anni ’70 e ’80 mi dividevano, e mi dividono ancora, tante cose. Ma su quello che mi divide dal cinema di Monicelli proverà a ragionare più avanti, per intanto scrivo che Monicelli come persona mi piaceva moltissimo, e che è sempre bello riascoltare o rileggere le sue interviste.
«Io comunque voto a sinistra da cinquant’anni, e mai una volta che abbia vinto, eccetto al plebiscito sulla monarchia. Il cinema era tutto a sinistra, perché era “contro”, contro il governo, contro il potere. Anche la commedia: “Totò cerca casa” è un film politico, e “Guardie e ladri”, e “Totò e Carolina” (...) Siete voi che mitizzate, noi lavoriamo. E poi non è neanche vero che il cinema, l’arte dell’immagine in movimento, bisogna vederlo solo nella sala buia, scomodi, con altre centinaia di persone, sul grande schermo. Io i film di Bergman e di Ferreri li trovo splendidi anche in tv. Siamo in epoca di videoteche. (...)»
Mario Monicelli, dal Corriere della sera 11.5.1995
L’ultima parte vale sicuramente per i film di Monicelli, che però non cita Kubrick, e nemmeno Kurosawa o Leone o Tarkovskij o Bertolucci, o Coppola... “Odissea nello spazio” e “Apocalypse now” visti in tv sono quasi incomprensibili, mentre al cinema erano una grande esperienza. Invece “Brancaleone” in tv ci sta benissimo, così come i film di Risi e di Comencini. Forse significa qualcosa, chissà; in ogni caso l’esperienza della sala cinematografica sta per concludersi definitivamente, in futuro sarà poco più che una curiosità.
Questo è ciò che scrivevo su Risi, e che vale per tutta la grande commedia italiana degli anni ’60 e ’70:
Di film ne hanno fatti tanti, Dino Risi e Monicelli: e sono tutti passati in tv, più di una volta, e continuano a passare; quindi è facile averne visti molti. Molti di questi film li ho subìti, da bambino e poi da ragazzo: non mi piaceva quel mondo, magari si rideva (difficile non ridere con Tognazzi e Manfredi...) ma era un mondo che io avrei voluto evitare, non mi sono mai piaciuti quei caratteri e c’era sempre una notevole dose di autocompiacimento nel descrivere quei difetti, ancora oggi ben visibile. Si prendevano in giro, c’era perfino della satira politica, ma anche loro erano così, registi attori e sceneggiatori: villoni, macchinone, vacanze a Cortina... E, soprattutto, ho sempre detestato questo loro modo di presentare il sesso, l’amore, i “tradimenti”, i rapporti coniugali: purtroppo sono cose vere, appena un po’ caricaturali, me ne sono accorto presto che la vita funziona così, e appena ritrovavo nella mia vita questi modelli (non so se spontanei o piovuti dall’alto, cioè ad imitazione dei film stessi: è la vita che imita il teatro, o è il teatro che imita la vita?) mollavo subito la presa. Forse è per questo motivo che non mi sono mai sposato. Alcuni di questi film, non solo quelli di Risi ma anche quelli di Monicelli, di Comencini, e degli altri bravi registi di quegli anni, sono dei capolavori; altri sono molto belli; ma la maggior parte sono film girati “ad uso alimentare”, o per meglio dire: girati per pagarsi i villoni, i macchinoni, le vacanze a Cortina o in luoghi esotici. Hanno fatto bene, s’intende, Dino Risi e i suoi amici: chiunque di noi avrebbe fatto così. Il cinema rendeva molto, negli anni ’50 e ’60, ogni film era ben pagato, se ne facevano tanti, e magari tornassero quegli anni. Ma, detto questo, bisognerà ripetere: non è come con Fellini, Rosi, Petri, Germi, Antonioni; quasi mai siamo di fronte a grande cinema, o a grande scrittura cinematografica. C’è sempre molta approssimazione, molto tirar via, e se non ci si fa caso più di tanto è per la grande professionalità e l’altissimo livello tecnico e artistico di chi lavorava in quel cinema, dai direttori della fotografia agli scenografi fino all’ultimo degli attrezzisti.
Di tanti di quei film, non so nemmeno chi sia il regista: ed è effettivamente difficile distinguere un film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi... Ci si potrebbe imbastire un quiz, o un gioco di società: indovinare al volo chi è il regista di quel film, se è Steno, Monicelli, Comencini, Lattuada, Risi...
La confusione è alimentata dal fatto che autori e attori si mescolano, Luigi Zampa, Luciano Salce, Lattuada, Steno e Monicelli, Comencini, Scola, Age e Scarpelli, Benvenuti e De Bernardi, Sonego, Maccari... E magari scoprire che “Il federale” (buca, buca, buca con acqua...) è firmato da Luciano Salce; che quel film con Gassman e Anna Moffo è di Romolo Guerrieri (Il divorzio, 1970); o che “L’alibi” (1968) è stato girato in prima persona, e in trio, da Adolfo Celi, Gassman e Lucignani. O che "La grande guerra" (con Gassman e Sordi) è di Monicelli, mentre "La marcia su Roma" (con Gassman e Tognazzi) è di Risi.
In complesso, alla fine di questo discorso, si può dire un bel “chi se ne frega”, prendere quel che c’è di buono, far finta di niente quando ci sono troppe goffaggini, alzarsi e fare un giro che ci si sgranchiscono le gambe quando una scena è troppo insistita o mal scritta. In ogni film di quel periodo, la famosa “commedia all’italiana”, ci sono sempre almeno dieci minuti divertenti interessanti, che ripagano della visione del film. (...)
da http://www.wikipedia.it/
Mario Monicelli (Roma, 16 maggio 1915 - Roma, 29 novembre 2010) è stato un regista, sceneggiatore e attore italiano (...) nasce il 16 maggio 1915 a Roma, anche se la sua famiglia è originaria di Ostiglia.(...) Suo padre Tomaso era giornalista, e fu direttore del Resto del Carlino e dell'Avanti!; fu anche critico teatrale e drammaturgo. Suo fratello Giorgio è stato traduttore e editore, mentre l'altro fratello Furio (1922-2011) ha fatto lo scrittore raggiungendo un buon successo con il romanzo Il gesuita perfetto. Inoltre, Monicelli era imparentato con la famiglia Mondadori (la sorella del padre era moglie di Arnoldo Mondadori); Monicelli racconta che fu amico per molti anni di Alberto e Giorgio Mondadori.
Monicelli passa parte della sua infanzia a Roma, dove frequenta le scuole elementari. Torna a Viareggio dove frequenta le medie, il ginnasio e due anni di liceo; si trasferisce quindi a Milano dove finisce la terza liceo ed inizia gli studi universitari. A Milano Monicelli frequenta Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme fondarono, con l'appoggio dell'editore Mondadori, il giornale "Camminare", in cui Monicelli si occupava di critica cinematografica. Monicelli racconta che nelle sue critiche si accaniva molto sui film italiani, piuttosto che esaltare i film americani e francesi che amava molto; egli ha affermato che forse lo faceva per un velato antifascismo. "Camminare" non durò molto poiché il ministero della Cultura Popolare lo soppresse perché considerato di sinistra.
A Milano frequenta la trattoria Fratelli Menghi punto d'incontro per pittori, poeti, ma soprattutto giovani registi e sceneggiatori come, Ugo Pirro, Franco Solinas e Giuseppe De Santis. Ritorna a Viareggio e finisce gli studi universitari a Pisa, nella facoltà di Lettere e filosofia. Interessato al cinema, Monicelli rimandò continuamente il momento di laurearsi fino alla chiamata alle armi, appena dopo la quale fu laureato poiché come lo stesso Monicelli afferma "bastava presentarsi alla laurea vestiti da militari e non occorreva né tesi né altro [...] Così è stata la mia laurea, non so nemmeno se è valida".
