martedì 24 agosto 2010

Io non sono qui

Io non sono qui - I'm not there, di Todd Haynes (2007) tratto dalla biografia di Bob Dylan. Sceneggiatura di Todd Haynes, Oren Moverman Fotografia: Edward Lachman Montaggio: Jay Rabinowitz. Musiche di Bob Dylan, eseguite da Dylan e da molti altri cantanti(con una canzone dei Monkeys, un estratto di Nino Rota dal "Casanova" di Fellini, eccetera). Con Cate Blanchett, Christian Bale, Marcus Carl Franklin, Richard Gere, Heath Ledger, Ben Whishaw, Charlotte Gainsbourg, Julianne Moore (135 minuti)

All’inizio del film, Bob Dylan è un tredicenne nero, che viaggia sui vagoni come un vagabondo degli anni ’30 e dice di chiamarsi Woody Guthrie. Poi è un giovane bianco, sui vent’anni, che dice di chiamarsi Arthur Rimbaud. E infine, dopo una mezz’ora abbondante, è interpretato da una giovane donna che gli somiglia in modo impressionante; ed è a questo punto che ho smesso di chiedermi cosa volesse fare il regista, e ad amare questo film.

La giovane donna che interpreta Bob Dylan in questo modo miracoloso è Cate Blanchett, ed è una di quelle interpretazioni da non perdere assolutamente. Sembrerà strano che sia una donna ad essere, alla fine, quella che più somiglia a Dylan: ma se prendete le foto di Dylan negli anni ’60 troverete molto di femminile nella sua figura, molto esile, e del resto anche nella sua voce ci sono toni femminili. E Cate Blanchett è bravissima nel prendere questo lato femminile del personaggio e usarlo per la sua interpretazione. Va da sè che la Blanchett rimane sempre se stessa, soprattutto nei primi piani, e che il trucco è scopertissimo: ma è così per tutto il film, anche con gli altri attori, ed è questa la chiave narrativa scelta da Todd Haynes per raccontarci Dylan.

A questo punto dovrei parlare dei difetti del film, che sono pochi ma importanti: questo è un film per iniziati, per chi già conosce Dylan e la sua biografia; gli altri rischiano di non capirci nulla, perché tutto qui è raccontato per allusioni e per indizi. Un metodo molto poetico, che dà risultati di grande bellezza, ma per questo film sarebbero necessarie le note a piè di pagina, e non è che sia il massimo della vita, per uno spettatore. Oltretutto, io non sono un fan di Dylan: qualcosa ne so, conosco molti dei suoi dischi e amo soprattutto il suo primo periodo, prima del passaggio alla chitarra elettrica e all’amplificazione (tutt’altro che un dettaglio, e nel film c’è una bella sequenza dedicata a quel momento). Dylan non mi appartiene molto, in parte per ragioni anagrafiche, in parte perché Dylan non mi ha mai chiamato: e si sa che bisogna essere chiamati, con il nostro nome, per amare veramente qualcuno – uomo o donna o scrittore che sia. Nel vedere il film mi sono perciò arrangiato con quel che sapevo e mi ricordavo: moltissime cose mi sono rimaste oscure, e continuo a chiedermi se Dylan abbia mai avuto una moglie francese (la interpreta Charlotte Gainsbourg, ed è un’interpretazione notevole), al momento non lo so e non so nemmeno se ci farò sopra una ricerca.