Nel 1934, Monicelli gira il suo "primo esperimento cinematografico", ovvero il cortometraggio Cuore rivelatore, ispirato all'omonima opera di Edgar Allan Poe. Lo gira insieme ad Alberto Mondadori ed Alberto Lattuada, con quest'ultimo in ruolo di scenografo poiché allora studente di architettura. I tre lo inviarono ai Littoriali sperando invano che venisse poi proiettato nei Cineguf; il film venne bollato come esempio di "cinema paranoico". L'anno seguente Monicelli gira il suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Paal. Il film fu inviato a Venezia alla Mostra per i film a passo ridotto, parallela alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica; I ragazzi della via Paal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l'opportunità di lavorare nella produzione di un film professionale. Monicelli quindi poté saltare le varie fasi di formazione professionale e fu inviato a lavorare come "ciacchista" nella produzione del film di Gustav Machatý "Ballerine", che si svolse a Tirrenia. Si accosta al mondo del cinema grazie all'amicizia con Giacomo Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano (...). Subito dopo Ballerine, Monicelli trovò lavoro sempre come assistente nel film di Augusto Genina "Squadrone bianco"; svolgerà il medesimo ruolo di assistente in vari film, tra cui "I fratelli Castiglioni" di Corrado D'Errico; durante la produzione de I fratelli Castiglioni conosce Giacomo Gentilomo, con cui gira due film, "La granduchessa si diverte" e "Cortocircuito", nei quali svolge ufficialmente per la prima volta l'incarico di aiuto-regista ed anche di co-sceneggiatore.
Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek, dirige nel 1937 il film amatoriale Pioggia d'estate. Monicelli ha il ruolo di regista, sceneggiatore e soggettista; il film vide la partecipazione di Ermete Zacconi e parte della sua famiglia, dell'apporto di molti amici e di molti concittadini. Egli afferma che questa esperienza fu importante per la sua formazione poiché imparò a "scrivere per il cinema, a girare, a trattare con gli attori [...] E, soprattutto, a constatare, quando poi lo rivedevo in proiezione, che quello che mettevo in scena ogni giorno non corrispondeva se non in minimissima parte alle mie aspettative".
Nel libro dedicato a Mario Monicelli dalla fondazione Pesaro Nuovo Cinema Onlus, si afferma nella biografia del regista che dopo la laurea conseguita a Pisa nel 1941, Monicelli viene inviato l'anno seguente a Napoli per essere imbarcato per l'Africa; Monicelli riesce però a rimandare l'imbarco finché l'8 settembre non getta l'uniforme e scappa a Roma, dove rimane nascosto. Nell'opera semi-autobiografica "L'arte della commedia", Monicelli racconta che rimase nell'esercito arruolato nella cavalleria dal 1940 al 1943 cercando di evitare il trasferimento, temendo di essere inviato prima in Russia poi in Africa, finché l'esercito non si disfece; a quel punto scappò a Roma. Rimane nascosto nella Capitale fino all'estate del 1944.
Nel 1945 Monicelli è aiuto-regista nel primo film di Pietro Germi. In L'arte della commedia, Monicelli racconta che tra lui e Germi si instaurò un profondo legame; egli afferma: "Credo di essere stato uno dei pochissimi amici con cui aveva davvero confidenza". Ad esempio di questo legame Monicelli racconta di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, egli chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & signori, del 1966) dicendogli che lui non poteva più dirigerlo; a Monicelli piacque molto il film, ma comunque si rifiutò e incoraggiò Germi a fare il suo film. L'altro esempio è quando Germi, impossibilitato a fare Amici miei per problemi di salute, chiamò Monicelli per dirigerlo.
Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme a Steno, da Riccardo Freda per realizzare la sceneggiatura di Aquila nera. Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per scrivere alcune gag e battute per il film "Come persi la guerra", di Carlo Borghesio; da quel film, Monicelli e Steno formarono una coppia di sceneggiatori. La collaborazione con Steno, che durerà fino al periodo tra 1952 e 1953, produrrà alcune delle commedie più interessanti del dopoguerra; tra queste vi è Guardie e ladri, film del 1951 con Totò premiato al Festival di Cannes con il premio alla miglior sceneggiatura. (...)
Tra gli avvenimenti che hanno segnato di più la sua vita c'è senz'altro il suicidio del padre, Tomaso Monicelli noto giornalista e scrittore antifascista, avvenuto nel 1946. A tal riguardo ha detto: «Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita, e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Il cadavere di mio padre l'ho trovato io. Verso le sei del mattino ho sentito un colpo di rivoltella, mi sono alzato e ho forzato la porta del bagno. Tra l'altro un bagno molto modesto.»
La sua ultima compagna è stata la pittrice e disegnatrice Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74. Nel 2007 dichiarava di vivere da solo, di non sentire la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli), di essere un elettore di Rifondazione Comunista e di avere pianto l'ultima volta alla morte del padre; mentre in un'intervista svelava, in particolare, il motivo per cui viveva da solo a 92 anni: «Per rimanere vivo il più a lungo possibile. L'amore delle donne, parenti, figlie, mogli, amanti, è molto pericoloso. La donna è infermiera nell'animo, e, se ha vicino un vecchio, è sempre pronta ad interpretare ogni suo desiderio, a correre a portargli quello di cui ha bisogno. Così piano piano questo vecchio non fa più niente, rimane in poltrona, non si muove più e diventa un vecchio rincoglionito. Se invece il vecchio è costretto a farsi le cose da solo, rifarsi il letto, uscire, accendere dei fornelli, qualche volta bruciarsi, va avanti dieci anni di più.»
Il 5 dicembre 2009 parla dal palco del No Berlusconi Day e di fronte ad una piazza gremita pronuncia parole molto dure contro il governo Bossi-Berlusconi e l'intera classe dirigente italiana. Il 27 febbraio 2010 interviene ancora una volta a sorpresa durante la manifestazione organizzata dal Popolo Viola contro il progetto berlusconiano del “legittimo impedimento”, teso ad evitare i numerosi processi penali e civili in corso contro l’allora primo ministro. Il 25 marzo 2010 partecipa all'evento Raiperunanotte con un'intervista, nella quale assume posizioni molto critiche e cupe nei confronti della società odierna: «Mai avere la speranza. La speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda.»
«Quello che in Italia non c'è mai stato, è una bella botta, una bella rivoluzione, rivoluzione che non c'è mai stata in Italia... c'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, sono 300 anni che è schiavo di tutti.»
«Sì, per me Brancaleone è l’Italia: questo affrontare le cose più grandi di noi con le toppe al culo, andando incontro alla sconfitta, ma dopotutto in modo allegro e generoso. (...)»
Mario Monicelli, dal Corriere della sera 2 agosto 1994
(continua)
Mario Monicelli ( II )
I film di Monicelli che ho visto per intero:
Totò e Carolina (1955 Totò, Annamaria Ferrero, A.Foà) ***
I soliti ignoti (1958, V.Gassman, Totò, M.Mastroianni, C.Gravina) ****
La grande guerra (1959 V.Gassman, A.Sordi. S.Mangano, Romolo Valli) ****
Boccaccio '70 (1962 - episodio Renzo e Luciana) ***
L'armata Brancaleone (1966 V.Gassman, GM Volontè, C.Spaak, F.Lulli) ****
La ragazza con la pistola (1968 M.Vitti, C.Giuffré) **
Brancaleone alle crociate (1970 V.Gassman, S.Sandrelli, A.Celi, L.Proietti) ****
Romanzo popolare (1974 U.Tognazzi, O.Muti, M.Placido) ***
Amici miei (1975 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, D.Del Prete, A.Celi) **
Vogliamo i colonnelli (1973 U.Tognazzi, C.Dauphin, Carla Tatò) ***
Caro Michele (1976 M.Melato, D.Seyrig, Lou Castel) **
Un borghese piccolo piccolo (1977 A.Sordi, S.Winters, R.Valli, V.Crocitti) **
I nuovi mostri (1977 - episodi Autostop e First Aid ) *
Il marchese del Grillo (1981 A.Sordi, P.Stoppa, F.Bucci) *
Amici miei atto II (1982 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, R.Montagnani, A.Celi) **
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984 U.Tognazzi, M.Nichetti, L.Arena) *
Speriamo che sia femmina (1986 Liv Ullmann, C.Deneuve, B.Blier, G.Gemma, Ph.Noiret)**
La moglie ingenua e il marito malato (1989 F.Rey, G.Benti, C.Giuffré, S.Sandrelli)**
Rossini! Rossini! (1991 Ph.Noiret, S.Castellitto, J.Bisset, S.Azéma, G.Gaber) **
Le rose del deserto (2006 A.Haber, M.Placido, G.Pasotti) ****
I film di Monicelli che ho sicuramente visto o guardicchiato in tv:
Totò cerca casa (1949) Al diavolo la celebrità (1949) Totò e i re di Roma (1951) Guardie e ladri (1951) Un eroe dei nostri tempi (1955) I compagni (1963) Toh, è morta la nonna! (1969) La mortadella (1971) Signore e signori, buonanotte (1976) Le due vite di Mattia Pascal (1985) I picari (1988) Parenti serpenti (1992) Cari fottutissimi amici (1994).
I primi film di questa serie, quelli con Totò, sono a firma Steno-Monicelli: Steno è Stefano Vanzina. Da “Un eroe dei nostri tempi” in avanti Monicelli girerà i suoi film da solo. Non mi sembra il caso di parlare per esteso dei film di Totò e Aldo Fabrizi: sono ormai dei classici, sempre molto divertenti, li rivedo sempre con molto piacere.
Invece devo purtroppo dire di alcuni di questi film, i più recenti, che li ho guardati per intero e da allora cerco di dimenticarli. Che Monicelli mi perdoni, mica sempre le ciambelle riescono col buco.
E’ invece bellissimo l’ultimo film di Monicelli, “Le rose del deserto”: alla prima visione non dice moltissimo, ma rimane nella memoria e pian piano si conquista un posto di rilievo.
I film di Monicelli come sceneggiatore sono moltissimi, fin dal 1935 di “I ragazzi della via Paal”, da Molnar, regia dello stesso Monicelli (1935). Poi vengono, sempre secondo wikipedia: Pioggia d'estate, regia di Mario Monicelli (1937) La granduchessa si diverte, regia di Giacomo Gentilomo (1940) Brivido, regia di Giacomo Gentilomo (1941) La donna è mobile, regia di Mario Mattoli (1942) Cortocircuito, regia di Giacomo Gentilomo (1943) Il sole di Montecassino, regia di Giuseppe Maria Scotese (1945) Aquila nera, regia di Riccardo Freda (1946) Gioventù perduta, regia di Pietro Germi (1947) La figlia del capitano, regia di Mario Camerini (1947) Il corriere del re, regia di Gennaro Righelli (1947) I Miserabili, regia di Riccardo Freda (1948) L'ebreo errante, regia di Goffredo Alessandrini (1948) Il cavaliere misterioso, regia di Riccardo Freda (1948) Accidenti alla guerra!..., regia di Giorgio Simonelli (1948) Totò cerca casa, regia di Steno e Mario Monicelli (1949) Il lupo della Sila, regia di Duilio Coletti (1949) Il conte Ugolino, regia di Riccardo Freda (1949) Al diavolo la celebrità, regia di Mario Monicelli e Steno (1949) Come scopersi l'America, regia di Carlo Borghesio (1949) Follie per l'opera, regia di Mario Costa (1949) È arrivato il cavaliere, regia di Mario Monicelli e Steno (1950) Il brigante Musolino, regia di Mario Camerini (1950) Botta e risposta, regia di Mario Soldati (1950) L'inafferrabile 12, regia di Mario Mattoli (1950) Vita da cani, regia di Mario Monicelli e Steno (1950) Soho Conspiracy, regia di Cecil H. Williamson (1950) Quel bandito sono io (Her Favorite Husband), regia di Mario Soldati (1950) Vendetta... sarda, regia di Mario Mattoli (1951) Totò e i re di Roma, regia di Steno e Mario Monicelli (1951) Tizio, Caio, Sempronio, regia di Marcello Marchesi, Vittorio Metz e Alberto Pozzetti (1951) È l'amor che mi rovina, regia di Mario Soldati (1951) Core 'ngrato, regia di Guido Brignone (1951) Il tradimento, regia di Riccardo Freda (1951) Accidenti alle tasse!!, regia di Mario Mattoli (1951) Amo un assassino, regia di Baccio Bandini (1951) Guardie e ladri, regia di Mario Monicelli e Steno (1951) O.K. Nerone, regia di Mario Soldati (1951) Totò e le donne, regia di Steno e Mario Monicelli (1952) Totò a colori, regia di Steno (1952) Cinque poveri in automobile, regia di Mario Mattoli (1952) Cani e gatti, regia di Leonardo De Mitri (1952) Un turco napoletano, regia di Mario Mattoli (1953) Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953) Cavalleria rusticana, regia di Carmine Gallone (1953) Le infedeli, regia di Mario Monicelli e Steno (1953) Perdonami!, regia di Mario Costa (1953) Giuseppe Verdi, regia di Raffaello Matarazzo (1953) Violenza sul lago, regia di Leonardo Cortese (1954) Guai ai vinti, regia di Raffaello Matarazzo (1954) Proibito, regia di Mario Monicelli (1954) Totò e Carolina, regia di Mario Monicelli (1955) Un eroe dei nostri tempi, regia di Mario Monicelli (1955) La donna più bella del mondo, regia di Robert Z. Leonard (1955) Donatella, regia di Mario Monicelli (1956) Il medico e lo stregone, regia di Mario Monicelli (1957) Padri e figli, regia di Mario Monicelli (1957) I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958) Ballerina e Buon Dio, regia di Antonio Leonviola (1958)
La grande guerra, regia di Mario Monicelli (1959) Risate di gioia, regia di Mario Monicelli (1960) A cavallo della tigre, regia di Luigi Comencini (1961) Da qui in avanti, Monicelli scrive quasi soltanto per i suoi film, con qualche eccezione: Frenesia dell'estate, regia di Luigi Zampa (1963) Gran bollito, regia di Mauro Bolognini (1977)
Come attore, Monicelli fa solo qualche breve apparizione in questi film: Rue du Pied de Grue, regia di Jean-Jacques Grand-Jouan (1979) Sono fotogenico, regia di Dino Risi (1980) La vera vita di Antonio H., regia Enzo Monteleone (1994) Il ciclone, regia di Leonardo Pieraccioni (1996, la voce del nonno) Sotto il sole della Toscana (Under the Tuscan Sun), regia di Audrey Wells (2003) SoloMetro, regia di Marco Cucurnia (2007) L'ultima zingarata, regia di Federico Micali (2010)
(Ovviamente, l'elenco completo dei film di Mario Monicelli è molto più lungo, mi servirebbero quattro pagine solo per questo...Ma ci sono diversi libri e siti internet che lo hanno già fatto meglio di quanto potrei fare io, per fortuna)
(continua)
Totò e Carolina (1955 Totò, Annamaria Ferrero, A.Foà) ***
I soliti ignoti (1958, V.Gassman, Totò, M.Mastroianni, C.Gravina) ****
La grande guerra (1959 V.Gassman, A.Sordi. S.Mangano, Romolo Valli) ****
Boccaccio '70 (1962 - episodio Renzo e Luciana) ***
L'armata Brancaleone (1966 V.Gassman, GM Volontè, C.Spaak, F.Lulli) ****
La ragazza con la pistola (1968 M.Vitti, C.Giuffré) **
Brancaleone alle crociate (1970 V.Gassman, S.Sandrelli, A.Celi, L.Proietti) ****
Romanzo popolare (1974 U.Tognazzi, O.Muti, M.Placido) ***
Amici miei (1975 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, D.Del Prete, A.Celi) **
Vogliamo i colonnelli (1973 U.Tognazzi, C.Dauphin, Carla Tatò) ***
Caro Michele (1976 M.Melato, D.Seyrig, Lou Castel) **
Un borghese piccolo piccolo (1977 A.Sordi, S.Winters, R.Valli, V.Crocitti) **
I nuovi mostri (1977 - episodi Autostop e First Aid ) *
Il marchese del Grillo (1981 A.Sordi, P.Stoppa, F.Bucci) *
Amici miei atto II (1982 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, R.Montagnani, A.Celi) **
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984 U.Tognazzi, M.Nichetti, L.Arena) *
Speriamo che sia femmina (1986 Liv Ullmann, C.Deneuve, B.Blier, G.Gemma, Ph.Noiret)**
La moglie ingenua e il marito malato (1989 F.Rey, G.Benti, C.Giuffré, S.Sandrelli)**
Rossini! Rossini! (1991 Ph.Noiret, S.Castellitto, J.Bisset, S.Azéma, G.Gaber) **
Le rose del deserto (2006 A.Haber, M.Placido, G.Pasotti) ****
I film di Monicelli che ho sicuramente visto o guardicchiato in tv:
Totò cerca casa (1949) Al diavolo la celebrità (1949) Totò e i re di Roma (1951) Guardie e ladri (1951) Un eroe dei nostri tempi (1955) I compagni (1963) Toh, è morta la nonna! (1969) La mortadella (1971) Signore e signori, buonanotte (1976) Le due vite di Mattia Pascal (1985) I picari (1988) Parenti serpenti (1992) Cari fottutissimi amici (1994).