Però so dello spaventoso incidente di moto, nei primi anni ’60, dal quale uscì bene ma solo dopo una lunga degenza, e che gli cambiò la vita; so di Joan Baez e della relazione che ci fu tra i due (giovanissimi); e so anche delle polemiche che seguirono il suo abbandono del folk puro e semplice, il passaggio dalla chitarra acustica a quella elettrica, con rock band al seguito, che gli causò accuse di traditore e di venduto (venduto al commercio: secondo i fans di Woody Guthrie, Dylan aveva scelto la via più facile e redditizia – e probabilmente è vero, o quantomeno io mi sento d’accordo). La ricostruzione degli eventi degli anni ’60 è ottima e istruttiva, ma chissà quanti si ricordano di Lyndon B. Johnson e delle Black Panthers. E, quando nella seconda metà del film si vede un grosso ragno peloso passare sullo schermo, posso dirvi che è un riferimento al libro scritto da Bob Dylan negli anni ’60 e che si intitola, per l’appunto, “Tarantola”.
Detto questo, il film si apre con dei paesaggi meravigliosi, di quelli che aprono l’anima: paesaggi di campagna, con gialli e verdi molto caldi (il giallo dell’estate piena, ormai verso l’autunno, ma ancora con tanto verde intorno), i treni sono una meraviglia, e il sapore di vecchio West emerge finalmente nella seconda metà del film, con l’apparizione di Richard Gere.
Richard Gere è un altro dei motivi per i quali questo film è da non perdere. Come Cate Blanchett, Gere è semplicemente meraviglioso. Con gli anni, invecchiando, sta diventando sempre più bravo; e non era così scontato. Il tono western, quello del ricordo, è giustificato da “Pat Garrett and Billy the Kid”, il film di Sam Peckinpah che ebbe Dylan fra i suoi interpreti (in un ruolo minore), e per il quale Dylan scrisse una colonna sonora molto bella, compresa la famosa “Knockin’ on heaven’s door”.
E, per finire, consiglio a tutti la colonna sonora: le canzoni sono scelte molto bene, e non sono tutte interpretate da Dylan – il che per me è un vantaggio, perché non ho mai amato la sua voce. (Vi raccomando l’ultima sui titoli di coda, appunto “Knockin’ on heaven’s door”, interpretata finalmente da un cantante degno di questo nome: dai titoli di coda apprendo che si chiama Antony, di più non saprei dire e me ne dispiace molto).
Un film da vedere, perché è molto bello e perché l’interpretazione di Cate Blanchett è di quelle da antologia: non importa se non si riesce ad arrivare dappertutto, qualcosa vi rimarrà dentro sicuramente.
A me personalmente, passato lo sconcerto iniziale, è piaciuta molto l’idea di far interpretare Dylan da attori diversi, e con nomi diversi, a seconda del passare del tempo. Non è solo Dylan che avrebbe bisogno di un simile trattamento, anche noi siamo diversi da come eravamo a tredici, a ventidue, o a trent’anni; e questo è forse quello che ci vuol dire Todd Haynes.

E infine una curiosità: in italiano il film si intitola “Io non sono qui”, ma il titolo originale recita “I’m not there” (“io non sono là”). Magari c’è una spiegazione, chissà.
PS: alle immagini del film di Haynes ho voluto aggiungere due foto del vero Dylan (in una di queste è con Joan Baez) e una foto di Cate Blanchett come appare negli altri film (mi sembrava giusto!).

6 commenti:

Mauro ha detto...

Qui mi prendi veramente al cuore. Amo moltissimo questo film come amo Dylan, e il suo essere uno e centomila. Proprio la molteplicità del personaggio è la caratteristica che viene esaltata nel film che, lo confermo, è pressochè incomprensibile per chi di Dylan non abbia una conoscenza meno che buona. Splendide le interpretazioni della Balchett e della Gainsbourg.
Menzione speciale per la colonna sonora, dove le canzoni di Dylan vengono reinterpretate da altri artisti, e che meriterebbe un post tutto suo.
I'm not there è il titolo di una canzone di Dylan, e anche stavolta i distributori italiani non sono riusciti a resistere alla "traduzione" del titolo. Non sarebbe stato meglio lasciarlo così com'è, vista anche la vocazione non proprio popolare della pellicola?
Antony è un bel personaggio. Musicalmente potrebbe piacerti.

Giuliano ha detto...

Sì, un gran bel film. Però ho perso di vista Todd Haynes...speriamo che non sia un altro che si perde per strada.

Oh, sia ben chiaro: aspetto sempre di ospitarti con i tuoi commenti sulla colonna sonora di "Fino alla fine del mondo"...(e anche di questo, se vuoi).
Qui non è come sul sito di Solimano, ma ti ospito volentieri. (con calma, s'intende! devo ancora mettere Il cielo sopra Berlino...)

Mauro ha detto...

Beh, volentieri, ma con calma, che non sono molto affidabile, lo sai...

Giuliano ha detto...

Ok, sarebbe bello rapportare la musica ai momenti del film...(penso che ci vorranno dei mesi!)
:-)

Ismaele ha detto...

l'ho visto al cinema e ricordo che avevo pensato "questa volta immagini e musica, la prossima riuscirò a seguire il parlato", per dire che il film è ricchissimo.
tutti bravi, ma davvero Kate Blanchett è straordinaria.

Giuliano ha detto...

"...è del poeta il fin la meraviglia..." lo diceva G.B Marino (e non Metastasio, come avevo scritto prima!).
Vale anche per il cinema, e qui ci siamo in pieno: è vero che si fa fatica a seguirlo, ma di film come questo ne ho visti pochi