I primi film di questa serie, quelli con Totò, sono a firma Steno-Monicelli: Steno è Stefano Vanzina. Da “Un eroe dei nostri tempi” in avanti Monicelli girerà i suoi film da solo. Non mi sembra il caso di parlare per esteso dei film di Totò e Aldo Fabrizi: sono ormai dei classici, sempre molto divertenti, li rivedo sempre con molto piacere.
Invece devo purtroppo dire di alcuni di questi film, i più recenti, che li ho guardati per intero e da allora cerco di dimenticarli. Che Monicelli mi perdoni, mica sempre le ciambelle riescono col buco.
E’ invece bellissimo l’ultimo film di Monicelli, “Le rose del deserto”: alla prima visione non dice moltissimo, ma rimane nella memoria e pian piano si conquista un posto di rilievo.
I film di Monicelli come sceneggiatore sono moltissimi, fin dal 1935 di “I ragazzi della via Paal”, da Molnar, regia dello stesso Monicelli (1935). Poi vengono, sempre secondo wikipedia: Pioggia d'estate, regia di Mario Monicelli (1937) La granduchessa si diverte, regia di Giacomo Gentilomo (1940) Brivido, regia di Giacomo Gentilomo (1941) La donna è mobile, regia di Mario Mattoli (1942) Cortocircuito, regia di Giacomo Gentilomo (1943) Il sole di Montecassino, regia di Giuseppe Maria Scotese (1945) Aquila nera, regia di Riccardo Freda (1946) Gioventù perduta, regia di Pietro Germi (1947) La figlia del capitano, regia di Mario Camerini (1947) Il corriere del re, regia di Gennaro Righelli (1947) I Miserabili, regia di Riccardo Freda (1948) L'ebreo errante, regia di Goffredo Alessandrini (1948) Il cavaliere misterioso, regia di Riccardo Freda (1948) Accidenti alla guerra!..., regia di Giorgio Simonelli (1948) Totò cerca casa, regia di Steno e Mario Monicelli (1949) Il lupo della Sila, regia di Duilio Coletti (1949) Il conte Ugolino, regia di Riccardo Freda (1949) Al diavolo la celebrità, regia di Mario Monicelli e Steno (1949) Come scopersi l'America, regia di Carlo Borghesio (1949) Follie per l'opera, regia di Mario Costa (1949) È arrivato il cavaliere, regia di Mario Monicelli e Steno (1950) Il brigante Musolino, regia di Mario Camerini (1950) Botta e risposta, regia di Mario Soldati (1950) L'inafferrabile 12, regia di Mario Mattoli (1950) Vita da cani, regia di Mario Monicelli e Steno (1950) Soho Conspiracy, regia di Cecil H. Williamson (1950) Quel bandito sono io (Her Favorite Husband), regia di Mario Soldati (1950) Vendetta... sarda, regia di Mario Mattoli (1951) Totò e i re di Roma, regia di Steno e Mario Monicelli (1951) Tizio, Caio, Sempronio, regia di Marcello Marchesi, Vittorio Metz e Alberto Pozzetti (1951) È l'amor che mi rovina, regia di Mario Soldati (1951) Core 'ngrato, regia di Guido Brignone (1951) Il tradimento, regia di Riccardo Freda (1951) Accidenti alle tasse!!, regia di Mario Mattoli (1951) Amo un assassino, regia di Baccio Bandini (1951) Guardie e ladri, regia di Mario Monicelli e Steno (1951) O.K. Nerone, regia di Mario Soldati (1951) Totò e le donne, regia di Steno e Mario Monicelli (1952) Totò a colori, regia di Steno (1952) Cinque poveri in automobile, regia di Mario Mattoli (1952) Cani e gatti, regia di Leonardo De Mitri (1952) Un turco napoletano, regia di Mario Mattoli (1953) Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953) Cavalleria rusticana, regia di Carmine Gallone (1953) Le infedeli, regia di Mario Monicelli e Steno (1953) Perdonami!, regia di Mario Costa (1953) Giuseppe Verdi, regia di Raffaello Matarazzo (1953) Violenza sul lago, regia di Leonardo Cortese (1954) Guai ai vinti, regia di Raffaello Matarazzo (1954) Proibito, regia di Mario Monicelli (1954) Totò e Carolina, regia di Mario Monicelli (1955) Un eroe dei nostri tempi, regia di Mario Monicelli (1955) La donna più bella del mondo, regia di Robert Z. Leonard (1955) Donatella, regia di Mario Monicelli (1956) Il medico e lo stregone, regia di Mario Monicelli (1957) Padri e figli, regia di Mario Monicelli (1957) I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli (1958) Ballerina e Buon Dio, regia di Antonio Leonviola (1958)
La grande guerra, regia di Mario Monicelli (1959) Risate di gioia, regia di Mario Monicelli (1960) A cavallo della tigre, regia di Luigi Comencini (1961) Da qui in avanti, Monicelli scrive quasi soltanto per i suoi film, con qualche eccezione: Frenesia dell'estate, regia di Luigi Zampa (1963) Gran bollito, regia di Mauro Bolognini (1977)
Come attore, Monicelli fa solo qualche breve apparizione in questi film: Rue du Pied de Grue, regia di Jean-Jacques Grand-Jouan (1979) Sono fotogenico, regia di Dino Risi (1980) La vera vita di Antonio H., regia Enzo Monteleone (1994) Il ciclone, regia di Leonardo Pieraccioni (1996, la voce del nonno) Sotto il sole della Toscana (Under the Tuscan Sun), regia di Audrey Wells (2003) SoloMetro, regia di Marco Cucurnia (2007) L'ultima zingarata, regia di Federico Micali (2010)
(Ovviamente, l'elenco completo dei film di Mario Monicelli è molto più lungo, mi servirebbero quattro pagine solo per questo...Ma ci sono diversi libri e siti internet che lo hanno già fatto meglio di quanto potrei fare io, per fortuna)
(continua)
Mario Monicelli ( III )
Sui film di Monicelli, così come su quelli di Risi e Comencini, non ho mai preso molti appunti, più che altro perché di prendere appunti non c’è un gran bisogno, la narrazione è sempre lineare e comprensibile, gli attori sono ottimi, si capisce tutto senza problemi. L’unico problema, per i nati del Duemila, comincia ad essere il passare del tempo: bisognerà cominciare a parlare della Storia recente, per esempio, o spiegare alcune battute, parlare degli oggetti che non si usano più e che non si vedono più... Comunque sia, metto qualche riga sui film di Monicelli che mi hanno più interessato, promettendomi di approfondire in futuro.
Totò e Carolina (1955 Totò, Annamaria Ferrero, A.Foà) ***
Soggetto di Ennio Flaiano. Scritto da Age, Scarpelli, Sonego, Monicelli
Uno dei film più apertamente politici di Monicelli. Il fatto che vi partecipi Totò non deve sorprendere: gli piaceva il suo personaggio, e con ottime ragioni perché gli dava la possibilità di recitare veramente, e non di limitarsi a smorfie e battute. A questo proposito, si può osservare che molte battute ormai proverbiali, compresi gli infiniti giochi di parole, passano ormai per essere “di Totò”: ma Totò ha sempre avuto ottimi scrittori e umoristi che gli scrivevano le battute e le scene che interpretava. Cito qualche nome a caso: Marcello Marchesi, Vittorio Metz, lo stesso Monicelli, perfino Federico Fellini (che fu per molti anni lo scrittore di fiducia di Aldo Fabrizi), la lista sarebbe molto lunga. Naturalmente, Totò ci metteva sempre molto di suo: ma questo è quasi inutile dirlo.
I soliti ignoti (1958, V.Gassman, Totò, M.Mastroianni, C.Gravina) ****
Scritto da Age, Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, Monicelli
Film divertente come pochi, uno dei più famosi di Monicelli, sempre bello da rivedere; inutile soffermarsi più di tanto. Il seguito, “Audace colpo dei soliti ignoti” del 1959, è stato firmato da Nanni Loy.
La grande guerra (1959 V.Gassman, A.Sordi. S.Mangano, Romolo Valli) ****
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli, Luciano Vincenzoni
Un altro capolavoro, sul quale prima o poi dovrò mettere in ordine le mie idee. Uno dei pochi film veramente belli di Alberto Sordi, insieme a “Una vita difficile” di Risi e “Riusciranno i nostri eroi...” di Scola è uno dei rari film in cui il personaggio interpretato da Sordi ha un’evoluzione positiva. La “grande guerra” è ovviamente quella del 1915-18: che prima del 1940 veniva chiamata in questo modo, e non “prima guerra mondiale”, per l’ovvia ragione che non si sapeva ancora che ce ne sarebbe stata una seconda.
Boccaccio '70 (1962 - episodio Renzo e Luciana) ***
Scritto da Giovanni Arpino, Italo Calvino, Suso Cecchi D’Amico
Breve, simpatico, con una bella sequenza al cinema che rende bene lo spirito e il modo con cui si andava a vedere i film. Gli attori Marisa Solinas e Germano Gilioli interpretano due ragazzi appena sposati che però sono ancora costretti a vivere coi genitori. In questo film a episodi c’è anche “Le tentazioni del dottor Antonio” di Fellini, con Anita Ekberg e Peppino De Filippo. Gli altri episodi sono di Luchino Visconti (Il lavoro) e di Vittorio De Sica (La riffa).
L'armata Brancaleone (1966 V.Gassman, GM Volontè, C.Spaak, F.Lulli) ****
Brancaleone alle crociate (1970 V.Gassman, S.Sandrelli, A.Celi, L.Proietti) ****
Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli (idem per entrambi i film)
Due capolavori, e due tra i miei film preferiti, con mia lieve preferenza per il secondo episodio. Ne ho già parlato a parte, ma non c’è molto da dire o da spiegare, ormai sono due classici e il divertimento è sempre assicurato.
La ragazza con la pistola (1968 M.Vitti, C.Giuffré) **
Scritto da Rodolfo Sònego e Luigi Magni.
Non è il mio genere...Primo ruolo comico per Monica Vitti, dopo i film con Antonioni.
Vogliamo i colonnelli (1973 U.Tognazzi, C.Dauphin, Carla Tatò) ***
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli.
Un film importante, con un grande Tognazzi, che cerco di rivedere da molto tempo, ma ogni volta mi sfugge. In tv passa poco, e quelle poche volte mi succede sempre che non funzioni il videoregistratore, che gli orari non vengano rispettati dalla tv che lo trasmette, che vada via la corrente mentre lo registro a notte fonda, eccetera. Insomma, sarò costretto a comperare il dvd.
Romanzo popolare (1974 U.Tognazzi, O.Muti, M.Placido) ***
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli – musiche di Jannacci
In questo film, Ugo Tognazzi è un operaio che sposa una ragazza molto più giovane di lui. Un soggetto molto politico in partenza, che finisce però per virare sulla commedia. L’impressione è che Monicelli abbia mirato un po’ troppo in alto, nelle mani di Germi o di Petri, forse anche di Ferreri, poteva essere un capolavoro; qui si gioca più che altro sulla bravura e sulla simpatia degli attori, e si finisce troppo spesso dalle parti dei film di Lina Wertmüller, del tipo “Mimì metallurgico”, che riscuotevano grande successo negli stessi anni.
(continua)
Totò e Carolina (1955 Totò, Annamaria Ferrero, A.Foà) ***
Soggetto di Ennio Flaiano. Scritto da Age, Scarpelli, Sonego, Monicelli
Uno dei film più apertamente politici di Monicelli. Il fatto che vi partecipi Totò non deve sorprendere: gli piaceva il suo personaggio, e con ottime ragioni perché gli dava la possibilità di recitare veramente, e non di limitarsi a smorfie e battute. A questo proposito, si può osservare che molte battute ormai proverbiali, compresi gli infiniti giochi di parole, passano ormai per essere “di Totò”: ma Totò ha sempre avuto ottimi scrittori e umoristi che gli scrivevano le battute e le scene che interpretava. Cito qualche nome a caso: Marcello Marchesi, Vittorio Metz, lo stesso Monicelli, perfino Federico Fellini (che fu per molti anni lo scrittore di fiducia di Aldo Fabrizi), la lista sarebbe molto lunga. Naturalmente, Totò ci metteva sempre molto di suo: ma questo è quasi inutile dirlo.
I soliti ignoti (1958, V.Gassman, Totò, M.Mastroianni, C.Gravina) ****
Scritto da Age, Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, Monicelli
Film divertente come pochi, uno dei più famosi di Monicelli, sempre bello da rivedere; inutile soffermarsi più di tanto. Il seguito, “Audace colpo dei soliti ignoti” del 1959, è stato firmato da Nanni Loy.
La grande guerra (1959 V.Gassman, A.Sordi. S.Mangano, Romolo Valli) ****
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli, Luciano Vincenzoni
Un altro capolavoro, sul quale prima o poi dovrò mettere in ordine le mie idee. Uno dei pochi film veramente belli di Alberto Sordi, insieme a “Una vita difficile” di Risi e “Riusciranno i nostri eroi...” di Scola è uno dei rari film in cui il personaggio interpretato da Sordi ha un’evoluzione positiva. La “grande guerra” è ovviamente quella del 1915-18: che prima del 1940 veniva chiamata in questo modo, e non “prima guerra mondiale”, per l’ovvia ragione che non si sapeva ancora che ce ne sarebbe stata una seconda.
Boccaccio '70 (1962 - episodio Renzo e Luciana) ***
Scritto da Giovanni Arpino, Italo Calvino, Suso Cecchi D’Amico
Breve, simpatico, con una bella sequenza al cinema che rende bene lo spirito e il modo con cui si andava a vedere i film. Gli attori Marisa Solinas e Germano Gilioli interpretano due ragazzi appena sposati che però sono ancora costretti a vivere coi genitori. In questo film a episodi c’è anche “Le tentazioni del dottor Antonio” di Fellini, con Anita Ekberg e Peppino De Filippo. Gli altri episodi sono di Luchino Visconti (Il lavoro) e di Vittorio De Sica (La riffa).
L'armata Brancaleone (1966 V.Gassman, GM Volontè, C.Spaak, F.Lulli) ****
Brancaleone alle crociate (1970 V.Gassman, S.Sandrelli, A.Celi, L.Proietti) ****
Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli (idem per entrambi i film)
Due capolavori, e due tra i miei film preferiti, con mia lieve preferenza per il secondo episodio. Ne ho già parlato a parte, ma non c’è molto da dire o da spiegare, ormai sono due classici e il divertimento è sempre assicurato.
La ragazza con la pistola (1968 M.Vitti, C.Giuffré) **
Scritto da Rodolfo Sònego e Luigi Magni.
Non è il mio genere...Primo ruolo comico per Monica Vitti, dopo i film con Antonioni.
Vogliamo i colonnelli (1973 U.Tognazzi, C.Dauphin, Carla Tatò) ***
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli.
Un film importante, con un grande Tognazzi, che cerco di rivedere da molto tempo, ma ogni volta mi sfugge. In tv passa poco, e quelle poche volte mi succede sempre che non funzioni il videoregistratore, che gli orari non vengano rispettati dalla tv che lo trasmette, che vada via la corrente mentre lo registro a notte fonda, eccetera. Insomma, sarò costretto a comperare il dvd.
Romanzo popolare (1974 U.Tognazzi, O.Muti, M.Placido) ***
Scritto da Age, Scarpelli, Monicelli – musiche di Jannacci
In questo film, Ugo Tognazzi è un operaio che sposa una ragazza molto più giovane di lui. Un soggetto molto politico in partenza, che finisce però per virare sulla commedia. L’impressione è che Monicelli abbia mirato un po’ troppo in alto, nelle mani di Germi o di Petri, forse anche di Ferreri, poteva essere un capolavoro; qui si gioca più che altro sulla bravura e sulla simpatia degli attori, e si finisce troppo spesso dalle parti dei film di Lina Wertmüller, del tipo “Mimì metallurgico”, che riscuotevano grande successo negli stessi anni.
(continua)
Mario Monicelli ( IV )
Qui cominciano le dolenti note: siamo arrivati all'età in cui cominciavo ad avere un po' di soldi in tasca, però non erano tanti e dovevo scegliere. Ed eccomi dunque qui che spiego perché non sono mai andato al cinema a vedere un film di Monicelli, pur stimandolo e amandolo molto. (questo qui sopra è il "Bertoldo", quello qui sotto non ha bisogno di presentazioni)
Amici miei (1975 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, D.Del Prete, A.Celi) **
Soggetto di Pietro Germi, sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Amici miei atto II (1982 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, R.Montagnani, A.Celi) **
Scritto da Benvenuti, De Bernardi, Pinelli, Monicelli
Due film che non riesco ad apprezzare. Ne capisco benissimo il senso, il tragico e il politico; ne apprezzo molto gli attori, ma ci trovo un po’ troppo autocompiacimento e questo finisce per rovinare il vero senso del soggetto: che, essendo opera di Pietro Germi, non doveva essere molto lontano da “Signore e signori” del 1966. Nel film di Germi del ’66, ha grande importanza – anche se non sembra, a prima vista – il momento in cui si entra nella redazione del quotidiano locale, con la scena in cui il giornalista ad ogni telefonata “illustre” cancella questo e quel nome, e finisce poi per buttare via tutto l’articolo e riscriverlo da capo. E la scena successiva di “Signore e signori”, in tribunale, ricorda il miglior Dickens: che mandava in prigione il suo mite ed onesto Pickwick, ma lo faceva per descrivere il funzionamento di tribunali e carceri. Anche in un romanzo comico, o in un film comico, Dickens e Germi riuscivano a fare satira e a portare l’attenzione sulla realtà: non mi sembra che questo sia successo con “Amici miei”, ma penso che ne fosse lo spirito originario.
Se ci si fa caso, “Amici miei” è diventato un film famoso, e molto citato, proprio perché agli spettatori è piaciuto l’aspetto della “cazzata” in sè (è una parola che usa Tognazzi nel film, lo scrivo qui per chi non ci avesse pensato), i film sono stati visti come una successione di scenette e barzellette, e di tutto il resto non è importato niente a nessuno. In questo contesto, finisce per essere disturbante l’episodio di Tognazzi sulla sedia a rotelle, nell’ultimo episodio: che difatti è stato il meno apprezzato dal grande pubblico. Si può ancora ricordare, in proposito, che il film di Germi, “Signore e signori”, ebbe enormi problemi con la censura e con i tribunali, non tanto per il parlare di sesso quanto proprio per il suo carattere profondamente eversivo: divertente e boccaccesco, ma quella scena del giornale darebbe problemi ancora oggi. “Amici miei” lo avrei visto meglio nelle mani di Elio Petri, un Petri di buon umore ci avrebbe dato un film magnifico.
Ho comunque apprezzato molte sequenze di “Amici miei”: tra le più belle metterei quella dell’alluvione di Firenze, che oltre ad essere davvero boccaccesca dà anche l’idea di cosa è stata quell’alluvione (il marito tradito che arriva in barca: al secondo piano!). Tra le sequenze che meno mi sono piaciute, quella della contorsionista: che ancora oggi mi angoscia. Cos’aveva fatto di male per essere trattata così? La contorsionista appare bella e gentile, solo un idiota poteva sbarazzersene in quel modo; la scena è molto ben recitata, ma il personaggio andava sviluppato meglio in fase di sceneggiatura, e soprattutto la ragazza avrebbe dovuto fare una riapparizione nel finale, come si fa nei cartoni animati, per rassicurarci sulla sua salute. Invece, così, rimane dentro una certa angoscia per quel trattamento davvero ingiustificato.
Caro Michele (1976 M.Melato, D.Seyrig, Lou Castel) **
Soggetto di Natalia Ginzburg, sceneggiatura di Tonino Guerra e Suso Cecchi D’Amico
Un film serio, con ottimi attori, che purtroppo non è riuscito benissimo. Si direbbe girato con molto puntiglio, ma senza vera convinzione. Forse era un soggetto più adatto a Comencini, che coi bambini si è sempre trovato a suo agio.
Un borghese piccolo piccolo (1977 A.Sordi, S.Winters, R.Valli, V.Crocitti) **
Scritto da Vincenzo Cerami, sceneggiatura di Sergio Amidei e Mario Monicelli
Un altro film molto famoso e molto celebrato, che però non sono mai riuscito ad apprezzare. Si tratta di un soggetto serissimo, il diritto alla vendetta su chi ti ha fatto del male (un fatto ancora oggi molto frequente in cronaca, purtroppo per noi), ma mi sento di ripetere quello che ho scritto per il precedente “Caro Michele”: si direbbe girato con molto puntiglio, ma senza vera convinzione. E aggiungo che Sordi ruba un po’ troppo la scena: già nel 1977 il miglior Sordi aveva lasciato il posto a un attore molto approssimativo e un po’ troppo compiaciuto di se stesso. Su un soggetto molto simile, “Il giocattolo” di Giuliano Montaldo, con Nino Manfredi, uscito nel 1979 e scritto da Sergio Donati.
I nuovi mostri (1977 - episodi Autostop e First Aid ) *
Scritto da Age, Scarpelli, Zapponi, Maccari
Vorrebbe essere la continuazione del film di Dino Risi di dieci anni prima, ma finisce con l’essere un remake un po’ troppo stanco, e poco convinto.
Il marchese del Grillo (1981 A.Sordi, P.Stoppa, F.Bucci) *
Scritto da Bernardino Zapponi, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Mario Monicelli, Tullio Pinelli
Di solito evito di entrare nell’argomento, glisso, bofonchio qualcosa quando me ne parlano, ma qui posso scriverlo: lo trovo insopportabile. Questo genere di film lo preferisco fatto da Luigi Magni, magari con Nino Manfredi che è un attore più fine rispetto a Sordi. Anche questo film, come “Amici miei”, ha finito per essere diventato famoso come una sequenza di battute e barzellette. Purtroppo, si tratta davvero di poco più di questo; e da Monicelli avrei voluto qualcosa di più. Nella cattiva recitazione finisce per cadere (non era la prima volta) anche un grandissimo attore come Paolo Stoppa, ed è un peccato.
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984 U.Tognazzi, M.Nichetti, L.Arena) *
da GC Croce – scen.Benvenuti, Suso Cecchi D’Amico, De Bernardi, Monicelli
Tratto da un classico della letteratura italiana, opera di Giulio Cesare Croce (1550-1609) e uscito nel 1606 in prima edizione, ha già avuto un’edizione in film piuttosto bella nel 1954, regia di Ruggero Maccari e Mario Amendola, con Vinicio Sofia, Alberto Sorrentino ed Enrico Luzi nei tre ruoli principali. Purtroppo il film di Monicelli è piuttosto brutto, meglio dimenticarsi Brancaleone: non si è andati molto più in là l’idea (di per sè ottima) di far interpretare Bertoldo a Ugo Tognazzi. Un altro caso in cui si è costretti a dire: “peccato, si poteva fare di più”.
Speriamo che sia femmina (1986 Liv Ullmann, C.Deneuve, B.Blier, G.Gemma, Ph.Noiret)**
Monicelli, Benvenuti, Suso Cecchi D’Amico, De Bernardi, Pinelli
Un altro film molto citato e premiato, che però film mi ha deluso molto. Però la protagonista è Liv Ullmann, e quindi prima o poi finirò per rivederlo. Al tempo della sua uscita, era ancora una curiosità vedere Giuliano Gemma in abiti borghesi (un avvocato, se non ricordo male), dopo una quindicina d’anni passati alla grande tra western, mitologici, avventurieri...
La moglie ingenua e il marito malato (1989 F.Rey, G.Benti, C.Giuffré, S.Sandrelli)**
da un racconto di Achille Campanile, sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico
Il marito malato è un signore che a un certo punto si vede spuntare due protuberanze sulla testa: oddio, che cosa sarà mai? Tra un consulto medico e l’altro, alla fine la verità viene a galla – o forse no, chissà. Da un racconto di Campanile, girato per la tv, visto pochissimo. A suo tempo mi era piaciuto, oggi dovrei rivederlo. Difficile da trovare, però: forse su Raistoria?
Rossini! Rossini! (1991 Ph.Noiret, S.Castellitto, J.Bisset, S.Azéma, G.Gaber) **
biografico, per la tv. Sceneggiatura di Nicola Badalucco, Bruno Cagli, Suso Cecchi D’Amico
Ne ho un buon ricordo e lo rivedrei volentieri. Temo comunque molte delusioni. Rossini da giovane è interpretato da Castellitto, il Rossini “pensionato di lusso” di Parigi tocca a Philippe Noiret. Tra gli interpreti molte belle attrici (Rossini non si faceva mancare niente e aveva ottimi gusti), nel cast c’è anche Giorgio Gaber interpreta uno degli impresari più importanti dell’epoca.
Le rose del deserto (2006 A.Haber, M.Placido, G.Pasotti) ****
sceneggiatura di Monicelli, Bencivenni, Saverni - da Il deserto della Libia di Mario Tobino
L’ultimo film girato da Monicelli, a novant’anni compiuti e in forma splendida. L’ho visto dapprima a pezzettini in tv, poi – grazie all’ottima idea di replicarlo spesso – ho finito per vederlo tutto intero, e ad ogni visione diventa sempre più bello. Tratto dalle memorie di Mario Tobino, grande scrittore troppo presto messo in disparte da critica e lettori, parla della guerra di Libia: un ufficiale dà fuori di testa, ma si continua lo stesso, fino alla disfatta di El Alamein. Due interpretazioni di grande bravura, cose che non si vedono tutti i giorni e che rimangono bene impresse nella memoria: Alessandro Haber nei panni dell’ufficiale svanito e Michele Placido nei panni del frate. Protagonista e narratore è l’ottimo Giorgio Pasotti, un giovane ufficiale medico che è la proiezione nel film dello stesso Tobino, che sarà medico psichiatra dalla fine della guerra in poi. Mario Tobino ci ha lasciato alcuni libri molto belli, proprio sul tema dei manicomi e della malattia mentale: “Le libere donne di Magliano”, “Gli ultimi giorni di Magliano”. Non sono semplici libri di memorie, Tobino è uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, ma la tendenza dei letterati di professione a fare passare per minori gli scrittori “fuori dal giro” è una brutta malattia, e Mario Tobino bisognerebbe proprio ricominciare a leggerlo, perché di matti di svaniti nei posti di comando ce ne sono in giro ancora tanti, non è solo un problema legato al tempo di guerra ma purtroppo continua ancora anche ai nostri giorni.
Amici miei (1975 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, D.Del Prete, A.Celi) **
Soggetto di Pietro Germi, sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli
Amici miei atto II (1982 U.Tognazzi, Ph.Noiret, G.Moschin, R.Montagnani, A.Celi) **
Scritto da Benvenuti, De Bernardi, Pinelli, Monicelli
Due film che non riesco ad apprezzare. Ne capisco benissimo il senso, il tragico e il politico; ne apprezzo molto gli attori, ma ci trovo un po’ troppo autocompiacimento e questo finisce per rovinare il vero senso del soggetto: che, essendo opera di Pietro Germi, non doveva essere molto lontano da “Signore e signori” del 1966. Nel film di Germi del ’66, ha grande importanza – anche se non sembra, a prima vista – il momento in cui si entra nella redazione del quotidiano locale, con la scena in cui il giornalista ad ogni telefonata “illustre” cancella questo e quel nome, e finisce poi per buttare via tutto l’articolo e riscriverlo da capo. E la scena successiva di “Signore e signori”, in tribunale, ricorda il miglior Dickens: che mandava in prigione il suo mite ed onesto Pickwick, ma lo faceva per descrivere il funzionamento di tribunali e carceri. Anche in un romanzo comico, o in un film comico, Dickens e Germi riuscivano a fare satira e a portare l’attenzione sulla realtà: non mi sembra che questo sia successo con “Amici miei”, ma penso che ne fosse lo spirito originario.
Se ci si fa caso, “Amici miei” è diventato un film famoso, e molto citato, proprio perché agli spettatori è piaciuto l’aspetto della “cazzata” in sè (è una parola che usa Tognazzi nel film, lo scrivo qui per chi non ci avesse pensato), i film sono stati visti come una successione di scenette e barzellette, e di tutto il resto non è importato niente a nessuno. In questo contesto, finisce per essere disturbante l’episodio di Tognazzi sulla sedia a rotelle, nell’ultimo episodio: che difatti è stato il meno apprezzato dal grande pubblico. Si può ancora ricordare, in proposito, che il film di Germi, “Signore e signori”, ebbe enormi problemi con la censura e con i tribunali, non tanto per il parlare di sesso quanto proprio per il suo carattere profondamente eversivo: divertente e boccaccesco, ma quella scena del giornale darebbe problemi ancora oggi. “Amici miei” lo avrei visto meglio nelle mani di Elio Petri, un Petri di buon umore ci avrebbe dato un film magnifico.
Ho comunque apprezzato molte sequenze di “Amici miei”: tra le più belle metterei quella dell’alluvione di Firenze, che oltre ad essere davvero boccaccesca dà anche l’idea di cosa è stata quell’alluvione (il marito tradito che arriva in barca: al secondo piano!). Tra le sequenze che meno mi sono piaciute, quella della contorsionista: che ancora oggi mi angoscia. Cos’aveva fatto di male per essere trattata così? La contorsionista appare bella e gentile, solo un idiota poteva sbarazzersene in quel modo; la scena è molto ben recitata, ma il personaggio andava sviluppato meglio in fase di sceneggiatura, e soprattutto la ragazza avrebbe dovuto fare una riapparizione nel finale, come si fa nei cartoni animati, per rassicurarci sulla sua salute. Invece, così, rimane dentro una certa angoscia per quel trattamento davvero ingiustificato.
Caro Michele (1976 M.Melato, D.Seyrig, Lou Castel) **
Soggetto di Natalia Ginzburg, sceneggiatura di Tonino Guerra e Suso Cecchi D’Amico
Un film serio, con ottimi attori, che purtroppo non è riuscito benissimo. Si direbbe girato con molto puntiglio, ma senza vera convinzione. Forse era un soggetto più adatto a Comencini, che coi bambini si è sempre trovato a suo agio.
Un borghese piccolo piccolo (1977 A.Sordi, S.Winters, R.Valli, V.Crocitti) **
Scritto da Vincenzo Cerami, sceneggiatura di Sergio Amidei e Mario Monicelli
Un altro film molto famoso e molto celebrato, che però non sono mai riuscito ad apprezzare. Si tratta di un soggetto serissimo, il diritto alla vendetta su chi ti ha fatto del male (un fatto ancora oggi molto frequente in cronaca, purtroppo per noi), ma mi sento di ripetere quello che ho scritto per il precedente “Caro Michele”: si direbbe girato con molto puntiglio, ma senza vera convinzione. E aggiungo che Sordi ruba un po’ troppo la scena: già nel 1977 il miglior Sordi aveva lasciato il posto a un attore molto approssimativo e un po’ troppo compiaciuto di se stesso. Su un soggetto molto simile, “Il giocattolo” di Giuliano Montaldo, con Nino Manfredi, uscito nel 1979 e scritto da Sergio Donati.
I nuovi mostri (1977 - episodi Autostop e First Aid ) *
Scritto da Age, Scarpelli, Zapponi, Maccari
Vorrebbe essere la continuazione del film di Dino Risi di dieci anni prima, ma finisce con l’essere un remake un po’ troppo stanco, e poco convinto.
Il marchese del Grillo (1981 A.Sordi, P.Stoppa, F.Bucci) *
Scritto da Bernardino Zapponi, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Mario Monicelli, Tullio Pinelli
Di solito evito di entrare nell’argomento, glisso, bofonchio qualcosa quando me ne parlano, ma qui posso scriverlo: lo trovo insopportabile. Questo genere di film lo preferisco fatto da Luigi Magni, magari con Nino Manfredi che è un attore più fine rispetto a Sordi. Anche questo film, come “Amici miei”, ha finito per essere diventato famoso come una sequenza di battute e barzellette. Purtroppo, si tratta davvero di poco più di questo; e da Monicelli avrei voluto qualcosa di più. Nella cattiva recitazione finisce per cadere (non era la prima volta) anche un grandissimo attore come Paolo Stoppa, ed è un peccato.
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984 U.Tognazzi, M.Nichetti, L.Arena) *
da GC Croce – scen.Benvenuti, Suso Cecchi D’Amico, De Bernardi, Monicelli
Tratto da un classico della letteratura italiana, opera di Giulio Cesare Croce (1550-1609) e uscito nel 1606 in prima edizione, ha già avuto un’edizione in film piuttosto bella nel 1954, regia di Ruggero Maccari e Mario Amendola, con Vinicio Sofia, Alberto Sorrentino ed Enrico Luzi nei tre ruoli principali. Purtroppo il film di Monicelli è piuttosto brutto, meglio dimenticarsi Brancaleone: non si è andati molto più in là l’idea (di per sè ottima) di far interpretare Bertoldo a Ugo Tognazzi. Un altro caso in cui si è costretti a dire: “peccato, si poteva fare di più”.
Speriamo che sia femmina (1986 Liv Ullmann, C.Deneuve, B.Blier, G.Gemma, Ph.Noiret)**
Monicelli, Benvenuti, Suso Cecchi D’Amico, De Bernardi, Pinelli
Un altro film molto citato e premiato, che però film mi ha deluso molto. Però la protagonista è Liv Ullmann, e quindi prima o poi finirò per rivederlo. Al tempo della sua uscita, era ancora una curiosità vedere Giuliano Gemma in abiti borghesi (un avvocato, se non ricordo male), dopo una quindicina d’anni passati alla grande tra western, mitologici, avventurieri...
La moglie ingenua e il marito malato (1989 F.Rey, G.Benti, C.Giuffré, S.Sandrelli)**
da un racconto di Achille Campanile, sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico
Il marito malato è un signore che a un certo punto si vede spuntare due protuberanze sulla testa: oddio, che cosa sarà mai? Tra un consulto medico e l’altro, alla fine la verità viene a galla – o forse no, chissà. Da un racconto di Campanile, girato per la tv, visto pochissimo. A suo tempo mi era piaciuto, oggi dovrei rivederlo. Difficile da trovare, però: forse su Raistoria?
Rossini! Rossini! (1991 Ph.Noiret, S.Castellitto, J.Bisset, S.Azéma, G.Gaber) **
biografico, per la tv. Sceneggiatura di Nicola Badalucco, Bruno Cagli, Suso Cecchi D’Amico
Ne ho un buon ricordo e lo rivedrei volentieri. Temo comunque molte delusioni. Rossini da giovane è interpretato da Castellitto, il Rossini “pensionato di lusso” di Parigi tocca a Philippe Noiret. Tra gli interpreti molte belle attrici (Rossini non si faceva mancare niente e aveva ottimi gusti), nel cast c’è anche Giorgio Gaber interpreta uno degli impresari più importanti dell’epoca.
Le rose del deserto (2006 A.Haber, M.Placido, G.Pasotti) ****
sceneggiatura di Monicelli, Bencivenni, Saverni - da Il deserto della Libia di Mario Tobino
L’ultimo film girato da Monicelli, a novant’anni compiuti e in forma splendida. L’ho visto dapprima a pezzettini in tv, poi – grazie all’ottima idea di replicarlo spesso – ho finito per vederlo tutto intero, e ad ogni visione diventa sempre più bello. Tratto dalle memorie di Mario Tobino, grande scrittore troppo presto messo in disparte da critica e lettori, parla della guerra di Libia: un ufficiale dà fuori di testa, ma si continua lo stesso, fino alla disfatta di El Alamein. Due interpretazioni di grande bravura, cose che non si vedono tutti i giorni e che rimangono bene impresse nella memoria: Alessandro Haber nei panni dell’ufficiale svanito e Michele Placido nei panni del frate. Protagonista e narratore è l’ottimo Giorgio Pasotti, un giovane ufficiale medico che è la proiezione nel film dello stesso Tobino, che sarà medico psichiatra dalla fine della guerra in poi. Mario Tobino ci ha lasciato alcuni libri molto belli, proprio sul tema dei manicomi e della malattia mentale: “Le libere donne di Magliano”, “Gli ultimi giorni di Magliano”. Non sono semplici libri di memorie, Tobino è uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento, ma la tendenza dei letterati di professione a fare passare per minori gli scrittori “fuori dal giro” è una brutta malattia, e Mario Tobino bisognerebbe proprio ricominciare a leggerlo, perché di matti di svaniti nei posti di comando ce ne sono in giro ancora tanti, non è solo un problema legato al tempo di guerra ma purtroppo continua ancora anche ai nostri giorni.
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